13 Uscendo un dì d’una zambra la dama,
Rinaldo s’accorgea di questo fatto,
E Ulivier segretamente chiama:
Che fai tu? disse, tu mi pari un matto.
Ulivier gli contò tutta la trama,
Com’ella è battezzata, e con che patto.
Rinaldo disse: Se Cristiana è certa,
Fa che la cosa almen vadi coperta.
14 Or lasciamo Ulivier fornir la danza,
E riposarsi alquanto, e gli altri ancora,
E ritorniamo al signor di Maganza,
Gan da Pontier, che non si posa un’ora.
Avuto avea del suo messo certanza,
Come impiccato fu sanza dimora
Da Carador, onde n’ha gran tormento,
E pensa pur qualch’altro tradimento.
15 E perch’egli era maestro perfetto,
Si ricordò d’un gran re saracino,
Lo quale Erminion per nome è detto,
Nimico di Rinaldo paladino;
Perchè Rinaldo6 gli fe già dispetto,
Quando dette la morte al re Mambrino:
Perch’egli avea per moglie la sorella,
Detta dama Clemenzia savia e bella.
16 Avea più tempo questa donna eletta,
Come fanno le moglie col marito,
Pregato che far debba la vendetta;
Erminion non l’avea consentito,
Come colui che luogo e tempo aspetta,
Siccome savio, a pigliar tal partito:
Gan da Pontieri avea per alfabeto
Ogni trattato palese e segreto.
17 E dov’e’ possa seminar discordia,
Nol ritenea pietà nè conscienzia,
Chè lo facea sanza misericordia;
Sapea il pensier della dama Clemenzia:
E scrisse un brieve, e dopo lunga esordia,
Gli ricordò l’oltraggio e violenzia
Del buon Rinaldo, e che non debba starsi,
Però ch’egli era il tempo a vendicarsi.