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La sperduta di Allah

film muto italiano del 1929 diretto da Enrico Guazzoni

La sperduta di Allah è un film muto italiano del 1929 diretto da Enrico Guazzoni.

La sperduta di Allah
film perduto
fotogramma del film, oggi perduto, con cammello, Ines Falena e Gino Talamo
Titolo originaleLa sperduta di Allah
Lingua originaleitaliano
Paese di produzioneItalia
Anno1929
Durata2.391 m. (circa 107 min.)
Dati tecniciB/N
film muto
Genereavventura
RegiaEnrico Guazzoni
SoggettoGuido Milanesi
SceneggiaturaEnrico Guazzoni
Casa di produzioneSuprema Film, Venezia
Distribuzione in italianoICSA (Industrie Cinematografiche Società Anonima) Roma - Firenze
FotografiaCarlo Montuori, Arturo Climati
ScenografiaAlberto Montuori
Interpreti e personaggi

La giovane libica Neschma è stata costretta dal padre a sposare un uomo dal quale, subito dopo le nozze, fugge. Riesce ad ottenere l'annullamento del matrimonio, ma diventa così una "sperduta di Allah", emarginata e disprezzata dalla comunità. Quando incontra l'italiano Ugo tra i due nasce l'amore. La giovane dà alla luce una bimba, ma suo padre, che non ha perdonato la ribellione, uccide la piccola. Questo dramma allontana Ugo e Neschma: lui sposerà una donna italiana, lei continuerà ad essere reietta.

Produzione

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La sperduta di Allah fu uno dei due film (l'altro è Miryam anch'esso diretto da Guazzoni) , entrambi di ambiente africano, realizzati quasi contemporaneamente dalla "Suprema Film" azienda veneziana che era succeduta alla "I.C.S.A.", già produttrice di Frate Francesco negli studi di Rifredi e che inizialmente figurava come realizzatrice dei due film[1]. Per realizzare le due produzioni si misero parzialmente in comune le squadre tecniche, mentre gli interpreti furono diversi[2]. Per il suo dittico africano l'azienda richiamò alla regia Guazzoni, che dal 1923, e per tutta la seconda metà degli anni venti, aveva abbandonato il cinema italiano in crisi[3].

Fotogrammi de La sperduta di Allah con imponenti scene di massa

Il film fu girato in Libia nell'inverno del 1928 (mancano fonti che indichino i precisi luoghi del "set"), e fa parte di una serie di significato "coloniale", che aveva visto l'anno precedente l'uscita di Kif Tebbi di Camerini. In una stagione di crisi profonda della cinematografia italiana (nel quinquennio 1925 - 1929 erano stati prodotti meno di 100 titoli, ma pochi di questi avevano fruito di una distribuzione nazionale[4]) il film "libico" di Camerini era stato uno dei pochi ad avere successo anche all'estero[5] e questo aveva comportato una corsa a riproporre la stessa tematica, che poi avrà un'altra impennata negli anni della guerra etiopica e della proclamazione dell'Impero (da Lo squadrone bianco a Il grande appello).

Mentre era impegnata in queste produzioni, la "Suprema Film" venne chiamata a far parte di un Consorzio, promosso da Blasetti, che voleva affiancare alla sua "Augustus", che aveva realizzato Sole, la A.D.I.A., produttrice del citato Kif Tebbi e la milanese S.A.C.I.A. che aveva realizzato Rotaie. L'obiettivo era quello di unire gli sforzi per una ripresa (in quel tempo definita come "rinascita") della cinematografia italiana[6]. Anche questa iniziativa, come altre precedenti, naufragò, poiché negli stessi mesi Pittaluga aveva già avviato i lavori per trasformare la "Cines" di via Vejo, a Roma, nella prima azienda italiana di produzione sonora[7] e tutte le aziende ancora legate al muto dovettero cessare l'attività.

La sperduta di Allah avrebbe dovuto avere quale protagonista l'attrice Rina De Liguoro, in quegli anni all'apice del successo, che a tal fine si recò in Libia, accolta da festeggiamenti ed onori, anche se, per motivi di "budget", venne poi scritturata la debuttante Ines Falena[8], che in seguito non ebbe altri ruoli. In generale, tutta l'attività produttiva della "Suprema", fu caratterizzata dalla scarsità di mezzi e dalla difficoltà di operare in un ambiente disagevole come quello africano[3].

