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Rosso forlivese

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Rosso forlivese, o anche rosa forlivese, è un'espressione dal valore storico-artistico, o anche architettonico, per indicare una particolare gradazione di colore dei materiali laterizi. Si tratta di un colore rosso rosato o, se si preferisca, rosa rossiccio, quasi simile all'incarnato, che caratterizza i prodotti dell'area forlivese.

Ambito geografico

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A proposito della particolare colorazione dei prodotti laterizi forlivesi, Marina Foschi ha notato come si possa definire "una fascia di cesura fra la tradizione luminosa e levigata marchigiana e quella ferrigna e chiaroscurata emiliana"[1].

Ambito storico

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Il risultato dei materiali e delle tecniche impiegate a Forlì è un tipico "effetto cromatico, color cotto chiaro, intenso e pur così trasparente, qual è anche nei resti archeologici del luogo e che sarà ereditato dalla città ottocentesca"[2]. Tale gradazione di colore caratterizza, infatti, tutti gli edifici storici della città, costruiti con largo impiego del laterizio.

Peraltro, l'antichità e l'intensità del legame tra Forlì e la produzione di manufatti argillosi sono ulteriormente testimoniate dal fatto che, nei secoli, il nome Forlì è stato sostituito anche da quello di Figline, la cui etimologia richiama i luoghi di lavorazione dell'argilla.

Confronto con lavori recenti

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Qualora, quindi, come è accaduto in alcuni lavori recenti, i materiali usati in Forlì siano di provenienza diversa, sono immediatatamente distinguibili anche ad un occhio non esperto. Un caso emblematico è presente nel Cimitero Monumentale di Forlì. Qui, nel 1933 avvenne l'isolamento strutturale del Pantheon a seguito dell'ampliamento del cimitero. In questo caso, ben si vede la differenza cromatica tra i laterizi precedenti, dal tipico color rosso forlivese, e quelli posti in opera nell'occasione: si nota, cioè, "la brusca variazione di colore, verso il rosso cupo, nei padiglioni terminali delle arcate, ricostruiti dopo l'isolamento del Pantheon, nel 1933"[3].

Nella zona di Forlì, i sedimenti alluvionali del Pleistocene e dell'Olocene, che "raggiungono una potenza media di oltre 300 metri", sono costituiti "da una serie prevalentemente argillo-limosa con intercalazioni ghiaiose e talvolta sabbiose"[4].

  1. ^ Marina Foschi, Per ornar facciate, in: Colloqui forlivesi - Comune di Forlì et alii, Città ancor di mattoni. Idee per un museo, Forlì 1986, p. 45.
  2. ^ Orlando Piraccioni, Mattoni ricchi, mattoni poveri, in op. cit., p. 39.
  3. ^ Comune di Forlì e Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, L'altra città. Il cimitero monumentale di Forlì. Ipotesi per una ricerca, Forlì 1985, p. 50.
  4. ^ Cf. Alberto Antoniazzi, Fornaci e cave d'argilla, in Op. cit., p. 23.