Macchi M.416
Macchi M.416 | |
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Macchi M.416 esposto al Museo storico dell'Aeronautica Militare di Vigna di Valle | |
Descrizione | |
Tipo | aereo da addestramento |
Equipaggio | 2 |
Costruttore | Aeronautica Macchi |
Data entrata in servizio | 1951 |
Utilizzatore principale | Aeronautica Militare |
Esemplari | 180 |
Sviluppato dal | Fokker S-11 |
Dimensioni e pesi | |
Lunghezza | 8,18 m |
Apertura alare | 10,97 m |
Altezza | 2,44 m |
Superficie alare | 18,51 m² |
Carico alare | 61,3 kg/m² |
Peso a vuoto | 850 kg |
Peso carico | 1 135 kg |
Capacità | 285 kg |
Propulsione | |
Motore | un Avco Lycoming O-435A F6 |
Potenza | 190 hp (142 kW) |
Prestazioni | |
Velocità max | 206 km/h |
Velocità di salita | 1 000 in 6 min |
Autonomia | 515 km |
Tangenza | 3 800 m |
Aermacchi M.416 in UniBo [1] | |
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Il Macchi M.416 era un monomotore da addestramento biposto ad ala bassa prodotto dall'azienda italiana Aeronautica Macchi su licenza dell'olandese Fokker negli anni cinquanta.
Destinato alle scuole di volo militari dell'Aeronautica Militare venne successivamente impiegato nell'aviazione generale come addestratore negli aeroclub in territorio italiano.
Storia del progetto
[modifica | modifica wikitesto]Riproduzione dell'antico modello olandese Fokker S-11, venne messo in produzione fra il 1951 e il 1958, e nel 1960 affidato ai vari aeroclub per istruzioni di volo.
Tecnica
[modifica | modifica wikitesto]L'M.416 era un velivolo di impostazione classica realizzato in tecnica mista; monomotore monoplano ad ala bassa e carrello fisso.
La fusoliera era realizzata con struttura in tubi d'acciaio saldati, con correntini interposti sul profilo esterno della struttura, e rivestita in tela tranne nella sezione anteriore dove era posizionato il motore, racchiuso in un cofano. Sulla stessa era posto la cabina di pilotaggio a due posti affiancati, per l'allievo pilota ed il suo istruttore, completamente chiusa da un cupolino in perspex. Posteriormente terminava in un impennaggio tradizionale monoderiva e dai piani orizzontali a sbalzo.[1]
L'ala, di costruzione interamente metallica, era realizzata in un unico pezzo, con struttura bilongherone, ed era posizionata bassa ed a sbalzo.
Il carrello d'atterraggio era biciclo fisso, con elementi anteriori ammortizzati, integrato posteriormente da un ruotino d'appoggio "direzionale".[1]
La propulsione era affidata ad un Lycoming O-435, un motore a 6 cilindri contrapposti raffreddato ad aria in grado di erogare una potenza massima pari a 190 hp (142 kW) a 2 500 giri/min a cui era abbinata un'elica bipala lignea a passo fisso.[1]
Impiego operativo
[modifica | modifica wikitesto]Nell'immediato periodo che seguì la fine della seconda guerra mondiale l'M.416 andò a coprire l'esigenza di un nuovo aereo da addestramento per le scuole di volo di primo periodo dell'Aeronautica Militare. Le consegne ai reparti di Brindisi, Gioia del Colle, Alghero ed Elmas avvennero dal 1951 e proseguirono fino al 1958, anno in cui ne venne sospesa la produzione. In seguito, data la disponibilità di velivoli di progettazione più recente, venne impiegato nelle Squadriglie Collegamenti e ai Centri Addestramento al Volo (CAV) fino alla sua radiazione nel 1960. Gli esemplari ancora in condizioni di volo conclusero la loro carriera operativa ceduti dalla forza aerea italiana a vari aeroclub in territorio nazionale.[1]
Utilizzatori
[modifica | modifica wikitesto]Militari
[modifica | modifica wikitesto]Curiosità
[modifica | modifica wikitesto]Il M.416 era simpaticamente soprannominato "Il Democristiano".
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Oscar Marchi, Vittorio Zardo, "Aeronautica Militare - Museo Storico - Catalogo Velivoli", 1980;
- Frank Mc Meiken, "Italian Military Aviation", 1984;
- Ministero della Difesa - Aeronautica, "Istruzioni e norme per il montaggio, la regolazione e la manutenzione del velivolo da scuola di primo periodo M. 416", 1952.
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Daniele Garavini, Aermacchi M.416, in Università di Bologna - II Facoltà di Ingegneria sede di Forlì, http://www.ingfo.unibo.it. URL consultato il 23 gen 2010 (archiviato dall'url originale il 15 aprile 2010).