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Giuseppe Verdi

musicista e compositore italiano (1813-1901)

Giuseppe Fortunino Francesco Verdi (1813 – 1901), compositore italiano.

Giuseppe Verdi in un ritratto di Giuseppe Boldini

Citazioni di Giuseppe Verdi

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  • A noi italiani la musica vocale; quella strumentale ai tedeschi.[1]
  • Copiare il vero può essere una buona cosa, ma inventare il vero è meglio, molto meglio.[2]
  • Discendendo jeri con Boito e Du Locle dallo scalone dell'Eden Hôtel di Nervi, dissi «Ecco la scena del II atto d'Otello!» L'atrio di quell'albergo è grandioso, e bellissimo. Ha tre grandi finestroni; al di là un giardino (ancor giovine) di là del giardino, il mare.[3]
  • Gli artisti veramente superiori giudicano senza pregiudizi di scuole, di nazionalità, di tempo. Se gli artisti del Nord e del Sud hanno tendenze diverse, è bene siano diverse.[4]
  • Hanno molto torto quelli che si permettono di servirsi del mio nome per farmi dire sul conto tuo quello che non ho mai detto, né potevo dire. Tu sai, e tutti sanno quanta stima io abbia del tuo talento e come compositore e come concertista. Questa verità a tutti nota, avrebbe dovuto mettere un freno alle lingue troppo pronte a mentire.[5]
  • Insomma fate tutto quello che volete, ma non quel diavolo di Bombardone che non si unisce cogli altri.[6]
  • Io non posso ammettere, né nei cantanti, né nei direttori la facoltà di creare, che come dissi prima, è un principio che conduce all'abisso.[7]
  • Io... vorrei che il giovane quando si mette a scrivere, non pensasse mai ad essere né melodista, né realista, né idealista, né avvenirista, né tutti i diavoli che si portion queste pedanterie. La melodia e l'armonia non devono essere che mezzi nella mano dell'artista per fare della Musica, e se verrà un giorno in cui non si parlerà più né di melodia né di armonia né di scuole tedesche, italiane, né di passato né di avvenire ecc. ecc. ecc. allora forse comincierà il regno dell'arte.[8]
  • La Capitale! Ma è egli possibile Napoli per capitale dell'Italia? Poi qual meschina idea?! Ma questo per Dio, non è amor patrio.[9]
  • Prima di tutto ti ringrazio dello zelo grandissimo da te dimostrato per l'esecuzione d'Aida, e mi rallegro teco del talento nell'interpretare la medesima.[10]
  • Si rinunci per moda, per smania di novità, per affettazione di scienza, si rinneghi l'arte nostra, il nostro istinto, quel nostro fare sicuro spontaneo naturale sensibile abbagliante di luce, è assurdo e stupido.[11]
  • Tornate all'antico e sarà un progresso.[12]

Citazioni su Giuseppe Verdi

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  • Alla Camera sedette sempre vicino al Sella, del quale pregiava moltissimo il carattere e l'ingegno. E mentre nelle uggiose dispute parolaie della Camera, giovanilmente linguacciuta, il Sella ingannava il tempo a fare dei bizzarri geroglifici di matematica, Giuseppe Verdi si divertiva a mettere in musica, su carta che lì per li rigava da sé, alcune frasi melense di onorevoli, ma specialmente qualche vivace interruzione. L'opera postuma del Meyerbeer[13], l'Affricana non era conosciuta ancora: onde il Verdi, senza saperlo, fu plagiario del maestro tedesco, perché più d'una volta, sul banco suo di deputato, musicò la frase corale Ai voti! ai voti! che la Camera ripete sempre così volentieri, e che il Meyerbeer espresse nel primo atto dell'Affricana con una così felice trovata. (Eugenio Checchi)
  • Amavo poco, nella mia prima giovinezza, questo artista, quasi troppo genitale per essere un artista. «Tutti i suoi personaggi – dicevo – cantano divinamente con alito vinoso». Ma quel «divinamente» lo aggiunsi più tardi. (Umberto Saba)
