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Nigel Mansell

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Nigel Mansell
Mansell nel 2015
NazionalitàRegno Unito (bandiera) Regno Unito
Altezza180 cm
Peso76 kg
Automobilismo
CategoriaFormula 1, CART, BTCC, 24 Ore di Le Mans
Termine carriera13 giugno 2010
Carriera
Carriera in Formula 1
Esordio17 agosto 1980
Stagioni1980-1992, 1994-1995
ScuderieLotus 1980-1984
Williams 1985-1988
Ferrari 1989-1990
Williams 1991-1992, 1994
McLaren 1995
Mondiali vinti1 (1992)
GP disputati191 (187 partenze)
GP vinti31
Podi59
Punti ottenuti480 (482)
Pole position32
Giri veloci30
Carriera nella Champ Car
Esordio21 marzo 1993
Stagioni1993-1994
ScuderieStati Uniti (bandiera) Newman-Haas
Mondiali vinti1 (1993)
GP disputati32 (31 partenze)
GP vinti5
Podi13
Punti ottenuti279
Pole position10
Giri veloci5
Il campionato era allora denominato CART.
Statistiche aggiornate al Gran Premio di Spagna 1995

Nigel Ernest James Mansell (Upton-upon-Severn, 8 agosto 1953) è un ex pilota automobilistico britannico, campione del mondo di Formula 1 nel 1992 e vincitore della serie americana CART nel 1993.

Fino al 2014 è stato il pilota britannico ad aver ottenuto più vittorie nella massima serie, essendosi imposto in 31 Gran Premi, record battuto da Lewis Hamilton nel Gran Premio degli Stati Uniti del 2014, ed è tuttora nono nella classifica di tutti i tempi di successi in carriera. Ha ottenuto i suoi maggiori successi guidando per la Williams, ma ha corso anche per altre squadre prestigiose come Ferrari, Lotus e McLaren.

Dotato di una guida spettacolare e spesso irrispettosa del mezzo meccanico, era soprannominato Il leone d'Inghilterra per la grinta che mostrava in pista.[1] Mansell è stato inoltre votato tra i primi 10 piloti di Formula 1 di tutti i tempi dal commentatore televisivo Murray Walker. Nel 2008, ESPN lo ha classificato 24º nella sua classifica dei migliori piloti di tutti i tempi.[2] È stato anche classificato 9º dal The Times fra i più grandi piloti del mondo. Nel 2005, è stato inserito nella International Motorsports Hall of Fame.

Nato a Upton-upon-Severn, Worcestershire da Eric e Joyce Mansell, Nigel era il terzo di quattro figli, Michael, Gail e Sandra.[3] Mansell trascorse undici anni della sua vita come poliziotto speciale nell'Isola di Man, prima della sua carriera di pilota, e nel Devon e in Cornovaglia dopo il suo ritiro dalle corse. Mansell ebbe un avvio piuttosto lento per la sua carriera agonistica, utilizzando il proprio denaro per pagarsi le partecipazioni alle gare. Dopo il notevole successo nel kart, Mansell passò alla serie Formula Ford con la disapprovazione del padre. La sua fidanzata Roseanne, conosciuta nel 1970, fu il suo più grande sostegno morale durante la sua carriera. La coppia si sposò nel 1975 ed ebbe tre figli: Chloe (11 aprile 1983), Leo (4 gennaio 1985) e Greg (8 novembre 1987). Mansell scalò le categorie inferiori fino all'arrivo in Formula 1 dove si dimostrò uno dei piloti più veloci e spettacolari di sempre. L'arrivo in Formula 1 fu oscurato dalla morte di sua madre nel 1984 a causa di cancro a cui ha tristemente fatto seguito quella del padre sette anni dopo.[4]

Diventò il "Leone" dopo aver mostrato negli anni 1986 e 1987 temperamento e grinta in gara, tali da vincere spesso il confronto con il suo compagno di squadra Nelson Piquet. Proverbiali divennero le sue gare tutte improntate sul coraggio e l'azione, dove la tattica e la strategia passavano in secondo piano: per questo egli fu amatissimo dai tifosi ma soventemente bacchettato dai critici.[5]

Degne di nota furono le sue vittorie a Silverstone nel 1987 dopo un sorpasso con una finta da cineteca su Piquet, o a Hungaroring nel 1989 su Ferrari dopo una furiosa rimonta dal 12º posto in griglia con spettacolare sorpasso su Senna nel finale, o a Montmelò nel 1991 con un altro sorpasso su Senna durato più di un chilometro sul rettilineo d'arrivo con le macchine che appaiate quasi si sfioravano a più di 300 km/h.

