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Scolastica (filosofia)

corrente teologica e filosofica medievale

Scolastica è il termine con il quale comunemente si definisce la filosofia cristiana medioevale, in cui si sviluppò il metodo di pensiero dello scolasticismo, detto anche scolastico[1].

Immagine di una scuola risalente al XIV secolo.

Origini e definizione

Il termine greco σχολαστικός scholastikòs significa letteralmente "istruito in una scuola" e transita per il latino classico e medievale scholasticus "istruito in una scuola", in particolare all'eloquenza e alla retorica, in scuole che già al tempo dell'impero romano (Plinio, Seneca, Quintiliano) erano autonome e autogestite da una propria lex, e davano luogo a scholastica, discorsi argomentativi per praticare l'arte retorica (declamationes) oppure controversie ragionate (controversiae)[2] su uno specifico tema, riprese nel genere della disputatio medievale.

La scolastica ebbe origine dall'istituzione delle scholae, ossia di un sistema scolastico-educativo diffuso in tutta Europa che garantiva una sostanziale uniformità di insegnamento. Esso fu il primo, e forse unico, sistema scolastico organizzato su vasta scala della storia dell'Occidente. Era stato Carlo Magno a volerlo, il quale, dando avvio alla "rinascita carolingia", aveva fondato ad Aquisgrana la Schola palatina, per favorire l'istruzione delle genti e la diffusione del sapere allo scopo di dare unità e compattezza al Sacro Romano Impero. A tal fine si era servito dei monaci benedettini, i quali avevano salvaguardato la cultura dei classici tramite la ricopiatura dei testi antichi, non solo di quelli religiosi ma anche scientifici e letterari: le loro abbazie divennero così i centri del nuovo sapere medievale.

Gli insegnamenti erano divisi in due rami:

  1. l'arte del trivio (ovvero il complesso delle materie letterarie);
  2. l'arte del quadrivio (il complesso delle materie scientifiche).

Preposto all'insegnamento di queste arti cosiddette "liberali" era anticamente lo Scholasticus, a cui in seguito si affiancò un Magister artium, di grado superiore, esperto in teologia. Le lezioni si svolgevano dapprima nei monasteri, poi progressivamente nelle scuole annesse alle cattedrali, e infine nelle università.

La filosofia scolastica cercava di conciliare la fede cristiana con un sistema di pensiero razionale, specialmente quello della filosofia greca. Il "periodo scolastico" si riferisce soprattutto al medio e Basso Medioevo in Occidente, quando il Cristianesimo conobbe una rinascita intellettuale e fu sfidato dal pensiero razionale dell'Islam.

Caratteristiche e metodi

Il carattere fondamentale della filosofia scolastica consisteva nell'illustrare e difendere le verità di fede con l'uso della ragione, verso la quale si nutriva un atteggiamento positivo. A tal fine, essa privilegiò la sistematizzazione del sapere già esistente rispetto all'elaborazione di nuove conoscenze.

L'intento degli scolastici era quello di sviluppare un sapere armonico, integrando la rivelazione cristiana con i sistemi filosofici del mondo greco-ellenistico, convinti della loro compatibilità, e anzi vedendo nel sapere dei classici, in particolare dei grandi pensatori come Socrate, Platone, Aristotele, Plotino, una via in grado di elevare all'accettazione dei dogmi cattolici.

L'utilizzo della ragione, che essi vedevano sapientemente esercitata nei testi greci, veniva messo in rapporto con la fede non allo scopo di dimostrarne i fondamenti, quanto piuttosto per contrastare le tesi eretiche e cercare di convertire gli atei.

Quando gli scritti di Aristotele ripresero a diffondersi in Occidente nel XIII secolo, filtrati dai commenti degli autori islamici, emerse però in maniera drammatica la contradditorietà tra dottrina cristiana e pensiero aristotelico. Dopo un'esplicita condanna di questo da parte dei pensatori agostiniani e della scuola francescana, per i quali Agostino era l'unica autorità, si giunse a una faticosa mediazione ad opera di Tommaso d'Aquino.[4]

Ragione e fede

La disputa sugli universali

  Lo stesso argomento in dettaglio: Disputa sugli universali.

