Aschenaziti

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Aschenaziti
אַשְׁכֲּנָזִים
Ebrei aschenaziti della Galizia
 
Luogo d'origineEuropa centrale
Popolazione10 milioni[1]
Linguayiddish, ebraico, inglese, russo e altre
ReligioneEbraismo
Gruppi correlatialtri ebrei
Distribuzione
Stati Uniti (bandiera) Stati Uniti5–6 milioni[2]
Israele (bandiera) Israele2,8 milioni[3]

Gli aschenaziti, o ashkenaziti[4] o anche askenaziti[5] (in ebraico אַשְׁכֲּנָזִים?, ashkenazim; AFI: [aʃkənaˈzim]; anche יְהוּדֵי אַשְׁכֲּנָז‎, yehudei ashkenaz, lett. "giudei di Ashkenaz") costituiscono un gruppo etnoreligioso ebraico originario dell'Europa centrale e orientale e tradizionalmente di lingua e cultura yiddish.

Gli aschenaziti discendono dalle comunità ebraiche stanziatesi nel Medioevo nella valle del Reno e successivamente spostatesi verso est. A partire dalla seconda metà del XIX secolo, la comunità aschenazita emigrò in larga parte verso gli Stati Uniti d'America e gran parte delle comunità rimaste in Europa furono poi sterminate durante l'Olocausto.[6][7]

Gli aschenaziti costituiscono oggi il gruppo etnico maggioritario tra gli ebrei. Tra il 70% e il 75% degli ebrei del mondo è aschenazita,[8][9] mentre prima dell'Olocausto, nel 1930, rappresentavano il 92% in Germania e in Palestina.[10]

Ashkenaz era il nome, in ebraico medievale, della regione franco-tedesca del Reno; e "aschenazita" significa, appunto, "germanico"[11]. Nel IX secolo l'immigrazione in Germania di numerosi ebrei dall'Italia settentrionale e dalla Francia dà origine a una parte consistente delle numerosissime comunità aschenazite renane[12]. Un esempio sono i Kalonymos.

Attorno al 740 d.C. il Khan khazaro Bulan si convertì all'ebraismo, imponendo tale religione a tutte le popolazioni dei suoi domini. Non dobbiamo dimenticare che l'Impero khazaro si trovava chiuso tra due grandi popolazioni in costante crescita: i musulmani a est ed i cristiani ad ovest. Entrambe le religioni, pur con numerosi esempi di intolleranza interna, vedevano nell'ebraismo un predecessore dei propri culti e l'istituzione di uno stato ebraico poteva dunque rappresentare, agli occhi di Bulan, anche un buon espediente per mantenere una specie di neutralità nel grande scontro che stava sviluppandosi.

Decenni dopo, i Khazari tentarono una disperata resistenza contro le numerosissime bande Rus', ma Sviatoslav riuscì a conquistare le fortezze di Sarkel e Tematarkha nel 965 e ad occupare Itil nel 969, ponendo fine all'Impero khazaro.

Le popolazioni del dissolto Impero khazaro, per quanto molte di esse vennero assorbite dall'Orda d'Oro, iniziarono a migrare, diffondendosi principalmente nelle terre slave dell'Europa centro-orientale, gettando le basi di quelle che diverranno le principali comunità ebraiche di quelle regioni. Ciò che storicamente accadde in quel periodo è che il popolo conosciuto da secoli come “Khazaro” divenne il popolo “Ebreo”, e da lì iniziò una vera e propria operazione sulla vera origine degli Ebrei europei, e venne diffusa una storia artefatta, basata sull'idea che essi fossero gli Ebrei biblici.

Sin dall'XI secolo, la letteratura rabbinica identificò gli aschenaziti come l'insieme di popoli professanti religione giudaica e parlanti la lingua yiddish, affine al tedesco, che vivevano in Europa centro-orientale, unendo gli ebrei della diaspora che formarono comunità nelle regioni della Renania e Palatinato nel Sacro Romano Impero, coi discendenti degli aschenaziti, che vivevano nei regni orientali slavi di Russia, Polonia e Lituania.

