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Utente:Milo Manica/Sandbox

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Ritratto di un folletto realizzato dal disegnatore professionista Godo. Tecnica mista: matita e tavoletta grafica. Tempo di realizzazione: 4 ore.

Un folletto è una creatura notturna dall'aspetto antropomorfo di piccole dimensioni, nata dalla tradizione e dalle credenze popolari di alcune regioni francesi come Berry, Normandia e Piccardia. La tradizione francese nel corso dei secoli si è mischiata a quella mediterranea e nordica, dando così vita ad un folklore europeo. Il termine "folletto" deriva per sincretismo linguistico tra i volgari folle, e forse folata, e l'arabo farfar. Probabilmente ispirati alle divinità del focolare domestico ed agli "dèi locali" e della foresta (come potevano essere Penati e Satiri in epoca romana), il suo nome deriva dall'influenza linguistica del dio romano Nettuno e/o dal celtico Nuada entrambi legati all'acqua. Nel corso del Medioevo i folletti appaiono in alcuni codici e cronache già dotati di caratteristiche che restano conosciute nella nostra epoca. Gli abitanti dei villaggi cercavano di ingraziarseli oppure (a seconda delle diverse credenze) di allontanarli. Oltre che per le sue dimensioni ridotte, il folletto è conosciuto per essere dispettoso, capace di tramutarsi in oggetti, piante od animali e rendersi invisibile. Egli è inoltre benevolo o in grado di attuare magie negative, altamente suscettibile, ossessionato dalle donne, si occupa del focolare e delle stalle. Il loro mito si evolve e ingloba nuove creature nel corso del tempo e viene portato dai coloni francesi in America del nord.

La confusione tra folletto, il nano dei paesi di origine germanica e l'elfo dei paesi scandinavi è frequente, ma la parola "folletto" (in francese "lutin") resta legata particolarmente alle lingue romanze e alla Francia. Centinaia di piccole creature con nomi differenti possono essere accomunate a dei folletti, ormai diventato un termine generico che in Francia indica il piccolo popolo maschile. dopo un periodo di forte regressione delle tradizioni e delle credenze, nel XX secolo, la Grande Encyclopédie des Lutins di Pierre Dubois segna l'inizio di un rinato interesse di un'abbondante produzione letteraria e artistica su questo soggetto. Il folletto è ormai visto come un personaggio di fantasia e come l'assistente di Babbo Natale.

Etimologia e terminologia

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Il termine "folletto", traduzione italiana di "lutin" (pronunciato [ly.tñ] ascolta la pronuncia francese) come tutte le sue numerose varianti dall'area francofona, ha un'origine che ancora oggi suscita controversie tra i filologi.

Testimonianze

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Le prime attestazioni del termine risalgono al francese del XI secolo, in particolare "nuitum" nel dialetto di Rachi, rabbino della Champagne, che lo utilizzò nel suo commento circa il "Talmud", uno dei testi sacri dell'Ebraismo. Intorno al 1150, "neitun" ("mostro marino" in lingua francese), che sembra essere una forma ricostruita dall'editore, appare nel "Roman de Thèbes", romanzo francese medievale, in versi, ispirato alla Tebaide di Stazio. Tra il 1171 e il 1181, Chrétien de Troyes, utilizza il termine "netun" nel romanzo cavalleresco Yvain ou le Chevalier au Lion. Si ritrova l'appellativo "nuiton" nelle opere di Benoît de Sainte-Maure, in una forma senza dubbio influenzata dalla parola "nuit" ("notte") e, dal 1176 al 1181, la forma "luitun" nell'opera "Roman de Rou" di Wace, probabilmente per attrazione per il verbo "lutter" ("lottare"). La forma "luiton" venne utilizzata per la prima volta nel romanzo in prosa "Perceforest", in seguito Walther von Wartburg, noto filologo svizzero, srisse: «L'anziano francese scriveva all'inizio "netun", poi "nuiton" (dovuto a "notte"), in seguito "luiton", "luton" (dal verbo "luiter", forma arcaica del francese "lutter" - lottare), e infine "lutin"» che comunemente, nel Medioevo, indicava un genio malefico.

Émile Littré, noto filologo francese, descrive il "luitin", o "lutin" (folletto) come una "specie di demone della natura più maliziosa che cattiva che viene a tormantare gli uomini", precisando che "luiton" e "nuiton" generati dal francese arcaico, saranno utilizzati fino al XVII secolo.

In wallon, noto dialetto francese, il termine seguì un'evoluzione parallela: le forme dialettali "lûton" (la più rara, segnalata tra le altre a Huy, Durbuy e Ellezelles) e "nuton" (la più corrente segnalata in tutti i paesi del Namur) conducono al termine moderno "nuton".

La Fontana del Nettuno a Bologna, opera del Giambologna. Foto di Giovanni Dall'Orto, 5 marzo 2005.

La teoria di Walther von Wartburg, ancora largamente accettata, ipotizza che tutti i nomi comuni antichi dei folletti derivino dal dio latino del mare Nettuno, svuotato della sua antica funzione divina dal cristianesimo e diventato egli stesso un demone pagano delle acque che dà origine a piccole creature malefiche acquatiche chiamate "neptuni". Questa concezione negativa può essere dovuta all'Ebraismo. Un sermone in latino di Sant'Eligio di Noyon, risalente al VII secolo, cita Nettuno fra i demoni ai quali é vietato rendere onore, dando testimonianza della sua persistenza fra le superstizioni Questa etimologia è ritenuta "indiscutibile" da numerosi filologi, dal momento che spiega il frequente legame fra il folletto, il mondo marino e i cavalli, due degli attributi el dio Nettuno.

Claude Sterckx e Jean Markale, citando le tradizioni medievali che associano i termini "netun" e "saumon" alle parola "salmone" o "pescatore", vedono il dio celtico delle acque Nudd (o Nuada, Noddens, Nutt) all'origine dell'etimologia della parola "folletto" (lutin). Claude Lecouteux, che un tempo ha difeso la prima teoria dicendo che il folletto conobbe una diffusione troppo vasta per essere una semplice importazione celtica, più tardi ha accettato la tesi di Anne Martineau, che giudica la teoria etimologica celtica più probabile, pur suggerendo che le parole Neptunus e luiton avevano un'origine e un senso differente prima di riunirsi nella parola "lutin" (=folletto). Il primo sarebbe un genio domestico, il secondo un demone acquatico derivante da Nuada o un altro dio panindoeuropeo. Questo spiegherebbe la coesistenza dei due termini nel XIII secolo ed il fatto che i folletti del ciclo arturiano avessero pochi rapporti con l'acqua, mentre si osserva il contrario nella letteratura epica e negli altri romanzi. Pierre Dubois cita un gran numero di antiche teorie linguistiche legate alla parola "nuit" (=notte), all'inglese "little" (=piccolo), o "hutin" (=rissoso) che designa un attaccabrighe. Collin de Plancy a sua volta vedeva il termine "lutte" (=lotta) all'origine di "lutin" e Pierre Dubois aggiunge, non senza ironia, che secondo Petrus Barbygère, i folletti sono dei discendenti del piccolo re spadaccino Lutt.

