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Luigino

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Disambiguazione – Se stai cercando il nome proprio di persona, vedi Luigi.
Luigi XIII
LVDOVICVS• XIII• D• G• FR• ET• NAVAR• REX, busto di Luigi a destra SIT• NOMEN• DOMINI• BENEDICTVM•, stemma di Francia.
AR, 2,26 g; zecca di Parigi; 1643.
Luigi XIV
LVDOVICVS• XIV• D• G• FR• ET• NAVAR• REX, busto di Luigi a destra. SIT• NOMEN• DOMINI• BENEDICTVM•, stemma di Francia.
AR, 2,26 g; zecca di Parigi; 1644.
Guglielmo Enrico d'Orange
GVIL HNR D•G• PRI AVR busto volto a destra SOLI DEO HONOR ET GLO stemma coronato inquartato al corno da caccia degli Orange e al leone dei Nassau.
AR, 1,94 g; 1665.
Livia Centurioni Oltremarini
LIV MA PRI SP COMT SOW DOM testa a destra DNS ADIVTOR ET REDEM MEVS stemma di Francia con lambello.
AR, 2,02 g; zecca di Tassarolo, datata 1666.
In alto: FERDINAND II MAG DVX E, busto coronato di Ferdinando II de' Medici (Livorno)

In basso: FLAVIVS CAR GHISIVS LE A; busto del cardinale Flavio Chigi (Avignone)
In alto: PHILIPPVS DG COMES TASS; busto di Filippo Spinola (Tassarolo)

In basso: FLAVIVS CAR GHISIVS LEGA AVE; busto del cardinale Flavio Chigi (Avignone).
Flavio Chigi
FLAVIVS CARD GHISIVS LEGA AV, busto a destra. (stella) EX MONTIBVS PAX ORIETVR, armi dei Chigi.
AR 2,06 g, zecca di Avignone, 1663.
Violante Lomellini D'Oria
DON VI LO PRINCI S VED DO, busto femminile a destra. DOMINVS VIRTVS MEA E(t) SALVS MEA stemma coronato: ai due gigli in capo e all'aquiletta in punta.
Torriglia: BI, 1665

Luigino era il nome dato in Italia alle monete d'imitazione del petit louis, una moneta francese d'argento da 1/12 di luigi (Douzieme d'écu), pari a 5 sol tornesi,[1][2][3] e quindi detta anche louis aux cinq sous (luigi da cinque soldi)[4].

I luigini furono coniati in Italia da molte zecche per essere inviati nei paesi del Levante dove furono utilizzati come ornamento[1][5]. Nell'Impero ottomano la moneta prese il nome di timmin o temmin, dall'arabo thumn (un ottavo) perché il valore nominale era di 1/8 di altun, una moneta turca[6][7]. Questo commercio, diffuso dalla metà del XVII secolo, diede luogo dapprima a una speculazione e in seguito a una vera e propria truffa[8].

In tempi moderni il cosiddetto principato di Seborga ha usato questo nome per coniare medaglie che non hanno corso legale.

In Francia il luigino fu emesso la prima volta nel 1641, assieme alle prime coniazioni del luigi, nell'ambito della riforma monetaria voluta da Luigi XIII[4][9]. Pesava circa 2,25 grammi e aveva un titolo di 967 millesimi[2].

La moneta di Luigi XIII aveva al dritto il busto del re e al rovescio lo stemma coronato con i gigli di Francia. Questa monetazione fu importante perché introdusse definitivamente l'uso della monetazione meccanica, tramite torchio, in sostituzione della vecchia monetazione al martello.

Luigi XIII morì poco dopo e la moneta fu coniata con gli stessi tipi sotto Luigi XIV che gli successe al trono all'età di cinque anni. Le prime monete recano quindi il ritratto infantile del re.

Monete d'imitazione, cioè monete con caratteristiche metrologiche e tipi simili furono coniate da varie zecche in Francia e in Italia.

In Francia ci fu l'emissione feudale della zecca di Trévoux capitale del ducato della Dombes, all'epoca feudo della principessa Anna Maria Luisa d'Orléans, la Grande Mademoiselle. Altre monete furono coniate nelle stesso periodo dal principe di Orange, Guglielmo Enrico, in seguito re d'Inghilterra con il nome di Guglielmo III.

