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Karl Marx

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Karl Marx nel 1875

Karl Heinrich Marx (1818 – 1883), filosofo, economista, storico, sociologo, politologo, giornalista e uomo politico tedesco.

Citazioni di Karl Marx

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Per approfondire, vedi: Manifesto del Partito Comunista e L'ideologia tedesca.
  • A chi desidera acquisire un'idea intuitiva e non astratta della stessa, non mi riferisco all'Elena greca e neppure alla Lucrezia romana bensì alla Santissima Trinità, non posso consigliare di meglio che sognare niente, finché non si sia addormentato, ma al contrario, di vegliare nel signore e di esaminare attentamente questo periodo, dato che in esso è compreso il concetto palese. Innalzandoci sino alla sua altezza che dista gradini dal punto in cui ci troviamo e che galleggia in alto come una nuvola, e ci si presenterà il gigantesco "non"; avviciniamoci alla sua metà e ci spaventeremo per l'enorme "niente"; quando scenderemo poi nella sua profondità, entrambi si concilieranno ancora armoniosamente nel "non" che ci si presenterà dinanzi con una fiammeggiante eretta ed audace scrittura.
    "Non", "niente", "non",
    questo è il concetto intuitivo della Santissima Trinità, ma chi potrebbe scoprire quello astratto, dato che: "chi sale su in cielo e ne discende?", "chi nelle sue mani tiene il vento?", "chi nella sua veste raccoglie l'acqua?", "chi ha fatto nascere tutte le terre del mondo?", "Come si chiama, e come si chiama suo figlio? Sai tu questo?" dice Salomone il saggio.[1]
  • A me non appartiene né il merito di aver scoperto l'esistenza delle classi nella società moderna né quello di aver scoperto la lotta tra di esse. [...] Quel che io ho fatto di nuovo è stato di dimostrare: 1. che l'esistenza delle classi è soltanto legata a determinate fasi di sviluppo storico della produzione; 2. che la lotta di classe necessariamente conduce alla dittatura del proletariato; 3. che questa dittatura stessa costituisce soltanto il passaggio alla soppressione di tutte le classi e a una società senza classi.[2]
  • Come non è la religione che crea l'uomo, ma è l'uomo che crea la religione, così non la costituzione crea il popolo, ma il popolo la costituzione.[3]
  • Gli uomini che fanno la storia, generalmente non sanno che storia fanno.[4]
  • [La burocratizzazione] Ha mutato le classi politiche in classi sociali, in modo che, come i cristiani sono eguali in cielo e ineguali in terra, così i singoli membri del popolo sono eguali nel cielo del loro mondo politico e ineguali nell'esistenza terrestre della società.[5]
  • I filosofi non spuntano dal terreno come i funghi. Essi sono il prodotto del loro tempo.[6]
  • Il nostro motto dev'essere dunque: riforma della coscienza non per mezzo di dogmi, ma mediante l'analisi della coscienza non chiara a sé stessa, o si presenti sotto forma religiosa o politica. Apparirà allora che il mondo ha da lungo tempo il sogno di una cosa...[7]
  • In linea di principio un facchino differisce da un filosofo meno che un mastino da un levriero. È la divisione del lavoro che ha creato un abisso tra l'uno e l'altro.[8]
  • [Sulla strategia di Temistocle nella battaglia di Salamina] In momenti come questi i mediocri pensano esattamente il contrario dei grandi condottieri. Credono di rimediare il danno diminuendo le forze in campo, frazionandole, cercando un compromesso con le necessità reali; viceversa Temistocle, allorché Atene corse il rischio di essere distrutta, spinse gli Ateniesi ad abbandonarla e a fondare sul mare, su un elemento nuovo, una nuova Atene.[9]
  • Innata casistica dell'uomo, quella di cambiare le cose mutandone i nomi! E di trovare un sotterfugio per infrangere la tradizione rimanendo nella tradizione, laddove un interesse diretto abbia dato la spinta sufficiente.[10]
  • L'alienazione religiosa come tale si produce soltanto nel dominio della coscienza, dall'interno dell'uomo, ma l'alienazione economica è l'alienazione della vita reale: la sua soppressione abbraccia quindi ambo i lati.[11][12].
  • L'emancipazione della classe lavoratrice deve essere opera della classe lavoratrice stessa.[13]
  • L'esperienza definisce felicissimo l'uomo che ha reso felice il maggior numero di altri uomini [...]. Se abbiamo scelto nella vita una posizione in cui possiamo meglio operare per l'umanità, nessun peso ci può piegare, perché i sacrifici vanno a beneficio di tutti; allora non proveremo una gioia meschina, limitata, egoistica, ma la nostra felicità apparterrà a milioni di persone, le nostre azioni vivranno silenziosamente, ma per sempre.[14]
  • L'umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose da vicino, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione.[15]
  • La crudeltà, come qualsiasi altra cosa, subisce la moda, cambia secondo i tempi e i luoghi.[16]
  • La natura umana è la vera comunità umana. Come il disperato isolamento da essa è incomparabilmente più universale, insopportabile, pauroso, contraddittorio dell'isolamento dalla comunità politica, così anche la soppressione di tale isolamento e anche una reazione parziale, una rivolta contro di esso, è tanto più infinita quanto più infinito è l'uomo rispetto al cittadino e la vita umana rispetto alla vita politica. La rivolta industriale, perciò può essere parziale fin che si vuole, essa racchiude in sé un'anima universale; la rivolta politica può essere universale fin che si vuole, essa cela sotto le forme più colossali uno spirito angusto.[17]
  • La profonda ipocrisia, l’intrinseca barbarie della civiltà borghese ci stanno dinanzi senza veli, non appena dalle grandi metropoli, dove esse prendono forme rispettabili, volgiamo gli occhi alle colonie, dove vanno in giro ignude.[18]
The profound hypocrisy and inherent barbarism of bourgeois civilization lies unveiled before our eyes, turning from its home, where it assumes respectable forms, to the colonies, where it goes naked.[19]
  • La soggezione economica del lavoratore [...] forma la base della servitù in tutte le sue forme, la base di ogni miseria sociale, di ogni degradazione spirituale e dipendenza politica. Di conseguenza l'emancipazione economica della classe operaia e il grande fine qui deve essere subordinato, come mezzo, ogni movimento politico.[20]
  • Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l'espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio.[21]
  • Le idee non possono realizzare nulla. Per realizzare le idee, c'è bisogno degli uomini, che mettono in gioco una forza pratica.[22][12]
  • Le ipotesi si fanno soltanto in vista di qualche fine.[23]
  • Liberandomi dell'idealismo che avevo nutrito di elementi fichtiani giunsi a cercare l'idea nella realtà stessa. Gli dei che fino a prima avevano regnato al di sopra della terra ne diventavano ora il centro.[24][12]
  • Noi abbiamo partecipato alle restaurazioni dei popoli moderni senza averne avuto le rivoluzioni. Coi nostri pastori in testa ci siamo trovati in compagnia della libertà in un solo caso: il giorno della sua sepoltura.[25]
  • Noi non abbiamo riguardi; non ne attendiamo da voi. Quando verrà il nostro turno, non abbelliremo il terrore.[26]
  • Non è la coscienza degli uomini che determina la loro vita, ma le condizioni della loro vita che ne determinano la coscienza.[27]
  • Ogni centro industriale e commerciale possiede ora in Inghilterra una classe operaia divisa in due campi ostili, i proletari inglesi e i proletari irlandesi. L'operaio inglese medio odia l'operaio irlandese come un concorrente che abbassa il suo livello di vita. Rispetto al lavoratore irlandese egli si sente un membro della nazione dominante, e così si costituisce in uno strumento degli aristocratici e dei capitalisti del suo paese contro l'Irlanda, rafforzando in questo modo il loro dominio su lui stesso. Si nutre di pregiudizi religiosi, sociali e nazionali contro il lavoratore irlandese. [...] L'irlandese gli rende la pariglia, e con gli interessi. Egli vede nell'operaio inglese nello stesso tempo il complice e lo strumento stupido del dominio inglese sull'Irlanda. Questo antagonismo è artificialmente mantenuto e intensificato dalla stampa, dagli oratori, dalle caricature, in breve da tutti i mezzi di cui dispongono le classi dominanti. Questo antagonismo è il segreto dell'impotenza della classe operaia inglese, a dispetto della sua organizzazione. È il segreto grazie al quale la classe capitalista mantiene il suo potere. E questa classe ne è perfettamente cosciente.[28]
  • Ogni goccia di rugiada nella quale si rifletta il sole brilla in un gioco infinito di colori, ma il sole spirituale dovrebbe generare un solo colore, e cioè il colore ufficiale, senza tenere conto dei tanti individui, dei tanti oggetti nei quali l'uomo si riflette. La forma essenziale dello spirito è allegria, luce, e la legge fa dell'ombra l'unica espressione che le corrisponde: dovrebbe andar vestita solo di nero, eppure tra i fiori non ce n'è alcuno che sia nero.[29]
  • Presumiamo che l'uomo sia uomo, e la sua relazione con il mondo sia umana, e si consideri amore l'amore, confidenza la confidenza ecc. Se volete apprezzare l'arte, dovete essere una persona artisticamente preparata; se volete avere ascendente sul prossimo dovete essere una persona che ha un'influenza veramente stimolante sulla gente. Ognuno, nei suoi rapporti con l'uomo e la natura, deve essere un'espressione definita della sua vera vita individuale, corrispondente all'oggetto del suo desiderio. Se amate senza suscitare amore, vale a dire, se il vostro amore non produce amore, se attraverso l'espressione di vita di persona amante voi non diventate una persona amata, allora il vostro amore è impotente, è sfortunato.[30]
  • Qui non si tratta dell'obiettivo che questo o quel proletario o il proletariato nel suo insieme si propone di raggiungere. Si tratta invece di ciò che è, e di ciò che in conformità a questo essere deve necessariamente verificarsi nella storia.[31]
  • Scuotendosi di dosso il giogo politico, la società civile si scuote di dosso i lacci che avvincevano il suo spirito egoista. L'emancipazione politica fu contemporaneamente l'emancipazione della società civile dalla politica, dalla parvenza stessa di un contenuto universale.[32]
  • Se la Comune [di Parigi] fosse distrutta, la lotta sarebbe solo rimandata. I princìpi della Comune sono eterni e indistruttibili; si presenteranno ancora e ancora finché la classe lavoratrice non sarà liberata.
If the Commune should be destroyed, the struggle would only be postponed. The principles of the Commune are eternal and indestructible; they will present themselves again and again until the working class is liberated.[33]
  • Spartaco è l'uomo più folgorante della storia antica. Un grande generale (non come Garibaldi), un personaggio nobile, veramente rappresentativo del proletariato dell'antichità.[34]
  • Sulla soglia della scienza, come sulla porta dell'inferno, si deve porre questo ammonimento:
    Qui si convien lasciare ogni sospetto
    Ogni viltà convien che qui sia morta.[35]
  • Vai fuori di qui! Le ultime parole vanno bene per gli sciocchi che non hanno detto abbastanza in vita. [14 marzo 1883, frase pronunciata prima di morire, alla sua governante che lo esortava a dire le ultime parole in modo che lei potesse scriverle]
Los raus hier – letzte Worte sind für Narren, die nicht genug gesagt haben.[36]

Annali franco-tedeschi

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Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel

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Per la Germania, la critica della religione nell'essenziale è compiuta, e la critica della religione è il presupposto di ogni critica.