Terminologia e campo semantico

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Claude Lecouteux, si dispiace per l'assenza di una definizione del campo semantico dei folletti, ciò che provoca numerose idee false a loro soggetto, e una perdita della comprensione delle tradizioni e dei miti a cui loro sono legati. Nella famiglia dei folletti e dei nani possono essere raggruppati un grande numero di piccoli esseri, provenienti da differenti tradizioni in differenti regioni del mondo,tali che "i farfadets, servans, sottais, kobolds, nutons, matagots, gripets, korrigans o nisses". Il folletto ha un ruolo simile a quello dello "spirito della casa" dei paesi anglo-sassoni, la traduzione della parola in inglese può anche dare i seguenti significati "biscotti, elfi, fate, gnomi, goblin, hobgoblin, Leprechaun, folletto, o Puck interpreta un ruolo simile a quello degli spiriti del focolare". Dal Medioevo, i folletti sono ugualmente chiamati "pazzerelli" in ragione dei loro salti di umore. Sono visti come degli esseri mascolini, sotto dei nomi che possono variare in "lupins", "letiens", "luitons", "luprons" et "ludions", "lutines" et "lupronnes". Sono all'origine del verbo "lutiner" che significa punzecchiare e tormentare nel vocabolario odierno e in Wallonie, dà nascita a l'espressione popolare "essere presi dal Luton", sia "essere stregati". Il dizionario di Furetière segnala alla fine delle antiche espressioni ormai inutilizzate: un bambino "bisbetico e cattivo" fu soprannominato "piccolo folletto", e un "vecchio scellerato", "vecchio folletto", alla fine del XVII secolo.

Origini e trasformazioni linguistiche

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L'origine dei folletti è intimamente legata alla credenza nei confronti dei geni della casa, situati nello «spazio intermedio tra la civilizzazione degli uomini, l'elemento selvaggio e il mondo sovrannaturale». Nei racconti popolari li si chiama folletti, nani, goblin, folletti, troll o ancora gnomi, appartengono alla vasta categoria delle divinità della natura di cui incarnano l'animo. I folletti sono influenzati dal cristianesimo, e da un insieme di credenze legate ai fantasmi.

Cristianizzazione dei piccoli dèi pagani

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Le antiche credenze celtiche, gallo-romane e latine contano un pantheon ricco di grandi divinità, quali Zeus, Lug o ancora Nettuno, e di piccole divinità, che danno vita a rapporti tra gli uomini, il loro focolare, le forze sovrannaturali e la natura. Claude Lecouteux cita particolarmente il dusius gallo-romano, "Dio del gioco diventato un angelo custode", il dio delle foreste Sylvanus (e le sue selve), i satiri (il cui lato osceno si ritrova in certe creature del piccolo popolo). Pierre Dubois e altri specialisti aggiungono il loro equivalente romano: le faune, Fauno, Pan, i Penati, i Lari, o ancora i genii catabuli, "geni della scuderia". Nei focolai romani, per esempio, era d'uso comune riferirsi a Lare, il "Dio della casa", in tutte le occasioni. L'evangelizzazione progressiva delle popolazioni provoca grandi cambiamenti nel panthéon, le autorità cristiane vietando dapprima il culto delle grandi divinità pagane, mentre le chiese e le cappelle sono costruite sul posto dei templi pagani. Ma i "piccoli dèi" del focolare, avvicina delle preoccupazioni quotidiane del popolo (avere dei raccolti abbondanti), degli animali in buona salute, una casa ben tenuta, ecc.), non si affacciano totalmente sulle campagne in ragione dell'attaccamento profondo dei paesani nei loro confronti. I culti diventano clandestini, segreti, i nomi si trasformano, le caratteristiche delle piccole divinità sono trasferite in altre creature discendenti da Nettuno o dal dio celtico Nudd, che sono gli antenati dei folletti. Per Anne Martineau: «Nudd o Nettuno che sia, alla fine, cosa importa: le due etimologie si accordano sul fatto che il folletto sia una creatura antica delle acque». Claude Sterckx aggiunge che: «essi sono verosimilmente caduti in basso in rapporto a ciò che doveva essere il loro prototipo pre-cristiano».

Credenze mortuarie

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Claude Lecouteux difende da molti anni una tesi secondo la quale una parte delle caratteristiche dei folletti e dei nani derivino dalle credenze relative alla morte, ai fantasmi ed all'alter ego, il che spiega perché siano poco chiacchieroni, perché detestino essere visti e perché il loro habitat sia spesso localizzato sotto terra. il reame dei folletti e dei nani, così spesso evocato, sarebbe dunque quello dei morti. Un indizio di questa credenza si trova nel dipartimento di Finistère, raccolto da Paul Sébillot, secondo la quale "alcuni dei folletti sono degli antichi fanti della fattoria che, avendo trascurato i cavalli affidati loro, sono condannati ad assisterli dopo la loro morte". Il folletto sarebbe allora considerato "un genio domestico che tenta di ottenere la salvezza attraverso il suo lavoro stancante". Ora, in tutte le credenze, gli antenati morti che si manifestano alle loro famiglie ed ai loro conoscenti possono dimostrarsi pericolosi. Il folklore francese ha conservato la tradizione tedesca secondo cui nani, folletti e fantasmi emettano lamenti e producano rumori per attirare i vivi in trappole. Questo miscuglio con le credenze mortuarie potrebbe essere dovuto al cristianesimo e al divieto di venerare dèi pagani: ad un folletto di piccola taglia, venerato clandestinamente, risulta più facile nascondersi in un luogo sotterraneo. le credenze popolari legate ai piccoli dèi gioiosi e protettori avrebbero dunque integrato delle credenze mortuarie (vista la piccola taglia e l'habitat dei folletti), e altre derivanti dagli dèi ctoni da cui discendono Nudd e Nettuno (dato il loro rapporto primario con l'acqua). Oltre alla taglia dei folletti, la loro fisionomia deforme, un archetipo proprio degli esseri ctoni, sarebbe dovuto a credenze mortuarie. Un'altra possibilità sarebbe che gli antenati dei folletti fossero stati inizialmente delle piccole creature ctonie, padrone del regno dei morti, ma che in ragione della posizione presa da Cristo, questa origine è contenuta solo in qualche indice. Il folletto è influenzato da 'Hennequin, personaggio mortuario inquietante della caccia fantastica, per quanto riguarda il suo cappello appuntito. L'importanza del cappello dei folletti è sempre visibile nelle feste popolari come il carnevale di Malmedy.

Confusioni linguistiche e sincretismo

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Uno gnomo nascosto dietro ad un'amanita.

Il "nano" è, in origine, tipico del mondo tedesco, mentre il "folletto" è legato al mondo romano, l'antico francese mantiene la distinzione tra "nuiton" e "nano". Ma gli autori dei testi medioevali devono rendere un vocabolo comprensibile alla maggior parte dei loro lettori, ragione per la quale il "zwerc", nano tedesco, è tradotto in italiano con "folletto", e viceversa. A partire dal X secolo, la distinzione fatta tra folletti, nani, elfi e gnomi si attenua in Francia e con il tempo i termini diventano dei sinonimi. Le annotazioni dei testi latini del X secolo "attestano la fusione tra creature differenti". Claude Lecouteux sottolinea che col termine dialettale tedesco "scrat", corrispondente al nano urlatore, sono intese creature che altri testi possono associare al folletto, tale che Faunus, Sylvanus e i satiri. Questa confusione di vocaboli perdura per numerose ragioni, in primo luogo l'evoluzione delle credenze diffuse oralmente, certe creature disparse e lasciando le loro caratteristiche a delle altre. I termini si mischiano fortemente: ne è un esempio la mandragola, da pianta diventa la bestia madridoule della Drome, il gatto Matagot, poi un nano o un folletto. Per non arrangiare niente, una creatura dello stesso nome può essere percepita differentemente in funzione dell'epoca, la letteratura popolare che trattiene questa confusione, e che traduce un importante sincretismo. Esiste tuttavia una tendenza a rendere i termini in italiano con "nano" o con "gnomo" per il piccolo popolo se è in relazione con le profondità della terra e con le sue ricchezze, e con "folletto" se abita in una casa o nei suoi dintorni. Verso il 1135, Hugues de Saint-Calais, vescovo di le Mans, designa con il nome Faunus quello che è visto più tardi come un folletto turbolento, mentre Maria di francia traduce il nano monticolo, sia come nano di montagna che come folletto. Il raggruppamento tra folletti e nani è particolarmente visibile dal XIX secolo e la diffusione della favole popolari. Nel 1891, il tedesco Karl Grün scrisse che i folletti si rapportano a degli elfi e a degli lemori, ma anche ai cuboldi e ai Lari e che nell'ultimo caso, prendono il nome di folletti o di goblin. Questo commento diverte molto Pierre Dubois, constatando le difficoltà che hanno da sempre incontrato gli specialisti per stabilire una classificazione dei folletti.

