Massimo Sestini
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Massimo Sestini (1963 – vivente), fotoreporter italiano.
Citazioni di Massimo Sestini
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
Intervista di Marcella Ciarnelli, l'Unità, 2 ottobre 1994, p. 15.
- [Sul termine "paparazzo"] L'unico che riesce a definire veramente il nostro lavoro. Fotoreporter non ha lo stesso impatto.
- [...] nel nostro lavoro tu puoi essere bravo quanto vuoi, ma se non hai la macchina giusta un altro più scadente di te riuscirà sicuramente a fare una foto migliore.
- [«In una delle tasche, sotto la cravatta o nel borsello [...], nasconde una macchina fotografica»] Quella con cui ripresi Carolina di Monaco, nella cattedrale di Montecarlo, che poggiava un fascio di fiori sulla bara di Stefano Casiraghi l'avevo legata al busto con una specie di panciera e l'obiettivo era mimetizzalo dalla cravatta, opportunamente bucata. Superare la barriera di poliziotti fu difficilissimo. Ci riuscii entrando in chiesa insieme ad un gruppo di piloti di off shore. Soltanto che, una volta dentro, ognuno di loro aveva una sedia prenotata ed io rimasi in piedi. La vigilanza mi individuò [...]. Un attimo di terrore poi una voce alle spalle: «Sestini, anche lei qui?». Mi giro e vedo Amedeo di Savoia che mi conosceva perché avevo curato il servizio fotografico per le nozze di sua figlia Bianca. Giù, una bella stretta di mano. «Permette, le presento mio cugino». Ed ecco un'altra stretta di mano a Vittorio Emanuele. Sbandamento nel servizio d'ordine. Vuoi vedere che è uno importante? si leggeva nei loro occhi. Approfitto del momento, faccio un solo scatto e a quel punto decido di non rischiare più anche se non ero certo che la foto era riuscita. Invece tutto era andato bene. Quell'immagine l'ho venduta per quaranta milioni.
- Un'altra foto che si è guadagnata quaranta prime pagine nel giro di un giorno è quella di Lady Diana in bikini. Era l'estate del '91. I principi di Galles erano arrivati in Italia atterrando a Napoli, insieme per la prima volta dopo un anno di crisi, per poi imbarcarsi su un yatch. Li inseguimmo fino all'imbarco [...]. La nave parti da Nisida e ne perdemmo le tracce. C'erano decine di fotografi, tutti convinti che, partendo da Napoli, i principi si sarebbero diretti verso le isole partenopee, le Eolie, magari la Sicilia e poi la Grecia. Per qualche giorno del grosso yacht blu non riuscimmo più ad avere notizie. Sembrava scomparso nel nulla. Decido di tornare a Firenze. Ma continuo a rimuginare sul fatto che una nave di quelle dimensioni non poteva sparire. [...] Di colpo un'illuminazione: la Sardegna. Telefono ad un mio amico che lavora ad Olbia, gli spiego com'è fatto lo yacht [...]. Una barca cosi è alla fonda al largo di Tavolara. [...] riusciamo a prendere al volo un traghetto per la Sardegna. [...] Eccolo lo yacht che avevo cercato per tanti giorni. [...] Intorno ci sono una serie di imbarcazioni piene di curiosi. Chiedo un passaggio ad una più grande del mio gommoncino, su cui ci sono dei ragazzi simpatici che si divertono a giocare al paparazzo. Io non gioco affatto. Ecco Carlo che scende a terra con una lancia. Dopo poco lo segue Lady Diana, per la prima volta in bikini. Mi avvicino alla spiaggia, scatto una ventina di rullini [...]. Riesco a salire su un aereo nonostante ci fosse una lista di attesa di almeno cinquanta persone e qui, da solo, in un caldo ed indimenticabile Ferragosto sviluppo le foto. Mi fruttarono settanta milioni [...]. Ma mi dettero anche la notorietà.
- Ci penso sempre prima di rendere pubblica un'immagine. Ma sempre con la foto già fatta.
Dall'intervista di Giancarlo Dotto a Diva e Donna; citato in dagospia.com, 16 luglio 2015.
