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Proteste in Bolivia del 2019

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Proteste in Bolivia del 2019
parte della presidenza di Evo Morales (2006-2019)
Corteo di protesta a La Paz nell'ottobre 2019
Data21 ottobre – 26 novembre 2019
LuogoBolivia (bandiera) Bolivia
Causa
  • Accuse di frode elettorale al presidente Evo Morales
Esito
  • Esilio del presidente Evo Morales
  • Nomina di Jeanine Áñez come presidente ad interim
  • Indizione di nuove elezioni per il 2020
Schieramenti
Comandanti
Perdite
Almeno 20 morti
Più di 200 feriti
Voci di sommosse presenti su Wikipedia

Le proteste in Bolivia (golpe militare filo statunitense) del 2019 sono state una serie di manifestazioni in Bolivia, iniziate il 21 ottobre contro la rielezione del presidente Evo Morales e dei risultati elettorali nelle elezioni generali e durate fino alla fine di novembre.[5]

Le accuse di frode sono state innescate dall'improvvisa sospensione del conteggio preliminari dei voti, in cui Evo Morales non era in testa con un margine abbastanza ampio (il 10%) per evitare il ballottaggio, e la successiva pubblicazione del conteggio ufficiale, con Morales vincitore con oltre il 10 percento di scarto.

Gli osservatori internazionali hanno espresso preoccupazione per il lasso temporale nella comunicazione dei risultati, seguito da un aumento dei voti di Morales. Morales ha negato le accuse e ha invitato i governi stranieri a verificare i processi elettorali, promettendo di effettuare il ballottaggio qualora ci fossero state delle irregolarità. Il secondo candidato Carlos Mesa, ha chiesto che le proteste continuassero fino a quando non si terrà una seconda elezione, affermando che avrebbe presentato le prove di una possibile frode elettorale.

L'Organizzazione degli Stati americani (OAS) ha sostenuto sia il 10 novembre 2019 che successivamente che ci fossero motivi di ritenere che si fosse verificata effettivamente una frode elettorale.[6][7][8]

Altre fonti attendibili invece sostengono che le elezioni sono da considerare regolari.[9][10]

La polizia e l'esercito si sono ammutinati lo stesso 10 novembre e, per voce del capo dell'esercito Williams Kaliman e del comandante della polizia, hanno chiesto le dimissioni di Morales. Quindi Morales si è dimesso[11][12] ed è fuggito in Messico chiedendo e ottenendo l'asilo politico.[13]

Proteste nel mese di ottobre

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Le proteste sono cominciate già lunedì 21 ottobre, con scontri tra opposte fazioni.[14] Nelle città di Sucre, Potosí e Tarija sono stati attaccati e dati alle fiamme gli uffici elettorali.[15][16] Nei giorni successivi due persone sono morte negli scontri, colpite da proiettili.[17]

Proteste nel mese di novembre

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Nel mese di novembre sono proseguite le manifestazioni e gli scontri tra le opposte fazioni. Al 19 novembre il bilancio dall'inizio delle proteste era di 24 morti, con 550 feriti e decine di arresti.[18] Dopo l'esilio di Morales le manifestazioni sono state organizzate soprattutto su iniziativa dei suoi sostenitori, mentre a ottobre erano le opposizioni anti-Morales a promuovere le proteste. Il 20 novembre si registrano altri morti negli scontri tra i sostenitori di Morales e la polizia, portando il bilancio dall'inizio delle proteste a 27 morti.[19][20]

Fatti del 7 novembre

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Il 7 novembre, la sindaca della città di Vinto, membro del Movimento per il socialismo, è stata presa di mira dai manifestanti. La rapirono, le fecero firmare una lettera di dimissioni improvvisata, la spruzzarono di vernice, le tagliarono i capelli e la costrinsero a camminare a piedi nudi per diversi chilometri. Il municipio è stato bruciato. Poche ore prima scontri tra opposte fazioni avevano portato alla morte di un ragazzo di 20 anni.[21][22]

Ammutinamento di reparti della polizia

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Tra l'8 e il 10 novembre centinaia di poliziotti si sono ammutinati rifiutandosi di affrontare i manifestanti anti-governativi.[23][24]

