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Tesoretto (Brunetto Latini)

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Il Tesoretto
AutoreBrunetto Latini
1ª ed. originaleXIII secolo
Generepoesia
Lingua originaleitaliano

Il Tesoretto (talvolta Tesoro) è un poemetto didascalico allegorico del XIII secolo scritto in volgare da Brunetto Latini e rimasto incompiuto.

Un'altra importante opera di Brunetto è anch'essa intitolata Tesoro (Livres dou Tresor), per cui quest'ultima è talvolta indicata come gran Tesoro.

Il Tesoretto è un poemetto in versi settenari rimati a coppie: lo stesso metro del Favolello che sarà poi ripreso nel Detto d'amore, opera quest'ultima attribuita a Dante Alighieri e dedicata forse a Brunetto Latini[1]. Ne sono rimasti 2944 settenari distribuiti in 22 canti. Secondo Gianfranco Contini Il Tesoretto sarebbe stato composto contemporaneamente ai Livres dou Tresor, la nota opera dottrinale del Latini scritta nella lingua d'oïl durante l'esilio in Francia (1260-1266)[2]. Secondo Stefano Carrai, Il Tesoretto avrebbe dovuto avere la forma di un prosimetrum, ossia un'opera mista di rime e di prose, con l'intento di sciogliere negli inserti prosastici i luoghi che sarebbero stati più impervi e meno comprensibili se consegnati ai versi[3].

Il Tesoretto fu pubblicato, insieme con Il Favolello, in una edizione delle Rime di Francesco Petrarca curata da Federico Ubaldini nel 1642[4]; questa edizione fu utilizzata per la composizione del Vocabolario della Crusca. Le prime edizioni critiche apparvero nel XIX secolo a cura di Giovan Battista Zannoni nel 1824[5] e di Berthold Wiese nel 1883[6]. Più accurate le edizioni, citate in Bibliografia, approntate nella seconda metà del XX secolo da Giovanni Pozzi, Giuseppe Petronio e Francesco Mazzoni.

Il Tesoretto è un poema didascalico scritto da Brunetto Latini con l'intento di costituire una vasta enciclopedia dello scibile, sul modello del Roman de la Rose; il tema è svolto attraverso una trama autobiografica.

L'opera è dedicata a un "valente segnore" di "alto legnaggio" identificato di volta in volta con Alfonso X di Castiglia, a cui tuttavia si rende omaggio nel canto successivo[8], a Luigi IX di Francia[9] e a Carlo d'Angiò[10].

Nell'antefatto[11] l'io narrante ricorda di aver appreso della cacciata dei guelfi da Firenze, in seguito alla sconfitta ad opera dei ghibellini nella battaglia di Montaperti (1260), mentre stava ritornando in patria dalla Spagna. Essendo fiorentino di parte guelfa, il poeta resta talmente sgomento da smarrirsi in una "selva diversa"[12]; la "selva diversa" è un vistoso antecedente della "selva oscura" dantesca[13]. Rimessosi dallo smarrimento, gli appare la Natura, sotto l'aspetto di una bella signora, la quale gli spiega il significato dell'universo. La personificazione della Natura è un'allegoria tratta dal De planctu Naturae di Alano di Lilla[14].

Nei canti III-XII si riportano gli ammaestramenti della Natura su Dio («Lo sovran Fattore»), sulla creazione e il peccato originale[15], sulla natura degli angeli, le prime sostanze create da Dio[16], su Lucifero[17], sugli animali e le piante[18], sull'anima umana[19], sui quattro umori[20], sui quattro elementi[21], sui sette pianeti e i dodici segni[22]. Nel canto XI Brunetto Latini riferisce quindi di una visione, dapprima dell'orbe terracqueo («e cielo e terra e mare»)[23], successivamente del regno animale[24]. Infine il poeta promette di descrivere in prosa e in lingua volgare, per maggiore chiarezza, questi argomenti[25]. Nel canto XII si ha l'ultimo intervento della Natura la quale, nei versi 1125-1182, indica al poeta l'itinerario per proseguire il viaggio.

