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Gian Luigi Beccaria

linguista, saggista e accademico italiano (1936-)

Gian Luigi Beccaria (1936 – vivente), linguista, critico letterario, saggista e accademico italiano.

Intervista di Lorenzo Pregliasco, treccani.it, 18 luglio 2013.

  • [Professor Beccaria, perché le parole della politica spesso hanno vita breve, o brevissima?] Perché i giornali sono un po’ come i temporali estivi: si scatenano di tanto in tanto, e inondano di parole le strade del mondo. Parole che non durano niente, passano, proprio come i temporali. E dentro l'intercambio continuo fra i giornali e i politici – i politici prestano parole, i politici prendono parole –, mi pare che si intravveda quella peculiarità tutta italiana dell'edonismo linguistico (il filone inventivo dell'«eterna funzione Gadda» illustrata da Gianfranco Contini). Ai nostri giornalisti piace molto il "teatrino", pensiamo all'ondata effimera di scilipotizzare, scilipotismo, scilipotese, espressioni che poi sono scomparse. È insomma un temporale ciclico di parole che vanno e vengono. 
  • [Di sicuro sembra rottamata la parola partito: soppiantata da Movimenti, Scelte, Poli e Popoli. Come mai?] Movimenti, Poli, Leghe, ora pare che tornerà anche Forza Italia – che peraltro nasce come slogan elettorale della Dc –. La parola partito sa troppo di "apparato", di passato, e così si ritrova a usarla soltanto il Pd. Quel che colpisce, d'altro canto, è che i giornalisti continuano a usare i nomi delle correnti: i dalemiani, i veltroniani, i giovani turchi... Il che sembra riportarci ai tempi della Prima repubblica, quando le cronache erano fitte di dorotei, pontieri, miglioristi, tutte parole oggi completamente ignote a chi non abbia vissuto quegli anni.
  • [In questo alternarsi di parole effimere ed evanescenti, resistono parole "forti", piene di significato?] È risaputo che anche le parole importanti progressivamente si svuotano, nel dibattito politico: le grandi parole, come democrazia, libertà, giustizia, sembrano aver perso la propria forza, il proprio senso. E sempre più si usano parole che soltanto in apparenza sono chiare, solide, concrete: si parla di programmi o proposte concrete – ma poi quel concreto risulta vago e generico –, di vere riforme – quali? –, di vera giustizia, seria e responsabile. Di questo passo perderemo, insieme al senso delle regole, il senso delle parole che usiamo, manipolate ogni giorno da un uso improprio: se le parole diventano vuote, obbedienti alle convenienze politiche, allora possono mentire. Ciascuna di esse, a usarla male, può racchiudere il suo contrario.

Citazioni su Gian Luigi Beccaria

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  • Apparentemente introverso, schivo, appartato come un eroe fenogliano, Beccaria ha a poco a poco acquistato confidenza con il mezzo, trasformando il suo ruolo di giudice-arbitro in quello più profondo del demiurgo della trasmissione. Sarebbe impensabile un'altra Parola mia senza la presenza rassicurante, il volto da grande caratterista, i modi poco formali del prof. Beccaria.
  • [In riferimento alla trasmissione televisiva Parola mia] [...] il vero divo della trasmissione, il maestro Manzi degli anni Ottanta, il prof. Cutolo del vocabolario.
  • Langarolo di origine, Ordinario di Storia della Lingua italiana all'Università di Torino, autore di preziosi libri sulla prosa italiana, sui dialetti, sui linguaggi settoriali, su Beppe Fenoglio, Beccaria è stato «l'insegnante più popolare e amato d'Italia», colui che ha saputo trasmettere agli spettatori il suo entusiasmo e la sua passione per la lingua italiana.

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