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Festival di Berlino 1988

edizione del festival cinematografico

La 38ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino si è svolta a Berlino dal 12 al 23 febbraio 1988, con lo Zoo Palast come sede principale.[1] Direttore del festival è stato per il nono anno Moritz de Hadeln.

Il regista britannico Derek Jarman, vincitore del premio CICAE e di due Teddy Awards per The Last of England.

L'Orso d'oro è stato assegnato al film cinese Sorgo rosso di Zhang Yimou.

L'Orso d'oro alla carriera è stato assegnato all'attore Alec Guinness, mentre la Berlinale Kamera è stata assegnata all'attore, regista e produttore Richard Attenborough, al cantautore e compositore Chuck Berry, all'attrice Ellen Burstyn e al giornalista e critico cinematografico Guglielmo Biraghi, presidente della giuria internazionale in questa edizione.

Il festival è stato aperto da Linie 1 di Reinhard Hauff ed è stato chiuso da L'impero del sole di Steven Spielberg, entrambi proiettati fuori concorso.[2][3]

La retrospettiva di questa edizione, intitolata "Colour - The History of Colour Film", è stata dedicata all'uso del colore nel cinema a partire dall'epoca del muto ed ha incluso film come I vichinghi di Roy William Neill (1928, primo film girato interamente in Technicolor Process 3), Il sentiero del pino solitario di Henry Hathaway (1936, primo film in Technicolor girato in esterni) e Il barone di Münchhausen di Josef von Báky (1943, primo lungometraggio girato con pellicola Agfacolor).[4]

«Il festival di Berlino Ovest del 1988 è probabilmente la data più importante della mia vita. Berlino è diventata, per così dire, la mia seconda città natale. Non dimenticherò mai le impressioni che ho raccolto.»

Sulla scia della glasnost' di Michail Gorbačëv, la Berlinale del 1988 confermò il ruolo assunto l'anno precedente come piattaforma per i nuovi film sovietici. Uno dei più apprezzati fu La commissaria di Aleksandr Askol'dov, storia di una commissaria disillusa (interpretata da Nonna Mordjukova) che trova rifugio presso una famiglia ebrea durante la guerra civile russa del 1917-1922. Realizzato nel 1967, il film era stato accusato di "calunniare la rivoluzione" e di fare "propaganda sionista" e bandito fino al luglio 1987, quando era stato proiettato al Festival cinematografico internazionale di Mosca.[6] La sua uscita al Festival di Berlino, accompagnata dal gran premio della giuria, fu considerata un'ulteriore indicazione dei cambiamenti nella politica culturale sovietica e il regista ricordò in seguito la Berlinale del 1988 come «probabilmente l'evento più importante della mia vita».[1] Sul Frankfurter Rundschau, il critico Wolfram Schütte definì il film «unico nella storia del cinema sovietico. Il suo soggetto e l'estetica richiamano le storie di Isaak Babel' sulla cavalleria russa di Budënnyj nella loro intensità creativa e fisica e nel modo in cui Askol'dov è in grado di dare una descrizione amorevole e divertente della vita ebraica all'ombra di pericoli sempre presenti».[6]

Ma ci furono anche altri presagi di cambiamento: fino a poco tempo prima sarebbe stato impensabile per il pubblico occidentale assistere a film come Storia di Asja Kljačina che amò senza sposarsi di Andrej Končalovskij (1967), Die Russen kommen di Heiner Carow (1968), Matka Królów del polacco Janusz Zaorski o il documentario sovietico Bol'se sveta! di Marina Babak. A completare questo elenco anche Einer trage des anderen Last di Lothar Warneke, film della Germania Est che affrontava criticamente le contraddizioni e i miti fondanti della DDR.[1][7] A proposito dell'assenza di film sovietici contemporanei, il direttore Moritz de Hadeln rispose così a Lietta Tornabuoni del quotidiano La Stampa: «A Mosca abbiamo visto 17 film, nessuno ci è parso adeguato. "Glasnost'" e "perestrojka" sono belle parole, ma ci vorranno due, tre anni perché queste parole diventino film».[2]