Divenuto campione del mondo di Formula 1 nel 1992 a 39 anni, è stato fino al 2014 il pilota britannico che vantava il maggior numero di vittorie nei Gran Premi (31). Passato nel 1993 alla Formula CART, vinse immediatamente il titolo, diventando l'unico pilota a essere contemporaneamente campione in Formula 1 e in Formula CART. Un'altra sua peculiarità fu quella di correre in Williams con il numero rosso, differente da quello bianco del compagno.[5]

Le formule minori

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Mansell guidò per la prima volta un'auto all'età di sette anni in un campo vicino a casa e, dopo aver visto Jim Clark vincere il Gran Premio di Gran Bretagna nel 1962 decise di tentare la carriera nel mondo dell'automobilismo.[6] Dopo gli ottimi risultati ottenuti nei kart, nel 1976 Mansell fece il suo debutto in Formula Ford, nonostante la disapprovazione del padre. La sua prima stagione lo vide trionfare sei volte sulle nove gare a cui partecipò. L'anno successivo prese invece parte a tutto il campionato e si laureò campione di categoria. Ebbe anche un pericoloso incidente in cui si ruppe il collo che rischiò di interrompere la sua carriera.[6] I medici gli dissero che era stato vicino alla tetraplegia dopo lo schianto.[6] Dopo il successo ottenuto, nel 1978 Mansell prese parte al campionato di Formula 3, ottenendo subito al debutto la pole position e un podio. La March che l'aveva preso in squadra aveva promesso di pagargli l'intera stagione se avesse trovato degli sponsor.

Mansell non esitò a vendere la casa in cui viveva con sua moglie per ottenere i soldi per fare le prime gare,[6] ma finiti i soldi e dopo sole quattro gare lo sponsor non arrivò e Mansell rimase a piedi. Fu il momento più critico della sua carriera e il Leone pur di racimolare qualche quattrino lavorò anche come lavavetri. Qualcuno comunque si accorse delle sue qualità, e verso metà stagione gli fu consentito di debuttare in Formula 2 a Donington Park ma un incidente nelle prove gli fece mancare la qualificazione. Dopo un'annata nera le cose cominciarono a girare per il verso giusto.

Mansell venne a sapere che si era liberato un posto nel team di David Price, e dopo un paio di colloqui riuscì ad ottenere il posto. Non solo non avrebbe dovuto portare sponsor, ma avrebbe anche ricevuto uno stipendio visto che nel contratto era previsto che dovesse lavorare come rappresentante per la Unipart, lo sponsor della squadra. Il punto debole del team era il motore Triumph, che soffriva parecchio di potenza a bassi regimi.

Nonostante ciò il 25 marzo 1979 in una piovosa Silverstone e dopo un accanito duello con Andrea De Cesaris ed Eddie Jordan Mansell vinse la sua prima gara di F3. Un paio di mesi dopo il pilota inglese partecipò per la prima volta al gran premio di Monaco di F3. Delle cinque March iscritte dal team di David Price quella di Mansell fu l'unica a qualificarsi e diversi uomini della F1 lo notarono, a partire da Colin Chapman, patron della Lotus.

Sul finire di stagione a Oulton Park, Mansell ebbe un grave incidente, causato da De Cesaris che per poco non lo paralizzò. Il recupero fu molto doloroso, ma venne addolcito da una telefonata inaspettata: Colin Chapman lo chiamò per un test con la Lotus di F1. Mansell si recò così al circuito Paul Ricard e prese parte al test, nonostante il dolore che ancora lo tormentava dopo l'incidente. Mansell cominciò così il 1980 correndo ancora nel campionato inglese di F3, per poi passare a metà stagione in F2 portando al debutto nella seconda serie l'ambizioso motore Honda. I risultati in Formula 2 furono incoraggianti visto che da quasi debuttante riuscì a sfiorare la vittoria nella gara di Hockenheim, dimostrando che alla Lotus avevano visto giusto.

Gli anni alla Lotus (1979-1984)

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Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1979.

Nel 1979 Mansell partecipa ad un test collettivo organizzato dalla Lotus al Circuito Paul Ricard con lo scopo di trovare un pilota da affiancare a Mario Andretti per la stagione 1980 al posto di Carlos Reutemann. Oltre a lui provano la Lotus 79-Ford nella livrea verde Elio De Angelis, Eddie Cheever e Jan Lammers. L'italiano De Angelis viene scelto come pilota titolare mentre Nigel viene assunto come collaudatore[7].

Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1980.

Nel 1980 Mansell è pilota ufficiale del Team Lotus[7], una squadra che era passata nel corso delle ultime due stagioni dall'essere Campione del Mondo ad avere una delle peggiori macchine sulla griglia di partenza. Nella prima parte della stagione svolge il ruolo di collaudatore[7]. Al Gran Premio d'Austria viene schierata una terza Lotus 81B, motorizzata Ford Cosworth DFV, affidata al debuttante Mansell che poi è costretto al ritiro per la rottura del motore. Partecipa anche al Gran Premio d'Olanda, dove si ritira per un problema ai freni, e a quello d'Italia ma non si qualifica[8]. Conclude la stagione senza aver ottenuto punti iridati[8].

Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1981.

Nel 1981 diventa pilota titolare della Lotus al fianco dell'italiano Elio De Angelis. Inizia la stagione guidando una poco competitiva 81B-Ford, come seconda guida del team. Al Gran Premio del Belgio a Zolder, dopo aver ottenuto il decimo tempo in qualifica arriva terzo al traguardo, dietro alla Williams di Carlos Reutemann e alla Ligier di Jacques Laffite, conquistando il primo podio e i primi punti. A Monaco porta al debutto la nuova e più veloce 87-Ford e ottiene il terzo tempo in prova ma si ritira in gara per la rottura di una sospensione. Nonostante fosse alla sua prima stagione completa nella massima categoria, Mansell, riuscì a mettersi in luce con alcune ottime prestazioni attirando sin da subito l'interesse della stampa e di altri team. A Las Vegas, ultima gara stagionale, giunge quarto al traguardo[9]. Conclude il Campionato al quattordicesimo posto con otto punti[10].

