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Giuseppe Bandi

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Giuseppe Bandi
NascitaGavorrano, 15 luglio 1834
MorteLivorno, 1º luglio 1894
EtniaItaliano
Dati militari
Paese servito Regno di Sardegna
Forza armata Regia Armata Sarda
ArmaFanteria
CorpoCorpo Volontari Italiani
Anni di servizio1859 - 1870
GradoSottotenente
GuerreGuerre d'indipendenza italiane
CampagneSeconda guerra d'indipendenza
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Giuseppe Bandi (Gavorrano, 15 luglio 1834Livorno, 1º luglio 1894) è stato un patriota, scrittore e giornalista italiano.

I successivi incarichi del padre, un importante ufficiale governativo del Granducato di Toscana, portano la famiglia di Giuseppe in varie città toscane. Giuseppe studia ad Arezzo e Lucca. Dopo il diploma si iscrive all'Università di Pisa e poi a quella di Siena dove si laurea in legge ed inizia la sua attività politica diventando segretario locale della Giovine Italia di Giuseppe Mazzini.

Questa simpatia politica gli causa un primo arresto nel 1857 e l'espulsione dal Granducato nell'anno successivo.

Per aver favorito la latitanza di tre mazziniani ricercati, viene arrestato e condannato, il 1º settembre 1858, a un anno di reclusione da scontare nel carcere di Portoferraio: ne esce il 27 aprile 1859, dopo la fuga dal Granducato di Leopoldo II di Toscana. Si arruola subito nel battaglione dei volontari toscani che partecipa alla seconda guerra di indipendenza ma non ha tempo di sostenere alcun combattimento per il sopravvenire, l'11 luglio 1859, dell'armistizio di Villafranca.

Nel 1860 è sottotenente ad Alessandria nel 34º Reggimento fanteria; aderisce all'invito personale di Giuseppe Garibaldi e il 5 maggio s'imbarca da Quarto con i Mille per la Sicilia; ferito a Calatafimi, conclude la campagna con il grado di maggiore. Nel 1866 partecipa alla terza guerra di indipendenza e combatte a Custoza; ferito e preso prigioniero dagli austriaci, è internato in Croazia. Rientrato in Italia, pubblica anonimamente il romanzo Da Custoza in Croazia, mescolando realtà e invenzione.

Nel 1870 lascia l'esercito e, a Firenze, si dedica al giornalismo; dopo aver collaborato a diversi giornali, nel 1872 è posto alla direzione della Gazzetta Livornese, quotidiano conservatore in concorrenza con l'Eco del Tirreno, settimanale espressione delle forze democratiche. Nel 1876 acquisisce la proprietà del giornale livornese: su ordine di Agostino Depretis, appoggia la candidatura parlamentare del ministro della Marina Benedetto Brin, appoggiato dagli industriali che si attendono dal Brin importanti commesse.

Nel 1877 fonda anche il quotidiano della sera Il Telegrafo (attuale Il Tirreno), monopolizzando così l'informazione della città, la cui economia è in mano dell'amico ed ex garibaldino Luigi Orlando. Scrive numerosi romanzi, nel genere storico-guerrazziano, che pubblica a puntate nelle appendici dei suoi e di altri giornali, mentre la prosa dei suoi articoli giornalistici è spesso violentemente polemica.

Nel 1879, l'inviato a Livorno della Gazzetta d'Italia, Gino Ferenzona, scrive due opuscoli contro Garibaldi e, il 17 aprile, un articolo contro Bandi e i garibaldini. Il 18 aprile Bandi risponde qualificando di «provocatore» e scrivendo che «se il signor Ferenzona è stanco di vivere, picchi a un altro uscio». Il giorno dopo il Ferenzona viene trovato assassinato; il Bandi è sospettato ma le indagini non individuano alcun colpevole e il delitto rimarrà impunito.

Continua, dalle colonne dei suoi giornali, una decisa lotta politica contro socialisti e anarchici, dai quali riceve lettere di minaccia. Subito dopo l'assassinio, avvenuto il 24 giugno 1894 a Parigi, del presidente della Repubblica francese Marie François Sadi Carnot per mano dell'anarchico italiano Sante Caserio, il Bandi attacca chi ritenga che siano le ingiustizie sociali a generare la violenza politica. Il 1º luglio 1894 viene pugnalato a morte a Livorno, mentre in carrozza scoperta si dirige al giornale, dall'anarchico Oreste Lucchesi. Questi, insieme al complice Amerigo Franchi, viene arrestato il 15 luglio e condannato a 30 anni di reclusione; il mandante del delitto, Rosolino Romiti, è condannato all'ergastolo. Le sue spoglie riposano nel cimitero monumentale della Misericordia di Livorno.

È noto soprattutto per essere l'autore di uno dei capolavori della letteratura garibaldina, I Mille, da Genova a Capua, pubblicato postumo nel 1902: una delle testimonianze più appassionanti sull'epopea garibaldina, un'opera di sapore popolaresco, vigorosa e asciutta.

Alla sua opera memorialistica si ispirò il grossetano Luciano Bianciardi, grande ammiratore di Bandi tanto da considerare I Mille come il suo libro preferito, per La battaglia soda (1964), scritta in stile e linguaggio ottocenteschi. Il protagonista del romanzo, il cui nome non viene mai rivelato, è inoltre proprio costruito sulla biografia di Bandi.

Giuseppe Bandi oggi riposa nel Cimitero della Misericordia a Livorno.

  • Da Custoza in Croazia. Memorie d'un prigioniero, Tip. Giachetti, Prato, 1866.
  • Pietro Carnesecchi. Storia fiorentina del XVI secolo, Firenze, Le Monnier, 1873.
  • La Rossina. Storia fiorentina del secolo XVII, 2 voll., Firenze, Le Monnier, 1875.
  • Anita Garibaldi. Appunti storici raccolti e illustrati da Giuseppe Bandi, Livorno, R. Bemporad & figlio, dopo il 1889.
  • Caterina Pitti. Storia del secolo XV, Firenze, Ulderigo Corsi, 1891.
  • I Mille, da Genova a Capua, Firenze, Salani, 1902.
  • Pietro Pancrazi, I Toscani dell'Ottocento, Firenze, 1924.
  • Mario Menghini, «BANDI, Giuseppe» la voce nella Enciclopedia Italiana, Volume 6, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1930.
  • Alceste Cristofanini, Giuseppe Bandi. Vita aneddotica, Firenze, 1934.
  • Benedetto Croce, Letteratura della nuova Italia, Laterza, Bari, 1940.
  • Sergio Camerani, «BANDI, Giuseppe» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 5, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1963.

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