Se da una parte la presenza di film censurati o boicottati provenienti dall'Europa dell'Est fu accolta con favore dagli addetti ai lavori, una critica mossa nei confronti di questa edizione riguardò la crescente presenza di grandi produzioni hollywoodiane che sarebbero uscite nei cinema subito dopo il festival. Sul Frankfurter Rundschau, Wolfram Schütte accusò la direzione di aver trasformato il festival in una «Cape Canaveral dove le major americane possono lanciare i loro razzi».[1] «Per caso ci sono stati offerti molti film americani alla vigilia della loro uscita in Europa», fu la replica di de Hadeln, «per caso la produzione americana attraversa un momento forte. Non conosco alcun direttore di festival che avrebbe detto no a Woody Allen o a Steven Spielberg, che avrebbe rifiutato i gran ritratti femminili di Cher, Holly Hunter, Barbra Streisand in Stregata dalla luna, Dentro la notizia - Broadcast News, Pazza, che avrebbe trascurato due film con implicazioni politiche come Walker - Una storia vera di Cox o Grido di libertà di Attenborough».[2] Accanto alle presenze dell'Europa orientale o di film come Jane B. par Agnès V. e Kung-Fu Master, una doppia "dichiarazione d'amore" di Agnès Varda a Jane Birkin, le produzioni hollywoodiane sembrarono piuttosto commerciali e fecero apparire ad alcuni la spesso evocata "funzione mediatrice" della Berlinale come un eufemismo per gli interessi di esportazione di Hollywood.[1]

 
Il regista Atom Egoyan, nel Forum con il suo secondo lungometraggio Black Comedy.

Il programma di quest'anno, le cui dimensioni erano viste dai critici sempre più come "gigantomaniache", presentò numerose retrospettive e rassegne distribuite nelle varie sezioni, tra cui un esteso focus asiatico.[1] Il film in concorso Sorgo rosso di Zhang Yimou, una ballata sanguinosa e spietata della Cina degli anni trenta, fu il primo film cinese a vincere l'Orso d'Oro. La decisione della giuria internazionale non solo rese onore alla qualità cinematografica del film, ma fu anche intesa come una dichiarazione di solidarietà con le forze liberali cinesi, all'epoca una decisione abbastanza coraggiosa (la protesta di piazza Tienanmen sarebbe arrivata più di un anno dopo).[1]

Il Forum internazionale del giovane cinema presentò il nuovo cinema asiatico con film provenienti da Corea del Sud, Cina, Hong Kong, Filippine e Vietnam, riflettendo un interesse tematico che era già una tradizione in questa sezione e che l'avrebbe plasmata ancora di più in futuro.[8] Tra i più importanti il film di apertura Babo seoneon del regista coreano Lee Jang-ho, definito «una furia cinematografica sperimentale» dallo storico del cinema Wolfgang Jacobsen,[9] e Shu jian en chou lu di Ann Hui, un'epopea ambientata nella Cina del XVIII secolo che il critico Whilelm Roth giudicò sul Frankfurter Rundschau «il Kung fu film definitivo».[10] Oltre a una serie di film indiani e un omaggio a Totò, il Forum proiettò Black Comedy, secondo lungometraggio di Atom Egoyan che come Aleksandr Askol'dov definì il Festival di Berlino un'esperienza cruciale nella sua carriera: «Sono stato completamente sopraffatto da quella sera al Delphy e sono grato al Forum per aver coltivato un pubblico così esigente, curioso e progressista».[1][11]

I responsabili del Forum espressero lamentele per la mancanza di differenziazione con la sezione Panorama, che quest'anno incluse tra l'altro retrospettiva sul cinema greco e australiano, un ampio programma di documentari dai Paesi baltici messo insieme in collaborazione con il Festival del documentario di Nyon e film come Cura la tua destra... di Jean-Luc Godard, Missile di Frederick Wiseman e Grasso è bello di John Waters.[1][12] Nato nel 1980 come Info-Schau, uno spazio destinato a film esclusi dal concorso, sotto la direzione di Manfred Salzgeber il Panorama aveva acquisito nel tempo un profilo che alcuni cominciavano a vedere quasi indistinguibile da quello del Forum. I criteri di selezione non differivano più così tanto come in passato e nacque così una sorta di rivalità tra le due sezioni.[9] Terminato il festival, il comitato consultivo ammonì il Panorama di ridimensionare la sua programmazione, una formulazione che però non teneva conto del fatto che le sezioni dovevano definire la loro immagine piuttosto che essere "modeste" al riguardo.[1]

Giuria internazionale

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Kinderjury

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Il premio riservato alla sezione Kinderfilmfest è stato assegnato da una giuria composta da membri di età compresa tra 11 e 14 anni, selezionati dalla direzione del festival attraverso questionari inviati l'anno precedente.[13]

Selezione ufficiale

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In concorso

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Fuori concorso

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Panorama

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Il nuovo cinema australiano

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Il nuovo cinema greco

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Documentari dai Paesi baltici