La Lotus 92-Ford guidata da Mansell nel 1982

Il 1982 non andò benissimo: alla Lotus era tornato Peter Warr, un suo tecnico storico, e questi forse ingelosito per lo splendido rapporto che si era creato fra Mansell e Chapman, sviluppò una vera e propria antipatia nei confronti del suo pilota. La stagione prese una svolta tragica con gli incidenti mortali di Villeneuve e Paletti, più quello che mise fine alla carriera di Pironi. Anche Mansell fu vittima di un brutto incidente, in Canada quando si spezzò un polso in un urto con Bruno Giacomelli rimanendo bloccato per qualche gara. A fine stagione Mansell si trovò nel palmares solo un terzo posto in Brasile e un quarto a Monaco. Mansell perse anche nettamente il duello a distanza con il suo compagno di squadra Elio De Angelis che raccolse il triplo dei punti dell'inglese e vinse una preziosissima gara in Austria.

A fine anno un infarto uccise Colin Chapman, a cui succedette Peter Warr; per questo motivo gli ultimi due anni in Lotus sono stati i più difficili, anche perché il 1983 sarebbe stato sacrificato per far esperienza con il motore turbo. La stagione partì malissimo ma una volta abbandonato il leggendario ma obsoleto Ford Cosworth, in favore del turbo Renault i risultati cominciarono ad arrivare. E a fine stagione con dieci punti in classifica fece meglio pure di De Angelis e un podio al Gran Premio d'Europa dove fece registrare il giro più veloce. La stagione successiva si cominciò a cogliere i frutti del lavoro di sviluppo fatto nel 1983.

Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1984.
Mansell alla guida della Lotus 95T-Renault

Mansell ottenne la prima pole position a Dallas, gara memorabile in cui commosse il mondo intero quando dopo aver dominato per buona parte della corsa, a causa di un problema alle gomme cominciò a essere sorpassato da tutti. All'ultimo giro per colmo della sfortuna la sua Lotus si piantò a pochi metri dal traguardo. Mansell nonostante la fatica di due ore di gara e il caldo torrido (c'erano 42 gradi all'ombra) provò generosamente a spingere la sua Lotus oltre il traguardo, ma stramazzò a terra per la fatica. Un episodio inutile e anche proibito dal regolamento, ma che dà l'idea precisa del personaggio Mansell, e spiega perché il pubblico lo amò così tanto. Anche a Montecarlo andò vicino alla vittoria, nella gara che consacrò al mondo il talento di Ayrton Senna, Mansell partito in prima fila sotto il diluvio aveva preso testa alla gara, andando fortissimo. Troppo forte. Infatti fece un errore alla curva della stazione che lo mise fuori gara. A fine stagione Peter Warr riuscì finalmente a liberarsi di lui, facendo pressioni sulla John Player Special lo sponsor del team per assumere l'astro nascente Senna, e Mansell si trovò a piedi. In realtà Frank Williams già dal 1981 lo seguiva con interesse, e anche Jackie Oliver dell'Arrows gli fece arrivare un'offerta concreta basata sulla stima che aveva per le qualità del pilota. La Williams che stava sviluppando il nuovo motore Honda Turbo era un'incognita, ma Mansell (forse memore del periodo con la Honda in F2) si convinse che era la scelta migliore da fare.

L'approdo in Williams (1985-1988)

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Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1985.

Inizialmente il suo arrivo in Williams non venne ben accolto da Keke Rosberg, il quale non gradiva l'inglese come compagno di squadra. Nonostante l'iniziale diffidenza del finlandese, però, nel corso della stagione i due piloti seppero collaborare proficuamente e instaurarono un rapporto di stima.[11] Il passaggio alla squadra inglese cambiò le sorti della carriera di Mansell. Dopo un inizio difficile, a causa del difficile sviluppo dell'inaffidabile, ma potente motore Honda, l'inglese riuscì finalmente ad ottenere la sua prima vittoria nel Gran Premio d'Europa a Brands Hatch, alla quale seguì, di lì a poco, la vittoria in Sudafrica a Kyalami. Le ottime prestazioni a fine anno di Mansell e Rosberg che complessivamente ottennero tre vittorie nelle ultime tre gare posero le basi per poter finalmente competere per il titolo Mondiale contro lo strapotere della McLaren motorizzata TAG Porsche che aveva dominato le ultime due stagioni.

Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1986.
Mansell (a sinistra) festeggia il suo secondo posto al Gran Premio d'Italia 1986, alle spalle del compagno di squadra e vincitore Nelson Piquet.