Tomtes, equivalente scandinavo del folletto visto da John Bauer nel 1909

Esistono differenze tra i folletti presentati nei romanzi, spesso stereotipati, e quelli delle credenze popolari. La maggior parte delle testimonianze a loro riguardo provengono dalla Bretagna. Nonostante possano essere facilmente confusi con i nani, i folletti si distinguono per qualche particolarità. La loro malizia, il loro scherzare e il loro riso sonoro sono ben conosciuti, tanto quanto la loro suscettibilità. Essi trascorrono gran parte del loro tempo divertendosi e correndo dietro i folletti femmina. Collin de Plancy cita a questo proposito un proverbio popolare della sua epoca:

"là dove ci sono i folletti femmina e il buon vino,
é là che c'è l'ossesione del folletto"

Ma all'occasione i folletti si mostrano lavoratori e guerrieri. Alcuni scritti menzionano la loro forza straordinaria, come la favola tedesca del XIII secolo citata da Pierre Dubois, nella quale uno schretel combatte un orso. Altri scritti li descrivono come dei paladini nell'avventura, e ne fanno dei spadaccini formidabili, malgrado la loro ridotta statura. È difficile stabilire i caratteri del folletto in ragione del grande numero di ruoli che può ricoprire: legato tanto alla foresta, all'acqua, all'aria, alle dune o ai prati, protettori del focolare, dei bambini e degli animali, poi demoni notturni, ladri banditi, luridi insaziabili, è sopravvissuto attraverso racconti e scritti di folclore popolare, trasmessi per tradizione orale durante i secoli. Il folletto è generalmente notturno, il mondo gli appartiene dopo le undici di sera fino a due ore dopo la mezzanotte, e si difende ferocemente contro gli ubriachi che lo insultano. Infine negli scritti il folletto muore generalmente per un incidente o a causa di veleno, e non è in ogni caso immortale. Claude Lecouteux, ha affiancato un'associazione tra le credenze mortuarie, il piccolo popolo, l'acqua e i cavalli. Rappresenta anche la distinzione comoda anche se non rilevante fatta da più ricercatori tra i folletti terrestri e i folletti dell'acqua.

Apparenza e abitudini

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Aspetto tipico di un folletto: dimensioni ridotte, poulaine e cappello rosso appuntito.

In origine, i folletti non avevano una dimensione caratteristica. La loro prima descrizione è quella dell'inglese Gervais de Tilbury, verso il 1210, il quale afferma che i "nuitons" hanno l'aspetto di vecchietti con la faccia ridente, sono vestiti di stracci cuciti insieme e sono alti mezzo pollice, vale a dire meno di 2cm. I folletti, proprio come i nani, sono quasi sempre visti come "vecchi e piccoli", ma non sempre quanto quelli di Tilbury. Se le storie medievali non precisavano che avessero la barba, dalle trestimonianze del XIX secolo, in particolare i valloni insistono su questo aspetto. Pierre Dubois dice che "niente è più complicato che descrivere un folletto", ma evoca una taglia "da un mezzo pollice a 30 cm", la presenza di capelli folti e di una barba "che cresce da 300 anni", vestiti di stracci verdi e bruni, di (poulaines) e con un cappello appuntito rosso o verde sulla testa. Gli abiti del folletto hanno un'importanza particolare, un buon numero di storie riporta che sono vestiti di stracci e che offrir loro dei vestiti nuovi provochi la loro scomparsa. Claude Lecounteux ne cita una a Ibourg nel XIX secolo. Alcuni folletti si occupano del cavallo grigio di un paesano, un valletto li sorprende e rivela la loro presenza al proprietario dell'animale. Questo per ringraziarli offre loro degli abiti ma i folletti non riapparirono mai più. Racconti simili riguardano i Brownies d’Irlanda e di Scozia. Il Brownie delle Highlands scozzesi batte il grano per dei fattori fino al giorno in cui, credendo così di ringraziarlo, questi ultimi gli offrono un cappello e un abito. Se ne andò con quei doni, aggiungendo che essi sono stati stupidi ad avergli regalato quelle cose prima che avesse portato a termine il suo lavoro. Questa particolarità è probabilmente dovuta a un'antichissima tradizione orale, dato che gli stessi temi si ritrovano presso il ciclo arturiano. Esiste anche una storia in cui Puck rivela che gli abiti che gli sono stati offerti rappresentano il salario che pone fine al suo periodo di penitenza.

Ritratto psicologico

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Fairy Feller's Master-Stroke, olio su tela realizzato da Richard Dadd tra il 1855 e il 1864, conservato alla Tate Gallery a Londra

I folletti sono molto incostanti, da cui il nome folletto (pazzerello): possono rendere molteplici servizi un giorno e commettere le peggiori stupidaggini l'indomani. La loro asocialità è conosciuta nel Medioevo poiché Maria di Francia narra di un folletto catturato da un contadino e pronto a donargli tutto ciò che voleva se non lo avesse mostrato alla gente. La maggior parte sono furiosi quando gli uomini li osservano, la peggiore delle situazioni è quella in cui qualcuno rivolge loro la parola, e desidera da loro una risposta. Paul Sébillot e Henri Dontenville li considerano poco loquaci, Sébillot, aggiungendo anche che il folletto delle dune bretoni andrà definire in un duello chiunque lo chiami. I folletti ardennesi prendono poco la parola, e sempre per lasciare dei messaggi sgradevoli, a punto tale che il folletto è diventato un sinonimo di misantropo e taciturno. In Piccardia due folletti buttano nell'acqua le persone che intendono fischiare.

Tutte le rappresentazioni sui folletti attribuiscono loro delle capacità magiche, come quella di predire il futuro. I loro sortilegi sono particolarmente pericolosi nelle Ardenne. Un racconto molto conosciuto parla di un paesano vallone che tagliando il grano per ritirarlo prima della tempesta, vede il "nuton" del suo focolare domestico che lo aiutava trasportando una spiga alla volta. Infastidito poiché lo giudica un aiuto inutile, lo prende in giro. il "nuton" esce dal suo silenzio e gli lancia questa maledizione:

"Spiga dopo spiga ti ho arricchito, spiga dopo spiga ti rovinerò!"
(Raccolto da Jérôme Pimpurniaux)

La variante "Spiga dopo spiga ti ho arricchito, fascio dopo fascio ti rovinerò!" è citato da Albert Doppagne e soprattutto da Pierre Dubois, che ne fa il simbolo del legame tra il piccolo popolo e la natura, e dell'importanza di rispettarlo, aggiungendo che niente è mai acquisito o definitivo con loro. Nella parte successiva della rappresentazione in effetti, il paesano vallone perde tutti i suoi possedimenti e finisce in rovina. Una storia molto simile mette in scena un donanadl, felletto tirolese che, seduto tra le corna della più bella vacca della Grünalm ("la tutta verde", vallata delle Alpi tirolesi), vede il proprietario della mandria tentare di sottometterla. Egli lo maledice dicendo "la Grünalm sarà privata d'acqua ed erba, e poi ancora d'acqua!". Poco dopo, le sorgenti si inaridirono e l'erba non ricrebbe più. I folletti possono anche rendersi invisibile, molto spesso grazie a un oggetto come un cappello o un mantello. Essi utilizzano i loro poteri a beneficio delle persone virtuose, come in un racconto di Acheux, comune della Piccardia, raccolto da Henry Carnoy, nel quale un gobbo aiuta una banda di folletti a conoscere l'ultimo giorno della settimana, i quali, per ringraziarlo, gli tolgono la gobba. Un altro gobbo avendo appreso il fatto incontra un'altro gruppo di folletti e mischia i giorni: essi lo puniscono mettendogli un'altra gobba. Un racconto fiammingo parla di folletti che si sono stabiliti in una cascina a Linden, che costruiscono una torre sopra una chiesa in un mese in cambio di un po' di nutrimento. Infine secondo le credenze, i folletti possono spostarsi molto più rapidamente degli uomini se si sentono in pericolo.