Col canto XIII inizia il viaggio del poeta il quale, attraverso un «sentiero stretto» per una landa deserta e selvaggia[26] giunge infine nella pianura della Virtù («Un grande pian giocondo, / Lo più gaio del mondo / E lo più dilettoso»)[27]. Il poeta visita i palazzi dove risiedono le quattro virtù cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza)[28] e, in casa della Giustizia, assiste all'addestramento di un cavaliere ad opera delle discendenti della Giustizia: Larghezza, Cortesia, Lealtà e Prodezza[29]. Infine il poeta si separa dal cavaliere e giunge in un "bel prato" dove ha sede il "Dio d'Amore", di cui resta schiavo. Giunge in suo soccorso Ovidio maggiore il quale gli insegna l'arte di sfuggire all'Amore[30].

Il viaggio prosegue con l'arrivo del poeta a Montpellier dove confessa i propri peccati. I canti XX e XXI (versi 2427-2892), nei quali viene trattata la Penetenza, possono essere considerati un testo a sé stante, un poemetto epistolare, simile al Favolello, dedicato a un "caro amico" che D'Arco Silvio Avalle ha identificato col poeta fiorentino Bondie Dietaiuti[31]. Alla luce delle tendenze sessuali di Brunetto Latini riferite nella Commedia dantesca[32] si deve osservare come l'elenco dei peccati capitali, nella digressione sulla Penitenza, termini con il peccato della sodomia[33].

Col canto XXII si torna alla narrazione del poema enciclopedico. L'io narrante continua il proprio viaggio a cavallo e finalmente raggiunge la vetta del monte Olimpo, dove incontra Claudio Tolomeo il quale si accinge a impartirgli lezioni di scienze fisiche («Di que' quattro aulimenti / E di lor fondamenti, / E come son formati / E insieme legati»). Ma il poemetto si interrompe bruscamente prima che Tolomeo cominci a parlare.

