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Giovanni Bellini

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Tiziano Vecellio, Ritratto di Giovanni Bellini (?), 1511-1512, Copenaghen, Statens Museum for Kunst

Giovanni Bellini, noto anche con il nome Giambellino (1433 circa – 1516), pittore italiano.

Citazioni su Giovanni Bellini

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  • Giovanni Bellini, che visse circa 86 anni (1430?–1516), ha percorso tante diverse tappe che lo si direbbe una scuola di pittura piuttosto che un pittore. Le sue prime opere sono ancora fine ed aride, prossime al Mantegna, non scevre di durezze e bizzarrie di disegno; le composizioni della sua età matura sono capolavori, cui quasi nulla manca, nemmeno un riflesso della tavolozza di Giorgione, suo allievo, morto sei anni prima di lui. Questo grande artista, maestro di moltissimi allievi, ha percorso durante una laboriosa esistenza tutta la via che conduce dal Mantegna a Tiziano. Una sola cosa gli fece difetto: la dote o il gusto di rappresentare il movimento. (Salomon Reinach)
  • Giovanni Bellini, il più fine e spirituale dei vecchi maestri veneziani, [...] fu molto stimato anche dai suoi contemporanei, e giudicato come «il migliore dei pittori» dal celebre Alberto Dürer. (Evelyn Franceschi Marini)
  • Il modo di dipingere ad olio, (già praticato, come sappiamo, a Firenze, sul principio del quattrocento, dal grande pittore Domenico Veneziano) era stato introdotto a Venezia circa la stessa epoca da un certo Antonello da Messina che l'aveva, alla sua volta, imparato dai Fiamminghi. Si racconta in proposito, che Antonello essendo assai geloso di questa sua nuova arte, non voleva insegnarla ad alcuno; e che, per potergli rapire il prezioso segreto, Giovanni Bellini, travestito da ricco patrizio veneto, si fece ritrarre da lui, e così, durante la posa, riuscì ad imparare il metodo. (Evelyn Franceschi Marini)
  • Lo svolgimento classico della rappresentazione della Natività, [...], trova nell'esordire di Giovanni Bellini il più alto coefficiente. Appena della educazione di Jacopo, suo padre, si trova un lontano accenno nelle lunghe proporzioni della Madonna e nelle congiunte mani lunghette. Egli dà delicatezza al volto della Vergine ed esprime mirabilmente il sonno del fanciullo negli occhi stretti, nella boccuccia respirante, nel braccetto destro penzoloni. Il trono, con ornati del Rinascimento, alla donatelliana, dice la tendenza dell'artista, indirizzata ne' suoi primi anni dal padre stesso verso Padova. (Adolfo Venturi)
  • Uomo di meditazioni instancabili, mai pago di evocare l'antico, d'intendere il nuovo e di provarli, egli fu tutto quel che si dice: prima bizantino e gotico, poi mantegnesco e padovano, poi sulle tracce di Piero e di Antonello, in ultimo fin giorgionesco; eppure sempre lui, caldo sangue, alito accorato, accordo pieno e profondo tra l'uomo, le orme dell'uomo fattosi storia, e il manto della natura. Accordo tra le masse umane prominenti e le nubi alte, lontane, e cariche di sogni narrati; tra le chiostre dei monti e le absidi antiche, le grotte di pastori e le terrazze cittadine, le chiese color tortora del patriarcato e il chiuso delle greggi, le rocche medievali e le rocce friabili degli Euganei. Una calma che spazia fra i sentimenti eterni dell'uomo: cara bellezza, venerata religione, eterno spirito, vivo senso; e una pacificazione corale che fonde e sfuma i sentimenti, dall'alba di rosa al tramonto di viola, secondo l'ora del giorno. (Roberto Longhi)
  • Forse seguendo gli esempi di Piero della Francesca, il Bellini conobbe e seppe far valere per primo la suggestione emotiva del colore e della luce nella prospettiva. Non solo sensualmente ma spiritualmente.
  • Giovanni Bellini, l'alto armonioso genio vivificatore di tutta la pittura veneziana del quattrocento, splende in un'aureola di umanissima fede e di bontà.
    L'arte sua sale, continuamente nuova, nell'opera diuturna della lunghissima vita; parte, con l'insegnamento paterno, dalle grazie lineari goticheggianti di Gentile da Fabbriano, per giungere a Giorgione e a Tiziano, a preparare, a celebrare e a godere con essi l'avvento della nuova pittura musicale, tutta colore e luce, fondamento della vera pittura moderna. Non è, come Piero della Francesca, Andrea Mantegna, Antonello da Messina, il Giambellino, uno di quei genii suscitatori, che impongono subito e direttamente la loro visione del mondo, la loro teoria innovatrice; ma di quei genii elaboratori e condensatori, che, per innata aspirazione alla bellezza e all'armonia, accolgono tutti i giovevoli insegnamenti e ogni giorno aprono gli occhi divinamente puri a rinnovare lo spirito e le opere.
  • Le Madonne del Bellini diventano sempre più grandiose e insieme più vere e umane, perdono la rigidità ieratica delle prime, ma conservano ed elevano la toccante devozione verso la creatura amatissima e santa.
  • Lontano da Donatello, lontano dal Mantegna e dal grande stile, il Bellini trae qui [nel Cristo Morto di Brera] ispirazione dall'arte popolare, dagli scultori romanici e dai figuli[1], che modellavano dentro le grotte le figure strazianti dei santi sepolcri. La vecchia madre stringe la faccia al capo del morto quasi volesse infonder in quelle labbra quel poco che le rimane di vita: il freddo del cadavere la irrigidisce, la pietrifica, le rende terreo il volto, le agghiaccia le lacrime. Il discepolo prediletto, rispettoso del dolore materno, sostiene più lontano, toccandolo appena, il corpo morto; raffrena il pianto ed apre la bocca alle parole che il sacrificio del maestro gli commette a redenzione del mondo: grandiosa figura cui danno singolare fascino i capelli fluenti a riccioloni tutte intorno la testa. Ma delle tre, la più divina è la figura del Cristo morto. Allo strazio corporeo, che ha distorto e disciolto i muscoli, che tiene ancor aggranchite le mani, è subentrata la pace della morte. La cruda impressionante verità anatomica del cadavere è divinizzata dal biancore delle luci diffuse sulle lievi ombre. Dietro, il cielo luminosissimo, striato dalle nubi che si inseguono e la nota discreta del paesaggio lontano, danno ampiezza solenne e vibrante alla tragedia divina.

Note

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  1. vasai, da fingere «plasmare».

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Opere

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