Bando (provvedimento restrittivo)

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Il bando, in diritto, indica un provvedimento di divieto emanato da un organo di una autorità politica o religiosa, tendente a far riconoscere e evidenziare, all'interno del Regno o dello Stato, come "bandito" una persona o una comunità di persone, perché accusati di un reato per il quale è prevista l'emissione di tale provvedimento.

Attualmente un provvedimento di "messa al bando" non si riferisce più a persone o comunità, ma solo a cose, solitamente composti o elementi chimici o sottoprodotti industriali, per vietarne l'utilizzo. In alcuni Stati si riferisce anche alla messa al bando di pubblicazioni o opere vietate dall'Autorità.

Nel gergo comune può anche riferirsi alla proibizione o limitazione dell'uso in certe situazioni di prodotti di consumo, come "bandire" le sigarette dai luoghi di lavoro, ecc. In senso figurato è usato nell'accezione di levare qualcosa di negativo da un contesto più ampio.

In (gotico bandwjan="fare un segnale", latino medievale bandire="esiliare", in francese bannir).

La parola francese ban (divieto) proviene dal verbo parlato dai Franchi bannan, che significa « condannare, o colpire qualcuno con una interdizione o divieto ». Questo termine è legato al sanscrito bhánati (che significa « parola »), al greco antico φάναι (« parlare ») e al latino fari (« pronuncia religiosa, con un tono profetico »)[1]. Un'altra possibile etimologia (ma ipotetica): in gaelico (VII secolo) ban significava bianco, e secondo l'antica Omelia irlandese di Cambrai ban-martre = martire o martirio bianco: che significava l'esilio come un martire (esilio dei monaci irlandesi), quindi a maggior ragione la messa al bando.

Decreto di messa al bando dall'Impero del gennaio 1621 emesso da Ferdinando II contro Federico V Elettore Palatino, che è stato spogliato delle sue terre e privato della dignità di grande elettore.

Il provvedimento di messa al bando dall'Impero (in tedesco Reichsacht, lingua alto-tedesca ahta = inseguimento), è nel Medioevo una misura di proscrizione presa nei confronti di un individuo o di una comunità (tipicamente una città o autorità locale), la cui autorità era riconosciuta in tutto il Sacro Romano Impero e gli stati di lingua tedesca[2]. Questa condanna è stata inflitta nel Medioevo con decisione dell'imperatore, poi sino al XVIII secolo dal Reichskammer, la Corte Suprema del Sacro Romano Impero.

Nel Medioevo, il peso del diritto consuetudinario e del diritto feudale, e la lontananza del potere reale, nuocevano e vanificavano l'esecuzione delle sentenze della giustizia: la complessità della legislazione locale e la lentezza delle informazioni consentivano al colpevole molte possibilità di sottrarsi alle proprie responsabilità. La messa al bando, privando l'imputato dei suoi diritti, permetteva alla giustizia di appoggiarsi alla comunità per punire un colpevole inafferrabile: tutti avrebbero ora potuto catturarlo senza alcun scrupolo.

La proscrizione esisteva già sia tra i Germani che nella Repubblica romana, allorquando un individuo era dichiarato sacer[3].

Nel periodo carolingio, la legge salica prevedeva per la foris banitio l'esclusione per ban (per bando), vale a dire la perdita di protezione del re e la confisca dei beni da parte del tesoro pubblico dell'insieme dei soggetti parti in causa o uomini liberi (franken), quelli che si erano resi colpevoli di un crimine particolare. Le norme ordinarie non erano più applicabili ai forban: privati della capacità giuridica, ognuno poteva impunemente ucciderli o spogliarli di ogni avere; più nessuno doveva ospitarli, i loro beni venivano confiscati e potevano essere uccisi impunemente da chiunque[4].

In applicazione del guidrigildo, la persona condannata poteva togliere la messa al bando purché pagasse tutti i suoi creditori e versasse qualche indennità di riparazione. Gli venivano restituiti allora l'integralità dei suoi diritti (diritto di cittadinanza, di proprietà, di protezione, ecc.). I terzi che durante la proscrizione avevano avuto il godimento dei beni confiscati dovevano restituirli per intero ai condannati che avevano tolto la messa al bando, ma potevano tuttavia conservare i proventi di tali beni generati durante il periodo della proscrizione.

Le modalità di applicazione della messa al bando si preciseranno durante il Sacro Romano Impero Germanico: i beni di coloro che erano stati messi al bando erano resi in linea di principio all'autorità che emetteva tale condanna, vale a dire l'imperatore o la Corte dell'Impero.

Non poteva dispensarsi da un ostracismo se non chi, lui stesso, liberamente, e prima della scadenza del periodo dell'ingiunzione, compariva davanti ai suoi giudici e accettava la sua punizione. Alla scadenza del termine dell'ingiunzione (un anno e un giorno), il condannato veniva colpito automaticamente della mise au grand ban - "messa al (grande) bando", equivalente a una decisione universale e irreversibile che prendeva corpo (tuttavia, questa pena divenne più tardi reversibile).

Dal 1220, la messa la bando non è stata più solo nell'ambito della giurisdizione del Re dei Romani e dell'imperatore: ai termini dell'articolo 7 della Confoederatio cum principibus ecclesiasticis, una condanna di scomunica (o anatema) era seguita automaticamente da sei settimane di messa al bando, senza la necessità di portare prove d'accusa o di condanna civile. Tuttavia in seguito il processo è stato imposto dai tribunali dell'impero, la Santa Vehme poi la Reichskammer, con il concorso del re o dell'imperatore. Secondo i termini degli articoli 25 e 26 della Pace di Magonza (1235), l'ostracismo è stato esteso alle comunità o individui che hanno offerto il loro sostegno e asilo a un fuorilegge proscritto.

