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Niccolò Soggi

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Niccolò Soggi (1479-1551)
Le Vite di Giorgio Vasari
quinta parte

Niccolò Soggi (Firenze, 1479Arezzo, 1551) è stato un pittore italiano, del rinascimento allievo del Perugino.

Compianto sul Cristo morto, 1490-1510 circa, Museo statale d'arte medievale e moderna, Arezzo
Baldo Magini con il modello della chiesa di San Fabiano, 1522, Cattedrale di Prato

Nacque a Firenze nel 1479. Il padre, Iacopo, era stato al servizio del cardinale Antonio del Monte a Roma e possedeva un piccolo podere in Marciano di Valdichiana. Per assecondare l'inclinazione del figlio lo mise a bottega presso il Perugino, dove Niccolò ben presto imparò a disegnare e a tirare di prospettiva, essendo di grande aiuto al suo maestro. Si esercitava anche con modelli di cera e di cartapesta che lui stesso confezionava, ragion per cui, secondo il Vasari, gli rimase suo malgrado un modo “secco” di disegnare e dipingere che nonostante la fatica profusa in tutta la sua vita non gli riuscì mai di superare. Dopo la morte del Perugino avvenuta nel 1523, e avere dipinto molti quadri di Madonne e quadretti senza importanza per case private in Arezzo, tentò la fortuna a Roma.

Natività, 1521, Chiesa della Santissima Annunziata, Arezzo

A Roma fu benevolmente accolto dal cardinale Antonio del Monte, che subito lo adoperò per affrescare le armi di Leone X sulla facciata del suo palazzo, opera che non soddisfece però le aspettative risultandovi alcune figure che vi erano a lato poco naturali per mancanza di studio dal vero della figura umana.

Niccolò riscattò la sua reputazione dipingendo a olio una pala d'altare per la Basilica di Santa Prassede a Roma di cui era titolare il cardinale Antonio del Monte dal 1511 e che raffigurava la Santa nell'atto di spremere una spugna intrisa del sangue dei martiri che idealmente cadeva nel sottostante pozzo ai piedi dell'altare. Quest'opera non esiste più mentre un altro quadro realizzato sempre per il cardinale del Monte e raffigurante una Madonna col Bambino e San Giovannino sullo sfondo di un paesaggio, giudicato dal Vasari stesso tra le sue opere meglio riuscite, è stato identificato nella Pinacoteca di Arezzo, dove è conservato, proveniente dalla Chiesa dell'Annunziata dopo essere stato inizialmente per molti anni nella camera da letto del cardinale stesso.

Il cardinale poi donò questo dipinto ai monaci di San Benedetto della Badia di Santa Fiore di Arezzo dove soggiornava spesso accompagnato dal pittore e qui Niccolò Soggi ebbe modo di conoscere Domenico Pecori che era stato il maestro di Matteo, padre di Giovanni Antonio Lappoli, quest'ultimo ricordato dal Vasari nelle Vite.

Ad Arezzo Niccolò collaborò con Domenico Pecori con cui strinse amicizia. Qui si sposò ed ebbe un figlio e fissò la sua residenza essendo stimato e benvoluto per il suo carattere e per la sua disponibilità ad aiutare i giovani artisti[1]. Il Vasari dice che non si oppose, anzi favorì, a che fosse affidata a lui stesso Giorgio Vasari, giovane artista rampante ansioso di cimentarsi in quell'opera, la realizzazione della pala d'altare della chiesa di San Domenico di Arezzo stimando che avrebbe saputo ottenere miglior risultato che non quello che avrebbe potuto e saputo fare egli stesso. Esempio davvero raro di umiltà e conoscenza dei propri limiti.
Prese a benvolere come suo allievo e aiutante tale Domenico Giuntalodi che a Roma ottenne poi successo sotto la protezione dell'ambasciatore del Portogallo, Don Martino, ma non seppe essere riconoscente verso il suo maestro quando, recatosi una prima volta a Roma, a lui si rivolse Niccolò nella sua vecchiaia stentata per un aiuto, sperimentando in tal modo l'ingratitudine umana. Di ritorno ad Arezzo, deluso dall'antico allievo, si mantenne accettando qualsiasi occasione di lavoro anche la più umile. In questo periodo dipinse ad affresco un lunettone del portale monumentale, oggi perduto, della chiesa di Santa Maria dei Vertigli dei Camaldolesi.

Già vecchio e bisognoso di lavorare ritornò a Roma in occasione dell'elezione al soglio pontificio di Giulio III e tramite i buoni uffici del cardinale Antonio del Monte, suo antico protettore, ottenne da quel Pontefice un sussidio che gli permise di soggiornare a Roma disegnando solo per suo diletto senza nessun altro affanno.
Gli fu poi dato l'incarico, tramite i buoni uffici del Vasari stesso, di sovrintendere alle opere relative alla costruzione di un acquedotto in Monte San Savino, paese natale di Giulio III.
Ritornato in Arezzo con questo incarico vi morì nel 1551 circa, stanco e amareggiato dalla vita, all'età di settantadue anni.
Fu sepolto nella chiesa di San Domenico di quella città.

  1. ^ E di vero fu Niccolò Soggi amorevolissimo con ognuno e di natura sincero e molto amico di coloro che s'affaticavano per venire da qualche cosa nelle cose dell'arte; e quello che sapeva l'insegnava più che volentieri.”
  2. ^ "…si risolvette, a preghiera e per consiglio di Antonio da Sangallo, di allogarla a Niccolò, il quale messovi mano, con ogni suo potere si sforzò di fare una bell'opera, ma non gli venne fatta perché dalla diligenza in poi [n.d.r. a parte l'impegno profuso] non vi si conosce bontà di disegno, né altra cosa, che molto lodevole sia, perché quella sua maniera dura lo conduceva, con le fatiche di quei suoi modelli di cera, a una fine quasi sempre faticosa e dispiacevole. Né poteva quell'uomo, quanto alle fatiche dell'arte, far di più di quello che faceva, né con più amore."
  • Giorgio Vasari Le Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti
  • Nicoletta Baldini, Niccolò Soggi, Firenze 1997.

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