La capacità a modificarsi e a cambiare di statura è una delle particolarità tra le più tipiche dei folletti negli scritti a loro soggetto. La capacità si trova anche presso i nani delle tradizioni popolari in stretta relazione con le credenze medioevali del doppio. Il loro ritratto psicologico (taciturni,non amanti dell'essere visti...) spiega che la maggior parte del tempo, sembrano essere di piccola statura. Mentre, è probabile che in epoche più lontane, in caso di minaccia i folletti possano crescere istantaneamente e affiancare una correzione al loro aggressore. Gli autori dei testi medioevali avrebbero sdoppiato il folletto originale dal folklore in un piccolo e debole nano, sempre visto in anteprima, e il suo protettore. Ne è un esempio la canzone di Dieudonné de Hongrie. I folletti assumono anche le sembianze degli animali, e si mutano in oggetti. Le loro metamorfosi animali sono varie, includendo soprattutto il cavallo e la rana, poi il gatto ed il serpente. Delle tracce dei geni della casa adorate sotto forma di serpenti sono presentati da epoche molto remote in Europa, l'animale condividendo un tratto in comune con il folletto, che è l'amare il latte. Il folletto ha ugualmente la capacità di cambiare gli altri in animali in particolare in equini: nel XIX secolo, un "sotre di Lorena" avrebbe trasformato un contadino in un asino. Un certo numero di testi, tra i quali i Vangeli di Tife, legano il folletto pazzerello al folletto comune dicendo che quest'ultimo appare spesso sotto forma di una piccola luce.

Come le fate, alcuni folletti si dice che rubino dei bambini umani dalle culle e li sostituiscono con uno di loro, scambiandoli. Questo ultimo ha delle volte l'aspetto di un bambino folletto, altre volte l'aspetto di un folletto molto vecchio. Per proteggersi dai furti, vengono citati molti metodi, uno dei quali è quello di acconciare il bambino con un berretto rosso che tradizionalmente è riservato ai bambini nati morti. Il folletto, credendo il bambino già morto, si suppone non importuni il bambino. Un racconto di Lorraine racconta di una madre che sequestra il berretto rosso, ritrovato ai piedi della culla del suo bambino scomparso, e se ne serve per scambiarlo in cambio di soldi. Un racconto datato 1885, nel Morbihan, narra di una fata serva che guida una banda di folletti rubando i beni e i bambini degli abitanti. Una madre, dubitando che suo figlio fosse stato scambiato, pose dodici uova intorno alla pietra del suo focolare e vide i cangianti ridere e poi dire "ho quasi cent'anni, ma non ho mai visto così tanti tuorli bianchi".

Legami con il focolare

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Illustrazione anonima (1915) del conte di Grimm
Les petits nains de la montagne
Verdurenette, Verduret
La nuit font toute la besogne
pendant que dorment les bergers.
(Raccontino raccolto da Émile Jaques-Dalcroze. Chansons populaires romandes: Chanson à la lune . La ronde des petits nains)

Secondo la credenze il "folletto del focolare" viveva in origine nella natura (degli abitanti sotterranei sotto le colline, nei boschi o dentro le radici dei grandi alberi) e scelse di stabilirsi in un'abitazione umana (generalmente una cascina) per mettersi al servizio dei suoi abitanti, causando a volte dei problemi, e giocando, di notte, nel camino. Sono chiamati "folletti domestici" o "folletti che fanno il lavoro di valletti", secondo Jean de la Fontaine. Il nome servo alpino, risalente al XIX secolo, proviene da questa funzione.

Compiti svolti dai folletti

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I folletti del focolare si occupano di una varietà di lavori in particolare per i cavalli da cui si prendono grande cura, ma anche per i bovini. I sotri Volschi curano il bestiame cambiando la loro lettiera e dando alle vacche un foraggio appetitoso; il folletto della lingua svizzera ruba agli altri fili di erba fresca per darli alla loro mucca preferita, e in bassa-Bretagna, Teuz-ar-pouliet, lo sbarazzino del mare, anche il bidone del latte. I folletti sorvegliano, proteggono e tengono la propria casa nella quale gli abitanti gli rivolgono un grande rispetto, cucinano, consolano i bambini tristi, in poche parole si occupano di tutte le faccende domestiche del focolare con un'estrema efficienza, molto più grande di quella degli uomini. Essi possono sottomettersi a più persone, non escono e non si mostrano che la notte, e non dormono mai, da cui il proverbio francese "egli non dorme non più di un folletto". Essi frequentavano le caverne e i soffitti, il sotto dei letti e gli armadi, e rovistavano tutto a contatto con gli oggetti in ferro. I testi riportano che essi si nutrono di rane arrostite, ma benché essi reclamano unicamente del cibo in cambio dei loro servizi. La maggior parte del tempo, si tratta del latte (delle volte rappreso) o delle pappine a base di latte. L'amore smisurato del latte è il solo dettaglio alimentare che permette di riconoscere a colpo sicuro il folletto.

Metodi per scacciarli

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Questa relazione con gli abitanti del focolare non è mai data per scontata. Molto suscettibile, il folletto è attento al minimo segnale di mancanza di rispetto e si rivolta in un momento contro le persone che prima serviva. Egli può anche difendersi ferocemente: un racconto di Plouaret riporta che un carrettiere ubriaco sfidò una sera il folletto della stalla, credendo che gli facesse una concorrenza sleale. L’uomo viene ritrovato il mattino impazzito, con la risata del piccolo essere che risuona nella sua testa e le membra tremanti. Infine, il folletto è una delle cause potenziali degli incubi. Questi sono i motivi per cui le persone desiderano a volte scacciare i folletti dai loro focolari con molteplici metodi oltre al tradizionale uso di oggetti quali l’acqua santa e le preghiere cristiane. Uno dei metodi più classici consiste nel piazzare un recipiente pieno di cereali fini (nella regione di Auvergne si tratta di miglio, piselli o le ceneri, secondo Paul Sébillot)sul cammino del folletto: se li rovescia egli è costretto a rimetterli a posto prima dell'alba e prima del canto del gallo e non tornerà più. Un altro metodo, conosciuto per sbarazzarsi di quelli che infastidiscono le ragazze a partire dal XV secolo, è di arrivare a disgustarli. Les Évangiles des quenouilles parlano di portare del pane con sé. Il folklore belga consiglia di accovacciarsi su sterco in posizione di defecazione, e mangiare una tartina in questa posizione. Il folletto esclama disgustato qualcosa come: «Ah ! Ti cakes èt magnes» («Ah! tu defechi mentre mangi», e se ne va per sempre. La gran parte dei folletti sono conosciuti per le loro reazioni di orrore di fronte a cio che evoca i bisogni naturali. È per questo che, nel Ducato di Limburgo, li si evita prima di stendere il letame. In Italia, un modo di far fuggire il folletto troppo intraprendente è mangiare del formaggio seduto sul water dicendo: «Merda al folletto: io mangio il mio pane e formaggio e gli caco in faccia». Una storia belga parla di una giovane fanciulla infastidita da un folletto e dei suoi genitori che posano dei gusci d'uovo intorno a lei rienpiti di ramoscelli. Vedendoli il follettto dice: «Ho visto i boschi della Bastogna, i campi della Frèyir, ma non ho mai visto tanti vasi mischiati» e partì per sempre. Alcuni folletti del focolare possono vendicarsi dei tentativi fatti per scacciarli rovinando tutti gli arredamenti. In un racconto di Saint-Philbert-du-Pont-Charrault, una donna si sbarazza dei folletti che vengono presso il suo atrio riscaldando il treppiedi sul quale si posano. Più tardi la fata Mélusine rimpiazza uno dei figli della donna in sua assenza per vendicarli. I paesani hanno cercato sempre di catturare dei folletti. Un metodo del Québec consiste nello spandere della farina fine per terra e seguire le traccie che hanno lasciato fino al luogo in cui si nascondono durante la giornata.