Nel 1986 il nuovo compagno di squadra dell'inglese divenne il brasiliano Nelson Piquet, indicato come il favorito per il titolo, in virtù anche dell'annunciata competitività della Williams-Honda. Dopo un inizio di stagione dai risultati altalenanti, Mansell sfoderò una grinta che non aveva fatto intravedere nei suoi primi anni di carriera (e che gli avrebbe valso il nuovo soprannome di "Leone" in luogo di "Mansueto" usato fino a quel momento): in rapida successione vinse in Belgio, Canada e, dopo un quinto posto negli USA, in Francia e Gran Bretagna guadagnando la testa del mondiale a metà stagione. Questa serie di successi pose Mansell all'attenzione di pubblico e addetti ai lavori: è di questi tempi il raggiungimento di un accordo con la Ferrari, in vista della stagione successiva, in seguito disatteso. I risultati conseguiti accesero la rivalità, in casa Williams, tra Piquet ed il pilota inglese (il primo supportato dalla Honda, il secondo sostenuto dal team) e che avrebbe avuto il suo peso sull'esito finale del campionato. Nel resto della stagione Mansell si aggiudicò anche il Gran Premio del Portogallo e si presentò alla vigilia dell'ultima gara di Adelaide, in Australia, in testa alla classifica mondiale con 7 punti di vantaggio sul pilota della McLaren Alain Prost e 9 su Piquet (che però, al contrario dei due rivali, non doveva più scartare risultati validi) ottenendo la pole position. La gara però ebbe un esito rocambolesco: al 63º passaggio (a 19 dal termine) Mansell, che era 3º dietro ai due rivali e stava tranquillamente amministrando la gara, dechappò uno pneumatico in pieno rettilineo e fu costretto al ritiro. Con Piquet richiamato ai box per un prudenziale cambio-gomme, gara e titolo furono appannaggio di Prost e della McLaren, bravi a sfruttare alla perfezione le circostanze e la rivalità tra i due piloti Williams. A tale catastrofica conclusione non fu certo estraneo il grave incidente d'auto occorso in Camargue a Frank Williams mentre rientrava a casa dopo una sessione di test privati (marzo 1986): la frattura della colonna vertebrale di Williams e la sua successiva paraplegia lo resero indisponibile per tutta la stagione, con conseguenti carenze nella gestione della squadra e dei piloti.

Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1987.

La stagione 1987 si annunciò come un duello privato in casa Williams, stante l'incrementata superiorità della squadra motorizzata Honda sulle avversarie e la rinnovata rivalità tra Piquet e Mansell. La prima parte del campionato, in realtà, disattese parzialmente queste aspettative, poi però Mansell e Piquet presero il largo dalla Lotus dell'astro nascente Ayrton Senna. L'inglese si aggiudicò sei gare (San Marino, Francia, Gran Bretagna, Austria, Spagna e Messico), il brasiliano tre (Germania, Ungheria e Italia), ma grazie al maggior numero di arrivi in zona punti fu proprio quest'ultimo a trovarsi in testa al campionato a due gare dalla fine con 12 punti di vantaggio. In Giappone, nel corso delle prove libere del penultimo Gran Premio, Mansell ebbe un pauroso incidente che lo obbligò a terminare anzitempo la stagione per la frattura di alcune vertebre precludendosi definitivamente ogni speranza di lottare per il titolo, vinto dal compagno Nelson Piquet. Per l'inglese fu una brutta botta, sia fisica sia morale, nell'anno in cui aveva messo in mostra una netta superiorità dal punto di vista velocistico sul pilota brasiliano con 6 vittorie e 8 pole position.

Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1988.
Mansell con la sua Williams al Gran Premio del Canada del 1988

Nel 1988, dopo aver perso i motori Honda a vantaggio della Mclaren, la Williams viene spinta dal Judd, un propulsore artigianale che negò fin da subito, causa la poca affidabilità, ogni possibilità di successo. Pur con una vettura poco competitiva, Mansell decise tuttavia di rimanere in nome dell'amicizia con lo sfortunato Frank Williams che nel 1986 aveva perso l'uso degli arti inferiori a causa di un incidente stradale. Mansell fu affiancato da Riccardo Patrese che aveva preso il posto di Piquet, ma anche senza il rivale brasiliano l'inglese non sarebbe stato in grado di lottare per il Mondiale con una macchina fragile e nettamente inferiore alla concorrenza. Nigel dovette anche saltare due gare per motivi di salute, ma riuscì a ottenere due secondi posti, di cui uno sul bagnato a Silverstone, dove tra l'altro fu ufficializzato il suo passaggio alla Ferrari per il 1989. Con la Williams, Mansell aveva collezionato 14 ritiri, quasi tutti per la rottura del motore.

Il biennio in Ferrari e la rivalità con Prost (1989-1990)

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Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1989.
Mansell in Ferrari nel 1989 durante il Gran Premio del Belgio.

Nel 1989 pilota la Ferrari 640 F1 ed è affiancato dall'austriaco Gerhard Berger[12]. Debutta al Gran Premio del Brasile sul Circuito di Jacarepaguá dove, dopo il sesto tempo in qualifica, vince la gara davanti ad Alain Prost su McLaren-Honda. A San Marino ottiene il terzo tempo in prova ma si ritira in corsa per un problema al cambio come anche a Monaco e in Messico dove però segna il giro più veloce. È costretto al ritiro per problemi elettrici negli Stati Uniti e viene squalificato in Canada. Arriva secondo in Francia e Gran Bretagna dove ottiene il giro più veloce, terzo in Germania e vince, segnando il giro veloce in gara, il Gran Premio d'Ungheria partendo dalla dodicesima posizione. Sale sul terzo gradino del podio in Belgio, si ritira in Italia dopo essere partito dalla seconda fila, viene squalificato in Portogallo e non prende parte al successivo Gran Premio di Spagna; si ritira poi in Giappone e Australia, ultimi Gran Premi della stagione[12]. A fine anno è quarto nel Mondiale con trentotto punti[12].

Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1990.
Mansell alla Scuderia Ferrari nel fine settimana del Gran Premio degli Stati Uniti d'America 1990

Anche il 1990 non fu ricco di soddisfazioni. La Ferrari aveva una vettura in grado di lottare per il titolo, ma l'inglese fu sopraffatto più che in velocità pura soprattutto psicologicamente dal nuovo compagno, Alain Prost, e restò ben presto tagliato fuori dalla lotta per il titolo, arrivando addirittura ad annunciare il ritiro dalle gare nel dopocorsa del Gran Premio di Gran Bretagna. L'annuncio si rivelò ben presto un bluff, in quanto l'inglese firmò poi per la Williams. Mansell vinse il Gran Premio del Portogallo, dove però vi furono polemiche per una manovra dell'inglese che, in pole position, alla partenza strinse verso il muro il compagno Prost, partito secondo, facendo passare avanti le due McLaren di Berger e Senna, che sarebbe andato poi a vincere il titolo proprio ai danni di Prost.

Il ritorno in Williams, il titolo iridato e il primo ritiro (1991-1994)

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Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1991.
Mansell al Gran Premio degli Stati Uniti 1991.

La Williams intanto, dopo alcune stagioni di anonimato, stava ritornando competitiva grazie alla partnership col motorista Renault. Nel 1991 Nigel iniziò male, pagando anche un'iniziale mancanza di affidabilità della sua Williams FW14 ed arrivando ad essere distaccato di oltre 30 punti dalla McLaren di Senna ed anche dietro al suo compagno di squadra Patrese. In estate però Mansell vinse tre GP consecutivi in Francia, Gran Bretagna e Germania arrivando a minacciare il leader del mondiale Senna. In Portogallo Mansell pagò un errore della squadra che non gli avvitò una ruota al pit-stop. Mansell ottenne altre due vittorie in Italia e Spagna prima di arrendersi definitivamente a Senna in Giappone.

Mansell sulla Williams FW14 al Gran Premio di Monaco 1991.
Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1992.

L'inglese si prese una clamorosa rivincita nel 1992, quando dominò in lungo e in largo la stagione grazie anche alla fenomenale Williams FW14B. Sbaragliò il compagno di squadra Patrese e gli avversari, raccogliendo 9 vittorie e 14 pole position su 16 gare. Dimostrò quindi di essere un campione forte e sicuro, libero da quelle ombre psicologiche che in passato avevano influito sulle sue prestazioni. Dopo Hamilton è il pilota del Regno Unito che ha vinto più gran premi e sicuramente uno dei piloti più veloci e spettacolari della storia.

Mansell iniziò la stagione vincendo le prime 5 gare in Sudafrica, Messico, Brasile, Spagna e San Marino con altrettante pole position. La sua inarrestabile corsa verso il titolo si arricchì con altre vittorie in Francia, Gran Bretagna e Germania fino a presentarsi già in Ungheria con la possibilità matematica di vincere il titolo che arrivò al 55º giro quando Patrese secondo in classifica si ritirò dalla corsa. Mansell vinse anche in Portogallo e finì la stagione con 108 punti, quasi il doppio dei punti di Patrese, secondo in classifica. A fine anno, Mansell, che aveva già un accordo per continuare a correre su Williams nel 1993, al fianco di Alain Prost come seconda guida, venne allontanato da Frank Williams in quanto quest'ultimo declinò la richiesta di Mansell sulla possibilità di raddoppiare il suo stipendio.

Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1994.

Nel 1994 Mansell iniziò la stagione ancora in America, ma a metà campionato fu richiamato in Williams per correre alcune gare in sostituzione di Ayrton Senna, deceduto ad Imola. Viste le scarne prestazioni del debuttante David Coulthard, Frank Williams decise di affidare la seconda macchina a Mansell, nella speranza che quest'ultimo riuscisse ad aiutare Damon Hill ad evitare una sconfitta dalla Benetton-Ford di Michael Schumacher. Pur a mezzo servizio l'inglese riuscì a tornare alla vittoria nell'ultimo Gran Premio in Australia, dove ottenne anche la sua ultima pole position. Hill perse il Mondiale contro Schumacher per 1 punto, a causa di un incidente con quest'ultimo, ma nonostante questo Patrick Head decise di guardare al futuro, firmando per l'anno dopo con il giovane Coulthard e non rinnovando l'ormai quarantunenne Mansell.

