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L'editto su le feste

Da Wikisource.
Giuseppe Gioachino Belli

1836 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu corone di sonetti letteratura L'editto su le feste Intestazione 9 dicembre 2022 75% Da definire

A cquela fata de la Ssciuzzeri L'incennio ne la Mèrica
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1836
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L'EDITTO SU LE FESTE.1

1.

     Hai ’nteso che ccarezze hanno intimato
A cchi opre bbottega in ne le feste?
Caristie, guerre, terremoti, peste,
E antre2 a ggenio suo der Vicariato.3

     O cchiese o spezziarie: fora de queste
Drento Roma ha da stà ttutto serrato.
Guai chi sse move!4 guai chi ppijja fiato!
Guai chi pporta un zomaro co’ le sceste!5

     E nnò mmuli, e nnò bbovi, e nnò mmajali...
Inzomma a ’ggni paràfrico6 sc’è scritto
Quarche ccosa de bbestie o dd’animali.

     Vedi un po’ ssi7 de bbestie è nnescessario
De parlanne8 sei vorte9 in un editto,10
E ssette co’ la firma der Vicario!

21 febbraio 1836


Note

  1. Editto sull'osservanza delle feste, pubblicato dal Cardinale C. Carlo del principi Odescalchi (Vicario di Gregorio XVI) il 18 febbraio 1836, e ritirato il dì 20, secondo il consueto stile del Goventuo pontificio. Questo editto, farà epoca per la sua singolarità, e resterà famoso non meno che l’altro celebre emanato nel 1831 dal cardinale Tommaso Bernetti, Segretario di Stato dello stesso Pontefice, contro i ribelli [V. la nota 4 del sonetto: Uno mejjo dell'antro, 27 genn. 32, e la nota 6 del sonetto: Er governo ecc., 5 apr. 34], e come il celeberrimo del cardinale Antonio Pallotta, Legato a latere di Leone XII, per la estirpazione de’ malviventi nella provincia di Marittima e Campagna. [V. la nota 29 del sonetto: Li Cardinali ecc., 20 apr. 35.] Anzi, circa la faccenda de’ flagelli, ora meritati ora immeritati da questa Santa Città, è bene di confrontare le parole del nostro odierno editto sulle feste e di quella dell’anno 1835 sul cholera. [Dell'editto sul colera io non son riuscito a trovare altro che un sunto datone dal Diario di Roma del 5 agosto 1835, e nel quale, tra le altre cose, è detto che il Cardinal Vicario esorta "i Fedeli di questa metropoli a riconoscere nel morbo che aggirasi per l'Europa un flagello della divina giustizia irritata dai nostri peccati.. Nell' Archivio di Stato ho bensi trovato l'editto sulle feste, ed eccone per saggio i primi periodi: "Roma la Santa Città, quella a cui ragionevolmente volgon lo sguardo le straniere nazioni per conoscere, ed imparare il culto Religioso, che devesi al sommo Iddio, Roma, con sorpresa di tutti, profana le Solennità del Signore. Eppure Roma fu sempre distinta dalla bontà del Padre delle misericordie, e quando l'Angelo delle vendette percuote la terra, all' appressarsi alle mura di questa Citta Santa s'arresta, e nasconde il flagello. Roma dunque vorrà sempre esser distinta da Dio nella Clemenza, ed essa non solo non vorrà distinguersi nel tributargli onore, almeno ne' giorni festivi, ma di questo onore dimentica vorrà rendersi oggetto di derisione ai suoi nemici: Venerunt hostes ejus et deriserunt Sabbatha ejus? (Thren., I, c. 7.).„]
  2. Ed altre.
  3. [“Carestie, guerre, sconfitte, saccheggi, e pestilenze sono i castighi.... chiaramente preparati contro i violatori, e profanatori del giorno Santo.„ Editto cit.
  4. Chi si muove. [L'editto infatti proibisce “ogni lavoro sia in Città, che in Campagna„ e anche “nell'interno delle case,„ con questa comminatoria: “qualunque più piccola trasgressione sarà punita la prima volta con la multa di scudi venticinque, della quale una quarta parte sarà data in premio alla forza, o al delatore, che sarà tenuto occulto„ ecc.]
  5. Un somaro colle ceste.
  6. Ad ogni paragrafo.
  7. Or vedi se.
  8. Di parlarne.
  9. Sei volte.
  10. [La parola bestie ci si incontra realmente sei volte, cioè: due nel primo paragrafo della prima parte; e due nel nono e altre due nel tredicesimo della seconda.]
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2.

     Ecco: a ppunta de ggiorno, sor Mattia,
Ve piantate a la bbéttola: sce1 state
Fin che sse2 chiude a ssedisci sonate;
E a ssedisci ve s’opre l’osteria.

     So'3 a vventi in punto l’osterie serrate?4
E a vvent’ora sc’è ggià la trattoria.
Ariusscite de cqui a la vemmaria?5
E ggià cquel’antre dua so'6 spalancate.

     E mmica lo dich’io: parla l’editto.
Leggetelo, e vvedete, avenno7 testa
Si8 cc’è rraggione de stà9 ttanto affritto.10

     Inzomma cqua la concrusione è cquesta,
Che in parole latine sce sta scritto:
Vennero l’osti a ccojjonà la festa.11


27 febbraio 1836


Note

  1. Ci.
  2. Si.
  3. Sono.
  4. L’orario indicato in questi versi è riferito al punto del mezzodì italiano, che intorno alla data della pubblicazione dell’editto (18 febbraio) cadeva sulle ore 18. Quindi le 16 ore e le 20 ore, vogliono rappresentare le 10 antimeridiane e le 2 antimeridiane, espresse nell’editto per due ore avanti il mezzodì per due ore dopo, onde dare una norma fissa ad un popolo ignaro dell’orologio astronomico. Quindi per gli altri tempi dell’anno si dovrà qui sostituire un altro computo d’ore romane colla stessa scala di relazione al mezzodì.
  5. All’ave-maria.
  6. Quelle altre due sono.
  7. Avendo.
  8. Se.
  9. Di stare.
  10. Afflitto. [Infatti l’editto, nella parte intitolata: Quello che si permette, e si tollera nelle feste, contiene tra le altre queste prescrizioni: "I Trattori presi nello stretto senso non potranno aprire il loro negozio prima del mezzo giorno, ma sono abilitati quindi a tenerlo aperto per il rimanente della giornata, e ciò in riguardo a quella classe di persone da cui le vere Trattorie sono frequentate, in ispecie agli Esteri, dei quali abbonda sempre questa vasta Dominante, e che sono usi a pranzare nelle diverse ore pomeridiane, anche inoltrate. — Gli Osti cucinanti poi, benchè abbiano la patente come i Trattori, ma in effetto tali realmente non sono, potranno aprire le Osterie due ore prima del mezzo e chiuderle due ore dopo, senza che possano per il rimanente del giorno festivo riaprirle prima delle ore 24. I Bettolieri potranno restare aperti fino alle due avanti il mezzo giorno, per riaprire poi alle ore 24 fino alle due della sera.,, Il Belli dunque, nel suo curioso computo, non ha alterato d’un ette le prescrizioni del Cardinal Vicario; sul quale, per gustar meglio questo e il precedente e il seguente sonetto, sarà bene veder l’altro: Er Vicario novo, 3 apr. 35.]
  11. Fra le citazioni bibliche del nostro editto si legge questa dei Treni di Geremia, I, c. 7: Venerunt hostes ejus, et deriserunt Sabbatha ejus. [V. la nota 1 del sonetto precedente.]