Marco Licinio Crasso (console 30 a.C.)
Marco Licinio Crasso | |
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Console dell'Impero romano | |
Nome originale | Marcus Licinius Crassus |
Nascita | 60 a.C. circa |
Figli | Marco Licinio Crasso Dive |
Gens | Licinia |
Padre | Marco Licinio Crasso |
Madre | Cecilia Metella Cretica |
Consolato | 30 a.C. |
Proconsolato | 29 a.C.-27 a.C. in Macedonia |
Marco Licinio Crasso (latino: Marcus Licinius Crassus; 60 a.C. circa) è stato un politico e console dell'Impero romano. Raggiunse i massimi livelli della carriera politico-militare sotto il governo di Augusto.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Origini familiari
[modifica | modifica wikitesto]Apparteneva alla nobile gens Licinia. Era nipote del famoso triumviro e console del 70 a.C., Marco Licinio Crasso. Figlio del questore omonimo che servì sotto Cesare ai tempi della conquista della Gallia (nel 54 e 53 a.C.), la madre era, invece, una Cecilia Metella.[1] Adottò Marco Licinio Crasso Dive, console nel 14 a.C., figlio di Marco Pupio Pisone Frugi (che fu pretore nel 44 a.C. e legato nel 40 a.C.), a sua volta figlio di Marco Pupio Pisone Frugi Calpurniano.[2]
Carriera politico-militare
[modifica | modifica wikitesto]Dopo il consolato del 30 a.C., divenne proconsole di Macedonia negli anni 29-27 a.C.. Compì imprese militari lungo il basso corso del Danubio negli anni 29 e 28 a.C., nel corso delle quali batté numerosi popoli tra cui Geti, Daci, Bastarni, Mesi, Triballi, Dardani e Traci (tra cui Maedi, Serdi e Bessi).[3]
Intraprese poi la sua prima campagna per aiutare la popolazione alleata dei Denteleti.[4], che era stata attaccata dai Bastarni, che in precedenza avevano sottomesso anche le popolazioni limitrofe di Triballi e Mesi. Crasso partì con ogni probabilità da Eraclea Sintica, percorse la via lungo il fiume Strymon, liberando per prima cosa la città di Serdica (capitale dei Denteleti).[5] Successivamente avanzò in direzione dei Mesi, invadendone le terre e battendoli insieme ai Bastarni del re Deldone, alla confluenza tra il fiume Ciabrus ed il Danubio, nelle vicinanze di Ratiaria.[6] L'esito finale della campagna del 29 a.C. fu che i Bastarni furono costretti a tornare alle loro sedi originali, in Scizia, mentre i Mesi furono sottomessi.
L'anno successivo (28 a.C.) si rivolse contro le popolazioni dei Traci, che lo avevano ostacolato sulla strada del ritorno l'anno precedente, ottenendo la sottomissione di Maedi, Serdi e Bessi, non degli Odrisi che si erano subito dimostrati a lui fedeli alleati.[7] Riuscì, infine, a battere alcune tribù geto-daciche, presso le cave di Ciris, conquistando la loro roccaforte di Genucla, in Dobrugia.[8] Sulla strada del ritorno, divise l'esercito in due colonne: con la prima attaccò i Mesi Triballi, la cui capitale era probabilmente Oescus (oggi Gigen),[9] con la seconda egli stesso batté i Mesi Artaci. Al termine di questo secondo anno di campagna è, però, poco probabile che i Mesi siano stati annessi alla provincia di Macedonia. Al contrario, le tribù della Tracia, pur rimanendo ancora indipendenti, diventarono popoli clienti di Roma.[10] Crasso era così riuscito ad affermare il prestigio romano sull'intera regione a sud del basso Danubio.[11]
Pur avendo ucciso in singolar tenzone il re dei Bastarni, Augusto non volle assegnare al comandante vittorioso le spoglie opime di cui, secondo la tradizione, aveva diritto e neppure il titolo di Imperator,[12] ma solo il trionfo in qualità di vir triumphalis.[13] Essendo egli inviso all'imperatore, Augusto, la carriera di Marco Licinio Crasso fu in seguito poco luminosa e brillante.[14]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Ronald Syme, L'aristocrazia augustea, trad.it., Milano 1993, p.56 e 402.
- ^ Ronald Syme, op.cit., Milano 1993, p.406.
- ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LI, 23-25.
- ^ András Mócsy, Pannonia and Upper Moesia, Londra 1974, p.23.
- ^ M.S.Kos, The military rule of Macedonia from the civil wars to the estabilishment of the moesian limes, in XI International Congress of Roman Frontier Studies, a cura di J.Fitz, Budapest 1977, p.280 seg..
- ^ Ronald Syme, op.cit., Milano 1993, p.403.
- ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LI, 26-27.
- ^ Sulla localizzazione di Genucla, si confronti Patsch, Beitrage, V/1, 70 segg..
- ^ Andràs Mòcsy, op.cit., p.25.
- ^ H.H.Scullard, Storia del mondo romano, vol. II, Milano 1992, XII, p.310.
- ^ Cambridge University Press, Storia del mondo antico, L'impero romano da Augusto agli Antonini, vol. VIII, Milano 1975, pag.162.
- ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LI, 25, 2.
- ^ Ronald Syme, op.cit., Milano 1993, p.406; Dessau 8810.
- ^ Ronald Syme, op.cit., Milano 1993, p.56.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Fonti primarie
- Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LI.
- Floro, Epitome di storia romana, II, 26, 13-16.
- Livio, Periochae, 134-135.[1]
- Fonti secondarie
- Ronald Syme, L'aristocrazia augustea, trad.it., Milano 1993.
- András Mócsy, Pannonia and Upper Moesia, Londra 1974.
- M.S.Kos, The military rule of Macedonia from the civil wars to the estabilishment of the moesian limes, in XI International Congress of Roman Frontier Studies, a cura di J.Fitz, Budapest 1977.
- H.H.Scullard, Storia del mondo romano, vol. II, Milano 1992.
- Cambridge University Press, Storia del mondo antico, L'impero romano da Augusto agli Antonini, vol. VIII, Milano 1975.