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Altri film

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Forum internazionale del giovane cinema

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Programma principale

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- Omaggio a Totò

- Il giovane cinema dell'Unione Sovietica

- Due film di Jon Jost

- Due film di Lee Jang-ho

- Il "film aperto" - Corea del Sud 1984-87

Il Nuovo cinema tedesco

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Video e Super 8

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  • ...mit 22 Jahren wollte man noch nicht sterben, regia di Rainer Ritzel (Germania Ovest)
  • 00580 annotazioni per un documentario su Pozzuoli, regia di Giuseppe M. Gaudino (Italia)
  • 9 Uhr ab Wien Westbahnhof, regia di Ernst A. Grandits (Austria)
  • Effetto Puglia, regia di Annabella Miscuglio (Italia)
  • Identity-Kid, regia di Ed Cantu (Germania Ovest)
  • Leylouna notre nuit, regia di Yamine Khlat (Francia, Libano)
  • Projekt Arthur - Die Gewaltfrage 1968, regia di Didi Danquart (Germania Ovest)
  • Schuld und Sühne, regia di Andrzej Wajda (Austria, Germania)

Video di George Kuchar

  • Calling Dr. Petrov, regia di George Kuchar (Stati Uniti)
  • Cult of the Cubicles, regia di George Kuchar (Stati Uniti)
  • Rainy Season, regia di George Kuchar (Stati Uniti)
  • Video Album 4, regia di George Kuchar (Stati Uniti)
  • Weather Diary 1, regia di George Kuchar (Stati Uniti)

Super 8 di Vivienne Dick

  • Beauty Becomes the Beast, regia di Vivienne Dick (Stati Uniti)
  • Guerillere Talks, regia di Vivienne Dick (Stati Uniti)
  • Liberty's Booty, regia di Vivienne Dick (Stati Uniti)
  • Like Down to Dust, regia di Vivienne Dick (Stati Uniti)
  • Loisaida, regia di Vivienne Dick (Stati Uniti)
  • She Had Her Gun All Ready, regia di Vivienne Dick (Stati Uniti)
  • Visibility: Moderate, regia di Vivienne Dick (Stati Uniti)

Kinderfilmfest

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Retrospettiva

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Premi della giuria internazionale

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Premi onorari

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Premi della Kinderjury

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Premi delle giurie indipendenti

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Premi dei lettori

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  1. ^ a b c d e f g h i j 38th Berlin International Film Festival - February 12-23, 1988, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 4 maggio 2017.
  2. ^ a b c d Lietta Tornabuoni, «Gli italiani? Non c'erano», in La Stampa, 12 febbraio 1988.
  3. ^ Stefano Reggiani, Spielberg e «L'impero del sole», un ragazzo perduto nella guerra, in La Stampa, 24 febbraio 1988.
  4. ^ Retrospective, Berlinale Classics & Homage, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 28 febbraio 2019.
  5. ^ a b Jacobsen (2000), p. 349.
  6. ^ a b Jacobsen (2000), p. 345.
  7. ^ Jacobsen (2000), p. 346.
  8. ^ Forum Archiv - 1988, su arsenal-berlin.de, www.arsenal-berlin.de. URL consultato il 22 dicembre 2018.
  9. ^ a b Jacobsen (2000), p. 348.
  10. ^ Jacobsen (2000), p. 347.
  11. ^ Jacobsen (2000), p. 351.
  12. ^ Jacobsen (2000), p. 343.
  13. ^ a b Juries - 1988, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 23 giugno 2022.
  14. ^ Guglielmo Biraghi fu chiamato a presiedere la giuria internazionale all'ultimo minuto, dopo la rinuncia dell'attore tedesco Gert Fröbe per motivi di salute.
  15. ^ Infermental era il titolo di una rivista ideata dal regista ungherese Gábor Bódy, pubblicata su videocassetta dal 1980 al 1991. Ogni volume era pubblicato da editori di diversi Paesi e raccoglieva lavori audiovisivi che rappresentavano le ultime tendenze nazionali. Tra i numerosi artisti partecipanti ci sono stati Gary Hill, Jon Jost, gli Yello e Mona Hatoum.
  16. ^ Infermental, su infermental.de, www.infermental.de. URL consultato il 4 novembre 2019.
  17. ^ 38th International Film Festival Berlin, su inter-film.org, www.inter-film.org. URL consultato il 22 dicembre 2018.

Bibliografia

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Collegamenti esterni

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