Dallo studio dei testi greci nasce il problema degli universali (cioè del logos, della forma) che viene sviluppato in modi differenti per tutta la scolastica.

  • forma ante rem: l'essenza è prima della realtà (o della materia) come ritenevano Platone e Agostino d'Ippona;
  • forma in re: l'essenza al di fuori della materia non ha alcun senso, come insegnava Aristotele;
  • forma post rem: la "cosiddetta" essenza non è che un nome, ovvero una convenzione che deduciamo dall'analisi delle caratteristiche di una serie.

Tommaso, sulla scorta di Boezio, riteneva che gli universali esistessero sia ante rem come Idea nella mente di Dio, sia in re come forma delle varie realtà, sia post rem come concetto formulato nella mente dell'uomo.

A Tommaso, sostanzialmente fautore di un indirizzo filosofico realista, si contrapposero i sostenitori del nominalismo, secondo cui l'universale era solamente un flatus vocis,[5] cioè appunto un nome e nient'altro.

Poiché del resto la scolastica si sviluppò in varie scholae europee e quindi in realtà diverse, era inevitabile che in ogni schola, avendo esse differenti esigenze e finalità, i pensieri e i metodi acquistassero caratteristiche diverse. Vi erano quindi scholae più vive e attive dove spesso si accendevano contrasti tra gli intellettuali più conservatori e i maestri d'arte, i più innovativi.

Fonti

 
Manoscritto medievale con la traduzione del Timeo in latino ad opera di Calcidio
 
Manoscritto di un'opera di Al-Ghazali
 
Analitici primi in una edizione del XII-XIII secolo

La filosofia scolastica si sviluppò attingendo ampaimente dalle fonti della filosofia greca classica, in particolare dalle opere di Platone, dei neoplatonici, degli stoici e di Aristotele. I filosofi medievali utilizzarono questi pensatori antichi come punto di partenza per elaborare riflessioni su temi etici e politici, sviluppare un pensiero critico e creare strumenti per armonizzare fede e ragione. Nonostante gli autori greci fossero pagani, molti elementi del loro pensiero, in particolare quello di Platone, risultarono compatibili con la dottrina cristiana. Questo dialogo tra filosofia greca e cristianesimo fu possibile sopratutto grazie all'opera dei Padri della Chiesa, noti come patristi, che nei primi secoli del cristianesimo (circa III-VI secolo d.C.) posero le basi della teologia cristiana attingendo proprio dalla filosofia greca di cui si erano formati. È importante notare che, all'inizio del Medioevo, molti testi antichi erano andati perduti nell'Occidente cristiano. I pochi sopravvissuti furono accessibili grazie all'opera di conservazione dei monasteri e ai patristi, che tradussero questi testi in latino e li commentarono. Solo nel corso dei secoli successivi le fonti greche divennero sempre più disponibili per i filosofi scolastici.[6]

Così, nell'alto Medioevo, gli studiosi cristiani conoscevano di Aristotele solo le Categorie e il De interpretatione. Questi testi, insieme alle Isagoge di Porfirio e ai Topica di Cicerone, costituivano la base, nota come Logica vetus, per l'insegnamento della dialettica. La scarsità di fonti relative allo stagirita durò per diversi secoli, almeno fino alla metà del XII secolo, relegandolo a un ruolo di secondo piano nel pensiero cristiano altomedievale. Al contrario, la conoscenza di Platone era molto più diffusa. Il suo pensiero divenne predominante nelle riflessioni della Scolastica dei primi secoli. Si conosceva un frammento del Timeo nella traduzione del IV secolo di Calcidio, ma molte delle sue idee potevano essere apprese attraverso il commento di Macrobio al Somnium Scipionis di Cicerone. Inoltre, Platone influenzò notevolmente anche il pensiero di Sant'Agostino, il più importante tra i Padri della Chiesa, vissuto nel IV-V secolo. A partire dal IX secolo, furono disponibili molti testi di autori neoplatonici, come Plotino e Proclo, grazie alla rinnovata circolazione delle traduzioni dello Pseudo-Dionigi e di Massimo il Confessore.[6]