  • Certo a chi mi domandasse quale dei più grandi artisti nostri abbia espresso più profondamente e fedelmente di tutti quella così intima parte del sentimento individuale, sociale e nazionale, propria al nostro tempo e al nostro popolo, che il romanzo e la lirica e il dramma hanno inutilmente tentato d'esprimere intera, io risponderei che questo artista è stato Giuseppe Verdi. (Giacomo Barzellotti)
  • Chi pretende un Verdi sempre scolasticamente corretto e delicatamente accurato, bisogna che si contenti di fare a meno di Verdi (Enrico Panzacchi)
  • Di Verdi [...] si cominciò a dire che il bel canto italiano riceveva da lui l'ultimo colpo e che rovinava le voci ai cantanti; del suo stile si misero in vista le asprezze, la volgarità, la violenza. Al coro degli acclamatori insomma si oppose validamente quello dei detrattori; e a questi pareva di conceder molto quando, messo il Verdi a lunghissima distanza dal Rossini, dal Bellini e dal Donizzetti, gli abbandonavano un posto dietro il Mercadante, il Pacini e i fratelli Ricci. (Enrico Panzacchi)
  • Diede una voce alle speranze e ai lutti. | Pianse ed amò per tutti. | Fu come l'aura, fu come la polla. (Gabriele D'Annunzio)
  • [Igor' Fëdorovič Stravinskij] [...] Dirà che il "Falstaff" è opera perfetta in ogni suo elemento. Strawinsky, da vero Petruska, mutava spesso di umore e di idee, ma alla fine trovava sempre il pensiero giusto, come accadde poco dopo aver fatto la prima affermazione, allorché asserì che "Falstaff" era senz'altro un capolavoro assoluto. (Mario Rinaldi)
  • Dotato di acutissimo istinto, il Verdi comprese essere necessario liberarsi dal fascino prepotente della imitazione. Volle essere lui, e fu lui: tutto impregnato di italianità, ossequente alle tradizioni dell' opera melodrammatica del settecento e dell'ottocento, ebbe come la divinazione dei tempi nuovi; ond'è che le sue opere del primo periodo, dal Nabucco alla Luisa Miller, furono promessa, anticipazione, conferma; furono impulso vigoroso alle speranze e alle aspirazioni ancora confuse di una gente, che domandava all'arte qualcosa più di uno sterile conforto. (Eugenio Checchi)
  • Dove Verdi più che in altra cosa si affatica, è nelle prove dei suoi spartiti. Egli è addirittura inesorabile ; vuole che gli artisti ricomincino magari dieci volte un dato brano per dare alla sua musica il colorito e l'intuonazione che, scrivendola, egli intese imprimervi. (Giovanni Masutto)
  • Egli sul bianco cavallo | corse via con la sua tromba: | non è qui. (Giovanni Pascoli)
  • Giuseppe Verdi [...] è tenuto dagl'Italiani come il musicista nazionale; quantunque non abbia raggiunto la compiutezza artistica di Rossini e Bellini, i due massimi della musica italiana dell'Ottocento. (Guido Pannain)
  • Gli Artisti che a' dì nostri tengono lo scettro della Musica e colle loro creazioni occupano gli animi della Società vivente sono il Mercadante, il Meyerbeer e il Verdi. (Nicola Marselli)
  • Il "Falstaff" è veramente qualche cosa di nuovo, di inatteso, è veramente un modello creativo. (Mario Rinaldi)
  • Il veleno del dramma lirico doveva essere proprio sottile e tenace per potersi insinuare fin nelle vene di quel gigante che è Verdi! Come non rammaricarci che il grande maestro dell'opera tradizionale, giunto al termine di una lunga vita costellata da tanti autentici capolavori, abbia coronato la sua carriera con quel Falstaff che, se non è la migliore opera di Wagner, non è nemmeno la migliore opera di Verdi? (Igor' Fëdorovič Stravinskij)
