[go: up one dir, main page]

Vai al contenuto

Marco Porcio Catone (console 36)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Marco Porcio Catone
Console dell'Impero romano
Nome originaleMarcus Porcius Cato
Nascita5 a.C. circa
Morte38
FigliMarco Porcio Catone
GensPorcia
Preturaprima del 28
Consolatoluglio-dicembre 36 (suffetto)
Curatorecurator aquarum, 38

Marco Porcio Catone (in latino: Marcus Porcius Cato; 5 a.C. circa – 38) è stato un magistrato e senatore romano, console dell'Impero romano.

Appartenente alla gens Porcia, Catone forse era legato per parentela agli illustrissimi Porcii Catones di Tusculum, che avevano prodotto Marco Porcio Catone il Censore e Marco Porcio Catone Uticense[1][2][3][4].

Catone, in ogni caso, fu una persona assai diversa dai suoi possibili antenati: dopo aver ricoperto la pretura, nel 28 egli, insieme agli altri ex-pretori Lucanio Laziare, Petilio Rufo e Marco Opsio, accusò con una complessa trama e fece condannare l'illustre cavaliere Tizio Sabino, amico di Germanico e della sua famiglia, solo perché spinto dalla brama di ottenere il consolato, a cui si poteva accedere ormai, secondo Tacito, solo con il benestare di Seiano, benestare ottenibile solo compiendo misfatti[5]. Tuttavia, l'avvicinamento dei quattro ex-pretori a Seiano e la loro ostilità a Germanico e alla sua famiglia non avrebbero fatto dormire loro sonni tranquilli tra gli ultimi anni di Tiberio e il principato di Caligola, come Tacito afferma in modo ominoso:

(LA)

«Ni mihi destinatum foret suum quaeque in annum referre, avebat animus antire statimque memorare exitus, quos Lucanius atque Opsius ceterique flagitii eius repertores habuere, non modo postquam C. Caesar rerum potitus est, sed incolumi Tiberio, qui scelerum ministros ut perverti ab aliis nolebat, ita plerumque satiatus et oblatis in eandem operam recentibus veteres et praegraves adflixit. Verum has atque alias sontium poenas in tempore trademus.»

(IT)

«Se io non mi fossi proposto di riferire ciascun avvenimento seguendo l'ordine degli anni, avrei piacere di anticipare il racconto della fine di Lucanio e di Opsio e degli altri che presero l'iniziativa di organizzare quella scelleratezza, fine che avvenne non solo dopo che C. Cesare ebbe il potere, ma quando ancora era in vita Tiberio, che non voleva che i sobillatori dei delitti fossero abbattuti da altri, e che spesso, preso da sazietà verso i più vecchi, a mano a mano che nuovi delatori gli si offrivano per le stesse funzioni eliminava i primi non più graditi. A tempo debito, dunque, narrerò dei castighi che colpirono questi ed altri ribaldi.»

In ogni caso, però, Catone riuscì a raggiungere il suo obiettivo: egli, infatti, divenne console suffetto per il secondo semestre del 36 insieme a Gaio Vettio Rufo[6][7], sostituendo a luglio la coppia di ordinari composta da Sesto Papinio Allenio e Quinto Plauzio[6][7]. Durante il consolato di Catone, i Fasti Ostienses testimoniano per il 1º novembre l'incendio di parte del Circo Massimo e dell'Aventino, per la cui ricostruzione Tiberio diede cento milioni di sesterzi[7]: l'incendio è attestato anche da Tacito, che testimonia anche la formazione, per stimare i danni del disastro, di un comitato di cinque persone, tra cui tutti i consolari progeneri del princeps Gneo Domizio Enobarbo, Lucio Cassio Longino, Marco Vinicio e Gaio Rubellio Blando, nonché il consolare Publio Petronio, inserito per nomina degli stessi consoli Rufo e Catone[8].

L'ultimo incarico ricoperto da Catone fu, sotto Caligola, quello di curator aquarum: egli subentrò alla morte del predecessore Gaio Ottavio Lenate nel 38[9], ma rimase in carica probabilmente per pochi mesi[10], forse solamente uno[11], evidentemente morendo nella seconda metà del medesimo anno, come aveva anticipato Tacito[12] e probabilmente come vendetta dovuta al suo contrasto con la famiglia di Germanico[13][14]. A Catone subentrò forse Aulo Didio Gallo[9], evidentemente come console designato[15], ma forse potrebbe esserci una lacuna, tra le tante, nel testo di Frontino che riporta la lista dei curatores aquarum[12].