Legami con l'acqua

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Il folletto acquatico risalente al XIII secolo, apparendo in Huon de Bordeaux, la Chanson de Gaufrey e la Geste de Garin di Monglane. Malabron è un ottimo rappresentante, tutto come il Klabautermann dei paesi tedeschi. Senza dubbio perché essi sono i più primitivi, sono anche i più negativi nei racconti a loro soggetti, in particolare all'epoca medioevale. La loro apparenza è poco dettagliata, e loro sono reputati per la loro antropofagia. Se i nani della leggenda arturiana sono quasi senza rapporti con l'acqua, altri mostri più o meno legati ai folletti sono presenti. Il Chapalu, felino acquatico nemico del re Arturo, è descritto come il re dei folletti e Christine Ferlampin-Acher lega il gatto nero del lago di Losanna, menzionato nella Vulgate Merlin, come una bestia acquatica capace di cambiare di corporatura fino a diventare un diavolo gigantesco, a un avatar di folletto generato da leggende celtiche. I giri preferiti dei folletti, al di fuori del focolare, sono quasi tutti i giorni in rapporto con le sfide e l'acqua: se gli hozier delle Ardenne e il popolano Fersé dell'Alta Bretagna attirano gli uomini nell'acqua per prendersi gioco senza gravità, i Pie-Pie-Van-Van della Meuse, e altri, cercano a annegarli. Paul Sébillot cita qualche folletto acquatico positivo, come il piccolo buon uomo rosso della parte dieppoises, che guarda i fili dei peccati. I giri preferiti del folletto, al di fuori del focolare, sono quasi tutti i giorni in rapporto con gli equidi e l’acqua: se l’"hozier delle Ardenne" e il "cavallino Fersé dell’alta Bretagna" attirano gli uomini nell’acqua per farli divertire con dei giri senza gravità, i "Pie-Pie-Van-Van della Meuse" cercano di annegarli. Paul Sébillot cita qualche folletto acquatico positivo, tale il "piccolo buon uomo rosso di Dieppe", che protegge le lenze dei pescatori.

Legami con i cavalli

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Molti ricercatori hanno notato dei legami molto forti tra folletti e cavalli. Il cavallo, animale molto a contatto con gli uomini, è anche il più adatto alle trasformazioni dei folletti. Nella letteratura medievale Malambruno e Zefiro si trasformano frequentemente in cavalli. Il nano Frocin, che in una leggenda del XII secolo sussurra ai cavalli, verosimilmente discende dal folletto. Guillaume d'Auvergne afferma che al mattino il crine dei cavalli viene trovato intrecciato e coperto di piccole gocce di cera. François Le Poulchre aggiunge nel 1587 che un cavallo sporco, il giorno seguente può essere trovato pulito. Paul Sébillot fornisce numerose testimonianze: in Normandia il folletto porta i cavalli ad abbeverarsi; in Beauce e in Franca Contea li striglia e li nutre, rubando del fieno. In Normandia il folletto ruba le spighe d'avena più belle per darle ai suoi cavalli preferiti. L'elficologo Pierre Dubois cita numerose testimonianze di folletti che visitano le scuderie durante la notte e lasciano tracce del loro passaggio nelle criniere, che essi utilizzano per fare delle staffe e galoppare tutta la notte. Paul Sébillot rivela che vicino alla Manica nel 1830 questa credenza è molto accreditata. I proprietari dei cavalli trovano le loro bestie coperte di sudore al mattino. Altre testimonianze simili si protraggono sino all'inizio del XX secolo. Col passare del tempo le testimonianze riportano che il cavallo da amico dei folletti diviene però loro vittima. Le due credenze a volte coesistono. La soluzione migliore è scacciare i folletti con i metodi comuni. Le tradizioni canadesi dicono di costruire un cavallo finto che il folletto poi cercherà di cavalcare oppure di far sciogliere le trecce nel crine da una donna incinta. In Alta-Bretagna sono frequenti esorcismi, ma la popolazione non crede alle testimonianze di Sébillot: «Se si brucia il crine con un cero benedetto, il folletto non torna mai più, ma le bestie sono soggette a deperimento, per via della sua scomparsa». Parallelamente «le sagome del folletto e del cavallo tendono ad unificarsi in un solo personaggio con il compito di far precipitare chi provi a cavalcarlo». Paul Sébillot riunisce così diverse testimonianze. Nelle isole anglo-sassone Puck assume questa forma per spaventare la popolazione.

Creature designate come folletti

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King Olaf and the Little People di Julia Goddard, 1871, pubblicato nel giornale Wonderful Stories from Northern Lands.

Paul Sébillot parla dei folleti come di una grande tribù e Anne Martineau ne conta 30000 specie soltanto in Francia. Nel 1992 se Pierre Dubois dice che la parole "folletto" designa comunemente l'insieme del piccolo popolo in Francia, insiste anche sul fatto che i folletti formano un'intera razza a parte, da non confondersi con i folletti di Vallonia e delle Ardenne francesi di cui l' habitat e le leggende sono differenti, né con i coboldi, né con i gobelins e gli gnomi distinti soprattutto per l'etimologia. La maggior parte degli scritti dei folletti sono specifici alla Francia e si trovano maggiormente in Bretagna, nelle Ardenne sulle Alpi e in Picardia, ma qualche testo ne evocano nella contea di Devon, nello Yorkshire, nelle Fiandre, in Germania e in Italia. Nel Berry e secondo George Sand, gli elfi sono soprattutto chiamati folletti. Pierre Dubois include tra i folletti propriamente detti chorriquets, bonâmes, penettes, gullets, boudigs e bon noz di cui il ruolo è soprattutto di curare i cavalli e il bestiame e ci aggiunge la Bona d'Auvergne, che si traveste nel ruolo di cabrette. Altre creature sono qualificate degli elfi, come il fullettu della Corsica, che con la sua mano di stoppa e la sua mano di piombo si attacca alla gente sdraiata. In Provenza e in Languedoc, il Gripet e il Fantasti si occupano del bestiame e delle stalle. I Pirenei conoscono Truffandec, genio del focolare soprattutto notturno e diabolico, e il Paese basco il "laminak". L'Alsazia ha numerose storie dei elfi, come quella di Mikerlé nella valle di Guebwiller. La Svizzera usa il nome di folletto. Nell'Allier il folle fa degli scherzi villani, come lo gnomo del paese Poitevin. Il nome Fadet è attestato nella città di Vienna.

Il korrigan, «folletto di Bretagna», rinvia etimologicamente al nano (korr).

In Bretagna si distinguono diverse categorie di folletti, ciascuno associato a un luogo o a determinate caratteristiche. Esempi di nomi di folletti sono i korils, i kannerez, i korikaneds. Ultimamente sono chiamati tutti "korrigan". I folletti bretoni sono relativamente simpatici secondo Sébillot. Partecipano efficacemente ai mestieri domestici, preparano i pasti, si occupano dei cavalli. I folletti bretoni sarebbero potuti essere stati ammessi nelle chiese della bassa Bretagna, ma sono dispettosi.

In Vallonia e Champagne-Ardenne

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Il lûton delle Ardenne franco-belghe condivide la stessa origine con il folletto, ma le grotte,le caverne e i sotterranei sono l'essenziale del suo habitat secondo il folklore locale. Spesso sono misantropi e la loro origine è legata alla mitologia popolare, in particolare a quella del periodo gallo-romano. Altri folletti sono spaventosi e si manifestano sotto forma di fiamme, altri ancora come "il mangiatore di ossa" vivono nei cimiteri.