In Italia il luigino fu imitato da molte zecche, con tipi simili: figura con lunghi capelli al dritto, spesso femminile e stemma coronato con i tre gigli al rovescio[10]. Ci furono anche coniazioni con tipi diversi ma con uguali caratteristiche di peso e dimensioni che ricevettero vari nomi.

La vicenda è esposta da Carlo M. Cipolla nel libro "Tre storie extra ordinarie" con il titolo "La truffa del secolo (XVII)" e in precedenza da Poey d'Avant[11] e prima ancora da Chardin nei suoi Voyages, resoconti dei suoi viaggi in Persie e India negli anni 1660 - 1670[12].

(FR)

«Ce commerce, qui au fond étoit extrêmement inique, est celui des pièces de cinq sols, qui a tant fait de bruit en son temps. Les Turcs, qui les appeloient timmins, prirent les premières à dix sols la pièce, ou six par écu. Elles demeurèrent quelque temps à ce prix, et tombèrent après à sept sols et demi. Ils ne vouloient point d'autre monnoie. Toute la Turquie s'en remplissoit, et l'on n'y voyoit plus guère d'autre argent, parce que les François l'emportoient. Cette bonne fortune les aveugla si fort, qu'ils ne se contentèrent pas du grand gain qu'ils faisoient, ils en voulurent davantage ; ils se mirent à altérer les pièces de cinq sols, et ils en firent faire d'argent bas à Dombes premièrement, puis à Orange et à Avignon.»

(IT)

«Questo commercio, che in fondo fu estremamente iniquo, è quello dei pezzi da cinque sol, che ha fatto tanto rumore a suo tempo. I Turchi, che li chiamavano timmin, presero i primi a dieci soldi al pezzo, o sei per un écu. Restarono per qualche tempo a questo prezzo, caddero dopo a sette soldi e mezzo. Non volevano nessun'altra moneta. Tutta la Turchia se ne riempì e non abbiamo visto più altra moneta, perché i Francesi l'importavano. Questa buona fortuna li ha accecati tanto, che non si sono contentati del grande guadagno che facevano, ne hanno voluto fare di più; hanno iniziato ad alterare i pezzi da cinque soldi, e hanno iniziato a farli di argento bassa lega dapprima a Dombes, poi a Orange e Avignone.»

Dal 1656 nell'Impero ottomano divennero di moda le monete francesi da cinque soldi che venivano utilizzate come ornamento: ci si facevano orecchini, collane e se ne ornavano anche i vestiti[2]. La richiesta crebbe e le "donne turche" erano disposte a pagare fino al doppio del valore della moneta pur di averla[2]. Questa domanda trasformò di fatto la moneta da mezzo di pagamento in pura merce e quindi il prezzo delle monetine seguì la legge di domanda e offerta e creò la possibilità di un notevole guadagno[13].

Di fronte a questa possibilità alcuni speculatori cercarono il modo di coniare queste monete senza essere accusati come falsari. Si rivolsero quindi a nobili francesi che fossero ancora detentori del diritto di monetazione[13].

I primi furono Onorato II, principe di Monaco, la principessa Anna Maria Luisa d'Orléans, che riapri la zecca di Trévoux capitale del ducato della Dombes, e il principe d'Orange, Guglielmo IX[13][14]. Furono coniate monete a nome della principessa e dei principi. Le prime imitazioni avevano un titolo abbastanza alto, ma ben presto le monete incominciarono a essere di lega più scadente[13].

Dopo Monaco, Dombes e l'Orange, si iniziarono a coniare luigini ad Avignone che nel XVII secolo era ancora sotto dominio pontificio[15].

Ad Avignone i luigini furono coniati, a partire dal 1658, in base alle richieste provenienti dai mercanti di Marsiglia che li avrebbero usati nei commerci con il Levante[16]. Le prime emissioni, dal 1658 al 1660, avevano al dritto il busto del papa volto a destra, con in testa il pileolo, e al rovescio lo stemma del legato pontificio, nonché nipote del papa, cardinale Flavio Chigi, stemma sovrastato dal cappello cardinalizio, il galero. La presenza dei simboli religiosi e l'immagine di un vecchio al dritto resero queste monete poco gradite in Turchia cosicché si cominciarono a coniare monete con il ritratto del legato, che aveva un aspetto più giovanile, e al rovescio uno scudo con le armi dei Chigi, ma senza cappello cardinalizio[16].