Con l'avvento del cosiddetto rinascimento del XII secolo, ebbe inizio un'importante fase di traduzioni nell'Occidente latino che, nel corso degli anni, arricchì enormemente la conoscenza del sapere dell'antichità. Intorno agli anni 1230, Giacomo da Venezia tradusse le opere mancanti dell' Organon di Aristotele, come i Topici e gli Analitici primi, che andarono a formare la cosiddetta Logica nova. Poco dopo, altri traduttori si dedicarono ai testi di Tolomeo, Euclide e al Meteorologica di Aristotele. Verso la metà del secolo vennero tradotti anche il De fide orthodoxa di Giovanni Damasceno e il De natura hominis di Gregorio di Nissa.[6] Grazie all scuola di traduttori di Toledo furono tradotte in latino le opere dei filosofi e naturalisti arabi al-Kindī, Al-Farabi, Al-Ghazali, Averroè, Avicenna con queest'ultimo che "influenzerà la filosofia della natura e la metafisica scolastiche come nessun altro filosofo all'infuori di Aristotele". Tra i filosofi ebrei, le traduzioni dei lavori di Avicebron, in particolare Fons Vitae, furono quelle che riscossero maggior successo tra gli scolastici.[6]

Come già detto, l'altra grande fonte di sapere per i filosofi scolastici furo gli scritti della patristica e soprattutto quelli di Sant'Agostino, il cui pensiero "in alcune scuole, specialmente tra i francescani, offuscherà l'autorità di Aristotele e conserverà dappertutto un'influenza normativa" sebbene "nella filosofia della natura e nella psicologia le idee agostiniane dovettero spesso cedere davanti all'aristotelismo, ma dappertutto si incontrano le loro tracce". Tra gli Padri che con i loro scritti plasmarono la Scolastica medievale si possono ricordare Sant'Ambrogio, Gregorio Magno, Gregorio di Nissa e lo Pseudo-Areopagita.[6]

Metodi di indagine

 
Una lezione in una università medievale, il metodo di insegnaento e studio della Scolastica si basava sulla quaestio

Gli scolastici svilupparono in tal modo un peculiare metodo di indagine speculativa, noto come quaestio,[7] basato sul commento e la discussione dei testi all'interno delle prime università. I vari dibattiti, tuttavia, dovevano seguire delle regole e dei riferimenti precisi, tra i quali vi era in particolare la logica formale di Aristotele.[8] Valevano poi le auctoritates, che erano rappresentate dagli scritti dei Padri della Chiesa (filosofia patristica), dai testi sacri, e da scritti della tradizione cristiana.

Affidarsi all'interpretazione fornita in precedenza dalle auctoritates equivaleva, in sostanza, alla decisione di affidarsi a una voce ufficiale e decisa dai concili, per cui esisteva l'auctoritas in campo medico (Galeno), quella in campo metafisico (Aristotele) e quella in campo astronomico (Tolomeo).

Come già aveva fatto notare Giovanni Scoto Eriugena, però, non era la ragione a fondarsi sull'autorità, ma l'autorità a fondarsi sulla ragione: gli Scolastici così mantennero sempre una forte coscienza critica verso le fonti del loro sapere.[9] Sarà il declino della fiducia nella ragione, a partire da autori come Guglielmo di Ockham, che porterà alla fine della Scolastica e dello stesso Medioevo.

Nel XII-XIII secolo, nell'ambito degli studi teologici che si tenevano nelle prime Università europee come Bologna, Parigi, Oxford, si svilupparono diverse ricerche sulla natura, ovvero sul creato considerato opera di Dio, che avrebbero dovuto portare all'intelligibilità dell'opera di Dio creatore. Per i filosofi scolastici della natura la creazione era come un libro aperto che andava letto e compreso, un libro contenente leggi naturali la cui transitorietà era riconducibile a regole immutabili inscritte da Dio al momento della creazione. Tali studiosi pensavano che conoscere quelle leggi avrebbe consentito di elevare l'intelligenza umana e di avvicinarla sempre più a Dio. In quest'ambito si consideravano auctoritates anche filosofi dell'epoca greca e persino pensatori di origine islamica.[10]

