Afro-soul
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Afro-soul | |
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Origini stilistiche | soul, jazz, musica africana |
Origini culturali | origini culturali |
Strumenti tipici | batteria, chitarra, voce solista e corale |
Generi derivati | |
Afro-pop | |
Generi regionali | |
Sudafrica, Kenya, Malawi, Botswana, Namibia, Camerun, Francia, Nigeria |
L'Afro-soul è un genere crossover fra la musica soul e quella africana. Come nel soul, la caratteristica distintiva del genere è la componente emotiva, sfociante soprattutto nelle esecuzioni dei cantanti solisti e dei cori che li accompagnano.
Fra gli esponenti principali del genere emergono Miriam Makeba e Simphiwe Dana.[1]
Artisti
[modifica | modifica wikitesto]- Miriam Makeba,[1][2] artista vincitrice di un Grammy Award e attivista per i diritti civili[3]
- Berita
- Feli Nandi
- Simphiwe Dana,[4] definita "la cosa migliore accaduta nel panorama afro-soul dopo Miriam Makeba"[1]
- Nomfusi[5]
- Zahara[6]
- Siphokazi[7]
- Les Nubians[8]
- Muma Gee
- The Budos Band
- Ginger Johnson
- Manu+Dibango
- Lekan Babalola
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c (EN) Robin Denselow, Simphiwe Dana, Zandisile, The Guardian, 17 maggio 2007. URL consultato il 2 febbraio 2015 (archiviato dall'url originale il 3 ottobre 2014).
- ^ (EN) Mark Hudson, Miriam Makeba: South Africa’s Skylark, CD review, The Telegraph, 11 giugno 2010. URL consultato il 2 febbraio 2015.
- ^ (EN) Miriam Makeba, su sahistory.org.za. URL consultato il 2 febbraio 2015.
- ^ (EN) ListeningTo: Renowned South African Afro-soul singer Simphiwe Dana, 98.4 Capital FM, 28 ottobre 2014. URL consultato il 2 febbraio 2015.
- ^ (EN) Nomfusi (South Africa), su music.org.za. URL consultato il 2 febbraio 2015.
- ^ (EN) Chivimbiso Gava, ALBUM REVIEW: Zahara's 'Loliwe', su timeslive.co.za, The Times, 20 settembre 2011. URL consultato il 2 febbraio 2015.
- ^ (EN) Siphokazi with her golden voice, Music Industry Online, 1º luglio 2009. URL consultato il 2 febbraio 2015 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2015).
- ^ New world news, in CMJ New Music Report, 21 giugno 1999, p. 38. URL consultato il 2 febbraio 2015.