In seguito l'affare passò oltre le Alpi, arrivando in Italia, in particolare nel territorio della repubblica di Genova dove esistevano diversi feudi che godevano ancora del diritto di monetazione. Alcuni non l'esercitavano più da tempo, altri invece, pur godendone, addirittura non l'avevano mai esercitato. Intravedendo l'affare furono quindi attivate molte zecche che incominciarono a coniare. Alcune, come quella dei Cibo a Massa di Lunigiana, coniarono monete con un titolo elevato, mentre le altre già dalle prime emissioni usarono una lega più scadente[17]. In Italia furono attive circa 20 zecche.[14]

Le altre zecche fuori dall'Italia furono, oltre a quelle già citate, quelle di Neuchâtel, Zwolle e Malta.

Tra i primi a battere luigini ci furono gli Spinola a Tassarolo e Ronco, i D'Oria (o Doria) a Loano e Torriglia, i Centurioni a Campi di Val Trebbia, i Malaspina del Marchesato di Fosdinovo e altri[17].

Le emissioni dei primi anni 1660 avevano una lega minore ma comunque ancora erano d'argento. Ma subito dopo la situazione precipitò rapidamente e già nel 1665 era impossibile, prendendo un luigino, avere anche approssimativamente nozione del valore dell'intrinseco[17].

Furono anche coniate monete con peso e diametro simili, ma con tipi propri, ma sempre con leghe di qualità scadente da alcune zecche, come quelle di Genova, Livorno e Lucca.

Le zecche che imitavano le monete non erano gestite dai diretti titolari del diritto di coniazione, ma il lavoro era appaltato a speculatori per lo più della zona ma anche provenienti da altre aree. Cipolla cita un veneziano, un certo Moretti, noto come "il professore degli imbrogli"[18].

Ci fu il paradosso per cui le truppe turche che stavano assediando Candia vollero essere pagate in luigini[19].

Questa situazione sollevò dei problemi di coscienza tra i nobili che permettevano agli speculatori di arricchirsi spacciando monete di basso valore. Alcuni di questi si rivolsero ai teologi per avere una loro opinione. Il principe Giambattista Centurioni placò la propria coscienza consultando un teologo che affermò che le colpe erano chi non eseguiva il saggio per valutare la qualità delle monete, tanto più che erano usate come ornamento e non come vere e proprie monete[19].

La principessa Violante Lomellini D'Oria ebbe la cattiva idea di consultare più esperti, ben dodici, ognuno dei quali espresse un'opinione differente. Solo tre di queste opinioni le furono favorevoli. Nonostante sia in odore di santità continuò le emissioni[19].

Il problema non se lo posero invece il legato pontificio di Avignone e gli abati di Lerino.

Cipolla pone in risalto come la preoccupazione riguardasse non la qualità delle monete ma le impronte usate che imitavano eccessivamente quelle francesi.[19].

Nel giugno del 1665 Antonio Serristori, che fu senatore (governatore) di Livorno nel periodo 1655-1672, scrisse al granduca, che all'epoca era Ferdinando II de' Medici:

«Qui [a Livorno] c'è una gran confusione per questi benedetti luigini. Il Signor Depositario raccomanda con gran premura che non si lasci correre né introdurre monete non buone e di questi luigini ce n'è di buoni e di cattivi, ma di quali zecche siano i buoni e di quali i cattivi non si sa; che però saria necessario haverne nota distinta perché il continuare con questa incertezza non cammina bene e non serve che a dar disgusto e incomodo a questi mercanti molte volte senza proposito.

Questa mattina è arrivata una barca di Francia che n'ha quantità. Fino a hora se ne sono visti di due sorti, delle quali vengono accluse le mostre[20] acciocché Sua Altezza le veda e possa ordinare che si devino o no permettersi. E per haver qui una regola certa per l'avvenire di tutte le sorti di detti luigini, bisognerebbe sapere di che lega devon'essere quelli che s'hanno a lassar correre...»