Edizioni moderne

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  • Poemetti del Duecento. Il Tesoretto · Il Fiore · L'Intelligenza, a cura di Giuseppe Petronio, Torino, UTET, 1951.
  • in Poeti del Duecento. Volume II, a cura di Gianfranco Contini, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960.
  • Il Tesoretto. Il Favolello, a cura di Giovanni Pozzi, Introduzione di Francesco Mazzoni, Alpignano, Tallone, 1967. [testo riprodotto da Poeti del Duecento, Ricciardi, 1960]
  • Il Tesoretto, Introduzione e note di Marcello Ciccuto, Collana I Classici, Milano, BUR, 1985, ISBN 978-88-171-6517-4. - Fabbri, Milano, 2001.
  • Tesoretto, Presentazione di Giuseppe Fini, nota critica di Franca Arduini, Prefazione di Francesco Mazzoni, Firenze, Le Lettere, 2000.
  1. ^ G. Inglese, «LATINI, Brunetto». In : Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. LXIV, Roma : Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2005 (on-line)
  2. ^ Gianfranco Contini, «Un nodo della cultura medievale: la serie Roman de la rose, Fiore, Divina Commedia». In: Un'idea di Dante: Saggi danteschi, Torino: Einaudi, 1976, pp. 245-283. ISBN 88-06-44636-3 (IV ristampa, 1986)
  3. ^ Stefano Carrai, «Introduzione». In: Brunetto Latini, Poesie, Torino: Einaudi, 2016, ISBN 9788806193768. Citato in: Paolo Di Stefano, «Esce dall'Inferno Brunetto Latini, il suo Tesoretto è davvero un tesoro», Corriere della Sera, 11 gennaio 2016, p. 28
  4. ^ Le rime di M. Francesco Petrarca estratte da vn suo originale. Il Trattato delle virtù morali di Roberto re di Gerusalemme. Il Tesoretto di ser Brunetto Latini. Con quattro canzoni di Bindo Bonichi da Siena, In Roma : nella stamperia del Grignani, 1642
  5. ^ Il Tesoretto e Il Favoletto di ser Brunetto Latini, ridotti a miglior lezione col soccorso dei codici e illustrati dall'abate Gio. Batista Zannoni, Firenze : presso Giuseppe Molini : all'insegna di Dante, 1824, p. LVI (Google books)
  6. ^ Berthold Wiese (a cura di), «Der Tesoretto und Favolello B. Latinos». Zeitschrift für Romanische Philologie, VII: 236-389, 1883
  7. ^ Il Tesoretto, canto I, versi 1-112
  8. ^ ...Ché già sotto la luna / Non si truova persona / Che, per gentil legnaggio / Né per altro barnaggio, / Tanto degno ne fosse / Com'esto re Nanfosse (Il Tesoretto, canto II, versi 129-134)
  9. ^ Giovan Battista Zannoni (a cura di), Il Tesoretto Op. cit., p. LVI (Google books)
  10. ^ Pietro G. Beltrami et al. (a cura di), Tresor, di Brunetto Latini; traduzione di Paolo Squillacioti, Plinio Torri e Sergio Vatteroni, Torino : Einaudi, 2007, ISBN 9788806185688
  11. ^ Il Tesoretto, canti II-IV
  12. ^ Il Tesoretto, canto II, verso 190
  13. ^ Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, I, 2
  14. ^ Hans Robert Jauss, Alterità e modernità della letteratura medievale (Alteritat und Modernitat der mittelalterlichen Literatur); tr. it. di Maria Grazia Saibene Andreotti e Roberto Venuti, presentazione di Cesare Segre, Torino: Bollati Boringhieri, 1989 ISBN 8833904571
  15. ^ Il Tesoretto, vv. 283-502
  16. ^ Il Tesoretto, canto VII, vv. 503-567
  17. ^ Il Tesoretto, canto VII, 569-616
  18. ^ Il Tesoretto, canto VII, vv. 617-666
  19. ^ Il Tesoretto, canto VII, vv. 667-774
  20. ^ Il Tesoretto, canto VIII, vv. 775-810
  21. ^ Il Tesoretto, canto IX, vv. 811-836
  22. ^ Il Tesoretto, canto X, vv. 837-876
  23. ^ Il Tesoretto, canto XI, vv. 927-1098
  24. ^ Il Tesoretto, canto XI, vv. 1099-1124
  25. ^ Ma 'n bel volgare e puro / Tal che non sia oscuro / Vi dicerò per prosa (Il Tesoretto, canto XI, vv. 1119-1121)
  26. ^ Il Tesoretto, canto XIII, vv. 1183-1218
  27. ^ Il Tesoretto, canti XIII-XIV, vv. 1219-1262
  28. ^ Il Tesoretto, canto XIV, vv. 1263-1356
  29. ^ Il Tesoretto, canti XIV-XVIII, vv. 1263-2180
  30. ^ Il Tesoretto, canto XIX, vv. 2357-2395)
  31. ^ D'Arco Silvio Avalle, Ai luoghi di delizia pieni : saggio sulla lirica italiana del XIII secolo, Milano ; Napoli : Ricciardi, 1977, p. 99
  32. ^ Dante Alighieri, Inferno, canto XV
  33. ^ «Ma tra questi peccati / Son vie più condannati / Que' che son soddomiti: / Deh, come son periti / Que' che contra natura / Brigan cotal lusura!» (Il Tesoretto, canto XXI, vv, 2259-64)
  • Giuseppe Petronio, «Introduzione a Poemetti del Duecento». In : Giuseppe Petronio (a cura di), Poemetti del Duecento : Il tesoretto, Il fiore, L'intelligenza, Torino : UTET, 1951
  • Giovanni Pozzi (a cura di), «Tesoretto e Favolello». In : Gianfranco Contini (a cura di), Poeti del Duecento, Vol. II, Milano-Napoli : Ricciardi, 1960, pp. 168–284
  • Carlo Cordié, «Tesoretto (Il)». In : Dizionario Bompiani delle Opere e dei Personaggi, di tutti i tempi e di tutte le letterature, Milano, RCS Libri SpA, 2006, Vol. X, 10169-70, ISSN 1825-7887 (WC · ACNP)

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