18 Or questo è quel ch’a Rinaldo dolea,
Che si fussi partito il conte Orlando,
Chè sanza lui di camparlo temea;
Pur la sua gente veniva assettando.
E Gallerana, che gliene ’ncrescea,
Ognidì Carlo veniva pregando
Che Ricciardetto libero lasciassi,
Acciò che Orlando in corte ritornassi:
19 E non tentassi tanto la fortuna,
E non credessi tanto al conte Gano;
E se mai grazia far gli debbe alcuna,
Che Ricciardetto gli dessi in sua mano.
Ma non poteva ancor per cosa ignuna
Rimuover dall’impresa Carlo Mano.
Rinaldo pur quel che seguissi aspetta,
E tuttavia la sua brigata assetta.
20 Era già presso il giorno deputato,
E Smeriglione e Vivian di Maganza,
Come Carlo avea detto hanno ordinato;
E Ganellone avea tanta arroganza
Ch’ognun che priega è da lui minacciato:
Lo ’mperador gli avea dato baldanza;
Tanto che Namo per nulla non v’era,
E per isdegno n’era ito in Baviera.
21 E Berlinghieri, ed Ottone, ed Avino
S’eron partiti, Avolio, e Salamone,
E ’l figliuol del Danese, Baldovino,
Veggendo a Gano tanta presunzione;
Erminion, che fu già Saracino,
Era con Carlo pien d’afflizione;
E l’amico d’Astolfo Lionfante,
Famoso e degno e gentile ammirante.
22 Evvi Morgante con la damigella
Meridiana e col suo concestoro;
Ognun di Ricciardetto assai favella,
Che Carlo a torto gli dava martoro:
Gan da Pontier sua baronia appella,
Quando fu tempo, e comandava loro,
Che Ricciardetto subito legassino,
E ’n sul fiume di Sena lo ’mpiccassino.