Il 25 giugno del 1665 Antonio Serristori scriveva nuovamente al Granduca:

«È arrivato un personaggio chiamato da questi francesi Commissario Generale delle zecche del Re il quale è fuori per rimediare agl'inconvenienti di questi luigini non volendo il Re che in avvenire i vascelli francesi portino in Levante se non battuti nelle sue zecche. Et a questo effetto è andata persona a posta a Smirne con un saggiatore e con ordine che tutte queste monete che saranno portate con vascelli francesi devino scaricarsi in casa del consolo e quivi farne il saggio per riconoscere quelle che si devono lasciar correre e qual no.»

Già nel 1665 i francesi quindi cominciarono a porsi problemi, inviando, come si è visto nella corrispondenza del Senatore di Livorno, un "Commissario Generale delle Zecche".[21]

Nonostante queste prima avvisaglie i feudatari firmano nuovi contratti, come quello della principessa Violante con il "fermiero" Onorato Blauet.

«Permissione data dalla Sig. Principessa D. Violante ad Onorato Blauet, Fermiero della Zecca di Loano di potere per il tempo, che dura il suo affitto fare in essa battere e coniare monete dette ottavetti, purché questi non siano minori di bontà intrinseca di carati 8 argento fino per ogni libbra.

Donna Violante Lomellina Doria principessa di Melfi contessa di Loano etc.

Concediamo, in virtù di questa facoltà ad Honorato Blauet Fermiero, ossia locatore della nostra Zecca di Loano di potere in essa far battere, e coniare monete chiamate Ottavetti, cioè con l'impronto della nostra effigie, e nome da una parte, e tre aquile e motto da dichiararsi dall'altra ; et altri ottavetti dell'effigie, e nome del Prencipe nostro figlio da una parte, e dall'altra le sue armi, e motto pure da dichiararsi, o altra parte delle nostre armi, che negl'uni e negl'altri Ottavetti sarà stimato a proposito ; con dichiaratione, che dette due sorti, o sia qualità di ottavetti non siano meno di bontà intrinseca di otto onze d'argento fino per ogni libbra ; quali ottavetti intendiamo non si debbano spendere se non nell'Imperio del Turco ; e duri questa nostra permissione per il solo tempo che ha da durare la locatione, ossia affitto per il detto Blauet della sopra detta Zecca. In fede etc. Dato in Genova li 4 agosto 1665.»

Nel 1667 ad affrontare seriamente il problema, anche questa volta a Livorno, furono gli inglesi. Questi infatti non avevano coniato questo tipo di monete e non avevano speculato su questo traffico. Inoltre il loro interesse era reale: a differenza della Francia e di molti stati italiani, la loro bilancia commerciale con il Levante era in attivo e quindi più che dare monete ai turchi, ne ricevevano da questi e quindi non desideravano ricevere come pagamento moneta deprezzata.[21]

Fatte saggiare alcune monete si resero conto che il contenuto in argento delle monete era inferiore a un terzo di quanto avrebbe dovuto essere. Da ciò inviarono una protesta al governo ottomano che si affrettò a inviarla al governo del re di Francia, con l'accusa di battere moneta falsa.[21] A Parigi da qualche anno il Contrôleur général des finances era Jean-Baptiste Colbert. La Francia, vista la situazione, vietò la lavorazione dei luigini.[21] Il governo ottomano emanò ordini severissimi e il 18 luglio 1667 Genova emise un decreto che non solo vietava la speculazione dei luigini ma anche la semplice detenzione di queste monete[22][23].

Queste deliberazioni non posero immediatamente fine alla produzione di monete che in alcuni casi arrivò perfino agli anni 80, in quanto la repubblica di Genova non aveva potere sui suoi feudi, che erano tradizionalmente fuori dal controllo della madrepatria. Successe perfino che alcuni speculatori che non riuscivano più a operare in Francia si trasferirono in questi feudi liguri[22]. Anzi sembra che ci fosse intenzione di aprire nuove zecche: "si tratta di metter su ancora quelle di Nizza, Frassinello, Arquà et alcune altre"[24].

Comunque nel 1670 la moda cominciò a rallentarsi e rimaneva il problema di riuscire a smaltire questa massa di moneta, "quasi tutta fasulla".[25]

Con una sentenza del 1º luglio 1686, il Consiglio di Stato della corona francese decise definitivamente di vietare espressamente all'abate di Lerino la coniazione a Seborga.[26]

Le monete furono coniate ancora per qualche anno ma la richiesta, come visto, venne meno. L'ultima coniazione fu quella di Innocenzo XII, negli anni 1690 ad Avignone.