Citazioni

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  • Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale.[37]
Die Aufhebung der Religion als des illusorischen Glücks des Volkes ist die Forderung seines wirklichen Glücks.[38]
  • [...] l'uomo fa la religione, e non la religione l'uomo.
  • La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d'honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell'essenza umana, poiché l'essenza umana non possiede una realtà vera.
  • La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo.[39]
  • L'esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l'esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. [...] La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l'uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi.
  • La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all'uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso.
  • L'arme della critica non può certamente sostituire la critica delle armi [...].
  • [...] la teoria diviene una forza materiale non appena si impadronisce delle masse.
  • La filosofia non può realizzarsi senza l'eliminazione del proletariato, il proletariato non può eliminarsi senza la realizzazione della filosofia.

Sulla questione ebraica

Critica a La questione ebraica (Die Judenfrage, 1843) di Bruno Bauer.

  • [...] dato che l'esistenza della religione è l'esistenza di un difetto, la scaturigine di tale difetto può essere cercata solamente nell'essenza dello Stato stesso. Ormai per noi la religione non rappresenta più il fondamento, ma soltanto più il fenomeno della limitatezza mondana. [...] Noi non tramutiamo le questioni mondane in questioni teologiche. Tramutiamo le questioni teologiche in questioni mondane. Dopo che per molto tempo la storia è stata risolta in superstizione, noi risolviamo in storia la superstizione. Il problema del rapporto tra l'emancipazione politica e la religione diventa per noi il problema del rapporto tra l'emancipazione politica e quella umana. (pp. 103 sg.)
  • La proprietà privata non è forse idealmente superata, quando il nullatenente diventa legislatore del possessore [per mezzo del suffragio universale]? Il censo è l'ultima forma politica di riconoscimento della proprietà privata. (p. 109)
  • Dove lo Stato politico ha conquistato il proprio autentico sviluppo [ponendosi al di sopra delle Chiese e delle componenti particolari], lì l'uomo conduce non solo nel pensiero, nella coscienza, ma nella realtà, nella vita, una duplice esistenza, una celeste e una terrena, l'esistenza nella comunità politica in cui egli si ritiene un ente comunitario e l'esistenza nella società civile, nella quale opera come uomo privato, il quale intende gli altri uomini come strumenti, degrada se stesso a mezzo e diventa un giocattolo in mano a forze estranee. (p. 111)
  • [...] il diritto dell'uomo alla libertà non si fonda sul legame dell'uomo con l'uomo, ma piuttosto sulla separatezza dell'uomo dall'uomo.
    L'impiego pratico del diritto dell'uomo alla libertà è il diritto dell'uomo alla proprietà privata. [...] il diritto dell'uomo alla proprietà privata è il diritto di beneficiare a proprio piacimento (a son gré)[40], senza curarsi degli altri uomini, a prescindere dalla società, dei propri beni e di disporre di essi, il diritto del proprio tornaconto. Quella libertà individuale, come questo impiego, rappresentano il fondamento della società civile. Essa lascia che ogni uomo rinvenga nell'altro uomo non la realizzazione, ma piuttosto il limite alla propria libertà. (pp. 141 sg.)

Manoscritti economico-filosofici del 1844

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  • Il lavoratore si rapporta al prodotto del suo lavoro come a un oggetto estraneo. [...] Quanto più il lavoratore si consuma nel lavoro, tanto più potente diventa il mondo estraneo, oggettivo, che egli si crea di fronte, tanto più povero diventa egli stesso, il suo mondo interiore, tanto meno riesce a possedere qualcosa. Lo stesso accade nella religione. Tanto più l'uomo mette in Dio, tanto meno gli appartiene. Il lavoratore pone la sua vita nell'oggetto; ora essa però non appartiene più a lui, bensì all'oggetto. (quaderno I, XXII)
  • Il lavoratore diventa tanto più povero quanta più ricchezza produce, quanto più la sua produzione cresce in potenza e dimensione. Il lavoratore diventa una merce tanto più a buon mercato quante più merci egli crea. Con la valorizzazione del mondo delle cose cresce in proporzione diretta la svalorizzazione del mondo dell'uomo. Il lavoro non produce soltanto merci; produce se stesso e il lavoratore come una merce e proprio nella misura in cui produce merci in generale. (quaderno I, XXII)
  • Quanti più oggetti il lavoratore produce, tanto meno egli può possedere e tanto più va a finire sotto il dominio del suo prodotto, del capitale. (quaderno I, XXII)
  • L'economia politica nasconde l'estraniazione nell'essenza del lavoro per il fatto che non considera l'immediato rapporto tra il lavoratore (il lavoro) e la produzione. (quaderno I, XXIII)
  • L'esteriorità del lavoro per il lavoratore appare infine nel fatto che egli nel lavoro non è suo ma di un altro, che non gli appartiene, che lui nel lavoro non appartiene a se stesso ma a un altro. [...]
    Si giunge quindi al risultato che l'uomo (il lavoratore) si sente libero di agire ormai soltanto nelle sue funzioni animali, mangiare, bere, procreare, tutt'al più ancora casa, decoro, ecc. e nelle sue funzioni umane si sente ora soltanto un animale. L'animale diventa l'umano e l'umano l'animale.
    Mangiare, bere e procreare, ecc. sono certo anche funzioni davvero umane. Nell'astrazione però che le separa dalla restante cerchia dell'attività umana e ne fa scopi finali ultimi e unici, esse sono animali. (quaderno I, XXIII)
  • Il lavoro, l'attività vitale, la vita produttiva stessa appare all'uomo soltanto come un mezzo per la soddisfazione di un bisogno, del bisogno di conservazione dell'esistenza fisica. Ma la vita produttiva è la vita della specie. È la vita generante la vita. Nel modo dell'attività vitale sta tutto il carattere di una species, il suo carattere specifico, e la libera attività cosciente è il carattere specifico dell'uomo. La vita stessa appare soltanto come mezzo per vivere. (quaderno I, XXIV)
  • Il lavoro è esterno al lavoratore, cioè non appartiene alla sua essenza, che egli quindi nel suo lavoro non si afferma, ma si nega, non si sente bene, ma infelice, non sviluppa alcuna libera energia fisica e spirituale, ma mortifica il suo fisico e rovina il suo spirito. Il lavoratore si sente quindi presso di sé soltanto fuori dal lavoro e fuori di sé nel lavoro. (quaderno I, XXIII)
  • Il lavoro estraniato rovescia dunque il rapporto in quanto l'uomo, proprio perché è un essere cosciente, fa della sua attività vitale, della sua essenza, soltanto un mezzo per la sua esistenza. (quaderno I, XXIV)
  • Il lavoro alienato fa dunque:
    3) dell'essere specifico dell'uomo, della natura quanto della sua capacità spirituale specifica, un essere a lui estraneo, un mezzo della sua esistenza individuale. Estrania all'uomo il suo proprio corpo, quanto la natura fuori di lui, quanto il suo essere spirituale, il suo essere umano.
    4) Una conseguenza immediata del fatto che l'uomo è estraniato dal prodotto del suo lavoro, dalla sua attività vitale, dal suo essere specifico, è l'estraniazione dell'uomo dall'uomo. Se l'uomo si trova di fronte a se stesso, allora l'altro uomo si trova di fronte a lui. Quel che vale per il rapporto dell'uomo con il suo lavoro, con il prodotto del suo lavoro e con se stesso, vale per il rapporto dell'uomo con l'altro uomo, come con il lavoro e con l'oggetto del lavoro dell'altro uomo.
    In generale la proposizione che all'uomo è estraniato il suo essere specifico significa che un uomo è estraniato dall'altro, così come ciascuno di essi dall'essenza umana. (quaderno I, XXIV)
  • Che la vita fisica e spirituale dell'uomo dell'uomo sia congiunta alla natura non vuol dire altro se non che la natura è congiunta con se stessa, perché l'uomo è una parte della natura. (quaderno I, XXIV)
  • L'animale è immediatamente una cosa sola con la sua attività vitale. Non si distingue da essa. La è. (quaderno I, XXIV)
  • Certo anche l'animale produce. Si costruisce un nido, abitazioni, come le api, i castori, le formiche, ecc. Solo che esso produce unicamente ciò che occorre immediatamente a sé o ai suoi piccoli; produce in modo unilaterale, mentre l'uomo produce in modo universale; produce solo sotto l'impero del bisogno fisico immediato, mentre l'uomo produce anche libero dal bisogno fisico e produce veramente soltanto nella libertà da esso; riproduce soltanto se stesso, mentre l'uomo riproduce l'intera natura; il suo prodotto appartiene immediatamente al suo corpo fisico, mentre l'uomo si pone libero di fronte al suo prodotto. L'animale plasma soltanto secondo la misura e il bisogno della species a cui appartiene, mentre l'uomo sa produrre secondo la misura di ogni specie e ovunque sa conferire la misura inerente all'oggetto; l'uomo quindi plasma anche secondo le leggi della bellezza. (quaderno I, XXIV)
  • Se il prodotto del lavoro mi è estraneo, mi si contrappone come una potenza estranea, a chi mai appartiene?
    Se la mia propria attività non appartiene a me, è un'attività estranea, costretta, a chi mai appartiene?
    A un essere altro da me.
    Chi è questo essere? [...]
    L'essere estraneo a cui appartengono il lavoro e il prodotto del lavoro, al cui servizio sta il lavoro, e per il cui godimento sta il prodotto del lavoro, può essere soltanto l'uomo stesso. (quaderno I, XXV)
  • Se si rapporta alla sua propria attività come a un'attività non libera, allora si rapporta a essa come a un'attività al servizio, sotto il dominio, la costrizione e il giogo di un altro uomo. (quaderno I, XXV)
  • L'invidia universale, che si trasforma in una forza, non è altro che la forma mascherata sotto cui si presenta l'avidità, e in cui trova ma soltanto in un altro modo la propria soddisfazione. L'idea di ogni proprietà privata come tale è per lo meno rivolta contro la proprietà privata più ricca sotto forma di invidia e di tendenza al livellamento, tanto che questa stessa invidia e questa stessa tendenza al livellamento costituiscono persino l'essenza della concorrenza. Il comunista rozzo non è che il compimento di questa invidia e di questo livellamento partendo dalla rappresentazione minima. Egli ha una misura determinata e limitata. Proprio la negazione astratta dell'intero mondo della cultura e della civiltà, il ritorno alla semplicità innaturale dell'uomo povero e senza bisogni, che non solo non è andato oltre la proprietà privata ma non vi è neppure ancora arrivato, dimostrano quanto poco questa soppressione della proprietà privata sia una appropriazione reale. (quaderno III, III-IV)
  • Il comunismo in quanto effettiva soppressione della proprietà privata quale autoalienazione dell'uomo, e però in quanto reale appropriazione dell'umana essenza da parte dell'uomo e per l'uomo; e in quanto ritorno completo, consapevole, compiuto all'interno di tutta la ricchezza dello sviluppo storico, dell'uomo per sé quale uomo sociale, cioè uomo umano. Questo comunismo è, in quanto compiuto naturalismo, umanismo, e in quanto compiuto umanismo, naturalismo. Esso è la verace soluzione del contrasto dell'uomo con la natura e con l'uomo; la verace soluzione al conflitto fra esistenza ed essenza, fra oggettivazione e affermazione soggettiva, fra libertà e necessità, fra individuo e genere. È il risolto enigma della storia e si sa come tale soluzione. (quaderno III, Integrazione al Quaderno II, pagina XXXIX, IV)[41]
  • La società è la compiuta unità essenziale dell'uomo con la natura, la vera risurrezione della natura, il realizzato naturalismo dell'uomo e il realizzato umanesimo della natura. (quaderno III, Integrazione al Quaderno II, pagina XXXIX, V)
  • Quanto meno tu mangi, bevi, compri libri, vai a teatro, al ballo, in osteria, pensi, ami, teorizzi, canti, dipingi, tiri di scherma, ecc. tanto più tu risparmi, più grande diventa il tuo tesoro, che né tarli né rapina divorano, il tuo capitale. Quanto meno tu sei, quanto meno manifesti la tua vita, tanto più hai, più grande è la tua vita alienata, più accumuli del tuo essere estraniato. (quaderno III, Proprietà privata e bisogni, XV)
  • Il bisogno rozzo del lavoratore è una fonte di guadagno ben maggiore che quello raffinato del ricco. (quaderno III, Proprietà privata e bisogni, XVII)
  • È l'alienazione dell'autocoscienza che pone la cosalità. (quaderno III, Critica della dialettica e della filosofia hegeliana in generale, XXIV)
  • L'uomo non è però soltanto un essere naturale, ma è un essere naturale umano. (quaderno III, Critica della dialettica e della filosofia hegeliana in generale, XXVII)
  • Il denaro, possedendo la qualità di comprare tutto, possedendo la qualità di appropriarsi di tutti gli oggetti, è dunque l'oggetto in senso eminente. L'universalità della sua qualità è l'onnipotenza del suo essere; esso vale quindi come essere onnipotente. (quaderno III, Frammenti, XLI)
  • [Il denaro] Trasforma la fedeltà in infedeltà, l'amore in odio, l'odio in amore, la virtù in vizio, il vizio in virtù, il servo in padrone, il padrone in servo, la stupidità in intelligenza, l'intelligenza in stupidità. (quaderno III, Frammenti, XLIII)

