Galeoti
I Galeoti (in greco antico: Γαλεῶται?, Galeōtae) furono una stirpe di indovini che prosperò in Sicilia durante l'epoca greca. Ad essi è legata la controvèrsia sulla presenza di una Ibla Galeate (o Ibla Gereatis) nella parte orientale dell'isola.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Origini
[modifica | modifica wikitesto]Secondo Stefano di Bisanzio essi discendono da Galeote, fratello di Telmesso; entrambi figli del dio Apollo e di Temisto; che a sua volta era figlia del re degli Iperborei: Zabio.[1]
Ai fratelli, giunti dall'Iperborea, l'oracolo di Dodona aveva detto di recarsi l'uno verso est e l'altro verso ovest, finché durante un sacrificio un'aquila non sarebbe giunta a rubare loro le vittime sacrificate agli Dei; nel punto esatto in cui il maestoso animale avesse fatto ciò, essi dovevano edificare un tempio. E così Telmesso finì il suo viaggio in Caria, dove fondò l'oracolo di Telmesso; città capitale della Licia, mentre Galeote giunse in Sicilia dove fondò la stirpe degli indovini dei Galeoti.[2]
Le origini del loro nome sono incerte: secondo alcuni traevano l'appellativo dai pescispada che nello stretto di Messina venivano chiamati galeotes (γαλεώτης); mentre secondo altri si trattava di un nome orientale, ma più verosimilmente l'etnonimo derivava da una lucertola (γαλεώτης) che usavano per ricevere i loro responsi.[3]
Operato in Sicilia
[modifica | modifica wikitesto]«E da Filisto è noto che grandi interpreti di portenti e di sogni furono questi Galeoti, e per le cerimonie divine celebri più degli altri barbari che abitavano la Sicilia»
Cicerone, Claudio Eliano e Pausania il Periegeta, rifacendosi a Filisto, informano sulla chiara fama di questi indovini; ancor prima della nascita del futuro tiranno di Siracusa, Dionisio il Grande, venne predetto alla madre che avrebbe partorito il figlio più fortunato di tutta la Grecia. E in seguito vennero consultati dallo stesso Dionisio, al quale predissero un regno di «diuturna fortuna» (De Div. I, 20, 39)[4]
Tucidide invece menziona un'Ibla Geleatide in lotta con gli Ateniesi, i quali tentarono invano di occuparla.[5] Tale affermazione ha dato adito a molte ipotesi, tra le quali vi è anche quella che Tucidide, menzionando il territorio di Geleatide, così come Pausania menziona una Ibla Gereatis e la dice abitata dagli interpreti dei sogni,[6] si stesse riferendo al luogo in cui operavano tali indovini. E poiché Stefano di Bisanzio dice che i Megaresi di Sicilia erano detti oltre che Iblei anche Galeoti (dalla stirpe degli indovini), Tucidide si starebbe riferendo esattamente a loro; ai Galeoti, abitatori di Megara Iblea, le cui rovine odiernamente si trovano nei pressi di Augusta (nel siracusano).[7]
Anche Plutarco parla di quest'Ibla assediata dagli Ateniesi, senza però specificare alcun appellativo, e dice che era una città molto piccola e proprio per questa sua caratteristica, la mancata presa fu motivo di vergogna per l'esercito attico.[8]
Pausania dice che l'Ibla Gereatis, che egli colloca sulla piana catanese, aveva un luogo sacro frequentato dai Siculi e dedicato alla dea Ibla, e aggiungeva che «i Siculi di queste parti sanno interpretare i sogni e prodigi...».[9]
Odierne ipotesi
[modifica | modifica wikitesto]Secondo lo storico Emanuele Ciaceri i Galeoti erano i sacerdoti del tempio della dea barbarica dea Iblea Galeatina e provenivano dall'Asia Minore, dalla quale avrebbero importato i coloni presso Megara Iblea e con essi questa cerchia di divinatori. Non concorda con il Ciaceri lo storico Luigi Pareti, il quale afferma che i Galeoti erano greci e non andavano accostati con il culto della dea Ibla, concludendo che i Galeoti sarebbero stati diffusi in tutta la Sicilia.[3]
I Galeoti e le fonti dionisiane
[modifica | modifica wikitesto]Secondo alcuni studiosi non sarebbe casuale il nesso tra gli Iperborei e gli indovini Galeoti; infatti accanto al loro nome si ritrova quello di Filisto e di Dionisio I di Siracusa; legati, su più fronti, a una propaganda che mirava a intrecciare solidi rapporti di fratellanza e discendenza tra i Sicelioti e i popoli alleati con essi: è il caso ad esempio delle origini di Siculo; ma anche delle origini dell'eroe adriatico Diomede; così come si hanno dei forti sospetti sul regno degli Iperborei e sul fatto che questi, provenendo dalla Gallia, potessero in qualche modo essere collegati alla stipulazione dell'alleanza tra Siracusa e i Galli avvenuta, secondo Marco Giuniano Giustino nell'anno varroniano del 390 a.C., ovvero tra il 388-387 a.C.; più o meno lo stesso periodo in cui operarono gli indovini per il regno di Dionisio.[1]
La stessa matrice avrebbe dato luogo alla leggenda di Galatea e Polifemo, i quali discendevano i figli Celto, Illiro e Gala (costui identificabile con Galata[10]) che, partiti dalla Sicilia, andarono a governare i rispettivi popoli che da essi presero il nome: corrispondenti all'espansione dionisiana in Italia (pianura Padana orientale, dove risiedevano anche i Celti) e in Adriatico (Dalmazia, Illiria, Croazia).[1][11]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c Cfr. Marta Sordi in Integrazione, mescolanza, rifiuto nell'Europa antica (PDF), su www.fondazionecanussio.org. URL consultato il 26 luglio 2016.
- ^ Galeote, Galeoti, Dodona, su www.summagallicana.it. URL consultato il 26 luglio 2016.
- ^ a b GALEOTI (Γαλεῶται, Galeōtae), in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- ^ Sull'episodio vd. es. Eugenio Manni, Sicilia pagana, pp. 95-99.
- ^ Tucidide, la guerra del Peloponneso, VI, 62.
- ^ Pausania, Periegenesi della Grecia, V. Cfr. T. Fazello, Storia di Sicilia, cap. IV, p. 201
- ^ Sull'argomento vd. l'approfondimento di Emanuele Ciaceri, Megara Iblea e Ibla Gereatis, in Studi storici per l'antichità classica, Pisa, Spoerri, 1909.
- ^ Plutarco, Le vite degli uomini illustri: Nicia, VII, p. 211.
- ^ Cit. Pausania in Concetta Muscato Daidone, Avola. Storia della città. Dalle origini ai nostri giorni, p. 20.
- ^ Vd. A. Coppola, Archaiologhía e propaganda: i Greci, Roma e l'Italia, 1995, p. 92.
- ^ Lorenzo Braccesi, Sante Graciotti, La Dalmazia e l'altra sponda: problemi di archaiologhìa adriatica : [atti del Convegno in memoria di Massimiliano Pavan], p. 109.