L'ostilità della polizia nei confronti di Morales è dovuta anche a vecchie rivendicazioni salariali mai accolte dal governo.[25][26] Nel 2012 si era svolta una violenta protesta da parte di alcuni agenti durante uno sciopero della polizia per ottenere un aumento salariale, con l'occupazione di un commissariato a La Paz e un assalto da parte di un gruppo di 300 agenti della sede dei servizi segreti.[25]

  1. ^ Bolivia:forze armate a Morales,dimettiti, su ansa.it, 11 novembre 2019.
  2. ^ Presidente della Bolivia autoproclamata.
  3. ^ Presidente della Bolivia.
  4. ^ Vicepresidente della Bolivia.
  5. ^ (ES) 21 De Octubre De 2019, Tras la reanudación del recuento, ahora Evo Morales gana en primera vuelta, su Infobae. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  6. ^ (EN) OAS, OAS - Organization of American States: Democracy for peace, security, and development, su oas.org, 1º agosto 2009. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  7. ^ Análisis de Integridad Electoral Elecciones Generales en el Estado Plurinacional de Bolivia 20 de octubre de 2019 (PDF), su oas.org.
  8. ^ (EN) Reuters, Bolivia: 'overwhelming evidence' of vote rigging in favor of Morales, OAS says, in The Guardian, 5 dicembre 2019. URL consultato il 12 dicembre 2019.
  9. ^ (EN) Ha-Joon Chang, James K. Galbraith e Thea Lee, The OAS has to answer for its role in the Bolivian coup, in The Guardian, 2 dicembre 2019. URL consultato il 12 dicembre 2019.
  10. ^ (EN) Guillaume Long, David Rosnick, Cavan Kharrazian, and Kevin Cashman, What Happened in Bolivia’s 2019 Vote Count? | Reports | CEPR, su cepr.net, novembre 2019. URL consultato il 13 dicembre 2019 (archiviato dall'url originale il 12 dicembre 2019).
  11. ^ (EN) Redacción, Evo Morales renuncia a la presidencia de Bolivia y denuncia un "golpe cívico, político y policial", 11 novembre 2019. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  12. ^ (EN) Anatoly Kurmanaev, Mónica Machicao e Ernesto Londoño, Military Calls on President to Step Down After Election Dispute in Bolivia, in The New York Times, 10 novembre 2019. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  13. ^ Evo Morales è andato in Messico, su Il Post, 12 novembre 2019. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  14. ^ Bolivia, proteste contro il presidente Morales: la polizia spara sui manifestanti a La Paz, su Il Fatto Quotidiano, 25 ottobre 2019. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  15. ^ Le proteste in Bolivia per i risultati delle elezioni, su Il Post, 22 ottobre 2019. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  16. ^ Bolivia, Evo Morales vince le presidenziali. Scoppia la protesta: scontri tra polizia e manifestanti, su Il Fatto Quotidiano, 23 ottobre 2019. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  17. ^ Due persone sono morte in Bolivia durante gli scontri tra sostenitori e oppositori del presidente Morales, appena rieletto, su Il Post, 31 ottobre 2019. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  18. ^ La situazione in Bolivia non si sblocca, su Il Post, 19 novembre 2019. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  19. ^ Bolivia, scontri fra manifestanti pro Morales e polizia: 3 morti | Sky TG24 | Sky TG24, su tg24.sky.it, 20 novembre 2019. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  20. ^ Bolivia: paese fuori controllo dopo l'autoesilio del presidente Evo Morales, su Osservatorio Diritti, 26 novembre 2019. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  21. ^ L'assalto contro una sindaca boliviana del partito di Evo Morales, su Il Post, 8 novembre 2019. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  22. ^ (FR) Bolivie : aspergée de peinture, ses cheveux coupés, une maire humiliée par des opposants à Morales, su RT en Français. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  23. ^ Centinaia di poliziotti boliviani si sono ammutinati, rifiutandosi di affrontare i manifestanti antigovernativi, su Il Post, 9 novembre 2019. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  24. ^ Bolivia: ammutinamento della polizia contro Morales, su TGLA7, 9 novembre 2019. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  25. ^ a b Lo sciopero dei poliziotti in Bolivia, su Il Post, 24 giugno 2012. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  26. ^ Stefania De Michele, Evo Morales lascia la presidenza della Bolivia, su euronews, 9 novembre 2019. URL consultato il 13 dicembre 2019.

Voci correlate

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Altri progetti

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