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Corrado Ferlaino

imprenditore, ingegnere e dirigente sportivo italiano

Corrado Ferlaino (1931 – vivente), imprenditore, ingegnere e dirigente sportivo italiano.

Corrado Ferlaino (1975)

Citazioni di Corrado Ferlaino

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  Citazioni in ordine temporale.

  • Il mio calcio è quello dei giorni in cui presidente della Fiorentina era Ugolini, 1973: acquistai Clerici sulla parola a gennaio, quando si è sempre fatto il mercato vero e ancora oggi si fa [...]. Accordo per 800 milioni. A luglio altri offrirono esattamente il doppio, in contanti uno sull'altro, ma Ugolini aveva una sola parola: l'ho già dato a Ferlaino. E non volle una lira di più. Ma al mio calcio è legato anche Carraro. Siamo nati dalla stessa radice, poi lui ha scelto le poltrone a vita, a me non sono mai interessate. Dovetti chiedere la raccomandazione più grossa della mia vita per farmi togliere dalle liste della Dc, che mi candidava a sindaco di Napoli. Non c'entrava il partito, era che io seduto non so stare. Invece Carraro è maestro. Uno che è milanese e si fa eleggere sindaco di Roma, poi gli arrestano tutta la giunta per tangenti e a lui non arriva neanche una comunicazione giudiziaria, è un campione del mondo. Il fatto è che Carraro è uno che non prende in mano neanche una raccomandata: se non c'è il portinaio per firmare la ricevuta, lascia la busta al postino.[1]
  • Era il 1984, nella hall dell'albergo di Barcellona il barista non sapeva chi fossi e mi disse: "Che fregatura per il Napoli. Ha speso 13 miliardi per un ex giocatore". Io gli risposi la verità: "Per Maradona avrei speso anche il doppio". Diego è stato il più grande campione e il più grande affare della storia del calcio. Lui dice che non mi ama, ma io so cosa dice il suo cuore. Sono stato il suo carceriere, l'ho tenuto per sette anni e prima e poi mai era stato più di due anni in un posto. Si può amare il tuo carceriere?[1]
  • A Stoccarda [nella finale di ritorno della Coppa UEFA 1988-1989] il Napoli giocò una partita che tuttora mi emoziona. Fu una gara memorabile, il solo ricordo mi fa venire i brividi.[2]
  • Ho dedicato 33 anni della mia vita al Napoli, ossia buona parte della mia esistenza ed i ricordi sono a migliaia e speciali. Ma i ricordi vanno riposti: la vita inizia sempre domattina. Un grande rimpianto è Gianluca Vialli: lo avevo praticamente acquistato ma la stampa lo scoprì e pubblicò la notizia. Successero storie a Genova ed il presidente blucerchiato di allora si ritirò e non me lo vendette più. Cosa vuol dire aver avuto Maradona in squadra? Diego calcisticamente ha rappresentato un grosso successo del Napoli, del club, di tutti i tifosi partenopei. Ci eravamo abituati a vederlo giocare con noi e non ci rendevamo conto di quanto fosse grande. Ogni partita che giocava diventava una cosa da antologia. Sono ricordi davvero unici.[2]

Ferlaino: così Maradona evitava l'antidoping

Intervista di Toni Iavarone, Il Mattino, 11 settembre 2003, p. 44.