Due furono in particolare le scuole di pensiero, attestate peraltro su posizioni alquanto distanti tra di loro, che elaborarono ognuna un proprio metodo scientifico: quella di Parigi, facente capo ad Alberto Magno, seguito dal suo discepolo Tommaso d'Aquino, e quella di Oxford, dove fu attivo Ruggero Bacone.[11] Costoro, pur restando fedeli al metodo aristotelico, si occuparono di filosofia della natura basandosi sulle osservazioni degli eventi e contestando alcuni elementi anti-scientifici del pensiero greco. Tommaso in particolare, noto per aver riformulato in chiave nuova la concezione aristotelica della verità come corrispondenza dell'intelletto alla realtà,[12] sviluppò il concetto di analogia e di astrazione, il cui utilizzo è rintracciabile tuttora in più recenti scoperte scientifiche.[13]

Oltre alla scienza, il metodo scolastico venne applicato anche agli studi di diritto, almeno a partire da Raniero Arsendi in avanti, operante nella scuola di Bologna.[14]

Storia e protagonisti della filosofia Scolastica

Lo sviluppo della filosofia Scolastica può essere suddiviso in diverse epoche, e una delle suddivisioni cronologiche più utilizzate, anche se non è l'unica, è quella proposta all'inizio del XX secolo dallo storico tedesco Clemens Baeumker, che individuò quattro epoche principali.[15]

Pre-scolastica (dal IX secolo al X secolo)

Per il periodo che va dal IX secolo al X secolo ancora non si può parlare di filosofia scolastica vera e propria che invece si affermerà nei secoli successivi. Tuttavia, una prima strutturazione di un sistema di insegnamento dopo secoli di assenza, il parziale recupero dei testi dell'antichità classica, l'iniziale affermarsi della dialettica nel pensiero filosofico, furono tutti elementi che si resero fondamentali per il successivo sviluppo della scolastica, tanto che si usa parlare di "pre-scolastica" per riferirsi al pensiero europeo di quest'epoca.

Contesto storico e culturale

Negli ultimi secoli di vita dell'Impero romano d'Occidente, i protagonisti del pensiero filosofico furono i teologi e scrittori cristiani che lavorarono per sviluppare e consolidare la dottrina cristiana. Questi autori, padri della Chiesa, trovarono nei classici antichi, soprattutto in Platone e negli stoici, alcuni elementi compatibili con la nuova fede e da qui attinsero creando una disciplina nota come patristica. Grandi personalità, come Agostino, Origene e Gregorio di Nissa, grazie alle loro interpretazioni della Sacre Scritture e alla formulazione dei primi concetti teologici fondamentali, influenzarono profondamente la teologia cristiana e la filosofia occidentale.

A seguito della caduta dell'Impero romano d'Occidente avvenuta nel V secolo e l'arrivo di diverse popolazioni germaniche l'Europa sperimentò un lungo periodo di crisi culturale e decadenza morale. La cultura classica, che aveva fiorito nei secoli precedenti, dovette subire un drastico declino. Le scuole e i centri di apprendimento. Molte opere letterarie, scientifiche e filosofiche dell'antichità furono perse o rimasero accessibili solo a pochi. La lingua latina stessa si evolse, diventando meno comprensibile e più frammentata, contribuendo all'isolamento culturale, mentre quella greca andò quasi completamente dimenticata. Solo i monasteri resero possibile una parziale sopravvivenza del sapere antico. Qui, i monaci, spesso l'unica parte della popolazione alfabetizzata, si dedicarono alla copia e alla conservazione dei testi patristici e classici. In questo contesto, lo studio e lo sviluppo della filosofia fu praticamente impossibile. Una prima inversione di tendenza ci fu tra il VIII e il IX con la cosiddetta Rinascita carolingia quando l'impero carolingio guidato da Carlo Magno riuscì a dare all'Europa una stabilità politica.

Le origini: la Schola palatina

  Lo stesso argomento in dettaglio: Alcuino di York e Schola palatina (Aquisgrana).
 