Catone però ebbe dei discendenti: il Marco Porcio Catone ricordato in alcune iscrizioni attiche[16] pare essere suo figlio, piuttosto che lui[17][18], e sempre suo figlio o forse figlio di un suo fratello[1][4] fu con ogni probabilità il Marco Porcio Catone[19] attestato[20] come legatus Augusti pro praetore della provincia di Lusitania nel 46[1][21], mentre sua figlia[22] o più probabilmente sua nipote[4][23] - figlia del Catone ricordato in Attica[24] - era Porcia[23][25], che sembra aver accompagnato il cugino Gellio Rutilio Lupo[24][26] durante il suo proconsolato d'Acaia alla fine del principato di Claudio o più probabilmente sotto Nerone[18].

  1. ^ a b c G. Alföldy, Fasti Hispanienses, Wiesbaden 1969, pp. 138-139.
  2. ^ A. Licordari, in Epigrafia e ordine senatorio, II, Roma 1982, p. 50.
  3. ^ Contrario, o in ogni caso cauto, sulla parentela con i Catones repubblicani è invece R. Syme, The Roman Revolution, Oxford 1939, p. 492 nota 1; The Augustan Aristocracy, p. 223 nota 30. Su questa scia si pone anche S. Rutledge, Imperial Inquisitions, London-New York 2001, p. 260.
  4. ^ a b c PIR2 P 856 (Wachtel).
  5. ^ Tacito, Annales, IV, 68-70.
  6. ^ a b AE 1976, 388.
  7. ^ a b c Fasti Ostienses, frgm. Ch (Vidman).
  8. ^ Tacito, Annales, VI, 45, 1-2.
  9. ^ a b Frontino, De Aquis, CII.
  10. ^ Così integra P. Grimal nella sua edizione Budé del 1944 del De aquis di Frontino.
  11. ^ Questo suggeriva Nipperdey, cfr. R. Syme, The Augustan Aristocracy, Oxford 1986, p. 222 nota 22.
  12. ^ a b R. Syme, The Augustan Aristocracy, Oxford 1986, pp. 222-223.
  13. ^ C. Bruun, The Water Supply of Ancient Rome, Helsinki 1991, p. 157.
  14. ^ S. Rutledge, Imperial Inquisitions, London-New York 2001, p. 260.
  15. ^ L. Vidman, Ad Frontinum, De aq. 102, in Listy Filologické, 96.1 (1973), pp. 16-19.
  16. ^ IG II2/III 3542, 4190, 4241, 10163 (= AE 1964, 165).
  17. ^ Per lui propende S. Rutledge, Imperial Inquisitions, London-New York 2001, p. 260.
  18. ^ a b E. Groag, Die römischen Reichsbeamten von Achaia bis auf Diokletian, Wien-Leipzig 1939, pp. 36-37.
  19. ^ PIR2 C 575 (Groag).
  20. ^ CIL II, 608.
  21. ^ RE Suppl. XV (Eck, 1978), col. 442.
  22. ^ Per sua figlia propende S. Rutledge, Imperial Inquisitions, London-New York 2001, p. 260.
  23. ^ a b PIR2 P 871 (Wachtel).
  24. ^ a b IG II2/III, 4241.
  25. ^ M.-Th. Raepsaet-Charlier, Prosopographie des femmes de l'ordre sénatorial (Ier-IIe siècles), Louvain 1987, n° 647.
  26. ^ PIR2 R 250 (Wachtel).
  • PIR2 P 856 (Wachtel).
  • R. Syme, The Augustan Aristocracy, Oxford 1986, pp. 222-223.
  • S. Rutledge, Imperial Inquisitions, London-New York 2001, p. 260.

Predecessore Console dell'Impero romano Successore
Quinto Plauzio luglio-dicembre 36 Gaio Petronio Ponzio Nigrino
con Sesto Papinio Allenio con Gaio Vettio Rufo con Gneo Acerronio Proculo