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Gian Vincenzo Gravina

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Giovanni Vincenzo Gravina

Giovanni Vincenzo Gravina (Roggiano Gravina, 20 gennaio 1664Roma, 6 gennaio 1718) è stato un letterato e giurista italiano, nonché uno dei fondatori dell'Accademia dell'Arcadia.

Scritti critici e teorici, 1973

Discendente da una rispettata famiglia, ricevette la sua formazione dal cugino Gregorio Caloprese, il quale era conosciuto come poeta e filosofo, dopo la quale Gravina fu a Napoli dove studiò diritto canonico a lungo. Nel 1689 si recò a Roma, dove, ispirandosi al programma di rinnovamento poetico avviato da Cristina di Svezia, fu cofondatore e ideologo dell'Accademia dell'Arcadia, fondata nel 1690 con l'intento di riformare la poesia mettendo al bando il Barocco e l'eccesso poetico nel nome di più razionali modelli classici. In questa accademia si svilupparono ben presto due diverse tendenze: quella dello stesso Gravina, basata sui modelli di Dante e Omero e sostenitrice della funzione civile della letteratura, e quella più moderata e disimpegnata di Crescimbeni, che si rifaceva più che a Petrarca al petrarchismo cinquecentesco. Le tensioni tra le due fazioni e le rivalità interne all'assemblea degli Arcadi portarono allo "scisma d'Arcadia" del 1711, in seguito al quale i 'graviniani' fondarono nel 1714 l'Accademia dei Quirini, erede dei principi fondativi dell'estetica graviniana: la verosimiglianza a garanzia della funzione educatrice o civilizzante della letteratura. Tra gli allievi di Gravina, anche il poeta e librettista Pietro Metastasio, al quale fornì un'ottima formazione letteraria. Questi divenne anch'esso un eccellente membro dell'Accademia dell'Arcadia.

Il contributo alla storia del diritto

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Le sue Originum iuris civilis libri tres (Napoli 1701, per il primo libro De ortu et progressu iuris civilis; Lipsia 1708, per i due seguenti; Napoli 1713, edizione definitiva) ebbero un'influenza maggiore sul pensiero politico del Settecento e furono lette da Montesquieu.

Il contributo alla storia letteraria

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Giunto a Roma, Gravina partecipò alle riunioni dell'Arcadia recitando alcune Egloghe[1], e affiancò e sostenne l'operato del poeta Alessandro Guidi, il cui Endimione (1692)[2] uscì con un Discorso sopra l'Endimione in cui sono ravvisabili i princìpi estetici del successivo storico della letteratura: dalla funzione mediatrice del poeta tra i concetti astratti e gli indotti, alla poesia come forma regolatrice del vivere sociale, all'opzione per una poesia filosofica o sapiente. Tali assunti guidano Gravina nella ricostruzione del patrimonio letterario classico, affidata al Delle antiche favole (1696)[3], poi inglobato in Della Ragion Poetica (1708), nel quale indaga le origini e il senso della poesia antica e moderna. Molti di questi assunti si ritrovano nelle cinque tragedie: Palamede, Andromeda, Appio Claudio, Papiniano e Servio Tullio (1712), i cui temi ricorrenti sono la tirannide e la spirale di violenza distruttiva che da questa inevitabilmente si genera nello scontro tra il sapiente e il tiranno. A sostegno della sua prassi teatrale scrisse nel 1715 il trattato Della tragedia.

  1. ^ Amedeo Quondam, Filosofia della luce e luminosi nelle egloghe del Gravina : documenti per un capitolo della cultura filosofica di fine Seicento, Napoli, Guida, 1970.
  2. ^ Guidi, Alessandro, 1650-1712., Endimione, Edizioni dell'Orso, 2011, ISBN 9788862743457, OCLC 812362159. URL consultato il 17 settembre 2018.
  3. ^ Gravina, Gianvincenzo, 1664-1718,, Delle antiche favole : in appendice Discorso sopra l'Endimione di Alessandro Guidi, ISBN 9788884556738, OCLC 820785600. URL consultato il 17 settembre 2018.
  • Gian Vincenzo Gravina, Scritti critici e teorici, Scrittori d'Italia 255, Roma-Bari, Laterza, 1973. URL consultato il 29 giugno 2015.
  • Gianvincenzo Gravina, Della Ragion poetica, a cura e con un saggio introduttivo di R. Gaetano, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005.
  • Carla San Mauro, Gianvincenzo Gravina giurista e politico. Con un'appendice di scritti inediti, Milano, FrancoAngeli, 2006.

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