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Riflessioni sulla guerra

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Riflessioni sulla guerra
Titolo originaleRéflexions sur la guerre
AutoreSimone Weil
1ª ed. originale1933
1ª ed. italiana1934
Generesaggio
Sottogenerefilosofia politica
Lingua originalefrancese

Riflessioni sulla guerra (Réflexions sur la guerre) è un saggio assai noto[1] di Simone Weil, pubblicato sulla rivista di Boris Souvarine La Critique sociale n. 10 del novembre 1933.[1][2] La Weil aveva iniziato a collaborare alla rivista in settembre, pur rifiutando di aderire al Circolo comunista democratico di Souvarine.[3]

Nel 1934 Riflessioni sulla guerra fu pubblicato come opuscolo, in traduzione italiana, dall'anarchico Pio Turroni, esule in Francia ed animatore del Gruppo Edizioni libertarie con sede a Brest.[4]

In quest'opera, la Weil ricostruisce sinteticamente le teorie sulla guerra che, dal 1792 in poi, hanno influito sul pensiero socialista e marxista, da cui ella prende le distanze, per criticare il carattere oppressivo di ogni stato e gli effetti reazionari di ogni guerra:

«Il grande errore in cui cadono quasi tutte le analisi riguardanti la guerra [...] è di considerare la guerra come un episodio di politica estera, mentre è prima di tutto un fatto di politica interna, e il più atroce di tutti. Non si tratta qui di considerazioni sentimentali [...], si tratta di un rilievo assai semplice: il massacro è la forma più radicale di oppressione; i soldati non si espongono alla morte, sono mandati al massacro. Come ogni apparato oppressivo, una volta costituito, resta fino a quando non viene spezzato, così ogni guerra, imponendo un apparato finalizzato a dirigere le manovre strategiche su masse costrette a servire come masse di manovra, deve essere considerata, anche nel caso in cui sia condotta da rivoluzionari, come un fattore reazionario.[5]»

L'autrice considera la guerra rivoluzionaria come la «tomba della rivoluzione»[6] (almeno finché non sarà possibile una guerra «senza apparato dirigente, senza pressione poliziesca, senza leggi eccezionali, senza punizione per i disertori»[6]) perché essa impone al soldato una costrizione ancora più dolorosa di quella patita dall'operaio. La guerra è difatti un effetto del sistema di produzione moderno:[7]

«Da una parte, la guerra è soltanto il prolungamento di quell'altra guerra che si chiama concorrenza e che fa della produzione stessa una semplice forma di lotta per la supremazia; dall'altra, tutta la vita economica contemporanea è orientata verso una guerra futura.[6]»

Per la Weil, la guerra è insieme causa e conseguenza del fenomeno burocratico.[8] Ella propone quindi di attuare una lotta senza tregua, dall'interno, per abbattere «l'oppressione intollerabile esercitata dagli apparati statali»[9], concludendo il saggio con queste parole:

«Comunque si travestano linguisticamente il fascismo e la democrazia o la dittatura del proletariato, il nemico capitale resta l'apparato amministrativo, poliziesco e militare; un nemico non identificabile con quello che ci sta di fronte, identificabile perché si presenta come nemico dei nostri fratelli, bensì è il nemico che dice di essere il nostro difensore, mentre ci rende schiavi. In qualunque circostanza il peggiore tradimento possibile consiste sempre nell'accettare la subordinazione a questo apparato e nel calpestare in se stessi e negli altri, per servirlo, tutti i valori umani.[10]»

  • Simone Weil, Riflessioni sulla guerra, a cura di Luigi Assandri, Torino, via Ravenna 3, Gruppo d’Edizioni Libertarie, 1976, ISBN non esistente.
  • Simone Weil, Riflessioni sulla guerra, in Sulla guerra. Scritti 1933-1943, a cura di D. Zazzi, Milano, Pratiche, 1998, ISBN non esistente.
  • Simone Weil, Riflessioni sulla guerra, in Incontri libertari, cura e traduzione di Maurizio Zani, Milano, Elèuthera, 2001, pp. 31-43, ISBN 88-85060-52-8.
  1. ^ a b M. Zani, note in S. Weil, 2001, p. 23.
  2. ^ (FR) Sommaire des numéros de la revue "La Critique Sociale", su collectif-smolny.org, Smolny.org. URL consultato il 30 settembre 2012 (archiviato dall'url originale il 20 giugno 2012).
  3. ^ M. Zani, note in S. Weil, 2001, p. 17.
  4. ^ M. Zani, note in S. Weil, 2001, p. 49.
  5. ^ S. Weil, 2001, p. 37.
  6. ^ a b c S. Weil, 2001, p. 36.
  7. ^ G. Di Nola, p. 60.
  8. ^ M. Gervasoni, p. 187.
  9. ^ S. Weil, 2001, p. 42.
  10. ^ S. Weil, 2001, p. 43.

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