Ezio Bevilacqua

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Ezio Bevilacqua
NascitaSavignano sul Rubicone, 2 maggio 1917
MorteEl Daba, 21 ottobre 1942
Cause della morteferite riportate in combattimento
Luogo di sepolturaSacrario militare italiano di El Alamein
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armataRegia Aeronautica
SpecialitàCaccia
Reparto84ª Squadriglia
10º Gruppo
4º Stormo Caccia Terrestre
Anni di servizio1941 - 1942
GradoTenente
GuerreSeconda guerra mondiale
BattaglieSeconda battaglia di El Alamein
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Aeronautica di Caserta
dati tratti da Una vita stoica sigillata in un alone di gloria[1]
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Ezio Bevilacqua (Savignano sul Rubicone, 2 maggio 1917El Daba, 21 ottobre 1942) è stato un aviatore e militare italiano, decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Nacque a Savignano sul Rubicone il 2 maggio 1917,[2] figlio di Giovanni e Virginia Morigi. Seguì la famiglia quando si stabilì a Rimini dove iniziò gli studi di perito elettrotecnico, che poi concluse a Forlì.[1] Appassionatosi al mondo dell'aviazione, il 1 novembre 1938 si arruolò nella Regia Aeronautica, entrando nella Regia Accademia Aeronautica di Caserta, Corso Turbine.[1] Conseguì il brevetto di pilota d'aeroplano su velivolo da addestramento Breda Ba.25, e poi di pilota militare. Uscito dall'accademia con il grado di sottotenente nell'agosto 1941,[1] in piena seconda guerra mondiale, venne promosso tenente, e nel luglio 1942 assegnato all'84ª Squadriglia,[3] 10º Gruppo, del 4º Stormo Caccia Terrestre allora schierato in Africa settentrionale italiana.[4] A quel tempo la squadriglia era equipaggiata con i nuovi monoplani Aermacchi C.202 Folgore.[5] A partire dal mese di agosto[6] i due gruppi caccia dello stormo, il e il 10°, schierati sull'aeroporto di Fuka sud (Aeroporto militare di Sidi Haneish),[3] si misero a protezione del settore di El Alamein.[4] Il 6 ottobre rimase lievemente ferito durante il rientro da una missione di ricognizione, a causa dell'incompleta fuoriuscita del carrello d'atterraggio.[7] L'11 agosto prese parte ad un combattimento contro 15 velivoli avversari, reclamando il danneggiamento di due di essi.[7] Tra il 7 e l'8 ottobre i due gruppi impegnarono combattimento contro una formazione nemica composta da 18 bombardieri Douglas A-20 Boston scortati da 20 Curtiss P-40 e altrettanti Supermarine Spitfire, abbattendone dodici.[7] Il giorno 21 i pochi velivoli efficienti[N 1] decollarono per impegnare combattimento contro una forte formazione nemica composta da 40 bombardieri A-20 Boston, scortati da 40 caccia P-40 e Spitfire.[7] Nel violento combattimento che ne seguì abbatte due caccia nemici ma il suo aereo venne centrato da una raffica di mitragliatrice che lo colpì ad entrambe le gambe, amputandogliene una e maciulando l'altra. Lanciatosi con il paracadute nei pressi di El Daba fu subito soccorso da una pattuglie di bersaglieri, che dopo essersi da solo legato i troncone per ridurre l'emorragia, lo misero su di un automezzo diretto ad un ospedale da campo, ma purtroppo decedette durante il tragitto a causa della grave perdita di sangue.[7] Per onorarne la memoria fu decretata la concessione della Medaglia d'oro al valor militare, massima onorificenza italiana.[8]

Sepolto inizialmente nel cimitero militare denominato Quota 35, dopo la fine del conflitto, per opera soprattutto di Paolo Caccia Dominioni i suoi resti furono recuperati e traslati nel Sacrario militare italiano di El Alamein.[1]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Pilota da caccia, in breve tempo dava chiara testimonianza di fervore di combattente, di schietto ardimento e d’ineguagliabile abnegazione. Durante una rischiosa azione di mitragliamento su un campo nemico, era costretto, in seguito ad avarie, a salvarsi col paracadute. Con temerarietà consapevole, onde evitare la discesa in terra nemica, si lanciava sul mare e, dopo sei ore di nuoto, sotto l’incessante infuriare del fuoco avversario, raggiungeva il nostro territorio. Successivamente, in giornata di cruenti combattimenti aerei, affrontava, solo contro tanti, una formazione da caccia. Nell’impari asperrima lotta abbatteva due avversari finché più volte colpito, con una gamba asportata e l’altra frantumata, riusciva, con un supremo sforzo, ad affidarsi al paracadute. Giunto a terra, ai primi accorsi dichiarava fieramente di aver vinto e, chiesti dei lacci, provvedeva da se stesso a legare il troncone della gamba sopportando, con romano stoicismo, il lancinante dolore. Poco dopo per il generoso sangue gorgogliato a rivoli dalla carne straziata, si chiudeva in un alone di gloria la sua eroica vita.»
—  Cielo dell’Africa Settentrionale italiana, agosto -21 ottobre 1942.
— Regio Decreto 28 giugno 1943[9]
  1. ^ Pilotati da Lucchini, Annoni, Giannella, Perdoni, Ugazio, Moretto, Maggini, Caregnato, Milella e Bevilacqua.
  • (EN) Giorgio Apostolo, Giovanni Massimello, Italian Aces of World War 2, Botley, Osprey Publishing Company, 2000, ISBN 1-84176-078-1.
  • Antonio Duma, Quelli del Cavallino Rampante, Roma, Editore Dell'Ateneo, 1981.
  • (EN) Chris Dunning, Combat Units od the Regia Aeronautica. Italian Air Force 1940-1943, Oxford, Oxford University Press, 1988, ISBN 1-871187-01-X.
  • I reparti dell'Aeronautica Militare, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Aeronautica, 1977.
  • Giulio Lazzati, Stormi d'Italia - Storia dell'aviazione militare italiana, Milano, Ugo Mursia Editore, 1975, ISBN 978-88-425-4079-3.
  • Medaglie d'Oro al Valor Militare, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Aeronautica, 1969.
  • Gianni Rocca, I disperati - La tragedia dell'aeronautica italiana nella seconda guerra mondiale, Milano, 1993, ISBN 88-04-44940-3.
  • Franco Pagliano, Storia di diecimila aeroplani, Milano, Edizioni Europee, 1954.
  • Gaetano Rossi, Una vita stoica sigillata in un alone di gloria, in Ariminum, n. 6, Rimini, Grafiche Garattoni s.r.l., novembre-dicembre XIX, pp. 18-22.