In epoche successive, molti di essi emigrarono, formando, oltre alle comunità già esistenti in Germania e in Francia orientale, altre comunità in Boemia, Italia settentrionale[13], Paesi Bassi, Ungheria, Polonia, Russia, Ucraina e altri paesi dell'Europa orientale. Per tale motivo la parola "aschenazita" è per molti sinonimo di Ostjude, ovvero di un ebreo originario del nord-est d'Europa. A cavallo degli ultimi due secoli, si registrò un'ingente emigrazione aschenazita negli Stati Uniti d'America.

Si calcola che nell'XI secolo gli aschenaziti costituissero solo il 3% della popolazione ebraica mondiale; essi giunsero, al massimo della loro espansione demografica (1931), a rappresentarne il 92% e oggi sono, grosso modo, l'80% del totale (Elazar 1992). La maggior parte delle comunità ebraiche con una lunga tradizione in Europa sono aschenazite, ad eccezione di quelle delle regioni mediterranee. Una gran parte degli ebrei che negli ultimi due secoli hanno lasciato l'Europa, diretti in altri continenti, in particolare verso gli Stati Uniti, sono ashkenazim.

L'origine degli aschenaziti orientali, parlanti lo yiddish orientale, fu l'accoglimento nel 1349 da parte del re di Polonia Casimiro III dei profughi ebrei cacciati dai pogrom in Renania, accaduti in quello stesso anno. Questo evento diede origine alla più ampia comunità ebraica nel mondo durante il XX secolo, geneticamente molto omogenea, perché derivante da poche famiglie originarie che si moltiplicarono per almeno cinque secoli; una comunità che contava circa 6 milioni di persone alla fine del XIX secolo e che oggi, con le migrazioni, costituisce la maggior parte della popolazione ebraica in Israele e negli USA.[senza fonte] Gli aschenaziti orientali erano diffusi prevalentemente in piccoli villaggi rurali sui territori dell'ex unione di Regno di Polonia e Granducato di Lituania nel XIV secolo (le attuali Polonia, Bielorussia e Ucraina occidentale); con l'annessione di questi territori all'Impero russo nei secoli successivi, agli ebrei fu concesso di risiedere solo in piccole cittadine e villaggi, dette shtetl, nella cosiddetta "zona di residenza".

Una parte della comunità ashkenazita proveniente dall'Europa nord-orientale si stabilì anche in Italia nel più antico ghetto europeo, il Ghetto di Venezia. La storia di questa comunità è oggi ricostruita, attraverso gli oggetti dell'epoca ed i documenti, nel Museo Ebraico di Venezia.

La lingua della cultura ebraica aschenazita era principalmente lo yiddish, una lingua germanica con certe influenze slave, scritta con l'alfabeto ebraico. L'ebraico e l'aramaico erano le lingue liturgiche. La lingua ebraica rimase lingua scritta fino alla fondazione dello Stato di Israele. In Europa centrale e orientale gli ebrei vivevano spesso in una situazione di bilinguismo o trilinguismo, dove allo yiddish si aggiungeva la lingua parlata dalla popolazione non-ebraica circostante, generalmente il polacco o altre lingue slave[14], l'ungherese, il rumeno o il tedesco. Attualmente, lo yiddish si parla nelle comunità ultra-ortodosse, mentre gli altri aschenaziti parlano normalmente il vernacolo locale. Lingue comuni tra gli aschenaziti includono l'inglese, il russo e, in Israele, l'ebraico, tra molte altre.