Nella Franca Contea, nelle Alpi ed in Svizzera

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Ci sono folletti benevoli protettori del focolare e soprattutto del bestiame che egli guida in montagna. I paesani danno loro il primo latte del mattino per proteggersi dai loro raggiri. Nel Tirolo i folletti sono spesso rappresentati come anziani e vestiti di stracci e si pensa che vivano presso Hochfilzen e offrano molti servizi agli uomini. I paesani li ringraziano offrendo loro nutrimento negli chalets. Sono generalmente molto suscettibili se gli uomini dimenticano la loro razione di latte.

In America del nord, soprattutto in Québec

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La credenza verso i folletti ha invaso l'America del nord con i coloni francesi e più in particolare la zona del Québec, dove hanno preso le sembianze di animali. Questi folletti sono o buoni o cattivi, possono controllare i fenomeni atmosferici. Essi inoltre detestano il sale, condividono la loro vita con i cavalli.

In Nuova Caledonia

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Gli autori francesi che studiano le tradizioni popolari della Nuova Caledonia, menzionano i folletti nella credenza dei "kanaks", per la quale la foresta è sacra.

In Italia con la parola "folletto" si identifica un personaggio fantastico della tradizione popolare che vive nelle fiabe e nelle leggende, identificato originariamente con un essere buffo e grottesco, veloce e sfuggente, piccolo e agile, ma anche con una creatura invisibile, un turbine di vento, un misterioso burlone che intreccia le criniere e i capelli. Abita in tane nei boschi soprattutto di conifere o presso le case degli uomini, nei cortili e nei granai, esce quasi sempre solo di notte per divertirsi a fare dispetti alle bestie delle stalle e a scompigliare i capelli delle belle donne, a disordinare gli utensili agricoli e gli oggetti delle case e a molestare le persone povere di spirito.

Fra le voci che possono (a seconda delle fonti) corrispondere a questa descrizione generica si possono indicare:

Evoluzione delle credenze

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I folletti sono conosciuti attraverso delle favole e dai racconti popolari. In queste creature c'è un'importante evoluzione: il Nettuno acquatico primitivo è visto come un demone pericoloso, ma il genio del focolare molto servile più che incostante e suscettibile, è l'archetipo del folletto. Secondo Claude Lecouteux dal Medioevo al Rinascimento il concetto di genio domestico è molto vivo ed è attribuita ai folletti la paternità dei viaggi sfortunati. Ultimamente le storie sui folletti sono diventate semplici leggende popolari.

Una delle prime attestazioni di credenze nei confronti dei folletti è di Burchard de Worms che, verso il 1007, parla di Pilosus e Satyrus, sorta di geni domestici che si manifestavano nelle cantine delle case, ai quali c'è l'usanza di offrire delle scarpe o degli archi di piccola taglia. È probabile che egli abbia cercato di chiamarli con nomi latini lasciando perdere i nomi volgari. Nel 1210, Gervais de Tilbury scrive in Les Divertissements per un imperatore un capitolo intitolato Sui fauni e sui satiri che forma la prima testimonianza dettagliata sul piccolo popolo medievale. Si parla di folletti chiamati "nuiton" in francese e "portuns" in inglese, nascosti sotto le spoglie di fauni satiri e succubi. Questi esserei abitano con i paesani ricchi nelle loro case e non hanno paura nè dell'acqua benedetta nè degli esorcismi, questo li dissocia dai Diavoli. Essi assistono "le persone semplici e di campagna" e si occupano facilmente e senza sforzo dei lavori più umili. Senza essere dannosi, possono deridere gli abitanti. Essi entrano nelle case di notte attraverso le porte chiuse e si riuniscono attorno al fuoco per mangiare degli stracci grigliati. Essi hanno tuttavia la brutta abitudine di aggrapparsi ai cavalieri inglesi che galoppano di notte, per condurli nel pantano, prima di fuggire ridendo. L'insistenza con cui Gervais de Tilbury afferma che i folletti sono generalmente inoffensivi e non si spaventano degli oggetti religiosi lascia supporre che questa opinione non debba essere associata alla sua epoca. Egli aggiunge che i demoni prendono l'aspetto dei Lari, ossia degli spiriti della casa. La religione cristiana ha un' influenza non trascurabile sulla percezione dei folletti. La Chiesa tuttavia non arriva a sradicare queste creature discendenti dalla mentalità pagana, malgrado i suoi sforzi, né la credenza secondo la quale i defunti si trasformino in spiriti per continuare a manifestarsi. Claude Lecouteux riporta un testo didattico del XV secolo secondo il quale i gobelins sarebbero dei diavoli inoffensivi, creatori di illusioni e fantasmi, che Dio lascia errare. Pierre Dubois evoca l'abbandono di un monastero domenicano nel 1402 a causa della presenza di un folletto in collera che non era stato possibile allontanare con nessuna preghiera.

Tempi moderni

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Le credenze durano dal 1586, quando Pierre Le Loyer, iniziò a parlare nei suoi testi di folletti. L'anno successivo François Le Poulchre stabilì una sorta di classificazione elementare dei folletti. Nello stesso periodo in Germania, Hinzelmann descrisse come un "koboldo tedesco" possa assomigliare al folletto francese. Nel 1615 un folletto apparve miracolosamente vicino a Valencia tutti i giorni tranne la domenica e le festività. Nel 1728 un francese di passaggio a Hechingen arrivò in città proprio nel momento in cui un'ordinanza aveva imposto di cacciare tutti gli spiriti cattivi della casa. Tutte queste prove testimoniano l'esistenza dei folletti in tutte le zone del mondo.

Illustrazione dei Farfadets di Alexis Vincent Charles Berbiguier de Terre-Neuve du Thym.

Numerosi eruditi del XIX secolo continuarono a credere nei folletti. La relazione con i folletti non è tuttavia sempre semplice: alcuni autori francesi hanno manifestato nel tempo la loro ossessione e il loro combattere incessante contro queste creature considerate demoniache. Questi scrittori sono oggi considerati come i precursori del "fantastico" o archetipo del "folle" letterario.

Influenze dello spiritismo e della teosofia

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La popolarità della dottrina spirituale e delle altre che ne sono derivate, come la teosofia, conducono a una nuova visione di questi esseri. Allan Kardec chiama «spiriti leggeri» tutti i «folletti, gnomi e fate» aggiungendo che sono «ignoranti, maligni, incoscienti e dispettosi». Nella sua autobiografia, la medium Lucie Grange afferma di avere un folletto domestico chiamato Ersy Goymko nel suo focolare, il quale assomiglia a un giovane uomo biondo di 22 anni.

Collezioni di campagna

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La maggior parte delle numerose testimonianze del XIX secolo riguardano le campagne, grazie al lavoro della collezione effettuata dagli amanti del folklore. In Picardia, Henry Carnoy colleziona parte della letteratura orale a partire dal 1879, di cui una parte ha come tematiche i folletti. Paul Sébillot, autore del Folklore di Francia scrive all'inizio del XX secolo un'opera immensa nella quale i folletti sono presenti ovunque: «Nella legna, nell'acqua, nelle grotte e nelle case». Dalle sue collezioni in Bretagna, Anatole Le Braz riprende da sè testimonianze, fino all'epoca in cui ogni casa ha un suo folletto.

