Classe Mameli

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Classe Mameli
Il sommergibile Mameli
Descrizione generale
Tiposommergibile di media crociera
ProprietàRegia Marina
CostruttoriTosi, Taranto
Impostazione1925
Varo1928
Entrata in servizio1929
Caratteristiche generali
Dislocamento in immersione1.010 t
Dislocamento in emersione830 t
Lunghezza64,6 m
Larghezza6,52 m
Pescaggio4,33 m
Profondità operativa100 m
Propulsione3000 cv diesel; 1000 cv elettrici
Velocità in immersione 7,5 nodi
Velocità in emersione 17 nodi
Equipaggiocinque ufficiali e 47 sottufficiali e comuni
Armamento
Artiglieria1 cannone da 102/35 mm
2 mitragliere Breda Mod. 31 da 13,2 mm
Siluri6 lanciasiluri da 533 mm ( 4 a prua e 2 a poppa; 10 siluri)
dati tratti da Navypedia.
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I sommergibili italiani della classe Mameli furono i primi ad essere costruiti dopo la prima guerra mondiale, a partire dal 1925. Tutte e quattro le unità di questa classe furono ultimate nel corso del 1929.

La classe Mameli rappresenta il capostipite da cui discesero tutte le future classi di sommergibili italiani del primo dopoguerra.

Progetto e caratteristiche

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Appartenenti alla tipologia «Cavallini» a doppio scafo parziale (della quale furono il primo esempio) furono la migliore classe di sommergibili italiani del loro periodo, dimostrando buone qualità di robustezza, velocità, manovrabilità, stabilità in profondità, spaziosità e comodità[1].

A riprova della loro validità vi è il fatto che nel 1942, quando ormai le unità delle contemporanee o di poco successive classi Balilla, Pisani e Fieramosca erano in progressivo disarmo o erano già state disarmate, se ne progettò invece il rimodernamento con la sostituzione dell'apparato motore e di altre apparecchiature[1]; anche se i sommergibili riammodernati ebbero una breve vita operativa (i lavori furono ultimati nell'estate 1943) diedero ancora ottima prova fino alla radiazione.

Tutte e quattro le unità furono prodotte dai cantieri Tosi di Taranto.

Operarono in missioni offensive nella prima fase della seconda guerra mondiale (1940-1941) riportando due non grandi successi, ossia l'affondamento, nei primi mesi di guerra, dei piccoli piroscafi Helge e Beme ad opera rispettivamente del Pier Capponi e del Goffredo Mameli. L'unica unità perduta nel conflitto fu il Pier Capponi, silurato dal sommergibile Rorqual nel 1941; gli altri tre, destinati prevalentemente ad attività addestrativa dai primi mesi del 1941, operarono con le stesse funzioni durante la cobelligeranza fra Italia e Alleati e furono smantellati nel dopoguerra.

  1. ^ a b Giorgio Giorgerini, Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo italiano dalle origini a oggi, Mondadori, 2002, p. 123, ISBN 978-88-04-50537-2.

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