Biagio Guarnaccio

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Biagio Guarnaccio
NascitaRapolla, 7 giugno 1915
MorteMelfi, 7 aprile 1949
Cause della morteincidente aereo
Luogo di sepolturaRapolla
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armataRegia Aeronautica
Aeronautica Militare
Unità33º Gruppo
46ª Squadriglia
Reparto83º Stormo Bombardieri
GradoCapitano
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneAfrica Orientale
BattaglieBattaglia di Culqualber
Seconda battaglia dell'Amba Alagi
DecorazioniMedaglia d'argento al valor militare
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Biagio Guarnaccio (Rapolla, 7 giugno 1915Melfi, 7 aprile 1949) è stato un aviatore italiano. Ufficiale pilota della Regia Aeronautica e dell'Aeronautica Militare, fu decorato con la medaglia d'argento al valor militare nella seconda guerra mondiale

Nacque a Rapolla il 7 giugno 1915, e si diplomò all'istituto tecnico commerciale "Guglielmo Gasparrini" a Melfi. In seguito frequentò la scuola di pilotaggio a Pescara, dove uscì con il brevetto di pilota. Successivamente, volendo completare la sua preparazione, si specializzò in apparecchi da bombardamento a Udine. Subito dopo si arruolò nella Regia Aeronautica italiana, dove raggiunse il grado di sottotenente di complemento nell'83º Stormo aeroplani da bombardamento, 33º gruppo, 46ª squadriglia. Operò nella seconda guerra mondiale, combattendo nel 1940 in Africa settentrionale.

Promosso tenente, fu quindi spedito nel Settore aereo Nord A.O.I. nei pressi di Cheren, combattendo a Culquaber e nell'Amba Alagi. Per l'abbattimento di due Hurricane britannici fu decorato nel marzo 1941 della medaglia d'argento al valor militare.

Poco dopo fu catturato dagli inglesi e detenuto a Nairobi dove raccolse gli ultimi respiri del Duca Amedeo di Savoia-Aosta (1898-1942).Riuscì ad evadere con una rocambolesca fuga, impossessandosi di un aereo inglese grazie al quale sorvolò l'Africa dall'Eritrea fino all'Italia[non chiaro], dove fu colpito dalla contraerea di Bari, riuscendo però ad atterrare indenne. Proseguì a combattere con il Regno del Sud, nel 1º Stormo bombardieri Baltimore.

Nel dopoguerra conseguì il brevetto di pilota internazionale, passò nel 1946 in SPE e gli venne conferito il grado di Capitano. Prese parte nel 1948 alle manovre navali a Taranto come pilota dell'Aeronautica Militare per la nostra flotta. Negli anni successivi collaudò caccia modello Lockheed P-38 Lightning, percorrendo la rotta passante per Bari e Roma. Nella parte più antica del paese, si trova un orologio di quell'epoca avente la punta in ferro ancora deformata dallo spostamento d'aria causato dai collaudi del pilota[senza fonte].

Morì il 7 aprile del 1949, mentre effettuava uno dei suoi collaudi con il P-38 nella zona del castello di Melfi: precipitò e si schiantò al suolo a causa di una avaria ai motori.[1] Il suo ultimo messaggio lanciato dall'apparecchio fu: "sono in pericolo". In seguito giunsero nella zona squadre di ricerca aeree e terrestri da Bari. Queste, purtroppo, non poterono che constatare la sua morte. Il giorno seguente al ritrovamento, Guarnaccio ebbe i funerali di Stato celebrati in presenza di alti ufficiali dell'Aeronautica a Rapolla, dove è tuttora sepolto in una cappella nella quale è fissata al suolo una delle eliche dell'aereo su cui fece il volo fatale, ormai deformata.

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Capo equipaggio di apparecchio plurimotore, in numerose difficili pericolose azioni di guerra dimostrava doti eccezionali di coraggio, perizia, abilità. Durante una delicatissima e rischiosa azione effettuata a quota relativa di 500 metri con apparecchio di menomata efficienza a causa dell'uso intenso cui era stato precedentemente sottoposto, benché attaccato da preponderanti forze di caccia nemiche già prima di giungere sul bersaglio e malgrado la violentissima reazione contraerea, proseguiva nell'azione centrando il tiro sull'obiettivo. Strettosi al capo pattuglia con abili manovre durante oltre venti minuti di lotta asprissima a distanza minima mentre l'offesa nemica gli crivellava letteralmente l'apparecchio, con due componenti dell'equipaggio feriti, ferito egli stesso sventava sempre il tentativo nemico di dividere la formazione che combattendo unita e compatta tesa tutta in una suprema volontà di lotta e di gloria, abbatteva due "Hurricane" nemici, ne incendiava un terzo e ne costringeva un quarto alla fuga. Luminoso esempio delle chiare virtù guerriere degli aviatori italiani che sempre hanno accettato la lotta anche quando poteva sembrare temeraria e disperata, facendo del loro risoluto coraggio e del loro supremo ardimento l'arma più poderosa e formidabile che soverchia ogni deficienza di mezzi e di inferiorità numerica e porta sempre a sicura vittoria.»
— Cielo di Cheren, lì 30 marzo 1941
  1. ^ osservatorelucano.it. URL consultato il 7 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 7 novembre 2018).

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