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Senario

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Il senario (dal latino senarius "di sei elementi") è il verso che generalmente conta sei sillabe.

Nella metrica italiana moderna, è un verso nel quale l'accento tonico (detto anche forte o ritmico) si colloca sulla quinta sillaba metrica. Di conseguenza, se l'ultima parola è piana il verso comprende sei sillabe effettive, mentre se è tronca o sdrucciola ne comprende rispettivamente cinque oppure sette.[1]

Le due tipologie più frequenti sono quelle del senario anfibrachico, con gli accenti sulle sedi seconda e quinta (ritmo ternario, di fatto un doppio trisillabo):

( ' =accento forte o ritmico/ _ =accento debole)

_ ' _ _ ' _

e del senario trocaico con gli accenti sulle sedi dispari (ritmo binario, corrispondente ad un triplo bisillabo):

' _ ' _ ' _ .

Esempi di versi senari

Due esempi di senari anfibrachici:

Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa [...]
Sapore di sale,
sapore di mare
che hai sulla pelle 
che hai sulle labbra [...]


  • Un esempio di ritmica diversa del senario, non riconducibile né al ritmo ternario né a quello binario, si ritrova nelle strofe (il ritornello è un endecasillabo) di una famosa canzone francese ('Que je t'aime', 1968) e nella sua versione italiana ('Quanto t'amo', 1969, su testo libero di Bruno Lauzi ma con metrica identica), entrambe cantate dal compianto Johnny Halliday:

' - - ' - '

Ritmo che non segue nemmeno la regola comune dell'accento principale sulla penultima sillaba metrica. Ecco l'inizio delle due versioni:

(Versione originale) Quand tes cheveux s'etalent/ comme un soleil d'eté/ et que ton oreiller/ resemble un champ de blé/ [...]

(Versione italiana) Vedo negli occhi tuoi/ laghi e foreste che/ non avrei visto mai/ se non vedevo te/ [...]

Metrica latina

Nella metrica latina il senario giambico è un verso costituito da sei piedi giambici (∪ —), caratteristico delle parti dialogate della commedia antica (i deverbia).

Corrisponde al trimetro giambico greco e viene rappresentato come di seguito:

∪ — | ∪ — | ∪ — | ∪ — | ∪ — | ∪ —

La struttura non è rigida, infatti l'unico piede che deve essere necessariamente un piede puro è l'ultimo. Gli altri, ammettendo sostituzioni, possono divenire uno spondeo, un tribraco, un dattilo, un anapesto o un proceleusmatico.

La cesura può essere posta:

  • dopo il quinto mezzo piede, e si ha una pentemìmera.
  • dopo il settimo mezzo piede, e si ha un'eftemìmera.

Note

  1. ^ Gian Luigi Beccaria (a cura di), Dizionario di linguistica, 2ª ed., Einaudi, 2004, p. 685, ISBN 88-06-16942-4.

Collegamenti esterni

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