- [«Ci siamo conosciuti nel 2000. Eri già un forsennato. Nel frattempo il mondo è cambiato intorno a noi e a te. La sopraffazione del digitale, la crisi dei giornali»] Prima facevo acrobazie folli per riuscire ad arrivare in un posto e scattare per primo. Oggi non ci sono più i budget di un tempo, la concorrenza è aumentata e devi essere sempre più bravo, curare i dettagli, affinare l'invenzione.
- [«Cosa rende di più?»] Sempre il gossip. Se fai bene la stagione estiva porti a casa un fatturato con cui ci puoi vivere tutto l'anno. Devi essere molto bravo a tirarti fuori dalla mischia di tutti gli altri fotografi.
- [«Come si batte la concorrenza?»] Con quel pizzico di follia che ti spinge a spendere un sacco di soldi, noleggiare un elicottero o un aeroplano, partire all'improvviso, senza sapere se riuscirai a farla quella foto. [«Un esempio?»] I funerali a L'Aquila. Duecentotrenta bare, una accanto all'altra. Mi dico: una ripresa dal cielo sarebbe un documento straordinario. Ma c'è il divieto delle forze dell'ordine, lo spazio aereo vietato. Allora devi inventarti un modo. [...] Trovare un elicottero e un pilota folle che ti porti in volo al di sopra del divieto di sorvolo, una quota altissima, da cui fare una fotografia impossibile. Non saprai mai se riuscirai a farla, fino a che non hai fatto quel passaggio in cielo. Questo vuol dire giocarsi qualche migliaio di euro sull'azzardo puro. Mi succede spesso.
- [«[...] al matrimonio di Montezemolo»] Arrivo con una macchina diplomatica blu con autista. Ci aprono il cancello della villa come se niente fosse. Vado subito davanti all'altare, scatto tre foto, poi me ne torno inginocchiato sulla panca. Vedo i gorilla molto nervosi. Chiedo: "Che succede?". "Pare ci sia un paparazzo infiltrato in chiesa, lo stanno cercando disperatamente, un certo Sestini".
- [«Cosa ti fa così sfrontato?»] La mia grande timidezza. Con le donne ho sempre avuto un approccio difficile. Ho deciso che questo mio problema non doveva ostacolare la mia professione. Sono diventato il contrario di me stesso. Il bello è che ancora adesso [...] sono timido da morire.
- Lo strazio, purtroppo, l'ho metabolizzato. Non ce l'ho. In quel momento penso solo a quello che devo fare, non vivo il dramma che ho davanti, il corpo dilaniato. Controllo i parametri. Ho vissuto, invece, uno strazio interiore con le foto di gossip. [«Tipo?»] Qualcuno che ti supplica di non pubblicare certe foto che per me magari sono degli scoop, ma per loro sono la rovina. Persone disposte a pagare. In quei casi ho scelto sempre di regalargliele.
Intervista di Giacomo Amadori, liberoquotidiano.it, 23 agosto 2016.
- [...] misi maschera e boccaglio e seguii il neopremier Romano Prodi a Giannutri, fingendomi un turista. Prima gli fotografai le gambe in movimento sott'acqua, poi tornai a galla e con aria sorpresa esclamai: "Ma lei è Prodi!". "Sì, la faccia è la mia" rispose lui, nuotando. Ignaro della mia vera identità accettò di farsi ritrarre da quello che riteneva un fan con la passione per la fotografia subacquea. Quegli scatti finirono a tutta pagina sul settimanale Epoca.
- Fresco era appena stato nominato al vertice della casa automobilistica torinese ed era in vacanza a Cortina. Per la settimana successiva era prevista una sua intervista esclusiva con l'Espresso. Io lo raggiunsi sulle Dolomiti e lo pedinai durante una delle sue passeggiate con la moglie. Ero vestito da alpinista della domenica e gli chiesi informazioni sulle vette circostanti. Poi estasiato gli domandai se non fosse "Paolo Fresco quello famoso della Fiat". Gli dissi che anche io ero di Firenze e mostrandomi emozionato chiesi alla moglie di farmi una foto ricordo con il marito. Quindi riagguantai la macchina e li feci mettere in posa per un'istantanea da mostrare a mia moglie. La richiesta fu così naturale che non sospettarono nulla e non seppero dirmi di no, nonostante fossero in calzoncini. Dopo pochi giorni quella "foto ricordo" divenne la copertina di Panorama, con il titolo: "A tu per tu con il nuovo Nº 1 Fiat". L'esclusiva dell'Espresso era stata bruciata.