  • [...] Maradona l'ho salvato decine di volte. Con l'antidoping soprattutto. [...] dalla domenica sera al mercoledì Diego, come qualcun altro del Napoli, soprattutto calciatori giovani, era libero di fare quel che voleva, ma il giovedì doveva essere pulito, non so se mi spiego. Del resto, basta non assumere cocaina per un certo periodo di tempo perché questa non risulti alle analisi del dopo partita. [Il general manager] Moggi, [il massaggiatore] Carmando, il medico sociale chiedevano ai giocatori se erano a posto, allora non sapevo cosa accadeva, però qualche anno dopo sono venuto a conoscenza che si adottava un trucco: se qualcuno era a rischio gli si dava una pompetta contenente l'urina di un altro, l'interessato se la nascondeva nel pantalone della tuta e quando entrava nella stanza dell'antidoping, invece di fare il suo "bisognino" versava nel contenitore delle analisi l'urina "pulita" del compagno. Nonostante questo, Diego quel giorno del 1991 fu trovato positivo, Moggi gli aveva chiesto se era in condizione e lui rispose: sì lo sono, va tutto bene. Il fatto è che i cocainomani mentiscono a se stessi. Risultò positivo e quando l'allora presidente [della Lega Nazionale Professionisti] Nizzola mi chiamò in via confidenziale per darmi la notizia fu troppo tardi. Insistetti, gli dissi: presidente dimmi cosa posso fare, ma lui rispose: ormai non puoi fare più nulla.
  • [«[...] torniamo al Napoli di allora, solo Maradona era a rischio?»] Anche qualche giovane, per loro era una moda non un vizio, sniffavano il lunedì e poi basta. Qualcuno però si fece prendere la mano. Ricordo che dovemmo telefonare al padre e farlo venire di corsa a Napoli. Questi, un tipo rude, riempì di botte il figlio e poi gli disse: se ci riprovi ti spezzo le gambe così non giochi più a calcio.
  • [Sul campionato di Serie A 1989-1990] Quello scudetto me lo ricordo bene per vincerlo dovetti impegnarmi molto. [...] Fu importante la partita Verona-Milan. Allacciai buoni rapporti con il designatore Gussoni. Il Milan aveva un arbitro molto amico: Lanese, detto "milanese". A noi, invece, era molto vicino Rosario Lo Bello e lo era perché meridionalista convinto. Il campionato si decise il 22 aprile: il Milan giocava a Verona, Gussoni designò Lo Bello per quella partita; successe di tutto, espulsioni, milanisti arrabbiati che scaraventavano le magliette a terra: persero 2-1. Noi vincemmo serenamente a Bologna per 4-2 e mettemmo in tasca tre quarti di scudetto. [«E la monetina di Alemao [in Atalanta-Napoli]?»] Fu colpito, forse ingigantimmo l'episodio, ma la partita era comunque già vinta a tavolino. Facemmo un po' di scena. L'idea fu di Carmando [il massaggiatore]. Alemao all'inizio non capì, lo portammo di corsa in ospedale, gli feci visita e quando uscii dichiarai addolorato ai giornalisti: "Non mi ha riconosciuto". Subito dopo scoppiai a ridere da solo, perché Alemao era bello e vigile nel suo lettino. Ma non è finita qui: il giocatore dopo un po' ha abbracciato un'altra religione, mi sembra quella evangelista, secondo la quale la bugia è il peccato più grande. E Alemao oggi vive con quel tormento dentro.

Intervista di Marco Caiazzo, napoli.repubblica.it, 31 luglio 2016.

  • Quando comprai Savoldi per 2 miliardi, il Napoli aveva una squadra da primi posti, il bilancio in attivo e tanti soldi in banca. Potevo conservarli e pagare il 50 per cento in tasse, o investire: facemmo il record di abbonati. [«I guai iniziarono dopo lo scudetto»] Quel Napoli incassava 25 miliardi e ne pagava 35 di ingaggi. Un disastro, bisognava risparmiare su tutto, dall'acqua agli impiegati. Per questo ho avuto tanti nemici, prima di me il Napoli era un paradiso di spese. Gli ingaggi erano gravosi, per evitare le trappole del calcio scommesse mettevo premi partita altissimi: i bilanci ne hanno risentito, ma ho tenuto il malaffare fuori dal Napoli: il mio orgoglio.
  • I giocatori li ho trattati tutti allo stesso modo, sempre. Sono ragazzi furbi, approfittano dei rapporti di amicizia con i dirigenti. Per me erano tutti uguali, nel bene e nel male.
  • [«Tornerebbe nel calcio?»] No, è come con le donne: una lasciata non la riprenderei. E poi io sono passionale, guardavo soltanto il primo tempo per non rischiare l'infarto. Ho sofferto molto, non mi sono fidato di nessuno e ho fatto tutto da solo. Per 33 anni è stato uno sforzo notevole.

Intervista di Mimmo Sica, ilroma.net, 2018.

