“Re e Popolo inaugurano oggi in Roma il monumento simboleggiante il Riscatto e l’Unità d’Italia”
Un titolo di marcato sentire patriottico quello che campeggia sulla prima pagina del quotidiano romano “Il Messaggero”, del 4 giugno 1911, che saluta l’inaugurazione a piazza Venezia del Vittoriano, noto anche come monumento nazionale a Vittorio Emanuele II, il sovrano protagonista della storica impresa di riunificazione del Regno d’Italia.
A tenere a battesimo l’opera è Vittorio Emanuele III, nell’ambito dei festeggiamenti per il cinquantenario dell’Unità d’Italia (1861-1911), che coinvolgono anche la città di Torino, in qualità di prima capitale del neonato regno. Un evento nell’evento, che vede sfilare per le strade di Roma un corteo di 8mila sindaci.
E’ senza dubbio qui il cuore dei festeggiamenti. Se all’ombra della Mole, infatti, tiene banco l’Esposizione Internazionale sul lavoro e l’industria, nella città tiberina si inaugurano importanti opere destinate a modificarne profondamente l’assetto urbanistico e a conferirle l’aspetto di una moderna capitale. Dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna al Palazzo di Giustizia, dal Palazzo delle Esposizioni a tre ponti sul Tevere, oltre a preziosi interventi di sistemazione dei beni archeologici.
Il cambiamento di maggior impatto è dato dalla realizzazione del Vittoriano, che sconvolge irreversibilmente il disegno urbanistico della zona, attraverso lo smantellamento del quartiere medievale e il sacrificio di alcuni monumenti e dell’asse principale di via dell’Ara Coeli. Scelte che non mancarono di suscitare polemiche e manifestazioni di disappunto tra l’opinione pubblica e sulla stampa.
Tra i quotidiani più critici dell’epoca, “La Tribuna” del 4 maggio 1911, che titola in prima pagina “Per l’inaugurazione del monumento della terza Italia”, quella nata, appunto, in seguito alle battaglie risorgimentali. L’articolo tradisce fin dalle prime battute un tono polemico.
Va ricordato che il periodo storico coincide con l’ultima fase della cosiddetta età giolittiana, per l’esattezza all’inizio del IV governo presieduto dall’illustre politico originario di Mondovì, protagonista incontrastato di un quindicennio della scena politica italiana.
Di lì a tre mesi, incalzato dalle istanze belliciste del neonato partito nazionalista, Giolitti avrebbe portato il paese in guerra con l’impero ottomano per la conquista della Libia, distraendo di fatto ingenti risorse dalle numerose opere pubbliche in corso d’opera e sancendo così l’inizio della sua parabola discendente. Una scelta che vide incombere, nuovamente, lo spettro del passivo nel bilancio dello Stato.
A quest’ultimo aspetto appare riconducibile il tono critico dell’articolista de La Tribuna.
“Il domani stesso della gesta nazionale si volle vedere un segno che eternasse la memoria dell’eroico furore patriottico e fosse degno di così grande e commosso sentimento. Non importa se per un’idea si gittava una gran somma di denaro quando le finanze dello Stato erano esauste e tutte le opere pubbliche d’Italia da fare o da rifare; anche la bellezza è un bisogno dell’anima popolare e voleva un solenne sacrificio.”
Più sotto viene ricostruito l’excursus storico dell’“opera grandiosa”, con la quale “i patrioti e il popolo tutto si trovarono concordi sulla scelta di onorare l’Uomo e l’Idea”.
Dalla legge del 1878, ispirata dal ministro Zanardelli, ai due concorsi internazionali per individuare il progetto più valido, fino alla figura di Giuseppe Sacconi, l’architetto marchigiano che realizzò l’opera.
Anche qui le polemiche non mancano. Il quotidiano romano, stavolta, punta il dito contro lo snaturamento dell’originario progetto del Sacconi, che invece rappresentava l’”affermazione di un ingegno possente e geniale”, che “se fosse sorto tal quale, l’Italia avrebbe ora uno dei monumenti più mirabili d’ogni tempo”. Il cambiamento, secondo il giornale, non era ascrivibile a un gusto mutato dell’artista, bensì ai problemi di natura tecnica - legati alla scarsa compattezza delle pendici del colle su cui doveva sorgere - e ai propositi utilitaristici dei governanti. In tal senso, secondo l’articolista, l’opera risulterebbe “italianissima”, in quanto specchio fedele della storia dell’evoluzione politica italiana dal Risorgimento al primo decennio del Novecento.
Meno di un secolo dopo il Vittoriano è ancora il simbolo dell’unità nazionale, luogo solenne del cerimoniale che il 2 giugno di ogni anno caratterizza la Festa della Repubblica, nel corso del quale il Presidente della Repubblica depone una corona d’alloro sull’Altare della Patria, alla memoria del milite ignoto.
Si conferma dunque quale fulcro delle celebrazioni per l’Unità d’Italia, di cui nel 2011 cade il 150° anniversario. In vista di tale evento, l’edificio di piazza Venezia ospiterà il centro informativo espositivo sulla ricostruzione delle celebrazioni passate oltre che sul cartellone di iniziative che avranno luogo in diversi punti dello Stivale.
Ecco come annuncia l’apertura del centro il quotidiano “la Repubblica” del 4 giugno 2008:
“Con immagini, manifesti, documenti, filmati dei giubilei del 1911 e del 1961 si sono aperti a Roma gli spazi del Centro Espositivo-Informativo del Vittoriano dedicati al 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che saranno arricchiti nei prossimi anni con le molteplici iniziative infrastrutturali che accompagneranno le celebrazioni. E le prime imprese partiranno proprio entro giugno, con l’avvio dei lavori per la realizzazione del Palazzo del Cinema di Venezia, del nuovo Auditorium di Firenze, dei parchi della Dora a Torino”.
Scrivi un commento
Per inviare un commento devi fare il login.