Globalizzazione

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La globalizzazione è un processo di interdipendenze economiche, sociali, culturali, politiche e tecnologiche i cui effetti positivi e negativi hanno una rilevanza planetaria, tendendo ad uniformare il commercio, le culture, i costumi e il pensiero.

Il termine "globalizzazione", di uso recente, è stato utilizzato dagli economisti per riferirsi prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra popoli e aziende multinazionali. Il fenomeno invece va inquadrato anche nel contesto delle complesse interazioni su scala mondiale che, soprattutto a partire dagli anni ottanta, in questi ambiti hanno subito una sensibile accelerazione.

Sebbene molti preferiscano considerare semplicisticamente questo fenomeno solo a partire dalla fine del XX secolo, osservatori attenti alla storia parlano di globalizzazione anche nei secoli passati, ma erano tempi diversi in cui la globalizzazione si identificava, pressoché essenzialmente, nell'internazionalizzazione delle attività di produzione e degli scambi commerciali comunque ad un livello inferiore rispetto all'attuale.

Tra gli aspetti positivi della globalizzazione vanno annoverati la velocità delle comunicazioni e delle informazioni, l'opportunità di crescita economica per Paesi a lungo rimasti ai margini dell'economia, la contrazione della distanza spazio-temporale e la riduzione dei costi per l'utente finale grazie all'incremento della concorrenza. Gli aspetti negativi sono il degrado ambientale, il rischio dell'aumento delle disparità sociali, la perdita delle identità locali, la riduzione della sovranità nazionale e dell'autonomia delle economie locali e la diminuzione della privacy.

Definizione

La globalizzazione è un processo economico per il quale mercati, produzioni, consumi e anche modi di vivere e di pensare divengono connessi su scala mondiale, grazie ad un continuo flusso di scambi che li rende interdipendenti e tende a unificarli. È frutto di un processo che dura da tempo e negli ultimi trent'anni ha avuto una forte accelerazione in concomitanza con la terza rivoluzione industriale.

Economia

In campo economico la globalizzazione è un concetto multidimensionale che può indicare: la progressiva abolizione delle barriere commerciali, ovvero l'aumento dei volumi del commercio internazionale e la crescente integrazione economica tra paesi; la crescente mobilità internazionale dei capitali e il processo di finanziarizzazione dell'economia; i processi di liberalizzazione del mercato del lavoro; le politiche di deregolamentazione, liberalizzazione e privatizzazione; l'affermazione del fenomeno basta non vi interessa delle imprese multinazionali nello scenario dell'economia mondiale: in questo ambito si fa riferimento sia alla delocalizzazione di una o più fasi del processo produttivo, sia alla tendenza verso la standardizzazione dei prodotti, ampliando così i propri mercati di sbocco; il progressivo trasferimento di sovranità democratica dagli stati-nazione ad entità internazionali e sovranazionali con grado imperfetto di democrazia.[1]

I dati storici mostrano come la globalizzazione non sia un fenomeno recente: la prima ondata di globalizzazione si ebbe tra il 1840 e il 1914, anche grazie allo sviluppo di nuove tecnologie che resero il mondo "più piccolo" come navi a vapore, ferrovie e telegrafo. Il passaggio tra le due guerre, la grande depressione e il diffuso protezionismo risultarono in una diminuzione degli scambi commerciali, attuato mediante l'utilizzo di barriere quali dazi, sussidi e quote. A partire dalla fine degli anni '70 si è verificata una nuova ondata di liberalizzazione del commercio mondiale, anche attraverso accordi e istituzioni internazionali appositamente concepite quali il GATT e successivamente il WTO finalizzate all'abolizione progressiva delle barriere al commercio internazionale.

Alla base della fase attuale di globalizzazione (spesso chiamata globalizzazione neo-liberista) ci sono ragioni tecnologico/scientifiche (la rivoluzione informatica che ha ridotto enormemente il costo delle comunicazioni e dei trasporti), ragioni politiche (il crollo dei paesi socialisti avvenuto a partire dal 1989 che ha ridotto il mondo da "bipolare" a "unipolare"), ragioni economico-culturali (la crescente fiducia nel mercato come istituzione in grado di risolvere automaticamente il problema della produzione e distribuzione dei beni, e gli enormi interessi economici che stanno dietro a questa visione).

