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Prospettivismo

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«Tre gradi di elevazione dal polo rovesciano tutta la giurisprudenza. Un meridiano decide sulla verità. In pochi anni di dominio, le leggi fondamentali cambiano, il diritto ha le sue stagioni, l’entrata di Saturno in Leone segna, per noi, l’origine di un qualche crimine. Che giustizia divertente, che un fiume delimita! Verità di qua dei Pirenei, errore di là.»

Prospettivismo è un termine che è stato coniato da Gustav Teichmüller (Die wirkliche und die scheinbare Welt, 1882).[2] Esso indica una dottrina secondo cui il mondo, le cose e gli eventi possono essere analizzati da diversi punti di vista, ognuno dei quali concorre a comprendere meglio la realtà col proprio limitato, relativo, particolare quanto specifico e imprescindibile apporto.[3][4]

In età moderna, con Montaigne, la scoperta del Nuovo Mondo ed i conseguenti problemi etici e antropologici portano a un orientamento prospettivistico del filosofare. In seguito, Leibniz ha sottolineato, nella sua Monadologia, come una stessa città vista da diverse angolature appaia totalmente differente, pressoché moltiplicata prospettivamente. Usando le parole di Goethe: "Nella stessa città, un evento importante sarà raccontato, alla sera, diversamente che al mattino".[5] La necessaria prospetticità è stata oggetto del pensiero gnoseologico della corrente storica dell'Illuminismo.

Il prospettivismo filosofico si riafferma con Emerson nel contesto pluralistico-democratico degli Stati Uniti negli anni precedenti la seconda rivoluzione industriale. La sua scia sarà seguita, ma con precisi intenti di restaurazione gerarchico-aristocratica, da Nietzsche.

Nel '900, Ortega y Gasset rilancia la difesa di un prospettivismo storico, ossia l'idea che esistano una serie di prospettive che si possono scoprire soltanto nel corso della storia.

Il prospettivismo secondo Nietzsche

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Il filosofo Nietzsche afferma che tutte le intuizioni e le idee nascono da una particolare prospettiva. Questo significa che esistono molti possibili schemi concettuali, o prospettive in cui può essere formulato un giudizio di verità o di valore. Ciò equivale a dichiarare che non esiste un modo di vedere il mondo che sia "veritiero", ma non significa necessariamente che tutte le prospettive siano egualmente valide.

Il prospettivismo nietzschiano nega che un oggettivismo di tipo metafisico sia qualcosa di possibile e afferma che non ci sono valutazioni oggettive in grado di trascendere una qualsiasi formazione culturale o le designazioni soggettive. Questo significa che non ci sono fatti oggettivi e che non è possibile la comprensione o la conoscenza di una cosa in sé. Ciò separa quindi la verità da un singolo o particolare punto di vista e significa che non è possibile una certezza gnoseologica od etica, portando alla costante rivalutazione o trasvalutazione dei valori (filosofici, scientifici ecc.) secondo le prospettive individuali. In Al di là del bene e del male, Nietzsche illustra in questo modo la propria concezione "prospettivistica":

«Ma quella "normatività della natura", di cui voi fisici parlate con tanta prosopopea come se – – esistesse soltanto grazie alle vostre spiegazioni e alla vostra cattiva "filologia", non è un dato di fatto, un "testo", ma piuttosto soltanto un riassetto e una distorsione di senso ingenuamente umanitari, con cui venite abbastanza incontro agl'istinti democratici dell'anima moderna!… Ma come si è già detto, questa è interpretazione, non testo; e potrebbe venire qualcuno che con un'intenzione e un'arte interpretativa diametralmente opposte sapesse desumere dalla lettura della stessa natura e in relazione agli stessi fenomeni proprio un'affermazione, dispoticamente spregiudicata e spietata, di rivendicazioni di potenza, – un interprete che vi mettesse sotto gli occhi la perentorietà e l'assolutezza insite in ogni volontà di potenza… Posto poi che anche questa fosse soltanto un'interpretazione - e voi sarete abbastanza solleciti da obiettarmi ciò - ebbene, tanto meglio.-[6]»

Noi assumiamo sempre delle prospettive a causa delle nostre mancanze o incapacità, che ne siamo consapevoli o no, e i concetti individuali di esistenza vengono definiti dalle circostanze in cui si trova l'individuo. La verità viene fatta "da" e "per" l'individuo e la società. Il punto di vista di Nietzsche differisce enormemente dai vari tipi o correnti del relativismo, che considerano la verità di una particolare proposizione come qualcosa che complessivamente non può essere valutata in relazione ad una "verità assoluta", a prescindere dalla cultura e dal contesto nel quale le prospettive nascono e si incrementano.

