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Abbazia di Santa Maria della Grotta

Coordinate: 41°11′34.22″N 14°36′57.89″E
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Santa Maria della Grotta
Vista dell'abbazia
StatoItalia (bandiera) Italia
RegioneCampania
LocalitàFoglianise[1]
Vitulano[1]
Coordinate41°11′34.22″N 14°36′57.89″E
Religionecattolica
TitolareMaria
Ordinebenedettini, celestini, umiliati, camaldolesi
Arcidiocesi Benevento
Sconsacrazione1705
Demolizione1705

Santa Maria della Grotta, conosciuta anche come Santa Maria in Gruptis, è stata un'abbazia sulle montagne del Camposauro, in provincia di Benevento. Fondata nel X secolo e sconsacrata nel 1705 dopo anni di importanza a livello locale quale feudo monastico, ne rimane parte della struttura, il fondo di pergamene e un'icona bizantina.

La torre e il portale d'ingresso

Venne dedicata alla Madonna, di cui era stata trovata una icona bizantina all'interno di una grotta[2]. Il nome poi fa riferimento alle grotte carsiche nella zona, che venivano usate anche per raccogliere e distribuire acqua all'abbazia[3]. Il più antico nome pervenuto è quello di Santa Maria di Monte Drago, relativo alla montagna su cui si trova[3]. Questo, insieme al nome Santa Maria in Gruptis, veniva utilizzato con modi di scrittura discordanti, come "Santa Maria di Monte Drocho", "Santa Maria in Cripta", "Santa Maria de Crypta[4], "Santa Maria de la Grocta"[5]. In una deliberazione fiscale del 1545 veniva concesso all'abate dell'epoca, Blasio Sellaroli, di portare dei capi al pascolo alla dogana di Puglia e nell'occasione l'abbazia veniva chiamata Santa Maria de lo Vallo de Vitulano[6].

L'immagine indica, su una fotografia di un gruppo montuoso,l'area in cui si trova l'ex abbazia, il burrone al di sotto, il torrente che scorre nel burrone e il crinale della cima alle spalle.
Posizione (in giallo) nel contesto naturale

L'ex abbazia si trova in una distesa detta "Chiaria"[3], ad un'altitudine di 607 m s.l.m.[7], a ridosso del monte Drago, una delle cime che compongono il massiccio del Camposauro, a lato di un burrone conosciuto come "Funno", nella gola carsica[8] del vallone Secco, in corrispondenza di due mulattiere che collegavano le valli Vitulanese e Telesina[3], in una posizione ripida e strategica che consente una vista sulla valle[9]. Da un punto di vista geo-naturalistico, l'ex monastero si trova all'interno della zona A (di riserva integrale) del parco regionale del Taburno - Camposauro, a ridosso del già citato vallone Secco, il quale va a costituire insieme alla sua gola un geosito del parco con valenza di livello regionale primariamente geomorfologica e secondariamente paesistica da un punto di vista scientifico, poi anche didattica ed escursionistica, e per il quale l'area di santa Maria della Grotta costituisce un punto d'osservazione privilegiato[8][10]. Può essere raggiunta solo a piedi, tramite sentieri[7] che seguono i percorsi delle antiche mulattiere[2]. Benché negli anni 2020 sia considerata nel territorio del comune di Vitulano[11], fino al 1936, e ancora in mappe della seconda guerra mondiale, era riportata in cartografia come parte di Foglianise[1], al quale ad oggi comunque appartiene.

I resti dell'abside

L'abbazia fu fondata tra il 940 e il 944 da uno dei principi longobardi di Benevento, Atenolfo II o Atenolfo III[3][9]. I primi documenti scritti relativi all'abbazia risalgono al 1164[2]. È stata abitata in successione da diversi ordini monastici: inizialmente dai benedettini, per il cui uso era intesa inizialmente, poi dai celestini e dagli umiliati[2][5][9]. L'abbazia era in possesso di diversi feudi. Nel 1303 gli Angioini[senza fonte] provarono ad aggregare l'abbazia a quella di santa Maria a Mazzocca (anche detta del Gualdo) a Foiano di Val Fortore, ma una rivolta popolare degli abitanti di zona fermò il tentativo[senza fonte], con la lite che terminò solo nel 1326[12].

Nel 1660 l'abbazia fu data ai monaci camaldolesi[2], ma venne abbandonata poco dopo in seguito al terremoto del 1688[9]. Nel 1705 venne sconsacrata dal cardinale Vincenzo Maria Orsini (allora arcivescovo di Benevento, futuro papa Benedetto XIII) a causa dello stato di abbandono e dei continui attacchi da parte di briganti[2], che in seguito la usarono come rifugio grazie alla sua posizione strategica[5].