Alcuino di York e Rabano Mauro presentare un libro all'arcivescovo di Magonza

Carlo Magno ebbe ben chiaro che per poter amministrare e cristianizzare un così grande impero come quello da lui da poco creato necessitava di funzionari capaci e istruiti. Per questo, intorno al 780, conferì a Alcuino di York il compito di riformare il sistema scolastico dando vita alla Schola palatina di Aquisgrana. Alcuino, formatosi presso l'abbazia di Monkwearmouth-Jarrow, non può essere certamente considerato un filosofo originale ma la sua egregia opere di riorganizzazione degli studi gettò senza dubbio le basi per quello che poi sarà il metodo scolastico medievale.[16][17][18][19]

Alcuino accettò con grande ambizione il compito affidatogli tanto che in una lettera scritta al proprio sovrano arrivò a immaginare di voler edificare nella terra dei Franchi "una nuova Atene, più splendida dell'antica, poiché la nostra Atene, nobilitata dall’insegnamento di Cristo, supererà la sapienza dell’Accademia".[20][21] Il corso di studi da lui ideato abbracciò, secondo le sue stesse parole, «le arti liberali e le sacre scritture», ovvero le sette arti liberali, che comprendevano il trivium ed il quadrivium, e lo studio delle Scritture e dei Padri della Chiesa per gli studenti più avanzati. Per ognuna delle sette discipline scisse un manuale i cui contenuti vennero presi dai diversi autori cristiani e non, come Isidoro di Siviglia, Cassiodoro, Beda, Agostino, Boezio, Priscano, Donato e Cicerone.[16][22][23] Scrisse anche alcune compilazioni riguardanti autori antichi e trattò il tema della giustizia riconoscendo al sovrano un potere assoluto ma raccomandandosi che questo fosse utilizzato con equità e sempre secondo i precetti del cristianesimo.[24]

 
Centri di studio nel VIII e IX secolo: in verde le scuole monastiche, in arancione le scuole episcopali.

Alcuino morì nell'804 ma altri maestri continuarono la sua opera di scolarizzazione dell'impero dando vita per tutto il IX secolo ad un contesto di vivaci, seppur non così originali, discussioni teologiche su diversi argomenti quali la Trinità, l'Eucaristia, la nascita verginale di Gesù, la predestinazione, l'inferno, la natura dell'anima.[25] Tra i più illustri insegnanti che vissero in questo periodo si possono ricordare Lupo Servato, Pascasio Radberto, Erico e Remigio di Auxerre, Godescalco d'Orbais e Rabano Mauro.[16] Fu soprattutto quest'ultimo a incidere maggiormente sulla cultura germanica del tempo. Fu autore di numerose opere tra cui spicca un commento al Isagoge di Porfirio e uno al De interpretatione di Aristotele da cui propose e un'analisi sulla formazione della conoscenza.[26][27] Negli stessi anni, Incmaro di Reims, influente consigliere di Carlo il Calvo, scrisse De ordine palatii dove descrive i doveri del re e l'organizzazione politica e amministrativa. Qui, Incmaro, influenzato dal pensiero di Gregorio Magno e Sant'Agostino, tratta anche il problema della giustizia e della legge non riuscendo però a dare una chiara interpretazione. La legge, per Incmaro, è espressione della volontà popolare e anche il re deve governare secondo essa; tuttavia lo stesso re può anche soprassedere alla legge positiva nel caso sia necessario preservare la giustizia di Dio.[28]

Giovanni Scoto Eriugena

  Lo stesso argomento in dettaglio: Giovanni Scoto Eriugena.
 
Giovanni Scoto Eriugena

Alcuino e gli altri maestri furono i maggiori fautori della rinascita carolingia ma i loro contributi si limitarono perlopiù all'organizzazione degli studi e al commento dei pochi classici ancora in circolazione nei monasteri. L'unica personalità del tempo che si contraddistinse per originalità del pensiero e capacità di sintesi teologica fu Giovanni Scoto Eriugena, a capo della schola palatina a partire dall'846-847.[16][29] Eriugena "dominò la sua epoca, la sua opera presenta un carattere così nuovo" nel contesto a lui coevo.[30] Fu tra i rari suoi contemporanei a conoscere greco antico e questo gli permise di accedere direttamente alle fonti della patristica greca e a tradurle permettendone la successiva diffusione. Egli così studiò e tradusse testi di Gregorio di Nissa, Massimo il Confessore e soprattutto dello Pseudo-Dionigi da cui assorbì il neoplatonismo che ripropose in termini cristiani.[31][32][33] Secondo Gilson, Eurigena fu "lo scopritore occidentale dell'immenso mondo della teolofia greca, sommerso da troppa ricchezza imprevista per avere il tempo di scegliere, abbagliato da troppe idee nuove per essere capace di una critica".[34]