  • Io so, come diceva Pasolini, so e so perfettamente che potrebbe esserci un presidente della repubblica che corrisponde a quello a cui nessuno può dire di no, perché che cos'è che è considerato e ammirato in Italia da tutto il mondo, conosciuto? Bersani? Grillo? Berlusconi? No, Donatello, Giotto, Michelangelo, Brunelleschi, Verdi, Mozart e Da Ponte. (Vittorio Sgarbi)
  • La bellezza e la forza di sua vita, | che parve solitaria, | furon come su noi cieli canori. | Egli trasse i suoi cori | dall'imo gorgo dell'ansante folla. (Gabriele D'Annunzio)
  • Nella notte così gli eterni spirti | riconobbero il Grande | cui sceso era pe' tempi il lor retaggio. | Il titano giacea senza ghirlande, | senza lauri né mirti, | sul coronato del suo crin selvaggio. (Gabriele D'Annunzio)
  • Non si vive di Ricordi. Solo Giuseppe Verdi c'è riuscito.[14] (Marcello Marchesi)
  • Oh! chi morì senza fine, | non ha fine, non è spento, | non è qui. (Giovanni Pascoli)
  • Per dare un' idea della prontezza con cui il Gran Maestro mette sulla carta le sue idee musicali, ricorderò che il famoso Miserere del Trovatore fu scritto al tavolo di una locanda, non appena egli era sceso da vettura. (Giovanni Masutto)
  • Quanto alla musica poi... l'Italia ricorda e ripete.
    Fortuna per essa che i capi d'opera dei suoi grandi maestri sono davvero la musica dell'avvenire, e che essi per molto secolo ancora terranno onoratamente il campo contro l'irruzione delle nordiche armonie, innanzi alle quali il genio stesso di Verdi, sfidato o smarrito sembra arretrarsi e vacillare. (Giuseppe Guerzoni)
  • Tuttodì si ripete che il Verdi corrompe la Musica: il Verdi non corrompe la Musica, secondo il senso che ordinariamente si accorda a questa parola, ma la fa rispondere alla Società di cui è figlio; e con ciò egli e tutti i maestri della nuova Scuola tengono ancor viva l'Arte, ajutano lo Spirito nel suo sviluppo, e appunto per questo sono degni di esser collocati nella corona degli eroi dell'Arte. (Nicola Marselli)
  • Un piccolo giardino | dove non devi entrare | e i cui uccelli (questo è l'avviso) | ti è proibito nutrire. | Verdi guarda ogni cosa | mantello di pietra sul braccio | come se stesse per lasciare | il piedistallo invaso dai piccioni. (Charles Tomlinson)
  • Quando si sarà compreso che cosa vuol significare, nella carriera prodigiosa di Giuseppe Verdi la creazione del "Falstaff", allora le dolorose vicende che viviamo nei riguardi della creazione di opere musicali, potranno anche subire una svolta. Si ha un bel dire, anche se è vero, che Giuseppe Verdi compose la sua ultima opera, ispirata al teatro di William Shakespeare e preparatagli a libretto da Arrigo Boito, "per divertirsi". (Mario Rinaldi)
  • Verdi aveva interpretato con la forza del sentimento immediato i drammi eterni della vita individuale e le aspirazioni dei popoli. Wagner si era contrapposto e sovrapposto alla vita sociale del suo tempo, alle leggi tradizionali, e si era rifugiato in un mondo mitico-fantastico, [...]. L'uno interpretava il mondo morale del sentimento, l'altro il mondo naturalistico della sensazione. (Luigi Salvatorelli)
  • Verdi. È l'artista più genitale che conosca: tanto da non essere più quasi un artista. La maggiore beatitudine della sua musica è quella di possedere la donna amata; la più grande sventura quella di perdere un essere caro. Sono le sue eterne melodie di amore e di morte. Solo eccitante concesso: il vino. Tutti i suoi personaggi cantano divinamente con alito vinoso. (Umberto Saba)
  • Voi che sotterra cercate | l'ultimo Grande d'Italia, | – era l'ombra, e il giorno è sorto – | l'ultimo Grande d'Italia, | io vi grido, non è morto, | non è qui. (Giovanni Pascoli)
  • Egli concepisce e scrive le sue opere con una rapidità prodigiosa; le pensa e le esplode come una creazione improvvisa, inattesa, quasi violenta del suo genio.
