Martolos
I martolos[1][2] o martolosi[3][4] erano una forza di sicurezza interna dell'Impero ottomano, presente nei Balcani (Rumelia) e principalmente attiva tra il XV e il XVII secolo. Inizialmente costituiti dalle popolazioni locali prevalentemente cristiane (Rum Millet), nel tempo, tuttavia, i membri si convertirono all'Islam. Per il loro servizio militare, ricevevano uno status privilegiato (in qualità di askeri), in relazione alla rayah. I loro comandanti erano prevalentemente musulmani.
Compiti e privilegi
[modifica | modifica wikitesto]A metà del XV secolo, dopo le conquiste ottomane, i martolos furono usati come polizia armata.[5] Lavoravano solitamente a livello locale come pattuglie di frontiera in tempo di pace, come guardie di fortezza e di sicurezza delle miniere, come guardie stradali strategiche (derbend), e occasionalmente venivano usati come soldati durante la guerra o esattori delle tasse.[5] Erano in qualche modo simili a un'altra organizzazione ottomana, i voynuk, reclutati nei territori slavi del sud, inizialmente incaricati della difesa e della sicurezza, poi utilizzati come unità ausiliare di trasporto.[6]
A causa delle loro posizioni, erano autorizzati e in grado di tenere i timar.[5][7] Ricevevano un salario giornaliero e lo status di askeri, nonostante fossero ancora cristiani.[5] I loro comandanti erano prevalentemente musulmani (martolos bashi).[5] Il loro incarico era ereditario[5][8] ed erano esentati dalla jizya e da varie tasse locali.[5]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Il sistema dei martolos fu adottato dall'Impero bizantino.[8] Reclutati prevalentemente dai Balcani, furono scelti tra i cristiani ortodossi proprietari terrieri, che conservando la loro religione, entrarono nella casta degli askeri.[5]
I martolos furono utilizzati come polizia armata a metà del XV secolo, e nei due secoli successivi ebbero diversi compiti di sicurezza (vedi sezione precedente).[5] Nella Bosnia nordoccidentale e in alcune parti della Croazia (sangiaccati di Clissa e Lika) gli ottomani vi stabilirono i valacchi che vennero incorporati in gruppi cristiani ereditari di martolos e voynuk.[9] Nell'Ungheria ottomana e nell'area di Buda i serbi prestavano servizio in gran numero come martolos, i cui membri erano di origine cristiana, in gran parte reclutati dalla popolazione valacca.[10] Inizialmente costituiti dalle popolazioni locali per lo più cristiane (Rum Millet), nel tempo i membri si convertirono all'Islam.[8] Nel XVII secolo, in seguito all'aumento dell'antagonismo cristiano locale nei Balcani, i martolos, che furono messi contro gli aiduchi (ribelli) creando dei conflitti, si unirono ai ribelli.[5] A causa di ciò, la Porta abolì nel 1692 il diritto ai cristiani balcanici di prestare servizio come martolos.[5] Nel 1722, il beylerbey romeno Osman Pasha fuse l'organizzazione nel pandor musulmano (polizia di sicurezza locale).[5] Alcuni martolos persistettero nella Macedonia settentrionale fino al XIX secolo, per poi essere sostituiti dalle riforme del Tanzimat.[5]
Terminologia
[modifica | modifica wikitesto]Il termine turco martolos deriva dal greco armatolos, che significa "uomo armato, miliziano".[1][8] Essendo la parola originaria che definiva i cristiani nell'esercito ottomano, martolos divenne un termine generale per vari gruppi e individui militari cristiani, essendo usato dagli ottomani per le spie, gli esploratori, i messaggeri, i barcaioli del Danubio e le guardie della fortezza cristiani, così come i ribelli cristiani che combattevano gli akinci.[11] Durante il regno di Solimano (1520–66), il termine veniva utilizzato anche per le forze di polizia cristiane locali, specialmente nelle regioni imperversate dal brigantaggio del Montenegro e della Morea.[6]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Noel Malcolm, Agenti dell'Impero: Cavalieri, corsari, gesuiti e spie nel Mediterraneo del Cinquecento, HOEPLI EDITORE, 5 dicembre 2016, ISBN 978-88-203-7627-7. URL consultato il 16 settembre 2021.«martolos cristiano locale dei Balcani impiegato come combattente ausiliario; termine ottomano (dal greco «armatōlos», uomo armato)»
- ^ Antony Chadirji, Dizionario turco, arabo e persiano: ridotto sul Lessico del celebre Meninski in ordine alfabetico latino conservando l'ortografia dell'autore colla sola spiegazione italiana ..., Presso L. Nervetti, 1832, p. 527. URL consultato il 16 settembre 2021.«Martolos , t . ed in plur . martolosler , Māriollyk , t . mariuoleria , furberia , sorte di soldati Cristiani nelle fortezze turcheshe»
- ^ Storia dell'Impero Osmano estratta la maggior parte da manoscritti e archivj ... opera originale tedesca del signor Giuseppe cav. De Hammer ... Illustrata ed arricchita di molte aggiunte dallo stesso autore e recata in italiano per la prima volta da Samuele Romanini. Tomo 1. [-24.]: Epoca terza dal 1520 al 1574, 1830, p. 133. URL consultato il 16 settembre 2021.
- ^ Epoca Terza Dal 1520 Al 1574: 9-12, Antonelli, Giuseppe, 1830, p. 88. URL consultato il 16 settembre 2021.«i martolosi, o soldati di confine»
- ^ a b c d e f g h i j k l m Bosworth, 1989, p. 613.
- ^ a b Uyar, Erickson, 2009, p. 64.
- ^ Terre concesse dai sultani in cambio del servizio militare.
- ^ a b c d Agoston, Masters, 2009, p. 653.
- ^ Ivo Banac; (1984) The National Question in Yugoslavia: Origins, History, Politics p. 43; Cornell University Press, ISBN 0801416752
- ^ Kursar Vjeran; (2013) Being an Ottoman Vlach: On Vlach Identity(ies), Role and Status in Western Parts of the Ottoman Balkans (15th-18th Centuries) p. 134; OTAM. Ankara. 34
- ^ Uyar, Erickson, 2009, pp. 63-64.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Milan Vasić, Мартолоси у југословенским земљама под турском влашћу, Sarajevo, 1967.
- Milan Vasić, Martolosi u periodu uspona osmanske države, XIV, 1963.
- Gabor Agoston e Bruce Alan Masters, Encyclopedia of the Ottoman Empire, Infobase Publishing, 2009, p. 353, ISBN 978-1-4381-1025-7.
- Mesut Uyar e Edward J. Erickson, A Military History of the Ottomans: From Osman to Atatürk, ABC-CLIO, 2009, pp. 63–64, ISBN 978-0-275-98876-0.
- Clifford Edmund Bosworth, The Encyclopedia of Islam, Volume 6, Fascicules 107-108, Brill Archive, 1989, p. 613, ISBN 90-04-09082-7.