I tipi più frequenti per il dritto sono un ritratto maschile infantile o giovanile oppure un ritratto femminile.

Il primo tipo è quello delle prime monete battute da Luigi XIV, mentre il secondo è quello usato dalla cugina, la principessa d'Orléans.

Il primo luigino coniato, quello di Luigi XIII, presentava al dritto la testa di un uomo adulto (Luigi aveva all'epoca 42 anni) e al rovescio lo stemma coronato dei Borbone di Francia, con i tre gigli in campo azzurro.[10]

Poco dopo, dal 1643, furono coniati i luigini del figlio, Luigi XIV che all'epoca era un bambino. Quindi mentre il rovescio rimase uguale, al dritto apparve un ritratto infantile, con i capelli lunghi.

La principessa d'Orléans cominciò a coniare dei petit louis nel 1651 e in questo caso al dritto apparve, ovviamente, un ritratto femminile.

Questi due tipi e in particolare quello con una figura femminile, sono i più imitati dalla maggior parte delle zecche.

Su 26 zecche imitarono il ritratto della principessa d'Orléans: Arquata, Campi, Fosdinovo, Loano, Lucca, Malta, Messerano, Monaco, Ponzanello, Tassarolo e Torriglia.

In quasi tutte queste zecche il feudatario era un uomo e quindi si scelse di coniare le monete a nome della moglie o di un'altra donna della famiglia oppure a nome della madre in qualità di reggente. Questi ritratti sono più o meno simili a quello della principessa d'Orléans, con piccole variazioni. Cammarano individua più di 20 varianti nei disegni.[27]

Altre zecche invece posero dei ritratti infantili, come il principe d'Orange, futuro Guglielmo III d'Inghilterra, che pur avendo già una quindicina di anni mostra un volto infantile o Loano che usò un ritratto dell'undicenne Giovanni Andrea Doria III oltre a un ritratto femminile motivato dal fatto che la madre era la reggente. Francesco II d'Este a Modena fu ritratto a cinque anni mentre la città di Zwolle usò un ritratto giovanile, simile a quello di Luigi.

Usarono ritratti del feudatario le zecche di Avignone, Fosdinovo (solo nel 1668), Livorno, Loano (oltre ai ritratti femminili), Mantova, Massa di Lunigiana, Modena, Monaco, Neuchâtel, il già citato Orange, Ronco, Seborga (che mise san Benedetto), Tassarolo (il ritratto di Filippo Spinola oltre a quello della moglie), Vergagni la città.

La città di Genova usò invece figure diverse allegoriche: una testa gianiforme, la Giustizia, la Liguria, il protettore della città, san Giorgio.

Le monete di Luigi XIV, come anche quelle del padre recano al rovescio lo stemma dei Borboni, con tre gigli.[10]

Anche la principessa di Orléans usò lo stemma dei Borbone, famiglia di cui fa parte essendo la cugina di Luigi XIV, ma brisato, in quanto ramo cadetto, con un lambello[28][29]. Nel 1667 la principessa usò uno scudo a losanga, in francese "Écu des damoiselles". Questo forma di scudo, come peraltro indicato dal nome francese, era generalmente impiegato per le donne non sposate. La principessa all'epoca, anche a causa dell'opposizione del re, non era ancora coniugata; si sposerà solo nel 1681.

La maggior parte delle monete imitano al rovescio lo stemma dei Borbone, con i tre gigli, per lo più con il lambello, come quello della principessa d'Orléans[29].

Stemma Medici Stemma usato nei luigini

Alcune zecche usano delle varianti. Ad esempio Ferdinando II de' Medici usò uno stemma simile a quello dei Borbone. Lo stemma dei Medici era d'oro con sei bisanti rossi, da cui il termine di palleschi dato ai loro sostenitori. A Piero il Gottoso fu concesso dal re di Francia Luigi XI di poter ornare la "palla" centrale con i tre gigli dorati in campo azzurro della casa di Francia. Ferdinando, e il figlio Cosimo dopo di lui, usarono per queste monete uno stemma con un tortello caricato dei gigli di Francia, cioè solo la "palla" centrale. In questo modo riuscirono a imitare con qualche diritto lo stemma francese.

