Campionato mondiale di calcio 1998
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Citazioni sul campionato mondiale di calcio 1998.
- [«Chi erano i leader della Francia del '98?»] Blanc, Deschamps, Barthez, Desailly, Zidane... Ognuno di loro, quando apriva bocca, diceva una parola importante. Restammo due mesi in ritiro, non c'erano i social e parlammo molto, certamente più di quanto si fa oggi. [...] Io, Henry, Vieira eravamo ventenni e la nostra fortuna fu che i più anziani non ci misero pressione addosso, ma ci chiesero soltanto di dare entusiasmo. Il risultato fu che, nella serie di rigori che decisero i quarti contro l'Italia, io ed Henry tirassimo dal dischetto in tutta tranquillità. E facemmo gol. (David Trezeguet)
- Gloria e invidia alla Nazionale francese rasa al suolo, non dimentichiamolo, dalla qualificazione disastrosamente mancata a Usa '94 e sapientemente rigenerata in un quadriennio: onore ai suoi (pochi) galletti indigeni, ai suoi armeni, ai suoi africani, ai suoi centro e sudamericani, ai suoi polinesiani, al suo mosaico veramente e ammirevolmente "mondiale" . (Marino Bartoletti)
- Il Mondiale del '98 è nettamente il più spettacolare dei tre del decennio: succede letteralmente di tutto. (Federico Buffa racconta Storie Mondiali)
- Ricordo che non partimmo per vincere. Non eravamo convinti noi, e non lo era la gente. Poi, vittoria dopo vittoria, l'entusiasmo contagiò noi e il pubblico. Arrivammo in finale noi e il Brasile, e non si può immaginare un avversario più degno. Vincemmo dominando, poi la festa, la passerella del giorno dopo su un pullman che non sembrava neanche un pullman e che cercava di farsi largo tra la folla che aveva invaso gli Champs Elysées. Una folla che non ho mai più visto così numerosa, e voi sapete quanto siano estesi gli Champs Elysées. Eppure quel giorno le persone erano tanto ammassate da non riuscire a passare. [«Cosa significò vincere davanti ai propri tifosi?»] Siamo stati i primi a regalare un Mondiale alla Francia. Vincere in casa ha un altro sapore, anche perché quel trionfo lasciò un segno non soltanto sportivo, ma anche culturale e sociale. In quel momento la Francia aveva bisogno di ritrovarsi e aggregarsi intorno all'idea, al concetto di "unione". Quella nazionale formata dai Petit e dai Desailly, dai Deschamps e dagli Zidane, insomma da bianchi e neri, da giocatori di età, estrazione sociale, culturale e religiosa diversa e che la pensavano in maniera differente su molte cose, dimostrò che si poteva andare oltre le divisioni per inseguire e raggiungere un obiettivo comune. Questo è quello che è successo a noi e, tramite noi, alla Francia. (David Trezeguet)
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