XX e XXI secolo

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Gnomo che guarda passare un treno di Carl Spitzweg (1808–1885).
« J'aime mieux croire aux lutins qu'à vos cryptogames. Les lutins, au moins, on les a vus. »
-Charles Le Goffic, L'âme bretonne

Le credenze perdurano nelle campagne all'inizio del XX secolo, approssimativamente fino alla Prima Guerra mondiale in Francia e fino agli anni '20 in Québec. Léon Le Berre descrive nella sua opera "Bretagne di ieri" l'ultima parte della sua giovinezza, quando i paesani si liberarono delle prove dell'esistenza dei folletti. Negli anni '70, Albert Doppagne raccoglie la testimonianza di una donna vallona di 60 anni che afferma di avere visto i folletti correre sul davanzale della finestra della sua casa, e in Savoia nello stesso periodo, la credenza nei confronti del servo è più o meno diffusa quanto quella relativa alle fate. Il XX secolo corrisponde perciò a una forte riduzione delle credenze popolari. Spariscono le tradizioni come quella di dare il primo latte della giornata ai piccoli essere del focolare. L'industrializzazione va di pari passo con la mscomparsa delle vecchie paesane presso le quali potevano trovarsi numerose testimonianze e ciò compromette la diffusione delle leggende relative al piccolo popolo. In questi anni, la credenza dell'esistenza dei folletti ricompare sotto forma dei nani da giardino. Gli adolescenti e i giovani si interessano di più agli extraterrestri e ai fenomeni legati agli UFO che non ai folletti. Nel 1980 il folklorista Gary Reginald Butler colleziona delle informazioni sui folletti a Terranova e non ottiene come risposta dagli abitanti che un vago ricordo di avere sentito questa parola durante la giovinezza. Egli rileva una confusione riguardo alla natura di questi esseri e conclude che la cultura televisiva degli anni '80 influenza le ultime credenze popolari dando ai folletti un'origine extraterrestre. Negli anni '50, il folklorista Claude Seignolle riunisce delle tradizioni popolari affini alle storie di folletti ma è soprattutto il lavoro di Pietrre Dubois che rimette in luce le tradizioni legate ai folletti in Francia. Ormai i folletti sono visti come gli operai di Babbo Natale per il quale essi fabbricano dei giochi riallacciandosi così ai folletti della tradizione scandinava.

Psicoanalisi e simbologia dei folletti

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Scena di Peer Gynt di Theodor Kittelsen (1913). Il pezzo teatrale mette in scena numerosi folletti che conducono i personaggi principali a scoprire le loro verità interiori.

Per lo psicoanalista Carl Gustav Jung, gli gnomi e i folletti sono degli dei nani, simbolo di forza creatrice infantile che aspirano eternamente a passare dal basso verso l'alto. Possiedono dei numerosi tratti psicologici propri dei bambini, si mostrano giocherelloni, saggi o crudeli. Secondo la psicologia analitica, essi sono una delle manifestazioni simboliche dell'archetipo del bambino. Rappresentano ugualmente lo sviluppo armonioso e spontaneo della psiche. I personaggi folletti possono personificare la parte d'ombra che continua a vivere sotto la personalità cosciente e dominante.

Storia letteraria e manifestazione dell'arte

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Pittura preraffaellita che rappresenta una fata. Take the Fair Face of Woman, and Gently Suspending, With Butterflies, Flowers, and Jewels Attending, huile sur toile, Sophie Anderson (1823 - 1903)

Il "folletto", nel XII e XIII secolo, è molto più raro nei racconti di quanto possano esserlo le fate e i maghi. Bisogna aspettare il rinnovamento della canzone delle gesta, ispirata dal ciclo arturiano, per far sì che prendano uno spazio importante e esercitano un vero fascino. Un certo numero di personaggi medioevali presentati come dei nani hanno le caratteristiche del folletto. Le caratteristiche del folletto originale tentano di cancellarsi sotto le piume degli attori medioevali così che si mettano al servizio di nobili e cavalieri per diventare i nani del romanzo arturiano.

Malambruno, presente nella canzone di Gaufrey e di Huon de Bordeaux è somigliante ad un folletto che nuota più velocemente del salmone. È capace di prendere l'apparenza di un pesce a volontà, grazie alla pelle di cui si veste, e si rende invisibile con un mantello. Si scambia anche con un cavallo o con un bue, si copre di pelliccia, dotato d'occhi rossi e di denti appuntiti.

Zefiro, personaggio di un romanzo di Perceforest nel XIV secolo, è la prima immagine associata al folletto secondo Lecouteux, Ferlampin-Acher precisa che il personaggio è vissuto di elementi folkloristici e letterari: è presentato come un angelo talvolta buono e crudele, pietoso e spaventoso, all'inizio del romanzo assume dei ruoli prendendo la forma di un cavallo, di un uccello e di un cervo. Non esce che durante la notte e abita nel fango e nelle acque salate.