Alabarda stilizzata

Alcuni sostituirono uno o più gigli con: alabarde (Torriglia, Lucca), aquile (Loano, Torriglia), foglie (Loano), torri (Messerano), cornucopia (incerta). Tassarolo usò anche un giglio tra due rosette e una grande rosa.

Altri invece, più correttamente, usarono gli stemmi propri: i Grimaldi a Monaco usarono nelle prime emissioni le loro armi[30] e poi dal 1667 anche loro usarono lo scudo con i tre gigli senza e con lambello. In particolare usarono lo scudo Grimaldi quando il dritto recava un ritratto maschile e lo scudo con i gigli quando invece al dritto era presente un ritratto femminile che imitava quello della Grande Mademoiselle[31]

I papi ad Avignone, usarono dapprima lo stemma del cardinal legato che, essendo il nipote del papa, aveva le stesse armi. Lo stemma era sovrastato dal galero cardinalizio. Lo scarso successo della moneta determinato dal ritratto di una persona anziana – il pontefice – e dai simboli religiosi al rovescio, fece sì che dal 1662 furono cambiati i tipi[16]. Al rovescio furono usate le armi del cardinale legato inserite dapprima in una cornice ottagonale e in seguito da uno scudo spagnolo coronato. La coniazione di Alessandro VII ebbe termine nel 1667. I luigini furono nuovamente battuti ad Avignone dal 1692 al 1693 sotto Innocenzo XII con due tipi. Uno recava al rovescio il monogramma PCL – per Petrus Cardinalis Legatus, cioè Pietro Ottoboni – e l'altro le armi di Ottoboni con il galero. Nel 1965 fu coniata l'ultima luigino di Avignone con al rovescio le armi dei Pignatelli, la famiglia del papa, caratterizzate dalle tre pignatte.

Alberico II Cybo Malaspina a Massa di Lunigiana usò al rovescio nel 1662 un pavone con la ruota aperta e in seguito le armi della sua famiglia[32]. Questi monete recavano come indicazione del valore il numero 8 cioè otto bolognini. La monetazione di Alberico II costituisce l'ultima coniazione dei Cybo-Malaspina.[33]

A Neuchâtel la dinastia degli Orléans-Longueville usò le proprie armi.[34]

Il conte di Ronco e marchese di Roccaforte, Napoleone Spinola, a differenza dagli altri Spinola, usò le armi della propria famiglia.[35]

Genova usò uno stemma con il motto civico[36] e Zwolle usò uno stemma con l'immagine di san Giorgio che uccide il drago.

Le prime monete del principato di Orange furono quelle coniate nel 1650 con il nome di Guglielmo IX che recavano al rovescio lo stemma di Francia caricato dal corno di Orange; in questa moneta il ritratto al dritto era quello di un uomo adulto. Il principato riprese le coniazione dal 1658 usando al dritto il ritratto infantile del nuovo principe Guglielmo Enrico che aveva 8 anni e al rovescio lo stemma di Francia. Nel 1662 ci fu una crisi con il re di Francia e la coniazione fu interrotta[37]. Riprese nel 1665 utilizzando al dritto sempre lo stesso ritratto ma al rovescio fu utilizzato lo stemma degli Orange - Nassau, inquartato al corno da caccia di Orange e al leone di Nassau[37]. È anche conservata una moneta con un lo stesso rovescio ma con un ritratto adulto databile al 1684[37].