Nell'850 fu chiamato a confutare la teoria della predestinazione proposta dal teologo Gotescalco ma nel farlo arrivò addirittura a negare l'esistenza dell'inferno, cosa che costò al suo trattato De predestinatione la condanna di eresia al concilio di Valenza a cui egli scampò solo grazie alla protezione di Carlo il Calvo.[29][35][36]

La più importante opera eriugeniana è il De Divisione naturae in cui formula la sua teoria del divino partendo dal neoplatonismo, ma integrandovi il concetto cristiano della natura personale di Dio, creatore del mondo. Per il filosofo, Dio è l'unica vera realtà, ed è dunque l'unico "protagonista" della sua filosofia: infatti, tutte le cose dipendono e sono generate da Lui e tutte le cose ritornano sempre a Lui, per Eriugena. Egli chiama l'insieme di tutte le cose "natura", e, poiché la natura si identifica con Dio, egli in essa distingue le quattro divisioni dell'essere divino. Esse sono: La natura non creata e creante, la natura creata e creante, la natura creata e non creante, la natura non creata e non creante.[16][37][38] Il pensiero di Eurigene riguardo all'ordine del cosmo fu funzionale anche al consolidamento del sistema feudale introdotto dai carolingi; la precisa gerarchia dei rapporti sociali rispecchiava quella celeste di cui era considerata come un "riflesso". Il potere secolare e il potere religioso doveva avere una unificazione programmatica con una netta preminenza della componente spirituale su quella terrena.[39]

X secolo: tra crisi e rinascita del pensiero

  Lo stesso argomento in dettaglio: Rinascita ottoniana.
 
Pagina manoscritta del De geometria di Gerberto di Aurillac, poi papa Silvestro II

Con la morte del re Carlo il Calvo, avvenuta nell'877, il processo di dissoluzione dell'impero carolingio, già iniziato con il Trattato di Verdun dell'843, giunse ad una accelerazione. Gli anni seguenti furono contrassegnati da instabilità politica e declino delle strutture sociale. L'Europa subì le invasioni dei Normanni, dei musulmani e degli Ungheri, mentre la Francia è lacerata da continui conflitti interni. In tale contesto, i risultati conseguenti alla rinascita carolingia andarono profondamente compromessi: l'attività delle scuole cessò e i monasteri benedettini riformati tornarono ad essere gli unici luoghi di cultura. I pochi autori del tempo, tutti monaci, si occuparono più di preservare e diffondere il sapere più che di sviluppare studi filosofici originali. Remigio di Auxerre è forse l'unico filosofo degno di menzione vissuto a cavallo tra il IX e il X secolo. Maestro presso l'abbazia di San Germano, il suo pensiero, di cui però rimangono solo poche tracce, fu fortemente influenzato dal neoplatonismo e da Giovanni Scoto Eurigena da cui adottò la definizione di natura.[40]

La situazione politica si stabilizzò con il regno di Ottone I di Sassonia che permise l'inizio, a partire dalla metà del X secolo, di un periodo di ripresa culturale noto come rinascita ottoniana. I due indiscussi protagonisti di questa rinascita furono Abbone di Fleury e Gerberto di Aurillac che sarà poi papa con il nome di Silvestro II.[41] Il primo fu insegnante presso l'Abbazia di Fleury dove era in attività una delle poche scuole monastiche dove si insegnava la grammatica, la dialettica, l'aritmetica e il pensiero dei padri.[42]

Gerembrto d'Aurllac possedeva una vastissima erudizione grazie allo studio degli antichi e ai suoi viaggi nella Spagna islamica dove poté venire in contatto con la cultura araba, al tempo molto sviluppata. Insegnante di retorica e di dialettica, per le sue lezioni, oltre a gran parte degli scritti allora conosciuti di autori dell'antichità, fece largo uso delle Categorie e del De Interpretatione di Aristotele nonché dei commenti di Boezio riguardanti la logica. I suoi campi di interesse compresero non solo le materie del trivium ma anche quelle del quadrivio come dimostrano i suoi studi di aritmetica, astronomia e musica.[41][43]

