Denominazioni alleate dei velivoli giapponesi
Le denominazioni alleate dei velivoli giapponesi erano nomi in codice ideati e utilizzati dagli alleati durante la seconda guerra mondiale per identificare i velivoli nipponici. A causa dell'oggettiva difficoltà di pronuncia della lingua giapponese e della complessità delle designazioni originarie, gli alleati furono costretti a ideare una codifica speciale per tali velivoli, utilizzando nomi di uso comune e facili a ricordarsi in lingua inglese. Con tale metodo, non utilizzato invece per l'identificazione dei mezzi aerei tedeschi e italiani, si ovviò anche alla mancanza di informazioni sulla designazione originaria dei velivoli nipponici.[1]
Con l'intento di sdrammatizzare la situazione, alcuni nomi vennero ideati con un certo spirito goliardico.[2]
Problemi di designazione e identificazione
[modifica | modifica wikitesto]Come per le altre nazioni più progredite in campo aeronautico, l'Impero giapponese aveva sviluppato già molto prima della seconda guerra mondiale un proprio sistema per codificare ed identificare i propri velivoli in uso da parte dei servizi aeronautici dell'Esercito e della Marina imperiali, ma, a differenza delle altre, nel sistema giapponese coesistevano più designazioni, basate sia sul progetto (Esercito) o tipo (Marina) progressivamente numerati, sia sull'anno di immissione in servizio secondo il calendario giapponese.[3] Questo poteva ingenerare confusioni (secondo una rivista dell'epoca si contavano, per esempio, ben 14 velivoli aventi la denominazione Type 97, ovvero entrati in servizio nell'anno imperiale 2597, corrispondente all'anno 1937 d.C.).[1]
A seguito dell'entrata in guerra dell'Impero giapponese al fianco dell'Asse, a questo si aggiunse, per gli anglo-americani, la scarsezza di informazioni riportate da parte dei servizi di intelligence riguardo l'aviazione nipponica, per cui risultava inizialmente praticamente impossibile identificare correttamente i velivoli giapponesi,[4] cosa potenzialmente molto pericolosa per i piloti alleati. Ogni aereo da caccia monomotore ad ala bassa veniva spesso confuso con il temutissimo Mitsubishi A6M Zero,[1][5] all'epoca il miglior caccia presente nel teatro di guerra del Pacifico.
Istituzione dell'ATAIU ed elaborazione del sistema
[modifica | modifica wikitesto]Allo scopo di raccogliere quante più possibili informazioni sui velivoli nemici, fu costituito nel 1942 sull'aeroporto di Brisbane, in Australia, l'Allied Technical Air Intelligence Unit (ATAIU), con personale misto proveniente dalle forze armate sia statunitensi che dell'Impero britannico, con l'intento anche di studiare i relitti di velivoli caduti in mano alleata e possibilmente ricostruirli per riportarli in condizioni di volo, oltre alla compilazione di accurati profili dei velivoli stessi, da distribuire nei reparti per la loro corretta identificazione.[1] Nel prosieguo del conflitto vennero istituite altre sezioni dell'ATAIU in varie aree del teatro di operazioni.