Tavola sinottica delle zecche non reali.[38]
Zecca Autorità Periodo Tipi prevalenti (dritto) Tipi prevalenti (rovescio)
Arquata Scrivia Marchesi Spinola 1667-69; 1682 Busto femminile anonimo, simile a quello di Dombes. Nel 1682 busto maschile di Gerardo Spinola Scudo a tre gigli con lambello[29]
Avignone Papato 1658-60; 1662-63; 1665-67; 1692-95 Busto papale (Alessandro VII), busto maschile (card. Flavio Chigi), di nuovo Alessandro e infine Innocenzo XII Stemma con cappello cardinalizio prima, poi senza cappello.
Campi Marchesi Centurioni Scotti 1667-69 Busto femminile (Giulia Serra, moglie di Giovanni Battista Centurioni Scotti), simile a quello di Dombes. Scudo a tre gigli con lambello[29]
Dombes Anna Maria Luisa di Borbone 1651; 1659; 1662-68 Nel 1651 busto maschile (di Gastone d'Orléans), poi busto della principessa Scudo a tre gigli con lambello[29]
Fosdinovo Maria Maddalena Centurioni, moglie di Pasquale, uno dei Malaspina 1666-69; 1671; 1678 Inizialmente busto femminile anonimo, simile a quello di Dombes. Nel 1668 una moneta a nome di Pasquale e poi le monete sono a nome di Maria Maddalena Scudo a tre gigli con o senza lambello[10][29]. Alcune monete recavano un'aquila bicipite caricata di scudetto con lo spino fiorito.[39]
Genova Repubblica 1668-69 Quattro tipi: gianuino: testa bifronte; giustino: Giustizia seduta; giorgino: San Giorgio a cavallo; ligurino: busto elmato della Liguria Tutti i tipi: stemma coronato con motto LIBERTAS tra grifi[36]
Livorno[40] Ferdinando II e Cosimo III 1657; 1659-66; 1678-76 Testa maschile coronata Scudo coronato con un tortello contenente i tre gigli[41]
Loano Giovanni Andrea Doria III, la madre Violante Doria Lomellini, vedova di Andrea III 1665-69 Testa di Giovanni Andrea (undicenne) o di Violante, simile a quella della Principessa del Dombes. Scudo su croce di sant'Andrea, con le armi dei Landi e aquila bicipite, oppure scudo tre gigli o con tre aquilette
Lucca Repubblica 1668 Figura femminile, simile a quella della Principessa del Dombes. Scudo con tre gigli con lambello[29]; scudo con tre alabarde e lambello.
Malta Ordine di Malta (attribuzione discussa[42]) 1668 Figura femminile, simile a quella della Principessa del Dombes. Scudo con tre fiori di cotone o arancio
Mantova (o altra?)[43] Carlo II di Gonzaga Nevers 1660 Busto maschile con capelli lunghi Scudo coronato con tre gigli; sopra la corona Olimpo ?
Massa di Lunigiana Alberico II Cybo Malaspina 1662-1667 Busto di Alberico con riccioli; altro busto con capelli lisci Pavone; scudo con stemma dei Cybo-Malaspina[32].
Messerano Maria Cristina Simiana, moglie di Francesco Ludovico Ferrero Fieschi, III principe di Messerano 1672 Busto femminile Scudo con due gigli in capo e una torre in punta
Modena Francesco II d'Este 1666 Busto infantile Scudo coronato con tre gigli[10]
Monaco Onorato II Grimaldi (fino al 1662), Luigi I Grimaldi (dal 1662 al 1681) Busto del principe; busto femminile Stemma coronato dei Grimaldi[30], stemma coronato con tre gigli.[44]
Neuchâtel[45] Enrico II di Orléans-Longueville, Carlo-Paris d'Orléans-Longueville senza data (Enrico); 1668 (Carlo) Busto maschile Stemma degli Orléans-Longueville.[34]
Orange Guglielmo Enrico d'Orange 1650; 1658-61; 1665-67; 1684 Busto maschile infantile, da adolescente, giovanile. Scudo coronato con tre gigli; scudo con tre gigli brisato al corno da caccia, stemma di Orange-Nassau.
Ponzanello[46] Maria Maddalena Centurioni, moglie di Pasquale Malaspina 1669 Busto femminile Scudo coronato con tre gigli con lambello[29]
Ronco[47] Napoleone Spinola 1668-69 Busto maschile del marchese Aquila bicipite con scudetto alle armi degli Spinola[35]
Seborga Benedettini di Lerino 1667-69; 1671 Busto di San Benedetto Scudo coronato dell'abate