Il breve ritorno con la McLaren e il secondo ritiro (1995)

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Lo stesso argomento in dettaglio: Campionato mondiale di Formula 1 1995.
La McLaren MP4/10 guidata da Mansell nel 1995

Nel 1995 il "Leone" firmò un contratto con la McLaren equipaggiata con il motore Mercedes, che si dimostrò ben presto nettamente inaffidabile, come compagno di Mika Häkkinen. Di fronte ai molteplici problemi che la monoposto anglo-tedesca evidenziò nelle prove pre-campionato, Mansell decise di prendersi una pausa per aspettare che la vettura fosse sviluppata a dovere e saltò le prime due gare, sostituito da Mark Blundell. Tornò al volante nel Gran Premio di San Marino e nel successivo Gran Premio di Spagna, ma i problemi della McLaren MP4/10 erano tutt'altro che risolti e l'inglese decise, grazie ad una clausola del suo contratto, di sciogliere anticipatamente la sua collaborazione, abbandonando definitivamente la Formula 1. Tuttavia nel dicembre 1996, Mansell guidò una Jordan 196 in un test privato nel Circuito di Estoril, alimentando le speculazioni che fosse in ballottaggio per un sedile nella stagione 1997.

Statistiche in F1

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Nigel Mansell ha disputato 187 Gran Premi di Formula 1 (su 191 apparizioni), con 31 vittorie (28 Williams e 3 Ferrari), 32 pole position (28 Williams, 3 Ferrari e 1 Lotus), 30 giri più veloci in corsa (23 Williams, 6 Ferrari e 1 Lotus) e 5 Hat Trick. Ha conquistato 480 punti validi, si è classificato 82 volte a punti e 59 sul podio, è partito 56 volte in prima fila, è stato al comando di 55 gare per un totale di 2091 giri in testa (9651 km).

Lola (1993-1994)

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Mansell al volante della Lola T9300-Ford in una gara del campionato IndyCar nel 1993

Vista l'impossibilità di rinnovare il contratto con la Williams, Mansell dopo aver valutato anche il ritiro dalle competizioni firmò un contratto con la Newman-Haas Racing con cui corse le stagioni 1993 e 1994 del campionato CART. L'intesa venne formalizzata durante il fine settimana del Gran Premio del Portogallo.[13][14] Nella stagione 1993 Mansell pilotò una Lola T9300-Ford ed ebbe come compagno di squadra Mario Andretti.[15][16] Il debutto avvenne al Gran Premio d'Australia a Surfers Paradise dove ottiene la pole position[17] e vinse la gara battendo Emerson Fittipaldi; era il primo pilota dai tempi di Graham Hill, nel 1966, a vincere all'esordio nella categoria.[13] Poche settimane più tardi, non essendo ancora abituato alla guida sugli ovali americani, ebbe un incidente durante le prove della 200 miglia di Phoenix e fu costretto a saltare la corsa.[13] Ripresosi velocemente si piazzò terzo a Long Beach partendo dalla pole e replicò il medesimo piazzamento alla 500 Miglia di Indianapolis, in cui perse la vittoria per un errore di inesperienza a seguito di una brutta ripartenza.[13] Venne quindi nominato Rookie of the year, cioè migliore debuttante dell'anno. Si impose anche nella 200 Miglia di Milwaukee e segnò pole position e giro veloce al Gran Premio di Detroit dove si piazzò quindicesimo. Partì dalla pole position alla 200 Miglia di Portland e arrivò secondo in gara, si piazzò terzo al Gran Premio di Cleveland e ventesimo alla Indy Toronto. Vinse la 500 Miglia del Michigan segnando anche il giro veloce in gara. Alla 200 Miglia del New England centrò pole position, vittoria e giro veloce. Si piazzò secondo alla 200 Miglia di Road America, sesto alla Indy Vancouver e dodicesimo al 200 Miglia di Mid-Ohio partendo dalla pole. Alla 200 Miglia di Nazareth ottenne nuovamente pole position, giro veloce e vittoria, l'ultima per lui nella categoria. All'ultima gara del Campionato, il Gran Premio di Monterey arrivò al traguardo in ventitreesima posizione[15][16]. Vinse il titolo con centonovantuno punti.

Nel 1994 guida una Lola T9400-Ford, affiancato ancora da Mario Andretti[18]. Nel corso della stagione disputa anche quattro Gran Premi di Formula 1[19]. Alla gara inaugurale, il Gran Premio d'Australia, ottiene pole position e giro veloce e si piazza nono in corsa. È terzo alla 200 Miglia di Phoenix e secondo al Gran Premio di Long Beach. Alla 500 Miglia di Indianapolis arriva ventiduesimo al traguardo, quinto alla 200 Miglia di Milwaukee e ventunesimo al Gran Premio di Detroit partendo dalla pole. Si piazza quinto alla 200 Miglia di Portland, sale sul secondo gradino del podio al Gran Premio di Cleveland e arriva al traguardo in ventitreesima posizione alla Indy Toronto. Centra la terza pole position stagionale alla 500 Miglia del Michigan dove chiude la gara ventiseiesimo. Si piazza settimo alla 200 Miglia di Mid-Ohio, diciottesimo alla 200 Miglia del New England, decimo alla Indy Vancouver e tredicesimo alla 200 Miglia di Road America dove segna il giro veloce in gara. Conclude la stagione con un ventiduesimo posto alla 200 Miglia di Nazareth e un ottavo al Gran Premio di Monterey[18]. Con ottantotto punti ottenuti si piazzò ottavo in Campionato[18].

