114 Disse Morgante: Tu sia il ben venuto:
Ecco ch’io arò pure un fiaschetto allato,
Che da due giorni in qua non ho bevuto;
E se con meco sarai accompagnato,
Io ti farò a cammin quel ch’è dovuto.
Dimmi più oltre: io non t’ho domandato,
Se se’ Cristiano, o se se’ Saracino,
O se tu credi in Cristo o in Appollino.
115 Rispose allor Margutte: A dirtel tosto,
Io non credo più al nero ch’all’azzurro,
Ma nel cappone, o lesso, o vuogli arrosto,
E credo alcuna volta anche nel burro;
Nella cervogia, e quando io n’ho, nel mosto,
E molto più nell’aspro che il mangurro;
Ma sopra tutto nel buon vino ho fede,
E credo che sia salvo chi gli crede.
116 E credo nella torta e nel tortello,
L’uno è la madre, e l’altro è il suo figliuolo;
Il vero paternostro è il fegatello,
E posson esser tre, e due, ed un solo,
E diriva dal fegato almen quello;
E perch’io vorrei ber con un ghiacciuolo,
Se Macometto il mosto vieta e biasima,
Credo che sia il sogno o la fantasima.
117 Ed Appollin debb'esser il farnetico,
E Trivigante forse la tregenda;
La fede è fatta, come fa il solletico:
Per discrezion mi credo che tu intenda:
Or tu potresti dir ch’io fussi eretico:
Acciò che invan parola non ci spenda,
Vedrai che la mia schiatta non traligna,
E ch’io non son terren da porvi vigna.11
118 Questa fede è come l’uom se l’arreca:
Vuoi tu veder che fede sia la mia?
Che nato son d’una monaca greca,
E d’un papasso in Bursia là in Turchia;
E nel principio sonar la ribeca12
Mi dilettai, perch’avea fantasia
Cantar di Troia, e d’Ettore e d’Achille,
Non una volta già, ma mille e mille.