  • [«Com'era Achille Lauro?»] Un grosso personaggio, un grande napoletano che ha cercato di fare, con una mentalità forse tutta partenopea, il bene della città. Era molto geloso del Napoli e lo andavo a trovare spesso la mattina per ammorbidire questo suo modo di essere. L'ho sempre stimato e gli ho voluto molto bene. Mi dava consigli e sotto molti aspetti mi ha insegnato a fare il presidente. Un giorno gli dissi: "il Mattino mi tratta male. Che devo fare?" e lui mi rispose: "Non comprare il Mattino, comprati il Roma, che te ne importa".
  • [«Nel terzo anno della sua presidenza [del Napoli] stava per vincere lo scudetto. Accadde, però, una cosa che la sconvolse...»] La partita decisiva era Inter-Napoli a San Siro: una gara che non dimenticherò mai. Il Napoli si giocava lo scudetto e per me sarebbe stata un'esperienza incredibile. Al termine del primo tempo l'arbitro Gonella fu minacciato nel suo spogliatoio dai giocatori dell'Inter. Per tutto il secondo tempo la sua direzione di gara fu spudoratamnete tutta a favore dei padroni di casa che vinsero per 2 a 1 e noi perdemmo lo scudetto. Al termine della partita perfino Zoff, che era un gran signore, voleva picchiarlo.
  • [«Ma perché le squadre del Nord ce l'hanno contro il Napoli?»] Non lo so e non sono mai riuscito a comprendere il perché dei loro atteggiamenti negativi nei confronti del Napoli. Ricordo che una volta a Udine ero in tribuna d'onore che era sottoposta alla tribuna dove stavano i tifosi. Per tutto il tempo della partita uno spettatore mi sputò in testa al punto che al termine dell'incontro dovetti andare nello spogliatoio e farmi la doccia. Mi chiesi: "ma tutta questa saliva questo signore dove l'ha pigliata?".
  • Ho sempre ritenuto che il presidente di una squadra di calcio non può scendere nell'agone politico. Eppure se avessi voluto avrei avuto una quantità enorme di consensi e sicuramente un seggio in Parlamento.
  • Sono tifoso del Napoli e sono tifoso di Napoli. Amo viaggiare e conosco tutto il mondo. [...] Ma Napoli è unica, con tutte le sue contraddizioni.

Intervista di Maria Chiara Aulisio, ilmattino.it, 19 gennaio 2019.

  • [...] mio padre era sempre pronto a esaudire ogni mio desiderio. Solo una volta, ricordo, riuscii a fargli perdere le staffe sul serio. [«Cosa combinò?»] Avevo una decina d'anni. Ero un bambino molto goloso, e mi piacevano da morire i gelati. Volevo provarli tutti e con papà andavamo a caccia di nuovi gusti. Una mattina mi portò a Sant'Agata sui Due Golfi, scelsi un cono, lo provai, ma non mi piacque e lo buttai a terra. [«E suo padre?»] L'unica volta in vita sua che mi diede uno schiaffo. Ci rimasi malissimo, ma nello stesso tempo servì a farmi capire che c'era una soglia di rispetto oltre la quale non era possibile andare.
  • Papà era un costruttore, e ogni volta che tirava su un palazzo cambiavamo casa. [«E perché?»] Il nuovo palazzo era sempre migliore del vecchio, e gli appartamenti più accoglienti e spaziosi, quindi vai con i traslochi.
  • Sono sempre stato un individualista, pensavo soprattutto a me stesso, ho cominciato ad aprirmi un po' agli altri quando, quasi per caso, sono diventato presidente del Napoli. [...] C'erano alcuni amici che stavano facendo una colletta per rilevare la società e mi costrinsero a partecipare, ma – visto che non si mettevano d'accordo – presi io tutte le parti. A quel punto ero in ballo e ballai. [«Che vuol dire?»] Andai a trattare direttamente con Achille Lauro, per ottenere un altro terzo delle quote, e il 18 gennaio del 1969, a soli 37 anni, diventai ufficialmente presidente della società.

Intervista di Monica Scozzafava, corriere.it, 7 settembre 2023.

  • Giorgia Meloni è l'immagine di donna compiuta, risolta. Mamma, compagna e grande lavoratrice. Posso essere d'accordo o meno con le sue idee ma le riconosco concretezza. È da sola, però.
  • Non sono stato uno studente modello [...] Appena potevo facevo filone, anzi una volta non sono andato a scuola per un mese di fila. I professori chiamarono mia madre e lei a quel punto mi accompagnava tutte le mattine. La fregavo: entravo con lei e uscivo da un altro ingresso.
  • [«Ha sposato 5 donne»] Eh no, tre sono state le convivenze. Due matrimoni potevano bastare. Costano sa, i matrimoni.
  • [«Crede in Dio?»] Direi di no, ma se poi la Madonna e i Santi si dispiacciono? Nel dubbio dico di sì. Ma poi quando sarò dall'altra parte faccio una telefonata e lo dirò.
  • [«Maradona, un suo figlio aggiunto»] Per portarlo a Napoli da Barcellona ci vollero 13 miliardi, e tutto nacque per caso. Misi a soqquadro il Banco di Napoli. Il presidente dell'ente Federico Ventriglia mi accordò la fidejussione, salvo poi ripensarci perché in città c'era stata una sollevazione popolare. Provò a bloccarla, ma io fui più lesto. Ero già andato in banca a prendere il documento ed ero partito. Un'operazione che costò il licenziamento della persona che materialmente mi aveva consegnato il documento.
  1. a b Dall'intervista di Antonello Capone, È tornato l'Ingegnere, La Gazzetta dello Sport, 12 giugno 2003.
  2. a b Citato in Le ottanta candeline di Ferlaino, corrierinocampaniasport.it, 18 maggio 2011. [collegamento interrotto]

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