  • Il maestro Verdi in molto delle sue melodie è originale; tratta bene il recitativo non meno di Bellini e di Donizzetti; nella strumentazione spesso è vigoroso come Mercandante, scorrevole come Donizzetti, semplice come Bellini. Egli mostra possedere grandi qualità di dottrina musicale, ed il pregio maggiore della sua musica è la universalità dello stile: trionfi, cerimonie, esequie, congiure, colloqui d'amore, scene di terrore e di spavento, veramente bisogna dire che tutto ha saputo degnamente trattare e spesso dipingere.
  • Il Verdi traendo partito del meglio di ogni scuola, ha emulato l'estro patetico ed appassionato di Bellini, il fantastico di Meyerbeer, gli adagi di Donizzetti, le cabalette di Pacini. Nel tempo istesso si è fatto ammirare come il più intelligente seguace della grande scuola Rossiniana dopo il Donizzetti.
  • Tutti coloro che scrissero di lui furono unanimi nel giudicarlo uomo di coltura raffinata, conoscitore profondo della letteratura drammatica, amantissimo dell'arte, amico affettuoso e cittadino ardentissimo. In una parola tutte le qualità si trovano racchiuse in quel cuore nobile ed artistico per eccellenza.
  • La rivoluzione italiana, di cui Verdi si fa simbolo sul teatro, àltera la fisonomia del canto e quella dei cantanti. Un non so che di aspro e di selvaggio circola per le vene della musica verdiana e spinge il canto dalle zone dei pioppi e dei salici in quelle delle quercie e dei faggi.
  • Mentre il Wagner ragiona e filosofeggia coll'arte sua e il raziocinio e la filosofia della sua musica impone ai pubblici invitandoli a ragionare e a filosofare con lui, Verdi invece raccoglie la poesia del popolo nelle sue vive manifestazioni, e al popolo la ritorna col fascino di canti e di melodie; di cui la miglior prova fu appunto l'immensa popolarità.
  • Quanto trascendentale e idealmente speculativa è l'arte del Wagner, altrettanto plastica ed umana è quella del Verdi; quanto poco s'interessa il Wagner delle tendenze e del gusto dei suoi contemporanei; altrettanto ne subisce il Verdi l'influenza e ne assorbe e ne respira l'aria; quanto meno il Wagner si preoccupa del maggiore o minore grado percettivo dei pubblici o della loro più o meno viva espressione di gradimento, tanto più ne tiene conto il Verdi.
  • Verdi [...] non fu mai del resto eccessivamente austero e melanconico; egli fu sopratutto artista di genio che sentì indistintamente il bello in ogni sua espressione, tanto che, attraverso la sua musica ardente, immaginosa, robusta e talvolta michelangiolesca, guizzano, benché fugaci, fantasmi lievi e giocondi e un gaio scintillìo lampeggia nella sua tavolozza.
  • Ciò che anzitutto colpisce in Verdi è la sincerità dell'uomo e dell'artista. Tutto era schietto in lui. Schietta la sua vita, schietta la sua arte.
    Sentimenti, affetti, passioni, vincoli di famiglia, amore, amicizia, gratitudine, fedeltà ai doveri civici, attaccamento alla propria terra e alla Patria, religione, ma non meno orgoglio, inimicizie, avversioni, rancori, tutto era sentito e vissuto da lui fin nel profondo delle possibilità umane. Dolore e gioia, tormento ed estasi, serenità e disperazione, cordialità e collera, contentezza di sé e rimorso, tutto si sviluppava in lui, nella sua natura, in modo pieno e libero. Egli poteva ridere come un nume e piangere come un bambino.