Tassarolo Livia Centurioni Oltremarini (moglie di Filippo Spinola), Filippo Spinola 1658; 1660-69 Busto femminile; busti maschili diversi (Filippo?) Scudo con tre gigli con o senza lambello (busto femminile); scudo con tortello del giglio e due rosette (busti maschili)
Torriglia Violante Doria Lomellini, vedova di Andrea III Doria 1664-69 Busto femminile Scudo con tre gigli con lambello, con due gigli in capo e aquiletta in punta, con tre gigli a forma d alabarde con o senza lambello
Vergagni Giovanni Battista Spinola 1680 Busto maschile corazzato Scudo con stemma degli Spinola[35]
Zwolle Città libera 1662 Busto giovanile (Luigi XIV) Scudo coronato con san Giorgio che uccide il drago
N.B. esistono anche altre monete la cui provenienza non è certa
  1. ^ a b Martinori: La Moneta.
  2. ^ a b c d Cipolla: Tre storie... p. 52.
  3. ^ Klütz: Münznamen... p. 158.
  4. ^ a b Klütz: Münznamen... p. 156.
  5. ^ Frey: A dictionary..., p. 139.
  6. ^ Klütz: Münznamen... p. 273.
  7. ^ Frey: A dictionary..., p. 242.
  8. ^ Cipolla: Tre storie... pp. 51-62.
  9. ^ Cammarano, Corpus luiginorum, p. 7.
  10. ^ a b c d e
  11. ^ Poey d'Avant, Monnaies féodales... p. 110
  12. ^ Chardin, Voyages... ed.1811, pp. 14 e segg.
  13. ^ a b c d Cipolla: Tre storie... p. 53.
  14. ^ a b Cammarano, Corpus luiginorum, p. 28.
  15. ^ Poey d'Avant, Monnaies féodales... p. 111
  16. ^ a b c Cammarano, Corpus luiginorum, p. 93.
  17. ^ a b c Cipolla: Tre storie... p. 54.
  18. ^ Cipolla: Tre storie... p. 55.
  19. ^ a b c d Cipolla: Tre storie... p. 56.
  20. ^ campioni
  21. ^ a b c d Cipolla: Tre storie... p. 57-58
  22. ^ a b Cipolla: Tre storie... p. 59
  23. ^ Agostino Olivieri: Monete medaglie e sigilli del principi Doria, p. 80 con il testo del documento.
  24. ^ Cipolla: Tre storie... p. 60
  25. ^ Cipolla: Tre storie... p. 61
  26. ^ Dictionnaire de Numismatique et Sigillographie Religeuses, Paris 1852
  27. ^ Cammarano pp. 47-58
  28. ^ Poey d'Avant, Monnaies féodales... p. 109.
  29. ^ a b c d e f g h
  30. ^ a b
  31. ^ Cammarano: Corpus, pp. 258-264.
  32. ^ a b
  33. ^ Cammarano: Corpus, p. 223.
  34. ^ a b
  35. ^ a b c
  36. ^ a b
  37. ^ a b c Cammarano, p. 271
  38. ^ Cammarano, Corpus luiginorum, pagg. 85-336
  39. ^
    Stemma dei Malaspina
  40. ^ Anche se attribuite a Livorno in realtà battute a Firenze (Cammarano p. 173)
  41. ^
  42. ^ Cammerano, Corpus, p. 213
  43. ^ Monetazione di Mantova Archiviato il 22 novembre 2011 in Internet Archive.
  44. ^ Le monete con al dritto il busto del principe recano al rovescio le armi dei Grimaldi; quelle con il busto femminile lo stemma con i gigli
  45. ^ La moneta valeva 10 Kreuzer
  46. ^ Feudo marchionale dei Malaspina, ora frazione di Fosdinovo ove in realtà furono battute le monete (cfr. Cammarano p. 281)
  47. ^ Vengono catalogate in questa zecca anche le monete di Roccaforte, che non si distinguono da quelle di Ronco (cfr. Cammarano p. 285)

Singole zecche

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  • Emilio Bosco, Un curioso luigino per il Levante. Numismatica e scienze affini, Santamaria II (1936), p. 40-42
Campi
Livorno
  • Dario Modigliani. Un errore inedito su una moneta Livornese: Dodicesimo di Tollero o Luigino di Cosimo III, 1670-1723. in Bollettino Numismatico Vol. 9, n. 5 (Nov., 1972), p. 10-11
Massa
Modena
Monaco
Tassarolo

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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  • La Monetazione della Zecca di Tassarolo [collegamento interrotto], su federicomorando.net.
  • Luigino Gonzaga per Mantova, su catalogo-mantova.lamoneta.it. URL consultato il 17 giugno 2010 (archiviato dall'url originale il 22 novembre 2011).
  • Luigino Gonzaga per Charleville, su catalogo-mantova.lamoneta.it.
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