Tesi su Feuerbach

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Il difetto principale di ogni materialismo fino ad oggi, compreso quello di Feuerbach, è che l'oggetto, il reale, il sensibile è concepito solo sotto la forma di oggetto o di intuizione; ma non come attività umana sensibile, come attività pratica, non soggettivamente.

Citazioni

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  • La questione se al pensiero umano appartenga una verità oggettiva non è una questione teorica, ma pratica. E' nell'attività pratica che l'uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere terreno del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non-realtà di un pensiero che si isoli dalla pratica è una questione puramente scolastica. (2ª tesi)
  • La dottrina materialistica che gli uomini sono prodotti dell'ambiente e dell'educazione, e che pertanto uomini mutati sono prodotti di un altro ambiente e di una mutata educazione, dimentica che sono proprio gli uomini che modificano l'ambiente e che l'educatore stesso deve essere educato. Essa perciò giunge necessariamente a scindere la società in due parti, una delle quali sta al di sopra della società (per esempio in Roberto Owen). (dalla 3ª tesi)
  • La coincidenza nel variare dell'ambiente e dell'attività umana può solo essere concepita e compresa razionalmente come pratica rivoluzionaria. (dalla 3ª tesi)
  • Feurbach, non contento del pensiero astratto, fa appello all'intuizione sensibile; ma egli non concepisce il sensibile come attività pratica, come attività sensibile umana. (5ª tesi)
  • Feuerbach risolve l'essere religioso nell'essere umano. Ma l'essere umano non è un'astrazione immanente all'individuo singolo. Nella sua realtà, esso è l'insieme dei rapporti sociali. (dalla 6ª tesi)
  • La vita sociale è essenzialmente pratica. Tutti i misteri che sviano la teoria verso il misticismo trovano la loro soluzione razionale nella attività pratica umana e nella comprensione di questa attività pratica. (8ª tesi)
  • L'altezza massima a cui può arrivare il materialismo intuitivo, cioè il materialismo che non concepisce il mondo sensibile come attività pratica, è l'intuizione dei singoli individui nella "società borghese". (9ª tesi)
  • Il punto di vista del vecchio materialismo è la società "borghese"; il punto di vista del nuovo materialismo è la società umana, o l'umanità socializzata. (10ª tesi)

I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo. (11ª tesi)

[Epitaffio] the philosophers have only interpreted the world in various ways • the point however is to change it[42]

Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte

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Karl Marx nel 1861
  • Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per cosí dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa. (p. 45)

Citazioni

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  • Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione. La tradizione di tutte le generazioni scomparse pesa come un incubo sul cervello dei viventi e proprio quando sembra ch’essi lavorino a trasformare se stessi e le cose, a creare ciò che non è mai esistito, proprio in tali epoche di crisi rivoluzionaria essi evocano con angoscia gli spiriti del passato per prenderli al loro servizio; ne prendono a prestito i nomi, le parole d’ordine per la battaglia, i costumi, per rappresentare sotto questo vecchio e venerabile travestimento e con queste frasi prese a prestito la nuova scena della storia.[43]
  • Cosí durante tutto questo periodo vediamo il partito dell'ordine costretto dalla sua posizione equivoca a consumare e spezzettare la sua lotta col potere esecutivo in una serie di meschini conflitti di competenza, di risse, di cavilli, di contrasti di potere; costretto a fare delle piú stupide questioni di forma il contenuto della sua attività. Esso non osa impegnare la battaglia quando questa ha un'importanza di principio, quando il potere esecutivo si è veramente smascherato e la causa dell'assemblea nazionale sarebbe la causa di tutta la nazione. In tal modo quest'ultima darebbe alla nazione un ordine di marcia; ma quello che teme piú di tutto è che la nazione si muova. In simili occasioni, perciò, il partito dell'ordine respinge le proposte della Montagna e passa all'ordine del giorno. Spogliato cosí il conflitto delle sue grandi dimensioni, il potere esecutivo attende tranquillamente il momento in cui può riprenderlo per motivi insignificanti e meschini, che non offrono piú, per cosí dire, che un interesse strettamente parlamentare. Allora il furore contenuto del partito dell'ordine scoppia; allora questo partito strappa il sipario che nasconde il retroscena; allora denuncia il presidente e dichiara la repubblica in pericolo; ma allora il suo pat[h]os appare insipido e il motivo della lotta appare ormai soltanto un pretesto ipocrita o, in generale, non degno di un combattimento. La tempesta parlamentare si trasforma in una tempesta in un bicchier d'acqua; la lotta diventa intrigo; il conflitto diventa scandalo. (p. 140)
  • Se, come ho mostrato sopra, il partito parlamentare dell'ordine, a forza di gridare che occorreva la tranquillità, si era condannato da sé all'inazione; se esso aveva dichiarato il dominio politico della borghesia incompatibile con la sicurezza e con l'esistenza della borghesia stessa, distruggendo con le sue proprie mani, nella lotta contro le altre classi della società, tutte le condizioni del proprio regime, del regime parlamentare, la massa extraparlamentare della borghesia, invece, con le sue servilità verso il presidente, coi suoi oltraggi al parlamento, col modo brutale nel quale trattava la sua stessa stampa, provocava Bonaparte a reprimere e a sterminare i suoi oratori e i suoi scrittori, i suoi uomini politici e i suoi letterati, la sua tribuna parlamentare e la sua stampa, al fine di poter attendere ai propri affari privati sotto la protezione di un governo forte e dotato di poteri illimitati. (p. 173)
  • La società borghese manca di eroismo.

Spinto dalle esigenze contraddittorie della sua sítuazione e costretto, in pari tempo, come un giocatore di prestigio, a tener gli occhi del pubblico fissi sopra di sé con delle continue sorprese, come surrogato di Napoleone, e a far quindi ogni giorno un colpo di stato in miniatura, Bonaparte sconvolge tutta l'economia borghese; mette le mani su tutto ciò che era parso intangibile alla rivoluzione del 1848; rende gli uni rassegnati alla rivoluzione e gli altri desiderosi di una rivoluzione; in nome dell'ordine crea l'anarchia, spogliando in pari tempo la macchina dello Stato della sua aureola, profanandola, rendendola repugnante e ridicola. Egli rinnova a Parigi il culto della sacra tunica di Treviri sotto la forma di culto del mantello imperiale di Napoleone. Ma quando il mantello imperiale cadrà finalmente sulle spalle di Luigi Bonaparte, la statua di bronzo di Napoleone precipiterà dall'alto della colonna Vendôme. (p. 216)

Il Capitale

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La ricchezza delle società, nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico, si presenta come una «immensa raccolta di merci» e la singola merce appare come sua forma elementare. Quindi iniziamo la nostra indagine con l'analisi della merce.
La merce è prima di tutto un oggetto esterno, una cosa che per mezzo delle sue proprietà soddisfa bisogni umani di qualunque specie. La natura di tali bisogni, p. es. che derivino dallo stomaco o dalla fantasia, non fa alcuna differenza. Qui non si tratta neanche di come la cosa soddisfi il bisogno umano, se immediatamente, come mezzo di sussistenza, cioè come oggetto di piacere, oppure indirettamente, come mezzo di produzione.