  1. ^ (EN) Ashkenazi Jews, su hugr.huji.ac.il, Hebrew University of Jerusalem (archiviato dall'url originale il 20 ottobre 2013).
  2. ^ (EN) Gabriel E. Feldman, Do Ashkenazi Jews have a Higher than expected Cancer Burden? Implications for cancer control prioritization efforts, in Israel Medical Association Journal, maggio 2001, pp. 341–46.
  3. ^ (EN) Table 2.24 – Jews, by country of origin and age, su cbs.gov.il.
  4. ^ Ashkenaziti, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 1º gennaio 2024.
  5. ^ David Abulafia, Ebrei, in Enciclopedia fridericiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2005. URL consultato il 1 gennaio 2024.
  6. ^ Yaacov Ro'i, Contemporary Jewries: Convergence and Divergence, in Soviet Jewry from Identification to Identity, Brill, 2003, p. 186.
  7. ^ Dov Katz, Languages of the Diaspora, 2008, pp. 193-195.
  8. ^ Sergio DellaPergola, "Sephardic and Oriental" Jews in Israel and Countries: Migration, Social Change, and Identification, in Sephardic Jewry and Mizrahi Jews, X11, Oxford University Press, 2008, pp. 3–42, ISBN 978-0199712502.
  9. ^ Focus on Genetic Screening Research, ed. Sandra R. Pupecki, p. 58
  10. ^ (DE) José Brunner, Demographie – Demokratie – Geschichte: Deutschland und Israel, Wallstein Verlag, 2007, p. 197, ISBN 978-3835301351.
  11. ^ A. Foa, Ebrei d'Europa dalla peste nera all'emancipazione, Roma-Bari 2004
  12. ^ B. Ligorio, Sapere e denaro da Shabbatai Donnolo a Federico II, Taranto 2010
  13. ^ Roberto Bonfil, "La presenza ashkenazita in Italia", in Turniansky, Chava - Timm, Erika, Yiddish in Italia. Yiddish Manuscripts and Printed Books from the 15th to the 17th Century, Associazione Italiana degli Amici dell'Università di Gerusalemme, Milano 2003, pp. 213-217.
  14. ^ Weinreich, Max, History of the Yiddish Language, Translated by Shlomo Nobel with the Assistance of Joshua A. Fishman, The University of Chicago Press, Chicago and London 1980.
  • Atlante storico del popolo ebraico, direzione di Eli Barnavi, Zanichelli, Bologna 1995.
  • Bato, J. Lipot, "L'immigrazione degli Ebrei tedeschi in Italia dal Trecento al Cinquecento", in A.A.V.V., Scritti in memoria di S. Mayer, Gerusalemme 1956, pp. 11–18
  • Bonfil, Roberto, "La presenza ashkenazita in Italia", in Turniansky, Chava - Timm, Erika, Yiddish in Italia. Yiddish Manuscripts and Printed Books from the 15th to the 17th Century, Associazione Italiana degli Amici dell'Università di Gerusalemme, Milano 2003, pp. 213–217.
  • Bukovec, Predrag, East and South-East European Jews in the 19th and 20th Centuries, European History Online, Magonza 2010, Institute of European History, 2010, consultato in data 23 febbraio 2013.
  • Elazar, Daniel J., "Can Sephardic Judaism be Reconstructed?", in Judaism: A Quarterly Journal of Jewish Life and Thought, Vol. 41, No. 3, (Summer), 1992 (versione online, sito Jerusalem Center for Public Affairs)
  • Shulvass, Moses A., "Ashkenazic Jewry in Italy", Yivo Annual of Jewish Social Sciences, 7, 1952, pp. 110–131
  • Spitzer, Shlomoh, "Social and Religious Ties between the Jews of Austria and Northern Italy during the 15th Century", in Il mondo ebraico, a cura di Giacomo Todeschini e Pier Cesare Ioly Zorattini, Studio Tesi, Trieste 1991, pp. 31–41
  • Toaff, Ariel, "Gli insediamenti askenaziti nell'Italia settentrionale", in Storia d'Italia, Annali 11*. Ebrei in Italia, a cura di Corrado Vivanti, Einaudi, Torino 1996, pp. 156–171
  • Shmeruk, Chone, "Hebrew-Yiddish-Polish: A Trilingual Jewish Culture", in The Jews of Poland Between Two World Wars, Edited by Yisrael Gutman, Ezra Mendelsohn, Jehuda Reinharz and Chone Shmeruk, United Press of New England, Hanover and London 1989, pp. 285–311.
  • Weinreich, Max, History of the Yiddish Language, Translated by Shlomo Nobel with the Assistance of Joshua A. Fishman, The University of Chicago Press, Chicago and London 1980.

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