  1. ↑ a et b Lecouteux, « les génies des eaux, un aperçu », dans Dans l'eau, sous l'eau : le monde aquatique au Moyen Âge, vol. 25 de Cultures et civilisations médiévales, Presses Paris Sorbonne, 2002 (ISBN 284050216X et 9782840502166), p. 265
  2. ↑ Extrait du Littré cité dans la thèse de Francisco Vicente Calle Calle, Les représentations du diable et des êtres diaboliques dans la littérature et l'art en France au XIIe siècle, Volume 2, Lille, Presses universitaires du Septentrion, 1997 (ISBN 2284006779 et 9782284006770), p. 566
  3. ↑ בכורות (folio 44b), cité dans Wagner 2005, p. 260
  4. ↑ Le Roman de Thèbes, v. 6005-6008 : « Ptolémée avait un cheval noir... un cheval arabe d'outre mer, engendré par une jument et un Netun » (engendrez d'ive et de Neitun) », cité par Wagner 2005, p. 261
  5. ↑ Chrétien de Troyes, Yvain ou le Chevalier au Lion, v. 5267. Voir l'étude de Claude Gonthier, Yvain, ou, Le chevalier au lion, coll. « Parcours d'une œuvre », Beauchemin Éditions, 2007 (ISBN 2761651316 et 9782761651318), p. 233
  6. ↑ « Parce que ces créatures sont réputées se manifester après le crépuscule ». Voir Lecouteux 1988, p. 93
  7. ↑ Wace, Roman de Rou, III, v. 4575. Voir A. J. Holden, Le Roman de Rou de Wace, Volume 2, société des anciens textes français, A. & J. Picard, 1973, p. 57
  8. ↑ Ferlampin-Acher 2002, p. 239
  9. ↑ Oscar Bloch et Walther von Wartburg, Dictionnaire étymologique de la langue française, Presses universitaires de France, 1975 (1re éd. 1932), 682 p.
  10. ↑ a et b Bloch 1981, p. 341-352
  11. ↑ Émile Littré, « Lutin [archive] » sur Dictionnaire de Français Littré, définitions, citations, synonymes, usage… d'après l'ouvrage d’Émile Littré (1863-1877). Consulté le 16 septembre 2011
  12. ↑ Sterckx 1994, p. 51, citant entre autres O. Colson dans Wallonia X, 1902, p. 35-36
  13. ↑ Évolution du terme d'après Émile Dantinne : Neptunus, neptuni, netum, nuiton (qui donne nuton), luiton (qui donne luton), luitin et enfin lutin. Voir Dantinne 1958-1960, p. 173-199
  14. ↑ Walther von Wartburg cité par Martineau 2003, p. 83
  15. ↑ Voir commentaires de Wagner 2005, p. 261
  16. ↑ Lecouteux 1988, p. 94
  17. ↑ Sterckx 1994, p. 51
  18. ↑ Ménard 2000, p. 380
  19. ↑ Ferlampin-Acher 2002, p. 456
  20. ↑ Sterckx 1994, p. 64
  21. ↑ Jean Markale, L'épopée celtique en Bretagne, Payot, 1971 (ISBN 2228317411 et 9782228317412), p. 180, cité par Dubois 1992, p. 63
  22. ↑ a et b Lecouteux 1988, p. 176
  23. ↑ particulièrement en wallon, où nuit se dit neutt ou nutte.
  24. ↑ « Les lutins s'appelaient ainsi parce qu'ils prenaient quelquefois plaisir à lutter avec les hommes » : Jacques Albin Simon Collin de Plancy, Dictionnaire infernal, édition, P. Mongie, 1826, p. 489 [lire en ligne [archive]]
  25. ↑ L'existence de ce roi du petit peuple n'est évoquée dans aucun autre ouvrage. Voir Dubois 1992, p. 63.
  26. ↑ Lecouteux 2010, p. 21-24
  27. ↑ (en) Lutin [archive], Webster's Online Dictionary. Consulté le 12 octobre 2011
  28. ↑ a et b Martineau 2003, p. 97
  29. ↑ a, b, c, d, e, f et g Dubois 1992, p. 62
  30. ↑ a, b et c Dubois 1992, p. 64
  31. ↑ a et b Antoine Furetière, Dictionnaire universel, contenant généralement tous les mots françois tant vieux que modernes et les termes de toutes les sciences et des arts, chez A. et R. Leers, 1690, p. 502 [lire en ligne [archive]]
  32. ↑ a, b, c et d Lecouteux 2010, p. 9
  33. ↑ Besançon et Ferdinand 2003, p. présentation éditeur
  34. ↑ Lecouteux 2003, p. 172
  35. ↑ Lecouteux 2010, p. 13-14
  36. ↑ a et b Martineau 2003, p. 117
  37. ↑ Joël Schmidt, Dieux, déesses et héros de la Rome antique, coll. « Splendeurs », Paris, éditions Molière, 2003 (ISBN 2847900055 et 9782847900057), p. 16-20
  38. ↑ a et b Martineau 2003, p. 83
  39. ↑ Sterckx 1992, p. 52
  40. ↑ a et b « Ce n'est qu'aux lutins de luicter les morts », Montesquieu, Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence..., éd. Pagnerre, 1734, p. 112
  41. ↑ a et b Lecouteux 1988, p. 182
  42. ↑ Claude Lecouteux, Fées, sorcières et loups-garous au Moyen Âge : histoire du double, Imago, 1996 (ISBN 2902702701 et 9782902702701), p. 52
  43. ↑ Martineau 2003, p. 114-115
  44. ↑ Martineau 2003, p. 124
  45. ↑ Paul Sébillot, Le Folk-lore de France: La Faune et la flore, Maisonneuve et Larose, 1968, p. 115
  46. ↑ Cité par Martineau 2003, p. 127
  47. ↑ Martineau 2003, p. 128
  48. ↑ Wagner 2005, p. 258
  49. ↑ Martineau 2003, p. 116
  50. ↑ Martineau 2003, p. 124-126
  51. ↑ Martineau 2003, p. 134-128
  52. ↑ a, b, c et d Francis Gingras, Érotisme et merveilles dans le récit français des XIIe et XIIIe siècles, vol. 63 de Nouvelle bibliothèque du Moyen Âge, Champion, 2002, 524 p. (ISBN 2745306553 et 9782745306555), p. 166-167
  53. ↑ Lecouteux 1988, p. 93
  54. ↑ Lecouteux 2010, p. 10
  55. ↑ a, b, c, d et e Martineau 2003, p. 84
  56. ↑ Lecouteux 2010, p. 20
  57. ↑ D. Acke, Du syncrétisme des figures mythographiques en littératures française et européenne, Asp / Vubpress / Upa, 2007 (ISBN 9054874317 et 9789054874317), p. 156
  58. ↑ Leser 2001, p. 17
  59. ↑ Lecouteux et Marcq 1998, p. 113
  60. ↑ a et b Lecouteux 2010, p. 18
  61. ↑ Karl Grün, Les esprits élémentaires, Nautet-Hans, 1891, cité par Dubois 1992, p. 62
  62. ↑ Lecouteux 2010, p. 24-25
  63. ↑ Brasey 2008, p. 10
  64. ↑ a, b, c, d, e et f Lecouteux 2010, p. 16
  65. ↑ a, b, c et d Lecouteux 2010, p. 17
  66. ↑ a et b Martineau 2003, p. 86
  67. ↑ a, b, c et d Dubois 1992, p. 64-65
  68. ↑ Collin de Plancy, Dictionnaire infernal, également cité par Brasey 2008, p. 13
  69. ↑ Der schretel und der Wazzerbär, cité par Dubois 1992, p. 63
  70. ↑ Voir notamment le récit de Hodekin dans Dubois 1992, p. 65
  71. ↑ a et b Saint-Suliac et ses légendes, Dinan, Huart, 1861. Cité par Le Sturm 2001, p. 97
  72. ↑ a, b et c Dubois 1992, p. 65
  73. ↑ Doulet 2002, p. 299
  74. ↑ a et b Gervais de Tilbury, Otia Imperalia III, 61, traduction de Claude Lecouteux : Lecouteux 2010, p. 36
  75. ↑ Martineau 2003, p. 88
  76. ↑ Les lutins d'Ibourg, traduit dans Lecouteux 2010, p. 284
  77. ↑ Les derniers Brownies, traduit dans Lecouteux 2010, p. 286-287
  78. ↑ Martineau 2003, p. 89
  79. ↑ Martineau 2003, p. 127
  80. ↑ Martineau 2003, p. 98
  81. ↑ Jacques Borgé et Nicolas Viasnoff, Archives du Nord, coll. « Archives de la France », Balland, 1979, p. 55, cité à titre d'exemple par Hervé Thiry-Duval
  82. ↑ Jérôme Pimpurniaux, Guide du voyageur en Ardenne, t. 2, 1858, p. 258
  83. ↑ Doppagne 1977, p. 19
  84. ↑ Dubois 1992, p. 6, le cite très souvent lors de ses contes oraux
  85. ↑ Ce récit est très fréquemment cité, entre autres par André Dhôtel dans Lointaines Ardennes, Arthaud, 1979 (ISBN 2700302699 et 9782700302691), p. 126 ; Anne Martineau : Martineau 2003, p. 103, et Claude Lecouteux : Lecouteux 2010, p. 273
  86. ↑ Cité par Lecouteux 2010, p. 296-298
  87. ↑ Volk en Taal III, 1890, p. 89, cité par Lecouteux 2010, p. 214-215
  88. ↑ Henry Carnoy, Littérature orale de la Picardie, Paris, 1883, cité par Lecouteux 2010, p. 184-194
  89. ↑ Martineau 2003, p. 103
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  101. ↑ a, b, c, d et e Martineau 2003, p. 90
  102. ↑ La cheminée est un lieu chthonien, que fréquentent aussi les âmes en peine. VoirLecouteux 1995, p. 73
  103. ↑ a et b Paul Sébillot, Le Folklore de France: La Faune et la flore, volume 3 de Le Folk-lore de France, Maisonneuve et Larose, 1968, p. 115
  104. ↑ Martineau 2003, p. 131
  105. ↑ Voir Gervais de Tilbury plus bas. Cette particularité est également citée pour le nuton par Jérôme Pimpurniaux. Voir Martineau 2003, p. 90
  106. ↑ a et b Martineau 2003, p. 99
  107. ↑ a et b Martineau 2003, p. 107
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  226. ↑ Isabelle Papieau, Le renouveau du merveilleux, coll. « Logiques sociales. Études culturelles », Éditions L'Harmattan, 2008 (ISBN 2296063810 et 9782296063815), p. 174
  227. ↑ Voir les interventions de Pierre Dubois dans C dans l'air : Heureusement, il y a Noël le 24 décembre 2008 et La véritable histoire du Père Noël le 25 décembre 2009, sur Arte
  228. ↑ Carl Gustav Jung, Carl Gustav Jung, Psychologie et alchimie [détail des éditions], p. 265.
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  232. ↑ Christine Ferlampin-Acher, « Le luiton : du transgénique au transgénérique, un motif à la peau dure » dans les actes du colloque « Motifs merveilleux et poétique des genres au Moyen Âge » sous la direction de F. Gingras, Montréal, 31 mai-2 juin 2007
  233. ↑ Ferlampin-Acher 2002, p. 276
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  235. ↑ Postulat de la thèse d'Anne Martineau : Martineau 2003, p. 89, voir aussi introduction et conclusion
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