Gli effetti economici e sociali della globalizzazione sono ampiamente dibattuti e controversi. Da un lato, istituzioni come Banca Mondiale[2] ritengono che la globalizzazione abbia portato ad una maggiore crescita a livello globale, migliorando l'economia e le condizioni sociali dei paesi in via di sviluppo.

Altre organizzazioni quali l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, associazioni, movimenti[non chiaro], hanno invece una posizione molto critica, sottolineando soprattutto come la globalizzazione sia legata ad un aumento delle disuguaglianze mondiali e, in alcuni casi, della povertà. La ricerca empirica è attualmente insufficiente e inconclusiva, sottolineando come gli effetti economici e sociali variano a seconda dei paesi e delle politiche che vengono considerate.[3]

In conclusione, se il fenomeno della globalizzazione appare come un fenomeno economico-sociale inevitabile e inarrestabile in quanto legato all'evoluzione della stessa società moderna e più in generale al modernismo[non chiaro], i contenuti delle politiche economiche della globalizzazione, e i loro effetti sociali su povertà e disuguaglianza potrebbero essere governati e gestiti in maniera più attenta.

Società

Il processo di globalizzazione, in atto al livello economico e favorito dalla capillarità dei trasporti, ha ripercussioni anche a livello sociale con lo scambio culturale tra civiltà anche molto lontane e molto diverse tra loro con possibili scontri di civiltà (ad esempio il conflitto tra Oriente e Occidente) fino a possibili guerre di religione e omogeneizzazione culturale.

Critiche e controversie

Nell'eccezione economica, l'odierno modello di globalizzazione è contestato da alcuni movimenti no-global e new-global (v. anche Popolo di Seattle, No logo), mentre è fortemente sostenuta dai gruppi liberisti e anarco-capitalisti.

I dibattiti riguardo al suo effetto sui paesi in via di sviluppo sono infatti molto accesi: secondo i fautori della globalizzazione, questa rappresenterebbe la soluzione alla povertà del terzo mondo.

Secondo gli attivisti del movimento no-global essa causerebbe invece un impoverimento maggiore dei paesi poveri, attribuendo sempre più potere alle multinazionali, favorendo lo spostamento della produzione dai paesi più industrializzati a quelli in via di sviluppo, zone franche in cui tutti i diritti umani non sono garantiti e dove i salari sono più bassi. Il tutto senza dare reali benefici alla popolazione del posto, anzi distruggendone buona parte dell'economia locale[4]. I new-global asseriscono che uno stato nazionale, limitato entro i propri confini, non riesce più a dettare regole ad imprese transnazionali, capaci di aggirare con la loro influenza ogni barriera politica e condizionare le decisioni dei governi anche contro gli interessi dei cittadini che li hanno eletti. Essi affermano inoltre che il potere di ciascuno stato nazionale è smantellato dalla possibilità (di cui usufruiscono le imprese) di pagare le tasse dove costa meno, giocando sulla sede fiscale. Una delle proposte è appunto l'abolizione dei cosiddetti paradisi fiscali[5]. Gli attivisti del movimento precisano però che non sono contro la globalizzazione ma per un diverso modello di essa, più solidale, che tenga più conto delle diversità culturali e non cerchi di omologare tutto il pianeta sul modello occidentale. È molto criticato il fatto che sia stata attuata in modo selvaggio senza assumere dentro i criteri del commercio internazionale un limite allo sfruttamento delle risorse umane e ambientali, il cosiddetto sviluppo sostenibile, anche perché spesso le aziende delocalizzano solo per un breve periodo e poi delocalizzano di nuovo dove costa ancora meno, quindi non hanno interesse alla tutela dell'ambiente in loco né all'armonia tra le parti sociali, alle quali guardano da una prospettiva simile a quella dei colonialisti dell'età preindustriale.

Uno studio effettuato da Pranab Bardhan dell'Università di California, sostiene però che la globalizzazione non abbia reso nel complesso i paesi più poveri, ma che nemmeno abbia avuto grande influenza nella riduzione della povertà. Avrebbero invece effetto decisamente maggiore alcuni miglioramenti delle politiche interne dei paesi, quali lo sviluppo della rete infrastrutturale, il perseguimento della stabilità politica, le riforme del sistema agrario e il miglioramento dell'assistenza sociale[6].

