Nel teatro del Mondo
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V
PER LO MEDESIMO.
Nel teatro del Mondo
Sorse Calvino, e passeggiò la scena;
Ma quel furor profondo,
Onde l’alma infernal sempre ebbe piena,
5Scoprir non volle, ed in mentito aspetto
Egli celò l’atrocità del petto.
In sulle dotte carte
Fissò lo sguardo, indi con ciglia arcate
Giva insegnando l’arte
10A’ mali accorti cor della bontate;
E divulgò, ch’egli faceva impresa
Di rabbellire, e riformar la Chiesa.
O cloaca, o sentina!
Profanar, bestemmiar, dar sepoltura
15All’immortal dottrina,
Non lasciar su gli altari Ostia sicura,
E sul cammin del Ciel non segnar orma,
Dunque oggidì s’appellerà riforma?
Riformar? con quai modi?
20Con sonar trombe? con armar guerrieri?
Con rapine? con frodi?
Con empier di lussuria i monasteri?
Con cacciar le Reliquie entro gli abissi?
Con far segno a saette i Crocifissi?
25Tu fra bicchieri immensi
Ebbro di birra l’altrui vita emendi?
Sull’altrui ben tu pensi?
Di vizio, e di virtù cura tu prendi?
Tu rivolgi in pensier vita celeste?
30Tu? de’secoli nostri incendio e peste?
Muse, cotante prove
Cotanto empie, e furor cotanto indegno
Il vostro cor non move
A vivi esempj di mortal disdegno?
35Su scagliate da voi Castalie cetre,
E v’armino la destra archi e faretre.
Forse, che in cielo ei saglia,
Per voi s’aspetta? e che nel campo eterno
Ei disfidi a battaglia,
40E tragga dal suo seggio il Re superno?
Da cotante empietà ragion nol mosse;
Fatto l’avria, se a lui possibil fosse.