 
Ines Falena e Aristide Garbini

Accoglienza

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Ottenuto nel febbraio 1929 il visto di censura[9], La sperduta di Allah uscì nella seconda metà del 1929, e fu uno degli ultimi film muti italiani a circolare. Come di tutte le pellicole di quegli anni, anche di questa non si hanno dati relativi all'esito commerciale[10]. I commenti favorevoli del tempo si divisero tra coloro che ritennero La sperduta di Allah più riuscito di Kif Tebbi e ottimi sia il regista che gli interpreti, pur avanzando dubbi sulla "moralità" della vicenda[11], e quanti, al contrario, accolsero positivamente la pellicola soltanto perché si trattava di una produzione italiana: «L'indulgere è di rigore: non si può pretendere dai nostri produttori, privi di tutto o quasi, ciò che è lecito aspettarsi dagli stranieri[12]». E, sotto questo aspetto vi fu anche chi esortò apertamente il pubblico a recarsi a vederlo in quanto «schietta produzione italiana[13]

Ma contro questo approccio critico si schierò invece chi riteneva che «al pittore Guazzoni mancano le doti necessarie al buon messinscena cinematografico {per cui} durante le scene più intensamente drammatiche il pubblico se la spassava come ad una comica di Harold Lloyd. Prima che il film venisse proiettato, sui giornali della Capitale apparve una filippica contro i proprietari di sale che si erano rifiutati di proiettare un film della "rinascita"! No! la Sperduta di Allah è un aborto, un pessimo, sciocco, oleografico film, questa è la verità. Perché pretendere che si inganni il pubblico ed i proprietari di sale?[14]».

Nei commenti successivi, i 2 film della "Suprema" sono accomunati da una visione che presenta gli arabi "buoni", amici degli italiani portatori di pace e civiltà, ma bisognosi di essere "controllati" e guidati contro quelli "cattivi" i quali tramano contro il progresso[15]. E questa regie di Guazzoni, considerate minori nell'ambito della sua filmografia, sono state giudicate come esempio della produzione coloniale italiana, iniziata già al tempo della conquista italiana della Libia[16], per quanto si tenda a riconoscere che una analoga impostazione di tipo esotico e colonialista fosse egualmente presente nella coeva cinematografia francese, britannica o anche americana[17].

Entrambe le pellicole "libiche" prodotte nel 1929 dalla "Suprema" sono attualmente irreperibili; La sperduta di Allah è quindi considerato un film perduto[2].

  1. ^ Chiara Caranti, I mutamenti delle strutture produttive in Storia del cinema italiano, cit. p.61.
  2. ^ a b Bernardini, cit. in bibliografia, p.736.
  3. ^ a b Guazzoni, regista e pittore, cit. in bibliografia, p.79-80
  4. ^ Cfr. Mario Quargnolo, Un periodo oscuro del cinema italiano: 1925-1929, in Bianco e nero, aprile-maggio 1964.
  5. ^ Marcello Spada, intervista del 7 novembre 1975 in Cinecittà anni trenta, cit. in bibliografia, p.816.
  6. ^ cinematografo, n.18 del 8 settembre 1929
  7. ^ L'eco del cinema, n.78 del maggio 1930, pubblica la relazione al bilancio dell'esercizio 1929 della S.A.S.P. in cui si illustra l'investimento nella tecnologia sonora.
  8. ^ Martinelli, cit. in bibliografia, p.266
  9. ^ Bernardini, Archivio del cinema italiano, vol.I Il cinema muto 1905 - 1931. Roma. ANICA, 1991
  10. ^ Sull'assenza di dati economici della cinematografia italiana dell'epoca cfr. Barbara Corsi Con qualche dollaro in meno, Roma, Editori Riuniti, 2001, p.12 e seg.
  11. ^ don Carlo Canziani ne La rivista del cinematografo, n.12, dicembre 1929
  12. ^ Raoul Quattrocchi in Kines, n.43, novembre 1929
  13. ^ Commento non firmato su Il Tevere del 21 ottobre 1929
  14. ^ Giulio Doria, Perché la "rinascita" non sia una burletta in Cinemondo, n.52 del 20 novembre 1929
  15. ^ Cfr. (EN) Roberta De Carmine, Italy meets Africa; colonial discourses in italian cinema, New York, Peter Lang, 2011, ISBN 978-1-4331-0868-6, p.33-40
  16. ^ Cfr. Denis Lotti, La guerra allusa in Immagine. Note di Storia del Cinema, IVª serie, n. 3, 2012.
  17. ^ Mino Argentieri, Autorappresentazione del regime, in Storia del cinema italiano, cit. p.393

Bibliografia

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  • Aldo Bernardini, Le imprese di produzione del cinema muto italiano, Bologna, Persiani, 2015, ISBN 978-88-98874-23-1
  • Aldo Bernardini, Vittorio Martinelli, Matilde Tortora, Enrico Guazzoni, regista e pittore, Doria di Cassano Jonico, La Mongolfiera, 2005, ISBN 88-87897-58-1
  • Vittorio Martinelli, Il cinema muto italiano. I film degli anni venti (1924-1931), numero speciale di Bianco e nero, Roma. C.S.C. - E.R.I., 1996, ISBN 88-397-0922-3
  • Francesco Savio, Cinecittà anni Trenta. Parlano 116 protagonisti del secondo cinema italiano (3 voll.), Roma, Bulzoni, 1979, ISBN non esistente
  • Storia del cinema italiano, vol.IVº (1924-1933), Roma - Venezia, Marsilio, C.S.C., 2014 ISBN 978-88-317-2113-4

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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