Il Premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, teorico della finanza etica e fondatore della Grameen Bank, sostiene però che l'Organizzazione Mondiale del Commercio sia un bulldozer al servizio delle maggiori economie, come gli Stati Uniti, che pretendono la libertà di vendere in qualsiasi mercato, ma che spesso temono, in casa loro, anche la concorrenza più piccola e innocua di qualche prodotto agricolo o artigianale; aggiunge inoltre che è necessario promuovere delle forme di aiuto sostenibile affinché la globalizzazione possa davvero essere utile allo sviluppo[7].

Secondo il rapporto di Amnesty International con la globalizzazione il potere scivola dalle mani degli Stati e si sposta "silenziosamente" in quelle delle multinazionali, che diventano i nuovi interlocutori nelle campagne per la difesa dei diritti umani in tutto il mondo[8].

L'economista indiana Vandana Shiva asserisce che la globalizzazione ha prodotto in India suicidi di massa tra i contadini, strozzati dai debiti per l'aumento dei costi di produzione e la caduta dei prezzi. In India l'ingresso nel paese delle grande multinazionali come la Monsanto - con l'obbligo di acquistare da loro le sementi industriali dal costo sempre più elevato, biologicamente modificate e utilizzabili solo per un raccolto - si sta traducendo in una rovina per i piccoli agricoltori. Vandana Shiva aggiunge inoltre che capitalismo globale e fragili equilibri ecologici, avidità e violenza contro i più deboli sono da combattere con la disobbedienza civile[9].

Durante la messa dell'Epifania del gennaio 2008 Papa Benedetto XVI afferma che non si può dire che la globalizzazione sia sinonimo di ordine mondiale, tutt'altro e aggiunge: i conflitti per la supremazia economica e l'accaparramento delle risorse energetiche, idriche e delle materie prime rendono difficile il lavoro di quanti, ad ogni livello, si sforzano di costruire un mondo giusto e solidale[10].

Effetti indiretti della globalizzazione sono le ripercussioni sull'ambiente e sull'inquinamento dell'aria, causate dall'industrializzazione e dall'aumento dei trasporti.

Ad una attenta analisi delle dinamiche che innescano la Globalizzazione, si riscontrano anche aspetti che inducono a ritenere che nel lungo periodo essa potrebbe portare ad una profonda crisi delle aziende occidentali le quali, per realizzare le proprie produzioni, sono soggette a standard normativi molto alti sia per garantire i diritti dei lavoratori e sia per tutelare l'ambiente, precondizioni quasi mai presenti negli standard di produzione orientali in special modo asiatici. Questo disequilibrio alla base dei costi di produzione, infatti, rende i paesi occidentali meno competitivi e, considerando che il livello di ricchezza generale tende ad un abbassamento, i paesi che producono a costi bassi in assenza di tutele umane ed ambientalistiche avranno molte più possibilità di conquistare mercati prevalendo economicamente. Occorrerebbe quindi globalizzare le regole di produzione prima di globalizzare i mercati, se non si vogliono distorsioni e problemi economici e sociali a carattere mondiale.

Comunicazioni e cultura

Con globalizzazione, ci si riferisce oltre che allo sviluppo di mercati globali, anche alla diffusione dell'informazione e dei mezzi di comunicazione come internet, che oltrepassano le vecchie frontiere nazionali. Nello stesso campo il termine indica la progressiva diffusione dei notiziari locali su temi internazionali.

Il termine globalizzazione è utilizzato anche in ambito culturale ed indica genericamente il fatto che nell'epoca contemporanea ci si trova spesso a rapportarsi con le altre culture, sia a livello individuale a causa di migrazioni stabili, sia nazionale nei rapporti tra gli stati. Spesso ci si riferisce anche all'elevata e crescente mobilità delle persone con una permanenza limitata temporalmente (turisti, uomini di affari, etc.).