  • Come Goethe, così anche Verdi imparò a conoscere attraverso il dolore le potenze celesti, che comandano sulla vita umana, sul cuore dell'uomo, sulla sorte degli uomini. Egli imparò a conoscerle apprendendo che cosa significava la distruzione del suo dolce nido lungamente vagheggiato – due bimbi e l'adorata moglie Margherita morti –; e seppe per propria esperienza quanto male e quanta miseria possono cagionare nel mondo l'invidia e i bassi intrighi e le ambizioni smodate e la volgare incomprensione e la piccina angustia di cuore. Eppure apprese anche ogni volta dalla propria esperienza la riscossa della vita, immancabile invincibile, l'incoercibile vittoriosa supremazia dello spirito.
  • Egli non smentì mai la sua discendenza contadina, mise anzi volentieri in evidenza, che in lui spuntava spesso fuori «il contadinello delle Roncole», ed ebbe una spiccata predilezione per la campagna e la vita campagnola. Forse era da contadino in lui quella sua estrema precisione e fin minutezza in questioni di danaro; e certamente il suo orrore istintivo per la pubblicità intorno al suo nome e alla sua persona. I contadini non dicono, né odono mai volentieri pronunciare il loro nome (specie di tabù). E Verdi: «mi secco io stesso quando mi nomino».
  1. Citato in Giulio Confalonieri, Come si ascolta la musica, Edizioni Rai, Torino, 1966. cap. XXII, pp. 182-183.
  2. Da una lettera a Clara Maffei, 20 ottobre 1876; citato in Franz Werfel, Verdi. L'uomo nelle sue lettere, Lit Edizioni, 2014, p. 247. ISBN 8868267217
  3. Da una lettera all'editore del 14 marzo 1887; citato in Franco Abbiati, Giuseppe Verdi, vol. IV, Ricordi, Milano, 1959, p. 328
  4. Da una lettera a Hans von Bülow, 14 aprile 1892; citato in Franz Werfel, Verdi. L'uomo nelle sue lettere, Lit Edizioni, 2014, p. 299. ISBN 8868267217
  5. Da una lettera a Giovanni Bottesini, Genova, 4 marzo 1883; citata in Sei lettere inedite di Giuseppe Verdi a Giovanni Bottesini, per cura di Teodoro Costantini, Edizioni C. Schmidl & Co., Trieste, 1908, p. 19
  6. Da una lettera a Giulio Ricordi, 24 dicembre 1871; citato in Michele Girardi e Pierluigi Petrobelli, Messa per Rossini, Istituto di studi verdiani, 1988, p. 115. ISBN 8885065082
  7. Da una lettera a Giulio Ricordi, 11 aprile 1871; citato in Marcello Conati, Verdi: interviste e incontri, EDT srl, 2000, p. 328. ISBN 8870634906
  8. Da una lettera a Opprandino Arrivabene, 14 luglio 1875; citato in Marcello Conati, Verdi: interviste e incontri, EDT srl, 2000, p. 197. ISBN 8870634906
  9. Dalla lettera a Cesare De Sanctis da Torino del 19 marzo 1861, citato in Autobiografia dalle lettere, a cura di Aldo Oberdorfer, edizione rivista da Marcello Conati, in appendice un'intervista immaginaria a Verdi di Giovannino Guareschi, Rizzoli, Milano, p. 164
  10. Da una lettera a Giovanni Bottesini, Milano, 13 gennaio 1872; citata in Sei lettere inedite di Giuseppe Verdi a Giovanni Bottesini, per cura di Teodoro Costantini, Edizioni C. Schmidl & Co., Trieste, 1908, p. 15
  11. Da una lettera a Clara Maffei, [20] aprile 1878 citato in Franz Werfel, Verdi. L'uomo nelle sue lettere, Lit Edizioni, 2014, p. 253. ISBN 8868267217
  12. Da una lettera di Verdi inviata a Francesco Florimo, 5 gennaio 1871; citato in Benvenuto Gasparoni, Enrico Narducci e Achille Monti, Il Buonarroti, Tipografia delle scienze mathematiche e fisiche, 1871, p. 51.
  13. Giacomo Meyerbeer.
  14. Si riferisce alla storica casa editrice musicale milanese Ricordi, che ebbe Verdi sotto contratto.

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