- [«Hai avuto tra le mani anche le foto del cadavere di Ayrton Senna...»] Un infermiere aveva proposto a un mio collaboratore un rullino in cui era ritratto il campione nella sala mortuaria con un mazzo di rose gialle e verdi sul petto. Chiese un milione e mezzo di lire, comprai il rullino a scatola chiusa. Dopo scoprii che in effetti il contenuto era quello annunciato. Mandai un fax all'allora direttore di Panorama Andrea Monti con un'immagine barrata con il pennarello, impubblicabile. "Ti vendo la notizia, ma non la foto" gli scrissi. Accettò e mi fece firmare un editoriale intitolato: "Perché non vedrete mai le foto del cadavere di Senna". Arrivarono migliaia di lettere di ringraziamento.
- [«Il tuo è un lavoro per gente cinica?»] La condanna del fotografo è che qualunque cosa veda, prima deve scattare e poi riflettere sul da farsi e decidere se diffondere le immagini. La foto, magari di una strage, o la scatti o non la scatti. Ma non è vero che non abbiamo scrupoli o deontologia.
- L' ultima "mission impossible" sono state le foto del matrimonio di Kim Kardashian al Forte di Belvedere a Firenze. Era una festa blindatissima, i cui punti di osservazione più vicini parevano essere a 2-3 chilometri in linea d'aria. Una mattina all'alba ho fatto sorvolare la fortezza da un drone e ho capito dove sarebbe stato il rinfresco. A quel punto ho studiato su una mappa con il righello quali fossero le finestre con la visuale giusta. Ho trovato quella di un museo e ho convinto i responsabili a lasciarmi all'interno dopo l'orario di chiusura. Un giornale americano ha pagato 140 mila euro per quelle immagini, senza contare le altre riviste.
- [«Qual è stato il tuo primo scoop?»] Avevo ventun anni e facevo lo stampatore all'agenzia fotografica della Nazione di Firenze. Era il dicembre del 1984 e ci fu la strage del Rapido 904, un attentato in cui morirono 15 persone e ci furono quasi 300 feriti. Io, anche se ufficialmente non facevo ancora il reporter, finito il turno mi autoinviai nella galleria dell'esplosione, la più lunga d'Europa. Salii sul trenino dei soccorsi con le panche tutte bagnate di sangue e fingendomi un fotografo della Scientifica scattai le immagini del vagone dilaniato. Quando mi scoprirono avevo già passato alcuni rullini a un giornalista che conoscevo. Le foto uscirono sul settimanale tedesco Stern e sulla Nazione.
- [«Hai mai commesso un reato per portare a casa uno scoop?»] [sorride, ndr] Beh, più di una volta. Nel 1994 entrai nell'emiciclo della Camera con la macchina nascosta sotto la cravatta (riuscii ad aggirare anche i controlli al metal detector) fingendomi un deputato e fotografai da 30 centimetri il neopremier Berlusconi. Qualcuno mi segnalò alle maschere, che mi bloccarono e un questore mi ammonì dicendomi che era anticostituzionale quello che stavo facendo. Negai di essere un paparazzo, ammisi solo di essere un giornalista. Ma quelle immagini non le ho mai pubblicate. Se vuoi, visto che il reato è prescritto, te le regalo...
Citazioni su Massimo Sestini
[modifica]- So quello che dico. Massimo Sestini è pazzo. Una pazzia che ne ha fatto il fotografo di cronaca più celebre d'Italia, certo il più bravo, certo il più maledetto, di sicuro inimitabile. Molto più di un paparazzo. Il Caravaggio dei fotografi. Un Polifemo tecnologicamente modificato, l'occhio trasformato nel mirino di un fucile ad alta precisione, un cecchino via terra, mare e cielo, sempre più cielo, da Kabul alla Costa Smeralda, alle coste africane e il deserto. Se Massimo Sestini decide di fotografare una talpa al centro della terra, state sicuri che lo farà, niente e nessuno lo possono fermare. (Giancarlo Dotto)
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