Citazioni

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  • D'altra parte per i pregiudizi della cosiddetta pubblica opinione, cui non ho mai fatto concessioni, vale per me in ogni caso la sentenza del grande fiorentino:
    Segui il tuo corso, e lascia dir le genti! (Prefazione alla prima edizione, p. 43)
  • Un valore d'uso o bene ha valore solo in quanto viene oggettivato, o materializzato, in esso astratto lavoro umano. (Libro I, prima sezione, cap. I, p. 55)
  • Sebbene oro e argento non siano per natura denaro, il denaro è per natura oro e argento. (Libro I, prima sezione, cap. II, p. 88)
  • Da qui deriva la magia del denaro. Il comportamento degli uomini, semplicemente atomistico nel loro processo sociale di produzione, e perciò la forma di cose dei loro stessi rapporti di produzione, non legata al loro controllo e al loro conscio agire da individui, appaiono innanzitutto nel fatto che i prodotti del loro lavoro prendono in genere la forma di merci. Perciò l'enigma del feticcio denaro è solo l'enigma del feticcio merce, resosi fin troppo evidente. (Libro I, prima sezione, cap. II, p. 90)
  • Il tentativo p. es. dell'Impero romano, due volte andato a monte, di esigere tutti i tributi in denaro sta a dimostrare quanto questo mutamento dipende dalla figura complessiva del processo di produzione. (Libro I, prima sezione, cap. III, p. 121)
  • La strada che porta all'inferno è lastricata di buone intenzioni. (Libro I, terza sezione, cap. V, p. 155)
  • Piuttosto la giornata lavorativa ha un limite massimo, che non si può prolungare oltre un certo punto. Tale limite massimo è determinato da due cose. Innanzitutto dal limite fisico della forza lavorativa. Nel corso di un giorno naturale di 24 ore un uomo non può spendere se non una determinata quantità di forza vitale: alla stessa maniera un cavallo può lavorare solo otto ore giornaliere. Nel corso d'una parte del giorno la forza lavorativa ha bisogno di riposare, dormire, e nell'altra parte l'uomo deve soddisfare altri bisogni del fisico, mangiare, pulirsi, vestirsi, ecc. Se va oltre questo limite meramente fisico, il prolungamento della giornata lavorativa s'imbatte in limiti morali. All'operaio necessita del tempo per soddisfare i suoi bisogni intellettuali e sociali, la cui estensione e la cui quantità sono determinate dallo stato generale della civiltà. Perciò la variazione della giornata lavorativa avviene entro limiti fisici e morali. Ma questi hanno entrambi una natura molto elastica e lasciano un gran campo di gioco. Così rinveniamo giornate lavorative di 8, 10, 12, 14, 16, 18 ore, perciò di lunghezza assai diversa. (Libro I, terza sezione, cap. VIII, p. 181)
  • Il proprietario di schiavi acquista il suo lavoratore così come acquista il suo cavallo. (Libro primo, terza sezione, cap. VII, p. 204)
  • La manifattura infatti genera il virtuosismo dell'operaio parziale, riproducendo e spingendo sistematicamente all'estremo la separazione primitiva e naturale dei mestieri che ha trovato nella società. Inoltre il suo trasformare il lavoro parziale nel mestiere a vita d'un uomo risponde all'istinto che avevano società più antiche di rendere ereditari i mestieri, di pietrificarli in caste oppure, quando particolari condizioni storiche determinano una variabilità dell'individuo che mal s'accorda col sistema delle caste, di ossificarli in corporazioni. (Libro I, quarta sezione, cap. XII, p. 255)
  • La cooperazione fondata sulla divisione del lavoro, ossia la manifattura, è alla sua origine una formazione spontanea e naturale. Appena ha raggiunto una certa consitenza e una certa ampiezza di esistenza, diventa la forma consapevole, deliberata secondo un piano e sistematica, del modo di produzione capitalistico. (Editori Riuniti, 1974, Libro I, quarta sezione, cap. XII, p. 407)
  • La storia della manifattura vera e propria mostra come la divisione del lavoro che le è peculiare, in un primo momento raggiunga sperimentalmente le forme confacenti al suo scopo, quasi alle spalle delle persone che agiscono, ma poi tenda a tener fermo tradizionalmente alla forma trovata, come vi tendeva il mestiere delle corporazioni; e in alcuni casi, vi tiene fermo per secoli interi. Se questa forma cambia, ciò avviene, meno per gli aspetti secondari, sempre soltanto in conseguenza di una rivoluzione degli strumenti di lavoro. (Editori Riuniti, 1974, Libro I, quarta sezione, cap. XII, p. 407)
  • «L'ignoranza è la madre dell'industria come della superstizione. La riflessione e l'immaginazione possono incorrere in errori; ma l'abitudine di muovere la mano o il piede in una data maniera non dipende né dall'una né dall'altra di esse. Per questo le manifatture van più a gonfie vele laddove si adopera di meno il cervello, cosicché si può considerare l'officina alla guida d'una macchina che abbia uomini per parti.» In effetti intorno alla metà del XVIII secolo in alcune manifatture s'impiegavano preferibilmente per certe operazioni semplici dei mezzi idioti, cosa che però costituiva un segreto di fabbrica. (Libro I, quarta sezione, cap. XII, p. 271)
  • Ma si deve dire che non è stato l'abuso di autorità paterna a generare il diretto o indiretto sfruttamento di forze lavorative non ancora mature da parte del capitale; è stato invece il modo capitalistico di sfruttamento a far degenerare nell'abuso l'autorità dei genitori, sopprimendone la corrispondente base economica. Quindi, pur apparendo orrenda e disgustosa la soppressione della vecchia famiglia operata dal sistema capitalistico, ciononostante la grande industria con la parte grandissima che è attribuita alle donne, agli adolescenti e ai bambini d'entrambi i sessi nei processi produttivi che vengono svolti socialmente al di fuori della cerchia familiare, crea la nuova base economica per una forma più evoluta della famiglia e del rapporto tra i due sessi. (Libro I, quarta sezione, cap. XIII, pp. 359-360)
  • Nella società capitalistica una classe produce per sé il tempo libero trasformando in tempo di lavoro tutto il tempo che le masse hanno a disposizione per vivere. (Libro I, quinta sezione, cap. XV, p. 387)
  • Il processo di produzione capitalistico, considerato nel suo insieme, vale a dire come processo di riproduzione, non produce soltanto merce o soltanto plusvalore, ma produce e riproduce il rapporto capitalistico stesso, da un lato il capitalista, dall'altro l'operaio salariato. (Libro I, settima sezione, cap. XXI, p. 420)
  • «[...] Ho quattro uomini addetti ai cavalli che dimorano nelle vicinanze. Il lavoro leggero, che necessita di parecchie braccia, viene svolto da bande». I campi richiedono molto lavoro leggero, quale la sarchiatura, la zappatura, alcune operazioni per concimare, la raccolta delle pietre, ecc., che vengono effettuate dalle 'gangs' o bande organizzate, che alloggiano nelle località aperte.
    La banda consta d'un numero di persone che varia da 10 a 40 o 50, donne e giovani d'ambo i sessi (dai 13 ai 18 anni), sebbene i ragazzi in genere giunti al 13° anno di età, vadano via, e in ultimo bambini d'entrambi i sessi (dai 6 ai 13 anni). Capo della 'gang' è un gangmaster (capobanda), che in ogni caso è un normale operaio agricolo, quasi sempre un cosidetto ceffo, individuo privo di senso morale, dagli umori instabili, ubriacone, ma dotato d'un po' d'intraprendenza e di 'savoir faire'. Egli recluta la 'gang', che lavora sotto il suo comando e non sotto il comando del fittavolo. Con quest'ultimo in genere stabilisce una paga a cottimo; i suoi introiti, che in media non vanno troppo oltre quelli d'un normale operaio agricolo, dipendono quasi totalmente dalla capacità che egli possiede di smungere dalla sua banda la maggiore quantità possibile di lavoro entro il tempo puù corto. I fittavoli si sono accorti che le donne lavorano seriamente soltanto sotto la dittatura di un uomo, e che donne e bambini, quando hanno preso il via, effondono le proprie forze vitali in maniera realmente impetuosa, cosa di cui Fourier era già a conoscenza, mentre l'operaio maschio adulto è così perfido da risparmiarle quanto più è possibile. Il capobanda gira da un podere all'altro e in questa maniera è in grado di occupare la propria banda per 6-8 mesi all'anno. (Libro I, settima sezione, cap. XXIII, pp. 501-502)
  • Tuttavia la leggenda del peccato originale teologico ci narra come l'uomo sia stato condannato a guadagnare il pane col sudore della propria fronte; la storia del peccato originale economico ci mostra invece come mai esistano delle persone che non hanno assolutamente una tale necessità. (Libro I, settima sezione, cap. XXIV, p. 515)
  • Il grande signore feudale, in aperta guerra contro la monarchia e il parlamento, generò un proletariato senza dubbio più grande allontanando violentemente i contadini dal suolo sul quale essi avevano un identico titolo giuridico feudale, e usurpando le loro terre comuni. (Libro I, settima sezione, cap. XXIV, p. 518)
  • Edoardo VI: Uno Statuto del suo primo anno di regno, del 1547, stabilisce che qualora una persona si rifiuti di lavorare deve essere data come schiavo a colui che ne ha denunciato l'accattonaggio. Il padrone deve nutrire il suo schiavo con pane e acqua, con bevande leggere e con i resti della carne che riterrà opportuno dargli. Ha il diritto di obbligarlo a qualsiasi lavoro, anche il più ripugnante, con la frusta e con la catena. Qualora lo schiavo s'assenti per 14 giorni, viene condannato alla schiavitù perpetua e marchiato a fuoco sulla fronte o sulla guancia con la lettera S; se fugge per la terza volta, lo si deve giustiziare in quanto traditore dello Stato. Il padrone ha facoltà di venderlo, lasciarlo in eredità, affittarlo a terzi come schiavo, al pari di ogni altro bene mobile o animale. Se gli schiavi si rivoltano al padrone, anche in questo caso saranno giustiziati. I giudici di pace debbono, dietro denuncia, far cercare i farabutti. Se si trova che un vagabondo se ne è stato in ozio per tre giorni, sarà portato alla sua città natale, marchiato a fuoco con la lettera V sul petto e, dopo essere stato incatenato, sarà impiegato nella pulizia delle strade o in altri servizi. Qualora il vagabondo fornisca un luogo di nascita falso, verrà punito con la schiavitù perpetua in quel luogo, proprietà dei suoi abitanti o della sua corporazione, e verrà bollato con il segno S. Tutte le persone hanno il diritto di portar via ai vagabondi i loro figli e di tenerli come apprendisti, i maschi fino ai 24 anni, le femmine fino ai 20. Se cercano di fuggire, diverranno schiavi fino a questa età dei maestri artigiani, che hanno facoltà di incatenarli, frustarli, ecc. a piacere. Ogni padrone è libero di mettere al collo, alle braccia o alle gambe del suo schiavo un anello di ferro per poterlo riconoscere e per non correre rischi. L'ultima parte di questo statuto contempla che certi poveri debbano essere impiegati da persone o da località che siano disposti a dar loro da mangiare e da bere e a farli lavorare. Questa sorta di schiavi della parrocchia s'è perpetuata in Inghilterra fino al XIX secolo avanzato con il nome di roundsmen (uomini che fanno le ronde). (Libro I, settima sezione, cap. XXIV, p. 529)
  • La violenza è la levatrice di ogni società antica, pregna di una nuova società. (Libro I, settima sezione, cap. XXIV, p. 540)
  • La Compagnia inglese delle Indie Orientali aveva ottenuto, oltre al potere politico nelle Indie Orientali, il monopolio assoluto del commercio del tè, del commercio con la Cina in generale e del trasporto delle merci dall'Europa all'Asia e viceversa. Ma la navigazione costiera dell'India e quella interinsulare, come anche il commercio all'interno dell'India, erano divenuti monopolio degli alti funzionari della Compagnia. I monopoli di sale, dell'oppio, del betel e di altre merci erano inesauribili miniere di ricchezza. I funzionari stabilivano di persona i prezzi e spellavano a discrezione l'infelice indù. Il governatore aveva la sua parte in questo commercio privato. I suoi favoriti riuscivano a stipulare contratti in base ai quali, più capaci degli alchimisti, riuscivano a creare l'oro dal nulla. Grandi patrimoni crescevano in un sol giorno come i funghi, l'accumulazione originaria veniva fatta senza aver anticipato neanche uno scellino. Il processo di Warren Hastings[44] è pieno di esempi del genere. Ecco un caso. Un tale Sullivan riesce a stipulare un contratto di fornitura d'oppio al momento della sua partenza — per una missione ufficiale — per una regione dell'India estremamente lontana dai distretti dell'oppio. Sullìvan vende il suo contratto a un certo Binn per 40.000 L.St.; Binn lo rivende lo stesso giorno per 60.000 L.St. e l'ultimo acquirente, che poi provvederà alla fornitura, ammette di aver ricavato ugualmente un enorme profitto. In base a una lista presentata al parlamento, la Compagnia e i suoi funzionari s'erano fatti donare dagli indiani, tra il 1757 e il 1766, sei milioni di L.St. Dal 1769 al 1770 gli inglesi fabbricarono una carestia facendo incetta di tutto il riso e rifiutando di venderlo se non a prezzi favolosi.[45] (Libro I, settima sezione, cap. XXIV, p. 541)
  • Sin dal loro sorgere le grandi banche, mascherate da pompose denominazioni nazionali, sono state solo società di speculatori privati che appoggiavano i governi e tramite i privilegi loro concessi potevano anticipare ad essi del denaro. Perciò l'accrescersi del debito pubblico trova una misura estremamente precisa nel progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo data dalla fondazione della Banca d'Inghilterra (1694). La Banca d'Inghilterra cominciò col prestare denaro al governo al tasso dell'8%; allo stesso tempo aveva avuto dal parlamento l'autorizzazione ad emettere moneta con questo stesso capitale, prestandolo nuovamente al pubblico sotto forma di banconote. Con queste essa poteva scontare gli effetti, fare anticipi su merci e acquistare metalli pregiati. Né passò molto tempo che una tale moneta di credito fabbricata da essa stessa si trasformasse nella moneta con cui la Banca effettuava prestiti allo Stato e liquidava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Essa non solo dava con una mano per ricevere di più con l'altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all'ultimo centesimo sborsato. (Libro I, settima sezione, cap. XXIV, p. 543)
  • Parecchie migliaia di questi poveri bambini abbandonati, dai 7 ai 13 o 14 anni, furono in tal maniera inviati al nord. Era usanza che il padrone (alias il ladro di bambini) desse da vestire e da mangiare ai suoi apprendisti e li alloggiasse in una abitazione posta accanto alla fabbrica. Alcuni guardiani avevano il compito di vigilare il loro lavoro. Tali aguzzini avevano interesse a spremere questi bambini fino all'inverosimile, dato che la loro paga era proporzionata alla quantità di prodotto che riuscivano ad estorcere dai fanciulli. Come conseguenza ne derivò la crudeltà. In molti distretti industriali, soprattutto nel Lancashire, questi poveri innocenti e derelitti, in balìa del padrone di fabbrica, andavano incontro ai tormenti più atroci. Venivano prostrati a morte dal lavoro eccessivo... venivano flagellati, messi in catene e torturati coi metodi di crudeltà più squisitamente raffinati; si davano parecchi casi in cui per mancanza di cibo si riducevano a pelle e ossa, e intanto la frusta li legava al lavoro... Qualche volta arrivavano persino a suicidarsi! Le belle e romantiche vallate del Derbyshire, del Nottinghamshire e del Lancashire, ignote al pubblico, divennero orribili deserti di tortura — e spesso di assassinio!... I guadagni dei fabbricanti erano immensi. Malgrado ciò la loro insaziabilità da lupi mannari era sempre più forte, ed allora inaugurarono la prassi del lavoro notturno, ossia dopo aver paralizzato durante il giorno un gruppo di braccia, ne apprestavano un altro per il lavoro di notte; il gruppo diurno si metteva nei letti appena abbandonati dal gruppo notturno, e 'vice versa'. Nel Lancashire è divenuta tradizione popolare che i letti non si raffreddino mai.» (Libro I, settima sezione, cap. XXIV, p. 545)
  • Se il denaro, come afferma Augier, «viene al mondo con una naturale voglia di sangue sul volto», il capitale, dalla testa ai piedi, vi viene grondando sangue e sudiciume da tutti i pori. (Libro I, settima sezione, cap. XXIV, pp. 546-547)
  • [...] il modo di produzione capitalistico si imbatta, nello sviluppo delle forze produttive, in un limite che ha ben poco a che vedere con la produzione della ricchezza in quanto tale; e questo specifico limite testimonia del carattere ristretto, meramente storico, transitorio, del modo di produzione capitalistico; attesta che esso non costituisce affatto l'unico modo di produzione in grado di generare ricchezza, ma, al contrario, arrivato ad un certo punto entra in conflitto con il suo stesso ulteriore sviluppo. (Libro III, terza sezione, cap. XV, p. 1077)
  • [...] la possibilità di compensare la diminuzione del numero degli operai con l'aumentare il grado di sfruttamento del lavoro, incontra dei limiti insuperabili; la caduta del saggio del profitto può essere ostacolata, ma non soppressa. (Libro III, terza sezione, cap. XV, p. 1081)
  • L'economia volgare non fa altro, in realtà, che interpretare, siste­matizzare e difendere le idee di coloro che, impigliati nei rapporti di produzione borghesi, sono gli agenti di questa produzione. Non ci dobbiamo quindi meravigliare che l'economia volgare si senta parti­colarmente a suo agio proprio in questa forma fenomenica estraniata dai rapporti economici, in cui questi prima facie sono assurdi e del tutto contraddittori ― e ogni scienza sarebbe superflua se l’essenza delle cose e la loro forma fenomenica direttamente coincidessero – e che questi rapporti le appaiano tanto più evidenti di per sé quanto più le rimane nascosto il loro nesso interno, ma corrispondono alla concezione volgare.[46] (Libro III, cap. XLVIII, §3)