Ad esempio, pur riconoscendo diverse correnti di pensiero come erronee o fuorvianti, Nietzsche ritiene che sia stato utile averle ritenute vere, poiché un tempo hanno svolto un ruolo efficace al fine di accrescere la volontà di potenza della nostra specie, fino a quando hanno esaurito la loro efficacia. Da questo punto di vista, la teoria della conoscenza di Nietzsche può essere a buon diritto considerata anticipatrice della epistemologia evoluzionistica.[7]

Secondo il gesuita Guido Sommavilla, nell'ambito della teologia cristiana il corrispettivo di tale problematica è indicato con tot capita tot Christi, per designare le difficoltà e le problematiche interpretative di tipo religioso:

«Una volta acquisito il principio del libero esame [protestante...], il risultato è subito: tot Christi tot capita,[8] tanti Cristi quante teste: un Cristo diverso per ognuno di noi.[9]»

  1. ^ In Pensieri (1670), tr. it. a cura di Maria Vittoria Romeo, Blaise Pascal, Opere complete, Milano, Bompiani, 2020, pp. 2313-2314, frammento 94.
  2. ^ Cf. voce in dizi.it.
  3. ^ Prospettivismo, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  4. ^ Cf. voce Archiviato il 6 marzo 2007 in Internet Archive. in Sapere.it.
  5. ^ Lettera a Ludovico I di Baviera del 17 dicembre 1829, cit. da Reinhart Koselleck, Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici, Bologna, Clueb, 2007, p. 242 (ed. or.: 1979). ISBN 88-491-2831-2; ISBN 978-88-491-2831-4.
  6. ^ Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, Milano, Adelphi, 1979, pp. 27-28.
  7. ^ Di seguito vengono riportati solo alcuni degli innumerevoli "frammenti postumi" di Nietzsche che avvalorano la tesi secondo la quale l'approccio epistemologico nietzschiano sarebbe compatibile con l'evoluzionismo: «è probabile vi siano innumerevoli specie di vita e, conseguentemente, anche di rappresentazioni. "Il vero per noi", vale a dire ciò che ci rende possibile l'esistenza in base all'esperienza e il processo è così antico, che è impossibile trasformare il nostro pensiero. A ciò si riducono tutti gli a priori.» (11[136] Frammenti postumi 1881); «Vi son stati innumerevoli modi cogitandi, ma si son conservati solo quelli che portavano avanti la vita organica...» (11[52] Frammenti postumi 1881); «Nella catena morfologica degli animali, si sviluppa il sistema nervoso e, più tardi, il cervello: si sviluppa il sentire, come, più tardi, si sviluppa il creare immagini e il pensare.» (25[325] Frammenti postumi 1884); «L'apparato conoscitivo...come mezzo dell'apparato della nutrizione.» (25[377] Frammenti postumi 1884); «NB. Il principio di conservazione dell'individuo (ovvero la paura della morte) non può essere dedotto da sensazioni di piacere e dispiacere, bensì esso è qualcosa che dirige, è una valutazione, che si trova già alla base di tutte le sensazioni di piacere e dispiacere. Solo quelle attività intellettuali che conservavano l'organismo hanno potuto conservarsi; e nella lotta degli organismi queste attività intellettuali si sono continuamente irrobustite e raffinate,--- NB. - La lotta come origine delle funzioni logiche.» (25[427] Frammenti postumi 1884) (Qui fra l'altro Nietzsche sembra avvalorare l'ipotesi che sia l'interno istinto di conservazione, in interazione evolutiva con l'esterno, a dirigere la formazione delle categorie mentali che ci fan conoscere un determinato tipo di mondo esterno: quello utile alla nostra vita); «L'intero apparato conoscitivo è un apparato di astrazione e semplificazione - non diretto alla conoscenza, bensì al dominio delle cose» (26[6] Frammenti postumi 1884); «Il vecchio Kant constata alcuni istinti intellettuali, che agiscono prima di qualsiasi ragionamento e di qualsiasi attività sensibile» (26[375] Frammenti postumi 1884; «Le leggi del pensiero come risultato dell'evoluzione organica.» (35[50] Frammenti postumi 1885); «Nei giudizi di valore si esprimono condizioni di conservazione e di crescita; tutti i nostri organi e sensi conoscitivi sono sviluppati solo in vista di condizioni di conservazione e di crescita» (9[38] Frammenti postumi 1887); Sulle kantiane "categorie dell'intelletto": «Queste ultime potrebbero aver fatto, fra molto palpare e tastare intorno, buona prova per una loro relativa utilità... Da allora in poi valsero come a priori, come al di là dell'esperienza, come non rigettabili.... E tuttavia esse forse non esprimono se non un determinato finalismo di razza e di specie. Solo la loro utilità è la loro verità.» (14[105] Frammenti postumi 1888/1889); Sulla gnoseologia: «Dietro l'evoluzione degli organi conoscitivi sta come motivo l'utilità della conservazione, non un qualunque bisogno astratto-teorico di non venire ingannati.» (14[122] Frammenti postumi 1888/1889). In G. Colli (a cura di), Opere di Friedrich Nietzsche. Frammenti Postumi (1881-1889), Milano, Adelphi, 1971-1986.
  8. ^ G. Sommavilla, Dio: una sfida logica, Milano, Rizzoli, 1995, pp. 108-9. ISBN 88-17-84380-6; ISBN 978-88-17-84380-5. Disponibile online su books.google.it.
  9. ^ G. Sommavilla, op. cit., pp. 108 e 156. Disponibile online su books.google.it.

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