Questo però non risolveva il problema dei nomi, ma verso la metà del 1942, su suggerimento da parte del sergente montatore Francis M. Williams,[2] il capitano Frank T. McCoy Jr.[4] elaborò un semplice e ingegnoso sistema per identificare univocamente ogni velivolo nemico, fosse nota o meno la sua denominazione ufficiale, assegnando loro brevi nomi di persona, inizialmente utilizzando nomi maschili per i caccia e femminili per i bombardieri, ricognitori e idrovolanti a scafo, integrando in seguito il sistema con nomi inizianti con la lettera T per gli aerei da trasporto e nomi di alberi per gli addestratori.[2] I primi nomi ad essere assegnati furono presi da persone nell'ambito della stessa base aerea, per cui il Nakajima Ki-49 venne chiamato "Helen" come la moglie del colonnello comandante, il Mitsubishi G3M similmente "Nell" come la moglie di un ufficiale australiano, "Claude" (Mitsubishi A5M) e "George" (Kawanishi N1K-J) dai nomi di due australiani del team, poi si passò ai soprannomi, come nel caso dell'Aichi D3A, chiamato "Val" come un sergente australiano, ancora il bombardiere Mitsubishi G4M, che presentava un'ampia sezione di fusoliera, venne chiamato "Betty" come una corpulenta infermiera conosciuta da Williams, al Kawasaki Ki-61 venne affibbiato il nome di "Tony" perché vagamente assomigliante al caccia italiano Macchi M.C.202 e nell'immaginario statunitense Antonio veniva considerato il nome più diffuso in Italia.[2] McCoy, proveniente dalle campagne del Tennessee e dotato di senso dell'ironia, assegnò personalmente i nomi in codice di "Zeke" e "Rufe", che all'orecchio statunitense sembravano ridicoli nomignoli "Hillbilly" (campagnoli), rispettivamente al già citato Zero e alla sua variante idrocaccia Nakajima A6M2-N.[4]
Si arrivò così ad elaborare un certo numero di denominazioni, che vennero sottoposte al quartier generale di Douglas MacArthur, dove il progetto venne subito accolto favorevolmente e ufficializzato come il MacArthur Southwest Pacific Code Name System. Il sistema venne rapidamente adottato nell'intero teatro del Pacifico, anche da parte dei britannici come risulta dalle pubblicazioni distribuite in Europa a partire dall'ottobre 1943,[2] semplificandone il nome come Code Name System. Nel caso dello Zero, però, il nome originale era ormai diventato talmente iconico che la denominazione "Zeke" in realtà, nell'uso comune, venne utilizzata molto meno spesso.[4]
Nel tempo le denominazioni assegnate superarono il centinaio, arrivando secondo alcune fonti a ben 122,[5] non senza errori come doppie denominazioni per lo stesso velivolo o sue versioni diverse o assegnazioni a velivoli mai esistiti o comunque mai utilizzati in combattimento. Il caso più noto è quello dello Zero Modello 32, che, montando rispetto ai precedenti un diverso motore e ali tronche, poi abolite nel successivo Modello 22, inizialmente venne ritenuto un nuovo e diverso tipo di caccia, a cui venne dato il nome di "Hap", in onore del comandante in capo dell'USAAF, il generale Henry Arnold, che era così soprannominato. Questi, però, fece sapere di non gradire affatto l'attenzione, per cui la denominazione venne frettolosamente modificata in "Hamp".[2] Solo in seguito, una volta accortisi dell'errore, la denominazione venne abbandonata.
In un caso venne dato ad un velivolo proprio un nome in lingua giapponese, la bomba volante suicida Yokosuka MXY7, a cui nel 1945 venne assegnato il nome in codice "Baka" (traducibile come "sciocco, stupido" nel senso di "pazzo, idiota"), che dà l'idea di cosa pensassero gli alleati degli attacchi suicidi giapponesi.[6]
La larga diffusione delle denominazioni ha portato alla conseguenza che ancor oggi, nella letteratura dedicata, i velivoli giapponesi vengano indicati sia con propria denominazione originale che con quella loro data dagli alleati.[5]
L'indubbia validità di questo sistema ha fatto sì che anni dopo, durante la Guerra fredda, venne elaborato un sistema simile dall'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO) per designare gli aeromobili e gli armamenti sovietici di cui parimenti spesso era ignota la denominazione ufficiale.[2]
Lista di denominazioni secondo il Code Name System
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d Marcon 2000, p. 35.
- ^ a b c d e f g Marcon 2000, p. 38.
- ^ Marcon 2000, p. 33.
- ^ a b c d Gamble 2010, p. 212.
- ^ a b c Gamble 2010, p. 213.
- ^ Bill Gunston, Caccia dell'Asse nella Seconda Guerra Mondiale, Milano, Gruppo Editoriale Fabbri Spa, 1981, p. 157, ISBN non esistente.
- ^ Marcon 2000, p. 37.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Tullio Marcon, Le denominazioni dei velivoli giapponesi, in Storia Militare, VIII, n. 81, Parma, Albertelli Edizioni Speciali srl, giugno 2000, pp. 33-38.
- (EN) Bruce Gamble, New Identities, in Fortress Rabaul: The Battle for the Southwest Pacific, January 1942 - April 1943, Minneapolis, Zenith Press, 2010, pp. 212-213, ISBN 978-1-61060-071-2.
- (EN) Robert C. Mikesh, Japanese Aircraft Code Names & Designations, Schiffer Publishing, Ltd., 1993, ISBN 0-88740-447-2.