Pro e Contro la globalizzazione La globalizzazione può favorire lo sviluppo economico di alcuni stati, in particolare quelli industrializzati e sviluppati, attraverso guadagni e profitti provenienti dal decentramento. Esso consiste nello spostare le industrie nei paesi sottosviluppati, dove la manodopera ha un costo inferiore. Così facendo si offre un lavoro nei paesi più poveri ma le multinazionali decentrano le loro industrie nei paesi in via di sviluppo che non possono così svilupparsi. In ogni caso la globalizzazione "ferisce" le tradizioni popolari, diffondendo alcune feste che appartengono a quelle di un popolo. Ad esempio Halloween è una festa di origine celtica che si è diffusa nei popoli anglo-sassoni; con la globalizzazione si è diffusa nei popoli dei paesi sviluppati. Ciò non accade solo per le feste, ma anche per il modo di vestire, soprattutto quello giovanile, il modo di parlare, i cibi consumati, ecc. Ad esempio prima degli anni quaranta era impossibile trovare in Italia e in Europa persone che indossassero le T-shirt, ora è comunissimo. Negli ultimi anni si è parimenti osservato un rapido sviluppo di pensiero che ha studiato un nuovo processo economico-sociale definito Globalizzazione. Quest'ultimo, intravisto quale distorsione del processo di Globalizzazione, avrebbe dunque ingenerato un rapido e progressivo processo di impoverimento delle masse a seguito della mondializzazione dell'economia.

Origini della globalizzazione Nell'immaginario collettivo la globalizzazione è spesso percepita come un fenomeno progressivo, che si è andato sviluppando nel tempo in modo naturale e che vede la condizione attuale nei suddetti ambiti come una fase intermedia tra un generico passato e un vago futuro. Ma se con globalizzazione ci si riferisce a un fenomeno specifico degli ultimi decenni, il concetto è tutt'altro che univoco e consolidato, anche se è entrato a far parte del lessico comune e i mass media ne fanno larghissimo uso.

Per quanto riguarda l'economia, per esempio, diversi autori sottolineano che il sistema degli scambi internazionali era più globalizzato negli anni precedenti il 1914 di quanto non sia attualmente[11], che i sistemi economici sono comunque fondamentalmente a base nazionale e anche quelli di dimensione tendenzialmente continentale presentano diversi aspetti di chiusura (ad esempio le politiche protezionistiche dell'Unione europea in ambito agricolo). D'altra parte, Amartya Sen[12] sostiene che processi di globalizzazione sono in corso da almeno un millennio, affogando così il concetto e le pratiche che lo sottendono nel mare magnum della lunga durata. Anche questo invita a maneggiare il concetto con una certa cautela.

Autori come Arjun Appadurai e Giulio Angioni invitano anche a un uso neutro della nozione di globalizzazione, non solo in quanto fenomeno vario con aspetti negativi e/o positvi a seconda delle circostanze e dei punti di vista, ma indicando anche che proprio la globalizzazione innesca spesso una domanda globale di particolarità locali[13].

In ogni caso, nella coscienza dei popoli il fenomeno si sta consolidando insieme alla diffusione del punto di vista globale ed all'impegno concreto per un mondo migliore al di là dei propri interessi personali e dei confini nazionali[senza fonte]. Si parla sempre più spesso di "globalizzazione dei diritti" e perciò di rispetto dell'ambiente, di eliminazione povertà, di abolizione della pena di morte ed emancipazione femminile in tutti i paesi del mondo.

Di pari passo alla diffusione di notizie su scala mondiale ed alla progressiva presa di coscienza delle problematiche globali, cominciano a svolgersi grandi manifestazioni con la partecipazione contemporanea in numerose località di decine di milioni di persone.

Infine l'economista Giancarlo Pallavicini afferma che, anche per effetto della tecnologia informatica, la globalizzazione può definirsi come "uno straordinario sviluppo delle possibili relazioni, non soltanto economico-finanziarie, pur preminenti, tra le diverse aree del globo, con modalità e tempi tali da far sì che ciò che avviene in un'area si ripercuota anche in tempo reale sulle altre aree, pure le più lontane, con esiti che i tradizionali modelli interpretativi dell'economia e della società non sono in grado di valutare correntemente, anche per la simultaneità tra l'azione ed il cambiamento che essa produce"[14].