Tuttavia, da un simile punto di vista, anche i medici, p. es., e gli impiegati formerebbero due classi, in quanto essi rientrano in due distinti raggruppamenti sociali, e i redditi dei componenti di ciascuno di essi provengono da una medesima fonte. Lo stesso si potrebbe dire per l'infinito frazionamento di interessi e di proprietari terrieri. Questi ultimi divisi, p. es., divisi in possessori di vigneti, di terreni arabili, di foreste, di miniere, di riserve di pesca.

Citazioni su Il Capitale

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  • Il capitale è una «Critica dell'economia politica» – come suona il sottotitolo – anche sul piano morale: l'«economista politico» è criticato non solo per i suoi errori teorici ma anche per la sua «stoica imperturbabilità» e cioè per la sua incapacità di indignazione morale dinanzi alle tragedie provocate dalla società borghese. (Domenico Losurdo)
  • Il problema della «contraddizione» tra il primo e il terzo volume del Capitale continua ad avere un ruolo di primo piano tanto negli scritti polemici quanto in quelli apologetici su Marx. Esso è tuttora oggetto di una controversia: gli uni pretendono di scorgere nell'incongruenza presente in Marx tra valore e prezzo un errore di fondo, gli altri al contrario una dimostrazione che tutto il suo sistema è autentica scienza. (Vladislav Iosifovič Bortkevič)
  • Quando, ancora nell'età dell'adolescenza, ho letto per la prima volta Il Capitale, alcune lacune, talune contraddizioni di grande importanza mi sono subito saltate agli occhi. [...] negli anni successivi, lo studio dei testi marxisti, dei partiti marxisti o sedicenti tali, e degli avvenimenti stessi non ha potuto che confermare il giudizio della mia adolescenza. (Simone Weil)

Critica al programma di Gotha

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  • Da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni.
  • Egli [il proletario] può lavorare solo col loro permesso, e quindi può vivere solo col loro permesso.
  • Il lavoro non è la fonte di ogni ricchezza.
  • Tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad esso corrisponde anche un periodo politico transitorio, il cui Stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato.

Salario, prezzo e profitto

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  • Eppure, tutta la storia dell'industria moderna mostra che il capitale, se non gli vengono posti dei freni, lavora senza scrupoli e senza misericordia per precipitare tutta la classe a questo livello della più profonda degradazione. (cap. 13)
  • Un uomo che non dispone di nessun tempo libero, che per tutta la sua vita, all'infuori delle pause puramente fisiche per dormire e per mangiare e così via, è preso dal suo lavoro per il capitalista, è meno di una bestia da soma. (cap. 13)
  • Invece della parola d'ordine conservatrice: «Un equo salario per un'equa giornata di lavoro», gli operai devono scrivere sulla loro bandiera il motto rivoluzionario: «Soppressione del sistema del lavoro salariato». (cap. 14)

Scritti politici giovanili

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  • [...] a voi, teologi e filosofi speculativi, do questo consiglio: liberatevi dai concetti e pregiudizi della filosofia speculativa del passato, se mai desiderate giungere alle cose come sono realmente, cioè alla verità. Non v'è altra strada che vi porti alla verità e alla libertà, se non quella che passa attraverso il Feuer-bach: il torrente di fuoco. Il Torrente-di-fuoco è il purgatorio dell'epoca presente.[47]
  • Goethe disse una volta, che a un pittore riescono bene soltanto quelle bellezze femminili il cui tipo egli ha amato almeno in un essere vivente.[48] Anche la libertà di stampa è una bellezza – sebbene non femminile – che dobbiamo aver amato per poterla difendere.[49]
  • La prima libertà della stampa consiste nel non essere un mestiere. Allo scrittore che la degrada a mezzo materiale spetta, come punizione di questa mancanza di libertà interiore, la privazione della libertà esteriore, cioè la censura; del resto già la sua esistenza è una punizione.[50]
  • La stampa è la maniera universale degli individui di partecipare la propria essenza spirituale. Essa non conosce considerazioni di persona, ma solo d'intelligenza.[51]
  • Ogni forma di libertà presuppone le altre, come ogni membro del corpo presuppone gli altri. Ogniqualvolta vien posta in discussione una determinata libertà, è la libertà stessa in discussione. Ogniqualvolta viene respinta una forma particolare di libertà, è respinta la libertà stessa, ed essa può condurre solo una vita apparente; in conseguenza è puramente casuale la scelta del soggetto su cui la mancanza di libertà esercita la sua violenza. La mancanza di libertà è la regola del caso e dell'arbitrio, mentre la libertà ne è l'eccezione.[52]
  • I reazionari d'ogni tempo sono [...] buoni barometri degli stati d'animo dell'epoca loro, così come lo sono i cani per le tempeste.[53]
  • Per rendere piccanti i giornali non è necessario che avvenga qualcosa, è necessario invece trovare un corrispondente che abbia veduto le toilettes delle dame di corte, o che conosca il re o il suo cameriere, meglio ancora poi se è lui stesso il cameriere. Perché oggidì in certi «circoli diplomatici» ci sono degli eroi solo per i camerieri.[54]
  • Il maggiorasco è il mastello da bucato dell'aristocrazia, perché un arnese simile serve soltanto per lavare. Ma il lavare imbianca, conferisce quindi alla biancheria un pallido splendore. Allo stesso modo il maggiorasco inargenta il figlio maggiore della casa, gli conferisce quindi un pallido color d'argento, mentre imprime agli altri membri della famiglia il romantico color della miseria.[55]
  • L'uomo comune, quegli cioè che non beneficia del maggiorasco, lotta contro la vita tumultuosa, si precipita nel mare tempestoso e ne rapisce dal fondo prometeiche perle; l'intima forma delle idee gli appare splendida dinanzi agli occhi ed egli crea più arditamente; chi gode del maggiorasco si lascia invece cadere addosso delle gocce, teme di storcersi le membra e si adagia perciò in un mastello da bucato.[56]
  • La storiografia della filosofia non ha tanto il còmpito di considerare la personalità, sia pure quella spirituale, del filosofo quale punto focale e forma del suo sistema, e ancor meno di perdersi nelle minutaglie psicologiche e nell'erudizione, quanto di separare, in ogni sistema, i punti fermi acquisiti, le vere cristallizzazioni che vi si compongono, dalle prove, dalle giustificazioni discorsive, dalla presentazione dei filosofi in quanto questi conoscono se stessi; deve essa distinguere la continuata azione sotterranea della vera scienza filosofica dalla loquace, essoterica, fenomenologica, sempre mutevole coscienza del soggetto, che accoglie in sé e dà energia a quel processo. Nella distinzione di questa coscienza sta appunto la sua unità. Questo momento critico nell'esposizione d'una filosofia storica è assolutamente necessario per mettere in rapporto l'esposizione scientifica d'un sistema con la sua esistenza storica, rapporto che bisogna istituire appunto perché l'esistenza è storica, ma nello stesso tempo affermata come filosofica e quindi sviluppata secondo il proprio carattere.[57]
  • La vendita è la prassi dell'alienazione. Come l'uomo, finché è condizionato dalla religione, conosce la propria essenza solo oggettivandola, in quanto ne fa un'essenza fantastica estranea; così sotto il dominio del bisogno egoistico sa agire solo praticamente, generare oggetti solo praticamente, in quanto i suoi prodotti, come la sua attività, egli li pone sotto il dominio di un'essenza estranea e presta loro il significato di un'essenza estranea: del denaro.[58]
  • La produzione di troppe cose utili dà come risultato troppe persone inutili.[59]