La messa la bando e la scomunica andavano quasi sempre insieme dopo il 1220, come costituendo la parte secolare della scomunica; la formula scomunicato e messo al bando si è imposta nei tribunali[5].

Dal Rinascimento all'Illuminismo

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Con l'atto di capitolazione, che gli fu imposto e istituito nel 1519 prima della sua elezione da parte dei grandi elettori, l'Imperatore Carlo V non ha più potuto decretare la messa la bando senza prima far precedere il suo decreto da una procedura istruttoria (raccolta prove). La Constitutio Criminalis Carolina ha regolamentato il bando imperiale dal 1532, essa poteva essere pronunciata dal re tedesco (dal XVI secolo al tempo stesso imperatore), dalla Corte della camera imperiale, dalla Corte di Giustizia di Rottweil, (nella zona di competenza) e dal giudice di pace[6].

Inoltre, durante il Rinascimento, la distinzione tra "ostracismo" e "messa al (grande) bando" si è persa: la messa al bando non era che una forma lieve della messa al bando medievale.

Le accuse principali che meritavano una messa la bando in epoca moderna sono stati:

  • il rifiuto di pagare certe tasse
  • il crimine di Lesa maestà (lesæ crimen majestatis)
  • la violazione del territorio o l'aggressione tra gli Stati
  • il rifiuto di conformarsi ad alcune decisioni giudiziarie, come la non-comparizione, o la fuga (quello che viene chiamato contumacia).

Personaggi famosi sotto bando imperiale

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Alcuni personaggi famosi sotto bando imperiale:

Bando imperiale contro le città

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Il "Reichsacht" (Bando imperiale) poteva essere imposto anche sulle città.

  1. ^ Cf. Duden, art. « Bann ».
  2. ^ Starn Contrary Commonwealth: The Theme of Exile in Medieval and Renaissance Italy p. 23
  3. ^ La Lex Sacrata, votata nel 449 a.C., disponeva che chiunque alzava la mano sulla persona di un tribuno della plebe avrebbe visto la sua testa votata a Giove, mentre i suoi beni confiscati sarebbero stati collocati nei templi della triade plebea (gli dei Cerere, Liber Pater, Libera) sull'Aventino: cfr. M. Meslin, L'uomo romano (1978, ried. 1985), ediz. Complexe, p. 211.
  4. ^ Cf. Maillet, Histoire des institutions..., § 641 « Le ban ».
  5. ^ (DE) Genauer hierzu: Eduard Eichmann: Acht und Bann im Reichsrecht des Mittelalters. Paderborn 1909.
  6. ^ (DE) Acht, in: Reinhard Heydenreuter, Wolfgang Pledl, Konrad Ackermann: Vom Abbrändler zum Zentgraf. Dizionario di storia e Heimatforschung in Baviera. Monaco 2009. S. 10.
  7. ^ Kathrin Nessel: Il monastero benedettino sul Jakobsberg, festung-mainz.de, 27 marzo 2005
  8. ^ Olechnowitz, Karl-Friedrich: Die Geschichte der Universität Rostock von ihrer Gründung 1419 bis zur französischen Revolution 1789 (La storia dell'Università di Rostock, dalla sua fondazione nel 1419 fino alla rivoluzione francese del 1789), in: Geschichte der Universität Rostock 1419-1969, Festschrift zur Fünfhundertfünfzig-Jahr-Feier, (Celebrazione dei 550 anni) Rostock 1969, S.14.
  • (DE) Günther Drosdowski, Etymologie, das Herkunftswörterbuch der deutschen Sprache, in Duden in 12 Bänden, vol. 7, Mannheim, Dudenverlag, 1989, p. 850, ISBN 3-411-20907-0.
  • (FR) Jean Maillet, 641, in Histoire des institutions et des faits sociaux, Petits précis Dalloz, Parigi, Dalloz, 1956, p. 650.
  • (EN) Randolph Starn, Contrary Commonwealth: The Theme of Exile in Medieval and Renaissance Italy, University of California Press, 1982, ISBN 978-0-520-04615-3.
  • (DE) Acht. In: Albrecht Cordes (curatore): Handwörterbuch zur Deutschen Rechtsgeschichte. Volume 1: Aachen – Geistliche Bank. 2. völlig überarbeitete und erweiterte Auflag. Schmidt, Berlin 2008, ISBN 978-3-503-07912-4.
  • (DE) Friedrich Battenberg: Reichsacht und Anleite im Spätmittelalter. Ein Beitrag zur Geschichte der höchsten königlichen Gerichtsbarkeit im Alten Reich, besonders im 14. und 15. Jahrhundert. Böhlau, Köln u. a. 1986, ISBN 3-412-00686-6, (Quellen und Forschungen zur höchsten Gerichtsbarkeit im alten Reich 18).
  • (DE) Erich Klingelhöfer: Die Reichsgesetze von 1220, 1231/32 und 1235. Ihr Werden und ihre Wirkung im deutschen Staat Friedrichs II. Böhlau, Weimar 1955, (Quellen und Studien zur Verfassungsgeschichte des Deutschen Reiches in Mittelalter und Neuzeit 8, 2).
  • (DE) Joseph Pötsch: Die Reichsacht im Mittelalter und besonders in der neueren Zeit. Marcus, Breslau 1911, (Untersuchungen zur deutschen Staats- und Rechtsgeschichte 105), (Zugleich: Münster, Univ., Habil.-Schr.), (Auch Nachdruck: Scientia-Verlag, Aalen 1971), ISBN 3-511-04105-8.
  • (DE) Stichwort Acht in Handwörterbuch zur Deutschen Rechtsgeschichte, vol. 1
  • (CS) Ottův slovník naučný. Praha: Jan Otto. Kapitola heslo Klatba.

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