Statistiche in IndyCar

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Nigel Mansell ha gareggiato nel Campionato IndyCar nel 1993 e 1994 vincendo il titolo l'anno del debutto. In 31 gare disputate ha ottenuto 5 vittorie, 4 secondi posti, 4 terzi posti, 8 piazzamenti a punti, 10 pole position, 6 giri veloci, 2 hat tricks, 279 punti. È stato premiato come Rookie of the year del Campionato. Nelle due partecipazioni alla 500 Miglia di Indianapolis ha conquistato il terzo posto e il titolo di Indy 500 Rookie of the year nel 1993.

Altre competizioni

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Mansell a bordo della Ginetta-Zytek 09S durante la 1000 km di Silverstone del 2009.

Negli anni successivi ha partecipato sporadicamente ad alcune corse con vetture categoria Turismo. Nel 1998 ha corso sei gare nel British Touring Car Championship al volante di una Ford Mondeo. Nel 2004 a distanza di otto anni dall'ultima volta torna a guidare una monoposto di Formula 1 nella fattispecie la Jordan EJ14 con cui effettua un test sul circuito di Silverstone e alcuni show car. Nel 2005 Mansell ha accettato di partecipare al Grand Prix Masters vincendo la prova inaugurale svoltasi in novembre a Kyalami, in Sudafrica, dopo avere anche ottenuto la pole-position. Il suo compenso è stato devoluto interamente per aiutare i bambini poveri dell'Africa. L'altra sua grande passione è il golf. Il 4 febbraio 2010, in occasione della conferenza stampa di presentazione della prova, Nigel Mansell ha annunciato la sua partecipazione all'edizione 2010 della 24 Ore di Le Mans, alla guida di una Ginetta-Zytek LMP1 del Beechdean Mansell Team alternandosi alla guida con i suoi due figli[20], tuttavia la gara di Mansell è durata appena 17 minuti in quanto il prototipo che guidava è rimasto seriamente danneggiato in un fuoripista causato dalla foratura di uno pneumatico.

1980 Scuderia Vettura Punti Pos.
Lotus Lotus 81B Rit Rit NQ 0
1981 Scuderia Vettura Punti Pos.
Lotus Lotus 81B
Lotus 87[21]
Rit 11 Rit 3 Rit 6 7 NQ Rit Rit Rit Rit Rit 4 8 14º
1982 Scuderia Vettura Punti Pos.
Lotus Lotus 87B
Lotus 91[22]
Rit 3 7 Rit 4 Rit Rit Rit 9 Rit 8 7 Rit 7 14º
1983 Scuderia Vettura Punti Pos.
Lotus Lotus 92
Lotus 94T[23]
Lotus 93T[24]
12 12 Rit Rit Rit Rit 6 Rit 4 Rit 5 Rit 8 3 NC 10 12º
1984 Scuderia Vettura Punti Pos.
Lotus Lotus 95T Rit Rit Rit Rit 3 Rit 6 Rit 6 Rit 4 Rit 3 Rit Rit Rit 13
1985 Scuderia Vettura Punti Pos.
Williams Williams FW10 Rit 5 5 7 6 Rit NP Rit 6 Rit 6 11 2 1 1 Rit 31
1986 Scuderia Vettura Punti Pos.
Williams Williams FW11 Rit 2 Rit 4 1 1 5 1 1 3 3 Rit 2 1 5 Rit 70 (72)
1987 Scuderia Vettura Punti Pos.
Williams Williams FW11B 6 1 Rit Rit 5 1 1 Rit 14 1 3 Rit 1 1 NP NP 61
1988 Scuderia Vettura Punti Pos.
Williams Williams FW12 Rit Rit Rit Rit Rit Rit Rit 2 Rit Rit Rit 2 Rit Rit 12
1989 Scuderia Vettura Punti Pos.
Ferrari Ferrari 640 1 Rit Rit Rit Rit SQ 2 2 3 1 3 Rit SQ ES Rit Rit 38
1990 Scuderia Vettura Punti Pos.
Ferrari Ferrari 641
Ferrari 641/2[25]
Rit 4 Rit Rit 3 2 18* Rit Rit 17* Rit 4 1 2 Rit 2 37
1991 Scuderia Vettura Punti Pos.
Williams Williams FW14 Rit Rit Rit 2 6 2 1 1 1 2 Rit 1 SQ 1 Rit 2 72
1992 Scuderia Vettura Punti Pos.
Williams Williams FW14B 1 1 1 1 1 2 Rit 1 1 1 2 2 Rit 1 Rit Rit 108
1994 Scuderia Vettura Punti Pos.
Williams Williams FW16
Williams FW16B[26]
Rit Rit 4 1 13
1995 Scuderia Vettura Punti Pos.
McLaren McLaren MP4/10B 10 Rit 0
Legenda 1º posto 2º posto 3º posto A punti Senza punti/Non class. Grassetto – Pole position
Corsivo – Giro più veloce
Squalificato Ritirato Non partito Non qualificato Solo prove/Terzo pilota