Citazioni su Karl Marx

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  • Allora, prima cosa da sapere di Marx è questa: non era un rivoluzionario, non si agitò mai con un bastone con in cima un bandiera rossa, non era un esagitato, capisci? Era un fior di economista coi contro attributi, uno studioso eminente, che poi fu preso a modello ideologico da milioni di esseri umani in tempi successivi. Ok? Questo è importante perché i detrattori di Marx ti diranno che era un comunista sovversivo pazzo stalinista (sic) e ogni sorta di idiozia. No, era uno scienziato dell’economia, poi uno può non condividerlo, ma mai dire che non aveva cervello. (Paolo Barnard)
  • Aveva ragione Karl Marx: il capitale non ha patria. (Josef Joffe)
  • Carlo Marx è stato mandato in soffitta. (Giovanni Giolitti)
  • Carlo Marx, se lo ricorda? Bene, lui ci aveva preso, aveva capito e indovinato tutto. (Fausto Bertinotti)
  • Chi l'ha capito è diventato liberale solo se ricco.[60] (Fausto Bertinotti)
  • Chi se ne frega di Marx? Chi è Marx? Marx, Engels, questi tipi qua: non li conosco, non ho mai letto quello che hanno scritto e non mi interessa. Stanno al di là dell'oceano, in Europa, sono bianchi, io sono giallo, sono asiatico, sto in Vietnam, e ciò che va bene per loro non può andar bene per me, per il mio popolo. Sono teorici, io non ho tempo da perdere con le teorie. (Nguyễn Cao Kỳ)
  • Contrariamente a Hegel, che considerava lo Stato come l'incarnazione della eticità oggettiva, vale a dire della vita umana nella sua forma più alta, Marx riteneva che lo Stato, nella forma di Stato politico, ben lungi dall'avere il carattere di universale concreto, attribuitogli da Hegel, incarna l'essenza della vita umana, la vita collettiva, in maniera soltanto teorica ed illusoria e, data la sua opposizione alla società nella quale l'uomo conduce la sua esistenza reale, esso è soltanto un universale astratto. (Auguste Cornu)
  • Diversamente che in Kant, dove la Città dei fini risponde all'«etica dell'intenzione», in Marx domina l'«etica dell'efficacia». (Luigi Fenizi)
  • Era divertente constatare come Dio e Marx si assomigliassero. Forse Marx era un po' più riccio. (Persepolis)
  • Era nello stile di Marx, e lo è rimasto fino alla fine della sua vita, che la insaziabile brama di sapere lo costringesse ad affrontare rapidamente i problemi più difficili, e che d'altra parte l'inesauribile autocritica gli impedisse di venirne altrettanto rapidamente a capo. (Franz Mehring)
  • Grazie all’eminente contributo di Marx, la classe operaia poté avere la propria visione scientifica del mondo per la prima volta, capire le leggi che regolano lo sviluppo della società e vedere la strada che avrebbe dovuto seguire per ottenere l’emancipazione e costruire una società nuova e brillante. (Kim Jong-il)
  • Il 5 maggio non è l'anniversario della morte di Napoleone. È il compleanno di Carlo Marx. (Marcello Marchesi)
  • Il Marx è il profeta di un regno di Dio inteso secondo il realismo terreno politico per una classe eletta dalla Storia, il proletariato. (Aldo Capitini)
  • Il marxismo è essenzialmente un giudaismo che ha perso la pazienza. Il Messia ci ha messo troppo a venire, o piuttosto a non venire. Il regno della giustizia deve essere instaurato dall'uomo stesso, su questa terra, qui e ora. (George Steiner)
  • In Marx non v'è un briciolo di utopismo; egli non inventa, non immagina una società "nuova". No, egli studia, come un processo di storia naturale, la genesi della nuova società che sorge dall'antica, le forme di transizione tra l'una e l'altra. Egli si basa sui fatti, sull'esperienza del movimento proletario di massa e cerca di trarne insegnamenti pratici. (Lenin)
  • Karl Marx donò un enorme contributo alla causa per la liberazione dell’umanità e, a causa delle sue gesta immortali, il suo nome viene ancora oggi ricordato con affetto dalle classi lavoratrici ed i popoli di tutto il mondo. La carriera di Marx fu quella di un illustre pensatore e teorico, di un grande rivoluzionario. Fu lui che diede inizio all’epoca del movimento comunista internazionale ed apportò un radicale cambiamento nelle modalità della lotta atta alla liberazione ed alla libertà della classe operaia e delle masse popolari. L’umanità progressista ricorderà in eterno la sua brillante carriera ed i suoi servigi alla sacra causa rivoluzionaria della classe operaia e degli altri popoli lavoratori. (Kim Jong-il)
  • Karl Marx in realtà fu solo uno tra milioni che, nel pantano di un mondo in putrefazione, riconobbe i veleni essenziali e li concentrò, come un negromante, in una soluzione destinata ad annientare l'esistenza di libere nazioni sulla terra. (Adolf Hitler)
  • L'importanza esagerata che si attribuì ai primi scritti di Marx, dal punto di vista della ricerca autentica fu, innanzi tutto, frutto di negligenza. (William Bartley III)
  • L'intero sistema concettuale di Marx è strutturato dialetticamente. Di conseguenza, ogni «modo di produzione» storico, è di volta in volta determinato dal rapporto di tensione che regna fra lo stato delle «forze produttive materiali» e il rispettivo «rapporto di produzione» sociale che si trova in contrasto con le prime. Fra le forze produttive non vengono enumerate solo le condizioni geografiche, climatiche, tecnologiche, nelle quali si attua di volta in volta il sostentamento materiale della società: in primo luogo vi rientrano le forze attive – sia quelle fisiche, sia quelle dell'intelletto e della volontà – degli uomini che lavorano e inventano la propria tecnica, così che questa parte della «struttura materiale» della società include già un momento spirituale per cui la nozione di «materiale» si allarga notevolmente. (Werner Hofmann)
  • La dialettica di Marx è la più potente forza di distruzione. I filosofi si affannavano a costruire teoremi. I rivoluzionari dialettici distruggono con la forza le forme consolidate, che vogliono sbarrare la strada all'avvenire. La dialettica è l'arma per spezzare le barriere, rotte le quali è rotto l'incanto della eterna immutabilità delle forme del pensiero, che si svelano come incessantemente mutevoli, si plasmano sul mutamento rivoluzionario delle forme sociali. (Amadeo Bordiga)
  • La nuova realtà è la compresenza non solo dei proletari, ma di tutti i sofferenti, di tutti i morti, dell'interiorità di tutti. Il Marx è il profeta di un regno di Dio inteso secondo il realismo terreno politico per una classe eletta dalla Storia, il proletariato; noi dobbiamo affermare che la nuova realtà è di tutti gli oppressi, i sofferenti, i morti: è la compresenza infinita di tutti. (Aldo Capitini)
  • Le dottrine di Marx sono per i regimi comunisti d'oggi ciò che era il cristianesimo per i dominatori del Sacro Romano Impero: utile come vessillo, ma irrilevante come guida. Marx non riconoscerebbe oggi il "marxismo", ma Ivan il Terribile o Pietro il Grande avrebbero dimestichezza con esso. Il comunismo si è diffuso nel mondo dal Cremlino di Lenin e Stalin, non dalla soffitta londinese di Karl Marx. I partiti comunisti di altre nazioni, strettamente controllati, hanno obbedito al vivente Stalin, non allo spettro di Marx: hanno servito gli interessi dell'impero sovietico di questo secolo, non gli insegnamenti di un filosofo tedesco del secolo scorso. (Richard Nixon)
  • Ma è ugualmente vero che i sistemi non riescono mai ad eliminare i loro conflitti interni o ad evitare perfino che assumano forme violente. Questa comprensione è il maggior debito che abbiamo nei confronti del lavoro di Karl Marx. (Immanuel Wallerstein)
  • Marx affermava che il lusso è un vizio esattamente come la povertà e che dovremmo proporci come meta quella di "essere" molto, non già di "avere" molto. (Mi riferisco qui al vero Marx, all'umanista radicale, non alla sua volgare contraffazione costituita dal «comunismo» sovietico.) (Erich Fromm)
  • Marx concepisce tutte le istituzioni e i rapporti della società civile nella loro peculiarità storica. Egli critica tutte le categorie della teoria sociale borghese, nelle quali questo carattere specifico è oscurato. (Karl Korsch)
  • Marx dà già una forma-partito alla struttura propriamente politica della forza che dovrà essere, secondo il Manifesto, il motore della rivoluzione, della trasformazione, dell'appropriazione, quindi finalmente della distruzione dello Stato, e della fine del politico come tale. (Jacques Derrida)
  • [Marx è] il vero padre della sociologia moderna, nella misura in cui qualcuno può rivendicare questo titolo. (Isaiah Berlin)
  • Marx e Lenin costituiscono precisamente quelle due personalità umane che segneranno il passaggio dalla preistoria alla storia dell'umanità. (Fidel Castro)
  • Marx ed Engels si trovano nella felice condizione di poter nascondere i propri risolini dietro folte barbe. (Stanisław Jerzy Lec)
  • Marx era un sociologo e non uno psicologo e a quel tempo la psicologia scientifica non era ancora nata. Di conseguenza, il problema di sapere come mai gli uomini abbiano sopportato per migliaia di anni lo sfruttamento e l'avvilimento, in una parola, l'asservimento, è rimasto senza risposta. (Wilhelm Reich)
  • Marx fu visto e vide se stesso come «il Darwin della società», il fondatore di una scienza della storia che poteva competere con la darwiniana scienza della biologia. Presentò i suoi assunti come teorie comprovate. Il contrasto tra il suo metodo e quello di Darwin è assai rilevante; Marx stesso se ne rendeva conto, quando con una certa condiscendenza parlava del «rozzo empirismo inglese» di Darwin. Con questa espressione voleva indicare soltanto la circostanza, perfettamente rispondente al vero, che prima di sviluppare le sue teorie Darwin raccoglieva elementi di fatto, diversamente dal preteso metodo superiore che Marx aveva ereditato dalla sua formazione accademica tedesca, per cui prima si elaborava la teoria e poi si cercavano gli elementi di fatto in grado di supportarla. (Robert Conquest)
  • Marx non avrebbe mai voluto una rivoluzione comunista in Russia per il semplice fatto che la Russia non era una potenza industriale che produce oltre al profitto anche una massa di operai. Era invece un paese latifondista abitato soprattutto da contadini che non a caso alcuni grandi scrittori come Gogol chiamavano "anime morte". In Russia le libertà borghesi non esistevano, quindi non esisteva la democrazia e non poteva evolversi con il comunismo marxista. (Alfredo Reichlin)
  • Marx non ha solo mancato di ideare gli ordinamenti necessari per il nuovo mondo – di questi, infatti, non doveva più esserci bisogno. Che egli di ciò non dica nulla, è logica conseguenza della sua impostazione. Il suo errore sta più in profondità. Egli ha dimenticato che l'uomo rimane sempre uomo. Ha dimenticato l'uomo e ha dimenticato la sua libertà. Ha dimenticato che la libertà rimane sempre libertà, anche per il male. Credeva che, una volta messa a posto l'economia, tutto sarebbe stato a posto. Il suo vero errore è il materialismo: l'uomo, infatti, non è solo il prodotto di condizioni economiche e non è possibile risanarlo solamente dall'esterno creando condizioni economiche favorevoli. (Papa Benedetto XVI)
  • Marx: santifica il Proletario, sposa un'aristocratica, si preoccupa della iattura che le figlie possano fidanzarsi a un operaio. C'è un solo proletario col sangue di Marx, ed è il figlio della serva di casa, mai riconosciuto dal padre e destinato a vita miseranda. (Sergio Ricossa)