Note

  1. ^ P. Figini, 2005. La politica economica della globalizzazione, Sistemaeconomico, 10(2-3): 3-21
  2. ^ Sito della Banca Mondiale: http://web.worldbank.org/WBSITE/EXTERNAL/EXTDEC/EXTRESEARCH/EXTPRRS/0,,contentMDK:22310205~menuPK:478096~pagePK:478097~piPK:477636~theSitePK:477633~isCURL:Y,00.html"The report shows that 24 developing countries that increased their integration into the world economy over two decades ending in the late 1990s achieved higher growth in incomes, longer life expectancy and better schooling. These countries, home to some 3 billion people, enjoyed an average 5 percent growth rate in income per capita in the 1990s compared to 2 percent in rich countries. Many—such as China, India, Hungary and Mexico—have adopted domestic policies and institutions that have enabled people to take advantage of global markets and have thus sharply increased the share of trade in their gross domestic product."
  3. ^ Si veda E., Lee, M., Vivarelli (eds.), Understanding Globalization, Employment and Poverty Reduction, ILO, Ginevra; M. Nissanke, E. Thorbecke (Eds.), The Poor under Globalization in Asia, Latin America and Africa, Oxford University Press (2010)
  4. ^ Naomi Klein, No Logo, 2002, Baldini Castoldi Dalai
  5. ^ Ulrich Beck, Che cos'è la globalizzazione?, 1997, Carocci
  6. ^ Pranab Bardhan. Does Globalization Help or Hurt the World's Poor?. Scientific American Magazine, aprile 2006. (Pranab Bardhan. La globalizzazione è un bene o un male per i paesi poveri? Le Scienze numero 454 - giugno 2006)
  7. ^ Muhammad Yunus, Il seme del credito, in Corriere della Sera, 7 novembre 2002. URL consultato il 12 agosto 2010.
  8. ^ Il monito su globalizzazione torture ed esecuzioni capitali, in la Repubblica, 30 maggio 2001. URL consultato il 12 agosto 2010.
  9. ^ Terry Marocco, Vandana Shiva: il genocidio figlio della globalizzazione, in La Stampa, 18 settembre 2006. URL consultato il 12 agosto 2010.
  10. ^ Il Papa contro la globalizzazione "Una nebbia che avvolge le nazioni", in la Repubblica, 6 gennaio 2008. URL consultato il 12 agosto 2010.
  11. ^ Hirst e Thompson. La globalizzazione dell'economia. Editori Riuniti, 1997
  12. ^ Amartya Sen. Globalizzazione e libertà. Mondadori, 2002
  13. ^ Arjun Appadurai, Modernità in polvere e Giulio Angioni, Fare, dire, sentire indicati qui in Bibliografia
  14. ^ Relazioni di Giancarlo Pallavicini al III Encuentro Internacional de Economistas, "Globalizacion y problemas del desarrollo", La Habana, 24/29 de Henero del 2000, al Convegno Internazionale "Etica e Finanza", Fondazione Vaticana "Centesimus Annus Pro-Pontificie", Città del Vaticano, 30 aprile 2000 e alla 5.a Conferenza Internazionale Kondratiev "Evoluzione e prospettive delle trasformazioni sociali", San Pietroburgo, 19/22 ottobre 2004, richiamate nella bibliografia, nonché, del medesimo autore, "Centro Internazionale Studi "Michea", Seminario del 28 aprile 2007, Padenghe del Garda, "Internazionalizzaione dell'economia o globalizzazione?";ALICE Notizie-Esteri, da Apcom Mosca, 29.05.2008 h. 15.35, "Ne/Russia, Schroeder in "Club ristretto" Accademia delle Scienze. Più di 10 gli scienziati stranieri. Anche italiano Pallavicini (per studi sulla "Globalizzazione" all'Accademia delle Scienze, tra i quali: "The limits of the russian way to the Market and of globalization of the economy: two extremes heading towards the same destination, confirmation of Pitirim Sorokin's forecast", in "Return of Pitirim Sorokin", S. Kravchenko and N. Pokrovsky, Moscow, 2001, e "Libertà e responsabilità: un paradigma strategico nell'era globale", in bibliografia

Bibliografia

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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