La nuova Stazione Centrale delle Ferrovie lombardo-venete
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NUOVE COMUNICAZIONI
PER MEZZO DI CANALI, STRADE FERRATE
E PONTI DI FERRO.
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La nuova stazione centrale delle ferrovie
lombardo-venete.
È insorta in questa mese un gravissima questione sulla scelta della località più opportuna per collocare in Milano, o presso Milano, la grande stazione centrale delle strade ferrate lombardo-venete. La quistione si rese ancor più complicata da che si pensò di trovar modo di associarvi anche la residenza della nuova dogana centrale del regno.
Per poter combinare questi due importanti rami di pubblico servizio occorre una superficie di terreno non minore di un chilometro quadrato: ed un’area così vasta non si può apprestare in nessuna parte interna della città. La collocazione interna della stazione centrale delle ferrovie offre altresì il gravissimo incomodo, di dover far entrare ad angolo convergente tutti i convogli delle ferrovie, per farli poi uscire con grave incomodo, ponendo le locomotive a spinta e non a traino e sciupando così macchine, denaro e tempo in modo da incagliare il libero e spedito corso di convogli che hanno per Milano il solo transito. Per collocare la stazione centrale all’esterno, ma in grande contiguità alla città si era divisato dalla Compagnia delle strade ferrate di porla nell’attuale sede del Lazzaretto che sorge all’uscita del corso di Porta Orientale. Questo progetto fu assai mal sentito dalla popolazione milanese, e le Società d’incoraggiamento delle scienze, lettere ed arti fattasi in ciò interprete del pubblico voto dirigeva alla Rappresentanza municipale l’indirizzo che qui riproduciamo.
“La voce corsa che l’impresa delle strade ferrate lombardo-venete voglia collocare la stazione centrale di Milano più o meno prossimamente al giro esterno delle mura tra la Porta Orientale e la Porta Nuova, estendendola dal fianco dello stradone di Loreto sino al Naviglio della Martesana, ha indotto la Società d’incoraggiamento di scienze, lettere ed arti ad esprimere il suo voto in affare di sì grave interesse comune, e pel quale vivamente si è commossa in questi giorni l’opinione del paese. Persuasa che, ove trattasi di pubblico servizio e di comodità cittadina, nessuna opinione può riputarsi superflua, che anzi è dalla somma delle opinioni degli interessati che risultar deve in tal caso il giudizio sull’opportunità delle opere; persuasa inoltre di farsi essa stessa interprete del voto generale del paese, manifestandosi con non dubbii indizii intorno al progetto annunziato, la Società, dopo aver ponderato le varie ragioni di convenienza e d’utilità pubblica che persuadono o sconsigliano dall’eseguire la stazione nel luogo prescelto, fu concorde nel riprovare un tal progetto. In questo voto venne confermata dalla convinzione che il lungo tratto di circuito della città compreso fra le linee delle ferrovie può offrire altri punti idonei alla stazione senza aggravio considerevole di difficoltà, e colla medesima opportunità di pubblico servizio, fors’anco col vantaggio d’una posizione interna e meno lontana dal centro della città: laonde, rimossa l’obbiezione di una necessità insuperabile, restò solo a giudicare e condannare lo sconcio recato da quel progetto al luogo più ameno della città, al solo luogo predispoto dalla natura, dall’arte, dal costume al convegno quotidiano dei cittadini. A fronte del danno irreparabile che quella stazione porterebbe al geniale passatempo del corso, disturbando i socievoli ritrovi, e salubri passeggi, e quelle consuetudini di lusso e d’eleganza, che, se sono ornamento, sono anche, e molto più, vitale prosperità di un paese, la Società non potè tener conto delle poche agevolezze che quel punto, più degli altri, poteva offrire pel collocamento della stazione. La Società non saprebbe comprendere che, mentre si pone ogni cura ad abbellire quel luogo, mentre con notevole dispendio si appresta all’uno dei lati del bastione un pubblico giardino destinato a ricreare la vista, e a dare mite e salubre ricetto nei calori estivi, dall’altro lato, che è il solo aperto al prospetto dei monti, si lasciasse intercettare l’aria e la luce, e coll’ingombro, collo strepito, col denso fumo delle officine e delle macchine si facesse fuggire la popolazione ivi chiamata ad esilararsi. Altre considerazioni di civico decoro per la conservazione di un edifizio singolare e memorabile nella storia, qual’è il Lazzaretto, s’aggiunsero ad aumentare nella Società la ripugnanza pel progetto che vorrebbesi eseguire. Per il che la Società, stimando suo debito manifestare un voto che fosse al tempo stesso indizio espresso del voto generale dei cittadini, convenne con apposita deliberazione di riprovare quel progetto, il quale, senza un’assoluta necessità, deturpa e danneggia la città, e volle che a questa sua protesta fosse data la maggiore possibile notorietà".
Il municipio non mancò di far valere questa nobile protesta de’ cittadini e ci è caro di far noto che il pubblico voto sarà esaudito.
Rimane ore a decidere da qual parte l’impresa potrà trovare un’altra località per la proposta stazione. Essa sarebbe disposta a portarla al di là del Lazzaretto, e alla distanza di 500 metri della città, per cui sarebbe distante dal centro di Milano a 2400 metri. Alcuni ingegneri proporrebbero invece la località esterna al corso di Porta Tosa, ma pare si tema l’insalubrità di quel quartiere ove non è possibile scavar cave sotterranee per magazzini. Altri proporrebbero quella parte di terreno che sta di fianco alla piazza d’armi dirimpetto all’Arena, ove collocherebbesi anche la dogana.
Noi temiamo che nessun ingegnere possa sciogliere il troppo intricato problema di voler concentrare in un punto solo una stazione unica per tutta la rete delle ferrovie lombardo-venete, un’unica officina per le macchine, un unico emporio di merci ed un’unica dogana. L’esecuzione edilizia di questi quattro progetti riuniti esige non un chilometro quadrato di terreno, ma quasi lo spazio che occorre per una mezza città, e la convergenza in un unico sito di tanti e sì diversi servigi invece di dare i comodi di un’istituzione grandiosa e ordinata, darà piuttosto tutti gli incomodi ed i pericoli di una nuova torre babelica. Caveant Consules!
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