  • Marx scoprì la legge dell'evoluzione della storia umana; egli scoprì il semplice fatto, sin qui nascosto da un eccesso di ideologia, che il genere umano deve innanzitutto mangiare e bere, avere un riparo e degli abiti, prima di poter raggiungere una posizione ed arrivare alla scienza, alla religione, all'arte, ecc.; e che perciò la produzione dei mezzi immediati di sussistenza e conseguentemente il grado di sviluppo economico raggiunto da un dato popolo in una data epoca, formano le fondamenta sulle quali le istituzioni dello Stato, le concezioni giuridiche, l'arte e persino le idee religiose del popolo in causa si evolvono, ed alla cui luce queste cose devono perciò essere spiegate: procedimento contrario, quindi, a quello adottato fin qui. (Friedrich Engels)
  • Mentre Marx aveva esattamente previsto la flessione della piccola borghesia agraria e dell'artigianato di tipo antico, bisogna dire che egli non aveva previsto né lo sviluppo dell'artigianato di tipo nuovo né l'enorme espansione della piccola borghesia impiegatizia e commerciale. (Paolo Sylos Labini)
  • Nella sua opera edita, e anche prima, Marx non fu mai un seguace della teoria della alienazione. (William Bartley III)
  • Oggi è molto difficile parlare di Marx, perché pochi pensatori sono stati così manipolati, soprattutto da coloro che si autodefiniscono marxisti, dunque soprattutto i comunisti. In Russia non si conosce quasi Marx. L'ho notato, io stesso. Una volta ho partecipato ad una riunione a cui erano presenti alcuni esperti russi... i corifei: di Marx ne sapevano quanto un prete di campagna sa di teologia medioevale. Del resto non può essere diversamente, perché in un sistema come quello russo Marx deve essere ucciso per poter vivere. (Erich Fromm)
  • Ognuno vede il mondo e considera il prossimo coi propri occhi. Di tutte le cose misura è l'uomo, diceva Protagora. E perché no il porco? rispondeva Platone (Teeteto, 152a, 161c). Io ho preferito leggere in lui le parole che educano a smascherare i feticci e aprono il cuore alla speranza; altri hanno preferito leggervi (ma via!) quelle che li chiudono nel loro stesso squallore. lo vi ho cercato la denuncia dell'attuale miseria e l'auspicio della possibile ricchezza umana. E se considero il la setto che abbiamo ricevuto dalla natura, che è, come per lutti i viventi, il destino di una continua lotta per la sopravvivenza; continuo a sperare che l'uomo possa passare a una gioiosa gara per la convivenza. E anche per questo non posso non dirmi comunista. (Mario Alighiero Manacorda)
  • Più che per le avventure con le donnine, la baronessa Jenny von Westphalen soffriva per il legame del marito con l'altro padre del comunismo... (Francoise Giroud)
  • Rammento ancora il mio disprezzo quando lessi per la prima volta la descrizione fatta da Marx della disposizione degli operai verso il lavoro in una società capitalistica. Il lavoratore, dice Marx, sente di essere fisicamente e moralmente debilitato dalle proprie mansioni. Egli vive da esule nel suo stesso luogo di lavoro e si sente a casa solo quando ne è lontano. In vita sua, Marx non ha mai fatto un solo giorno di lavoro e non si è mai preso il disturbo di scoprire cosa risponderebbe davvero un operaio se gli si chiedesse come si sente quando lavora. Semplicemente egli dava per scontato che gli operai fossero una specie inferiore di intellettuali. (Eric Hoffer)
  • Ritengo che l'intera opera di Karl Marx sia una delle più grandi creazioni spirituali del XIX secolo. Ma non sono marxista. (Horst Ehmke)
  • Se concordiamo sul fatto che la Bibbia è frutto di un lavoro collettivo, c'è solo Maometto che possa competere con Marx per il numero di seguaci dichiarati e fedeli reclutati da un singolo autore. E il confronto non è proprio esatto. Oggi i seguaci di Marx superano di molto il numero dei figli del Profeta. (John Kenneth Galbraith)
  • Se Marx è morto, lo è per qualche filosofo deluso dalla storia del mondo. Stenderne il certificato di morte è quanto meno prematuro e superficiale. (Norberto Bobbio)
  • Secondo l'autore del Capitale l'ebreo si era emancipato col giudaizzare i cristiani; quando invece per emanciparsi realmente avrebbe dovuto sgiudaizzarsi o, per meglio dire, scomparire, travolgendo seco la sua concezione di traffico.
    Noi crediamo di non venir meno all'ammirazione che professiamo verso il potente atleta del socialismo, dichiarando che, salvo alcune affermazioni in cui scorgi l'unghia del leone, gli argomenti espressi dal Marx in questa polemica non eccedono il valore di una delle tante logomachie da giornale. Nel tempo in cui scriveva egli ignorava interamente la storia degli ebrei.
    Suo padre aveva spezzate le tradizioni che lo legavano al giudaismo, e s'era convertito al cristianesimo; al figlio era sconosciuto il passato del suo popolo e la funzione sociale dell'ebraismo. Il terribile fulminatore dei capitalisti non sapeva che i più antichi avvocati del povero e dell'oppresso erano stati i profeti d'Israele, le cui collere contarono fra le pulsazioni vitali dell' umanità; ignorava, per dirla colle parole di quel pazzo geniale che fu il Nietzsche, che gli ebrei erano stati gli apostoli della morale degli schiavi, che vinse e sopraffece la morale dei padroni; victi victoribus legem dederunt. Il Marx non vide il giudaismo che attraverso il mammonismo capitalista; per lui il tipo rappresentativo era Rothscliild e piantava la bandiera gialla dell'antisemitismo. (Felice Momigliano)
  • Si è lasciato andare, lui, il non conformista, a un inconsapevole conformismo alle superstizioni più infondate della sua epoca, cioè il culto della produzione, il culto della grande industria, la credenza cieca nel progresso. Ha così fatto al contempo un grave torto durevole e forse irreparabile – in ogni caso difficile da riparare – allo spirito scientifico e allo spirito rivoluzionario. (Simone Weil)
  • Sono per l'appunto la drastica restrizione del politico e la conseguente esclusione dal suo ambito proprio della dimensione più profonda della totalità sociale a suscitare le critiche di Marx. Dal punto di vista della società e della teoria politica borghese – egli osserva già negli scritti giovanili – i rapporti sociali «hanno soltanto un significato privato, nessun significato politico». (Domenico Losurdo)
  • [Citando Ronald Reagan] Tutti abbiamo letto Marx, c'è chi l'ha letto e chi l'ha capito. Chi l'ha letto è diventato comunista e chi l'ha capito è diventato liberale. (Silvio Berlusconi)
  • Il pensiero di Marx continua a rappresentare la più seducente promessa di felicità di cui la modernità sia stata capace, non cessando di rivelare la sua natura di impareggiabile «segnalatore» delle contraddizioni in cui è sospeso il nostro mondo.
  • La cosa fondamentale di Marx è che la critica in lui si lega a un progetto storico-filosofico di emancipazione dell'umanità e di riscatto dell'umanità stessa dai meccanismi repressivi di alienazione, sfruttamento e schiavitù del capitalismo.
  • Marx non solo teorizza che nel comunismo ci sarà lo sviluppo delle libere individualità, ma critica il capitalismo come società livellata.
  • Nessuno come Marx ha ragionato e ha agito così tanto in vista del futuro ed è poi stato così incapace di tratteggiarne i contorni.
  • Per tutti questi motivi, e soprattuto per le contraddizioni che ha lasciato irrisolte, non è possibile tornare a Marx, proprio perché non esiste alcun «vero Marx», unitario e coerente: tuttavia si può, e forse si deve, ripartire da lui e dal suo «cantiere aperto», perché da esso si dipartono molti Holzwege, per ricorrere alla terminologia di Martin Heidegger, ossia molti sentieri interrotti che permettono, a seconda di quello imboccato, di addentrarsi o di perdersi nella selva.
  • A Berlino, sotto l'influenza del maestro Gans e dei compagni di corso, il giovane Karl Marx sperimenta ancora confusamente le lacerazioni di un mondo che sta per morire e le contraddizioni di un mondo che sta per nascere. In una serie di epigrammi, in cui bolla a fuoco l'oppressione e i borghesi filistei, il giovane studente Marx esalta il grande umanesimo di Goethe e di Schiller, e le sublimi figure di Wallenstein e di Faust.
  • Il passo decisivo, che condurrà il giovane Marx alle soglie del marxismo, consisterà nel capire che la soppressione dell'alienazione, implicando la soppressione della proprietà privata, avrebbe potuto essere realizzata solo dal proletariato, con la sua lotta e con la sua rivoluzione.
  • L'ambiente intellettuale nel quale Marx elabora la sua concezione del mondo è impregnato del pensiero fictiano.
  • Per il giovane Marx, come per tutti i giovani hegeliani, la filosofia di Hegel era la promessa del compimento del segno faustiano di una "conoscenza divina". Attraverso il "sapere assoluto" l'io finito dell'uomo uguagliava il potere infinito di dio.
  • Carlo Marx è per noi maestro di vita spirituale e morale, non pastore armato di vincastro. È lo stimolatore delle pigrizie mentali, è il risvegliatore delle energie buone che dormicchiano e devono destarsi per la buona battaglia. È un esempio di lavoro intenso e tenace per raggiungere la chiara onestà delle idee, la solida cultura necessaria per non parlare a vuoto, di astrattezze.
  • La dottrina di Carlo Marx ha dimostrato anche ultimamente la sua fecondità e la sua eterna giovinezza offrendo un contenuto logico al programma dei più strenui avversari del partito socialista, ai nazionalisti.
  • Marx è stato grande, la sua azione è stata feconda, non perché abbia inventato dal nulla, non perché abbia estratto dalla sua fantasia una visione originale della storia, ma, perché il frammentario, l'incompiuto, l'immaturo è in lui diventato maturità, sistema, consapevolezza.
  • Marx si pianta nella storia con la solida quadratura di un gigante.
  • Marx significa ingresso dell'intelligenza nella storia dell'umanità, regno della consapevolezza.
  • Di Marx, personalmente, mi interessa conservare soltanto due cose. Come ho detto prima, ed ora ripeto, di Marx conservo soltanto la teoria strutturale dei modi di produzione storici e sociali (che comprende al suo interno la teoria dell'estorsione capitalistica del plusvalore) e la filosofia umanistica ed universalistica rivolta potenzialmente all'intero genere umano e non solo alla sua componente storico-geografica occidentale, il cui statuto però considero di tipo idealistico e non materialistico (o meglio, materialistico solo in senso metaforico).
  • Il culto di Marx ha impedito per quasi un secolo un'analisi critica del suo pensiero. Naturalmente, vi era una ragione per spiegare questa follia. Marx doveva essere infallibile in tutte le cose che diceva, perché magicamente la sua infallibilità potesse essere trasmessa e trasferita ai dirigenti politici del movimento comunista burocratizzato. Si tratta di un fenomeno ben noto agli studiosi di storia delle religioni.
  • In estrema sintesi, io penso che Marx abbia realizzato un vero progresso conoscitivo rispetto ad Hegel sul piano della storia come scienza, cioè sul piano della concettualizzazione dei modi di produzione sociali.
  • C'è in Marx un'irriducibile discrepanza tra il bene che egli propone per l'umanità e l'odio e i metodi spietati che egli tenta di inculcare come mezzi per giungere a questo, discrepanza che, nella storia del marxismo, ha provocato una grande confusione morale.
  • Marx da solo non è molto brillante. Si ha l'impressione che egli maturasse le proprie opinioni soltanto attraverso una serrata critica delle opinioni altrui, come se l'acume e la forza della sua mente potessero esercitarsi soltanto negli attacchi al pensiero degli altri, come se egli riuscisse a precisare il proprio pensiero solo facendo distinzioni che escludevano le idee altrui.
  • Marx sapeva porre in rilievo le sofferenze della vittima dell'ingiustizia; sapeva scagliar l'anatema contro lo sfruttatore, ma gli mancava la capacità di amare la prima e di compassionare il secondo.

