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L'espressione latina filioque significa "e dal figlio" e deve la sua importanza al fatto di essere stata aggiunta dalla Chiesa cattolica al testo del Credo niceno-costantinopolitano, nella parte relativa allo Spirito Santo: qui ex patre (filioque) procedit, cioè "che procede dal Padre (e dal Figlio)". Tale aggiunta fu condannata come eretica dal patriarca di Costantinopoli e fu una delle ragioni del Grande Scisma.
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Il Grande Scisma, definito in Oriente come Scisma dei Latini ed in Occidente come Scisma d'Oriente, fu l'evento che, rompendo l'unità di quella che fu la Chiesa di Stato dell' Impero Romano basata sulla Pentarchia, divise la Cristianità Calcedoniana fra la Chiesa Cattolica romana, che aveva sviluppato l'idea del primato (anche giurisdizionale) del Vescovo di Roma (in quanto considerato successore dell'Apostolo Pietro), e la Chiesa Ortodossa, che invece riteneva di rappresentare la continuità della chiesa indivisa del primo millennio. Sebbene normalmente si indichi il 1054 come anno dello scisma, ossia quando il Papa Leone IX, attraverso i suoi legati, lanciò la scomunica al patriarca Michele I Cerulario e quest'ultimo, a sua volta, rispose con un proprio anatema, lo Scisma fu effettivamente il risultato di un lungo periodo di progressivo distanziamento fra le due Chiese. Le dispute alla base dello scisma erano sostanzialmente due. La prima riguardava l'autorità papale: il Papa (ossia il Vescovo di Roma), ritenendosi investito del primato petrino su tutta la Chiesa per mandato di Cristo, e quindi di un potere giurisdizionale, iniziò a reclamare la propria autorità anche sui quattro patriarcati orientali ( Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, che, con Roma, formavano la cosiddetta pentarchia), disposti a concedere al Patriarca d'Occidente un primato solo onorario e a lasciare che la sua autorità effettiva si estendesse solo sui cristiani d'Occidente. L'altra disputa, di ambito trinitario e apparentemente meno "politica" concerneva l'aggiunta del Filioque nel Credo Niceno, avvenuta in ambito latino. Esistevano inoltre altre cause, meno significative, fra le quali variazioni di alcuni riti liturgici, e rivendicazioni conflittuali di giurisdizione.
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Il Simbolo niceno-costantinopolitano, detto anche Credo niceno-costantinopolitano è una formula di fede relativa all' unicità di Dio, alla natura di Gesù e, implicitamente, pur senza usare il termine, alla trinità delle persone divine.
Composta originariamente dalla formulazione approvata al Primo concilio di Nicea (325) a cui vennero aggiunti ampliamenti, relativamente allo Spirito Santo, nel primo concilio di Costantinopoli. Nell'icona sopra il testo mostrato è quello recitato nella Divina Liturgia (πιστεύω invece di πιστεύομεν).
Esso fu redatto a seguito delle dispute che attraversavano la chiesa del IV secolo, soprattutto a causa delle teorie cristologiche di Ario, sacerdote di Alessandria.
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Gli ortodossi affermano che Maria rimase vergine prima e dopo la nascita di Cristo. Questi, miracolosamente le lasciò la verginità intatta al momento del parto.
Molte delle credenze delle chiese al riguardo della Vergine Maria sono riflesse nel testo apocrifo La natività di Maria, che non venne incluso nelle Scritture, ma è considerato accurato nella sua descrizione degli eventi. Da bambina, Maria venne consacrata all'età di tre anni per servire nel tempio come vergine.
Zaccaria, allora Sommo Sacerdote, fece l'inimmaginabile: portò Maria nel " Santo dei Santi" come segno della sua importanza, poiché lei stessa sarebbe diventata l'arca in cui Dio avrebbe preso forma. All'età di dodici anni, le venne chiesto di rinunciare alla sua posizione e di sposarsi, ma lei desiderò rimanere per sempre vergine, in onore a Dio.
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