PPG Indy Car World Series

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Anno Squadra Telaio Motore 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Punti Posizione
1993 Newman/Haas Racing Lola T93/00 Ford XB V8 t SRF
1
PHX
NP
LBH
3
INDY
3
MIL
1
DET
15
POR
2
CLE
3
TOR
20
MCH
1
NHA
1
ROA
2
VAN
6
MDO
12
NAZ
1
LAG
23
191
1994 Newman/Haas Racing Lola T94/00 Ford XB V8 t SRF
9
PHX
3
LBH
2
INDY
22
MIL
5
DET
21
POR
5
CLE
2
TOR
23
MCH
26
MDO
7
NHA
18
VAN
10
ROA
13
NAZ
22
LAG
8
88
Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico - nastrino per uniforme ordinaria
«Per meriti sportivi»
— Londra, 31 dicembre 1990[27].
Commendatore dell'Ordine dell'Impero Britannico - nastrino per uniforme ordinaria
«Per l'impegno in aiuto dei giovani britannici attraverso l'associazione UK Youth»
— Londra, 31 dicembre 2011[28].

Riconoscimenti

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  • Pilota britannico dell'anno per la rivista Autosport nel 1985, 1986, 1989 e 1991
  • Pilota internazionale dell'anno per la rivista Autosport nel 1986, 1987, 1992 e 1993
  • Personalità sportiva dell'anno della BBC nel 1986, 1992 e 1993
  • Casco d'oro iridato della rivista Autosprint nel 1992
  • medaglia d'oro del Royal Automobile Club nel 1993
  • Premio ESPY nel 1993 e 1994
  • Rookie of the year alla 500 Miglia di Indianapolis nel 1993
  • Rookie of the year del Campionato Champ Car nel 1993
  • Dottorato ad honorem in ingegneria dall'Università di Birmingham nel 1993
  • Inserito nella International Motorsport Hall of Fame nel 2005[29]
  1. ^ Casamassima, p. 719.
  2. ^ Kinser, Mansell, Garlits, Lauda, and Muldowney set high standards. URL consultato il 21 marzo 2013.
  3. ^ Mansell, p. 71.
  4. ^ Mansell, p. 76.
  5. ^ a b Formula 1 News - Nigel Mansell. URL consultato il 21 marzo 2013.
  6. ^ a b c d (EN) Nigel Mansell, su formula1.com. URL consultato l'11 agosto 2015.
  7. ^ a b c 1979 - L'anticamera della F1-Il test Lotus raccontato da Mansell. URL consultato il 20 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 12 maggio 2014).
  8. ^ a b 1980 FIA Formula One World Championship, in Formula1.com. URL consultato il 20 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 26 febbraio 2015).
  9. ^ 1981 FIA Formula One World Championship, in Formula1.com. URL consultato il 20 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 19 febbraio 2015).
  10. ^ Stats F1 - 1981, in Statsf1.com. URL consultato il 20 marzo 2013.
  11. ^ Nigel Roebuck, Diavolo in corpo, in Autosprint, n. 32-33, 11 agosto 2015, 42-47.
  12. ^ a b c Stats F1 - 1989, in Statsf1.com. URL consultato il 21 marzo 2013.
  13. ^ a b c d Wagstaff, pp.155-161.
  14. ^ Champcar stats - Nigel Mansell, in Champcar stats. URL consultato il 25 marzo 2013.
  15. ^ a b 1993 PPG Indy Car World Series, in Champcar stats. URL consultato il 25 marzo 2013.
  16. ^ a b 1993 CART PPG IndyCar World Series results, in Race database. URL consultato il 25 marzo 2013.
  17. ^ Nigel Mansell - se è difficile, è più dolce, su funof1.com.ar, Funo, 22 febbraio 2005.
  18. ^ a b c 1994 PPG Indy Car World Series, in Champcar stats. URL consultato il 25 marzo 2013.
  19. ^ Stats F1 - 1994, in Stats F1. URL consultato il 25 marzo 2013.
  20. ^ Conférence ACO : Les échos et les photos. Pescarolo en LMS ?, in ENDURANCE-INFO.com, 4 febbraio 2010. URL consultato il 21 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 16 luglio 2012).
  21. ^ Dal GP di Monaco.
  22. ^ Dal GP del Brasile.
  23. ^ Al GP di Gran Bretagna e dal GP d'Austria.
  24. ^ Al GP di Germania.
  25. ^ Dal GP del Canada.
  26. ^ Dal GP d'Europa.
  27. ^ SUPPLEMENT TO THE LONDON GAZETTE, 31ST DECEMBER 1990, in London Gazette, 31 dicembre 1990. URL consultato il 21 marzo 2013.
  28. ^ THE LONDON GAZETTE SATURDAY 31 DECEMBER 2011 SUPPLEMENT No. 1 N7, in London Gazette, 31 dicembre 2011. URL consultato il 21 marzo 2013.
  29. ^ International Motorsports Hall of Fame Members, in Motorsports Hall of Fame.com. URL consultato il 21 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 27 agosto 2008).
  • (EN) Nigel Mansell, My Autobiography, Collins Willow, 2005, ISBN 0-00-218497-4.
  • Pino Casamassima, Storia della Formula 1, Calderini Edagricole, 1996, ISBN 88-8219-394-2.
  • (EN) Ian Wagstaff, The British at Indianapolis, Veloce Publishing, 2010, ISBN 1-84584-246-4.

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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