Larga parte delle rovine dell'abbazia rimane intatta nel XXI secolo. Si possono osservare la torre, il portale d'ingresso e parte del muro di cinta, costruito in un momento successivo, oltre alle abitazioni di monaci e priore, datate al XVI secolo[2]. Della chiesa antica, a cui si accedeva dal cortile interno, rimane solo l'abside[2].

Agli inizi del diciannovesimo secolo degli antiquari acquistarono il fondo delle pergamente dell'abbazia, nel 1882 regalate dai loro eredi alla Società Napoletana di Storia Patria, nella cui biblioteca vengono conservate[13][14] e sono oggetto di studi e ricerche, di carattere accademico solo dagli anni 1960, con una parziale edizione dei pergamene dei secoli XII-XIV, dopo un interesse episodico e isolato degli studiosi a causa di vari smembramenti e riordinamenti del fondo[14]. Un'edizione del 2013 di 92 pergamente di XI e XII secolo ne ha ulteriormente approfondito alcune caratteristiche: argomento principale dei documenti sono compravendite o riconoscimenti di diritti, principalmente tra privati, e concessioni o donazioni all'abbazia propter animam e per la remissione dei peccati[14], ciò in una forma documentale che (in linea con quanto avveniva al tempo nel principato Ulteriore) vedeva un uso indifferenziato di breve, scriptum e cartula[15]. Dall'analisi è emersa inoltre come area d'influenza (e di proprietà) principale dell'abbazia quella circostante del castrum Tocci, di Vitulano e Limata, con collegamenti e influenze più lontani nei territori di Benevento, Capua, Telese, Pietramontecorvino, Sant'Agata de' Goti, Arienzo, Fragneto l'Abate, Guardia Sanframondi, Castelvetere e Morcone[15]. Un'analisi paleografica ha mostrato un ibridismo grafico negli atti rogati tra Tocco, Vitulano e Limata, nei quali al posto della tradizionale scrittura beneventana si usa una tarda scrittura carolina con degli influssi gotici[15].

  1. ^ a b c Territorio conteso, vedi CFRI 1936 e AMS 1943.
  2. ^ a b c d e f g h Claudia Mele, Monastero di Santa Maria in Gruptis, su instaura.it, Instaura Inc. URL consultato il 2 aprile 2020 (archiviato il 2 aprile 2020).
  3. ^ a b c d e Carta Geoturistica del Monte Camposauro.
  4. ^ D'Amico, p. 171.
  5. ^ a b c Visite Guidate TCI.
  6. ^ Delle Donne.
  7. ^ a b Campania, TCI.
  8. ^ a b Esposito, Valletta, Ferretta. Scheda 7.
  9. ^ a b c d Guida Parco.
  10. ^ Ferretta, Carta della zonazione, dei geositi e dei percorsi.
  11. ^ Paolo Russo, Un giorno tra parchi e valli pellegrinaggio a Pietrelcina, in la Repubblica, Roma, Gruppo Editoriale L'Espresso, 22 novembre 2003. URL consultato il 28 marzo 2020 (archiviato il 1º dicembre 2017).
    «Vitulano è il centro che fa da capitale. Nel suo territorio si trovano le suggestive rovine dell'antica badia benedettina di Santa Maria in Gruptis, fondata intorno al 940.»
  12. ^ [...] lungo dissidio, iniziato nel 1303 con una dubbiosa annessione del monastero nella congregazione gualdense e concluso nel 1326 con il riconoscimento dell'indipendenza di S. Maria de Crypta e la restituzione dei beni, molti dei quali ricadenti nei territori in cui gravitava il Gualdo [...] D'Amico, p. 171.
  13. ^ Le pergamene di S. Maria della Grotta di Vitulano, su diocesidibenevento.it, Arcidiocesi di Benevento, 7 aprile 2014. URL consultato il 4 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 4 dicembre 2017).
    «[...] fondo pergamenaceo del monastero, che è noto come Pergamene Fusco poiché fu acquisito dagli antiquari Salvatore (1772-1849) e Giuseppe Maria Fusco (1814-1839), i cui eredi ne fecero dono alla Società Napoletana di Storia Patria, dove è tuttora conservato.»
  14. ^ a b c Lamboglia, p. 573.
  15. ^ a b c Lamboglia, p. 574.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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