Note

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  1. Da Scorpione e Felice. Romanzo umoristico (Einige Kapitel aus SKorpion und Felix, Humoristischer Roman), a cura di Domenico Commisso e Gianni Jotti, traduzione di Lorenzo Compagnoni, La Piramide, 1970, p. 73.
  2. Da una lettera a Joseph Weydemeyer, 5 marzo 1852, pubblicata nel 1907 nella Neue Zeit, XXV, 2, 164; citato in Lenin, Stato e rivoluzione, a cura di V. Gerratana, edizioni Lotta Comunista, Milano, 2003.
  3. Da Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, critica al §279 di Lineamenti di filosofia del diritto di G.W.F. Hegel; in Opere filosofiche giovanili, a cura di Galvano della Volpe, Editori Riuniti, Roma, 19504, p. 41.
  4. Citato in Roberto Gervaso, Ve li racconto io, Milano, Mondadori, 2006, p. 229. ISBN 88-04-54931-9
  5. Citato in Massimo Corsale, L'autunno del Leviatano, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1998.
  6. Dalla Gazzetta Renana, 1842.
  7. Da una lettera a Ruge, da Kreutznach, settembre 1843.
  8. Da Miseria della filosofia, traduzione di Franco Rodano, Editori Riuniti, Roma, 1969, p. 109.
  9. Citato in Christian Meier, Atene. La città che inventò la democrazia e diede un nuovo inizio alla storia, Garzanti, 1996 ISBN 88-11-69326-8, p. 7.
  10. Citato in Friedrich Engels, L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato.
  11. Da Manoscritti del 1814.
  12. a b c Citato in Roger Garaudy, Karl Marx (Clefs pour Karl Marx), traduzione di Marilena Feldbauer, Universale Sonzogno, 1974.
  13. Da Statuti provvisori dell'Associazione internazionale degli operai, 1864.
  14. Citato in Domenico De Masi, Lavoro 2025: Il futuro dell’occupazione (e della disoccupazione), pp. 20-21, Marsilio Editori, Venezia, 2017. ISBN 978-88-317-4164-4
  15. Da Per la critica dell'economia politica.
  16. Da un articolo sul Daily Tribune di New York; citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  17. Da La Questione Ebraica – Editori Riuniti 1974, poi eliminato nelle edizioni contemporanee. Glosse marginali di critica all'articolo Il re di Prussia e la riforma sociale, firmato "un prussiano", pubblicato sul numero 60 del Vorwarts., Vorwarts n. 63, 1844.
  18. Citato in Domenico Losurdo, Il marxismo occidentale. Come nascque, come morì, come può rinascere, Laterza, 2017, p. 85. ISBN 978-88-581-2936-4
  19. Da (EN) The Future Results of British Rule in India, lettera scritta il 22 luglio 1853 e pubblicata su New York Daily Tribune, 8 agosto 1853. Citato in (EN) Marx/Engels Collected Works, Lawrence & Wishart 1979, vol. 12 (1853-1854), p. 217. ISBN 978-08-531-5357-3
  20. Citato in Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, Il mondo contemporaneo. Dal 1848 a oggi, Editori Laterza, Roma, 2008, ISBN 978-88-420-8741-0, pag. 34.
  21. Citato in Karl Marx - Friedrich Engels: I rapporti sociali di produzione e la coscienza, online.scuola.zanichelli.it.
  22. Da La Sacra Famiglia.
  23. Da La miseria della filosofia.
  24. Da una lettera al padre del 10 marzo 1837.
  25. Da Per la critica della filosofia del diritto di Hegel; citato da Giancarlo Pajetta nella Seduta del 9 novembre 1950 della Camera dei Deputati.
  26. Citato in Karl Marx e la dittatura del proletariato, Storico.org.
  27. Dalla prefazione a Per la critica dell'economia politica.
  28. Dalla Lettera di Karl Marx a Sigfried Meyer e August Vogt, 1870; citato in Lettera inviata da Karl Marx a Sigfried Meyer e August Vogt, 1870, bibliotecamarxista.org.
  29. Da Osservazioni di un cittadino renano sulle recenti istruzioni per la censura in Prussia, 1842.
  30. Citato in Erich Fromm, L'arte di amare.
  31. Citato in Ralf Dahrendorf, Erasmiani, traduzione di M. Sampaolo, p. 27.
  32. Da La questione ebraica: 1955-89, vol. I, p. 369. Citato in Domenico Losurdo, Controstoria del liberalismo, Laterza, 2005, p. 315.
  33. (EN) Citato in Alan Badiou, The Paris Commune: Marx, Mao, Tomorrow, Monthly Review, vol. 73, n. 1, 1º maggio 2021.
  34. Citato in Luciano Canfora, Quando Gladiatore era un Insulto, Corriere della Sera, 8 novembre 2010.
  35. Dalla prefazione a Per la critica dell'economia politica.
  36. (DE) Citato in Frank Schweizer, Wie Philosophen sterben, Dr. Bachmaier Verlag, 2003, p. 279. ISBN 3931680428
  37. Trascritto da Eduardo Liccardi - Archivio Marxista in Rete, Gennaio 2003.
  38. Marx-Engels-Werke, 43 Bände, Dietz Verlag, Berlin/DDR, 1956-90, pag. 379.
  39. Questa frase viene talvolta riportata nella forma sintetica: «La religione è l'oppio dei popoli.» Per approfondire vedi qui.
  40. Si riferisce alla definizione di diritto alla proprietà data dall'Art. 16 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1793.
  41. In Opere filosofiche giovanili, a cura di Galvano della Volpe, Editori Riuniti, Roma, 19504, pp. 225 sg.
  42. Citazione in lingua inglese inscritta sul piedistallo. Per un approfondimento sulla tomba di Karl Marx, cfr. la voce dedicata su Wikipedia.
  43. Da Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, cap. I, marxists.org.
  44. (1732-1818) governatore generale dell'India britannica, fu processato per corruzione e assolto nel 1795.
  45. Nel 1866 nella sola provincia di Orissa più di un milione di indù morì di fame, malgrado ciò si cercò di riempire le casse dello Stato ponendo prezzi altissimi ai mezzi di sussistenza di gente che moriva di fame.
  46. Da Il Capitale, libro III, tomo II, traduzione di Maria Luisa Boggeri, Editori Riuniti, Roma, 19689, p. 930.
  47. Da Lutero arbitro fra Strauss e Feuerbach, p. 56.
  48. Il riferimento è all'opera di Goethe Verschiedenes über Kunst (Varietà sull'arte), cap. II. Cfr. Scritti politici giovanili, p. 73, nota 2.
  49. Da Dibattiti sulla libertà di stampa e sulla pubblicazione delle discussioni della Dieta, p. 73.
  50. Da Dibattiti sulla libertà di stampa e sulla pubblicazione delle discussioni della Dieta, p. 121.
  51. Da Dibattiti sulla libertà di stampa e sulla pubblicazione delle discussioni della Dieta, p. 124.
  52. Da Dibattiti sulla libertà di stampa e sulla pubblicazione delle discussioni della Dieta, p. 128.
  53. Da Il problema dell'accentramento, p. 131.
  54. Da «Ridatemi la mia coperta!», p. 415.
  55. Da Poesie e scritti letterari, XXIX, p. 495.
  56. Da Poesie e scritti letterari, XXIX, pp. 495-496.
  57. Da I còmpiti della storiografia filosofica, pp. 514-515.
  58. Da Il problema ebraico, pp. 392-393.
  59. Citato in Come funziona la filosofia, a cura di Marcus Weeks, traduzione di Daniele Ballarini, Gribaudo, 2020, p. 221. ISBN 9788858025598
  60. Rispondendo a Silvio Berlusconi, secondo cui «Chi ha letto Marx è diventato comunista, chi l'ha capito è diventato liberale».

Bibliografia

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  • Karl Marx, Tesi su Fuerbach, 1845, marxists.org; traduzione italiana di Palmiro Togliatti, pubblicata in appendice a Fredrich Engels, Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, Roma, Editori Riuniti, 1950, pp. 77-80.
  • Karl Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, a cura di Giorgio Giorgetti, traduzione di Palmiro Togliatti, Editori Riuniti, 2001. ISBN 8835942705
  • Karl Marx, Il Capitale, Libro primo, 2 voll., introduzione di Maurice Dobb, a cura e traduzione di Delio Cantimori, Editori Riuniti, Roma, 1974.
  • Karl Marx, Il Capitale. Critica dell'economia politica, a cura di Eugenio Sbardella, Newton, Roma, 1996. ISBN 8881832364
  • Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, a cura di Enrico Donaggio e Peter Kammerer, Feltrinelli, Milano, 2018. ISBN 9788858833025
  • Karl Marx, Opere complete di Marx e Engels, Editori Riuniti, Roma.
  • Karl Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, 1843, pubblicato in Annali franco-tedeschi, 1844, marxists.org.
  • Karl Marx, Salario, prezzo e profitto, traduzione a cura delle Edizioni in lingue estere di Mosca, consulenza editoriale di Umberto Cerroni, ne Le opere che hanno cambiato il mondo, Newton Compton, Roma, 2013. ISBN 9788854155268
  • Karl Marx, Scritti politici giovanili, a cura di Luigi Firpo, Einaudi, Torino, 19751 «Reprints».
  • Karl Marx, Sulla questione ebraica (Zur Judenfrage), a cura di Diego Fusaro, testo tedesco a fronte, Bompiani, Milano, 20071. ISBN 88-452-5807-6

Voci correlate

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