Scolastica anteriore o Alta scolastica (XI - XII secolo)

L'anno 1000 segna tradizionalmente il passaggio dall'alto al basso medioevo e in effetti a partire da circa l'inizio dell'XI secolo si assistette ad un sostanziale cambiamento del contesto europeo. La situazione politica continuò, seppur con alti e bassi, il processo di stabilizzazione iniziato con la dinastia ottoniana mentre condizioni meteorologiche particolarmente favorevoli (note come "periodo caldo medievale") favorirono l'agricoltura portando ad una progressiva crescita della popolazione. I centri urbani, praticamente abbandonati nei secoli precedenti, tornarono a ripopolarsi e qui si andarono a crearsi nuovi ceti sociali composti da uomini ambiziosi e di spirito nuovo che dettero impulso all'economia, alla religione e alla cultura. La relativa sicurezza fece riprendere i commerci e lo spostamento delle persone. Dopo decenni di decadenza morale, la Chiesa cattolica fu investita da una profonda riforma che la portò a ritrovare la sua spiritualità ma anche a scontrarsi, e a vincere, contro il potere temporale rappresentato dall'impero in quella che è nota come "lotta per le investiture".[44]

Questo rinnovato spirito ebbe positivi effetti sulle attività intellettuali, gli effetti più dirompenti si ebbero nel secolo successivo con la cosiddetta rinascita del XII secolo. Conseguentemente alla crescita delle città, molti studiosi del tempo preferirono ai monasteri recarsi nelle scuole urbane che man mano nascevano intorno alle cattedrali attirati dai più famosi insegnati. Queste "scuole cattedrali" furono le antesignane delle prime università medievali che nasceranno nel secolo seguente. Infine, le traduzioni nell'Occidente latino durante il XII secolo furono un elemento essenziale per la progressiva riscoperta in Europa degli antichi classici che erano andati perduti oppure non più capiti perché persa la conoscenza della lingua greca. Fu in questo contesto che si può iniziare a parlare pienamente di "Scolastica", sebbene non vi sia una precisa concordanza su quando farla iniziare esattamente, preferendo considerare un processo dai confini più sfumati nonostante siano stati proposti alcuni nomi come "padri della Scolastica" come Anselmo d'Aosta (XI secolo) o Pietro Abelardo (XII secolo).

Anselmo d'Aosta

  Lo stesso argomento in dettaglio: Anselmo d'Aosta.
 
Iniziale miniata da un manoscritto del Monologion risalente al XII secolo

Anselmo d'Aosta (1033 o 1034 - 1109), monaco benedettino e poi arcivescovo di Canterbury è considerato tra i massimi esponenti del pensiero medievale di area cristiana e la figura più importante del XI secolo. Molti studiosi lo hanno riconosciuto come l'antesignano della Scolastica, se non addirittura il padre di essa, per via della la sua teologia improntata sulla ricerca di una convergenza tra fede e ragione nel solco della tradizione platonica e agostiniana.[45][46][47] Il suo motto fu Credo ut intelligam (credo per capire) per sottolineare di come la fede sia sì fondamentale e prioritaria su tutto, ma questa possa essere anche confermata e dimostrata con argomentazioni razionali. In caso di contrasto tra ragione e fede, tuttavia, la fede prevarrebbe ma Anselmo ritiene che questo non possa accadere perché sia la fede che la ragione derivino da Dio e quindi siano per forza conciliabili e coerenti.[48]

Le sue due opere principali vertono sulla dimostrazione dell'esistenza di Dio. Nel Monologion, scritto nel 1076 su invito di alcuni monaci dell'abbazia di Notre-Dame du Bec, il problema viene da lui trattato a posteriori partendo dalla considerazione che, se qualcosa esiste, occorre ammettere un Essere supremo come principio che lo rende possibile. Questa dimostrazione è detta anche "argomento dei gradi" in quanto parte dalla considerazione che se tutte le cose sono più o meno buone, deve per forza esistere qualcosa che sia assolutamente buono e che questo sia Dio.[41][49][50] Anselmo, non soddisfatto dei risultati ottenuti, già probabilmente l'anno seguente concepì un nuovo trattato con lo scopo di fornire una dimostrazione dell'esistenza di Dio utilizzando una argomentazione semplice, persuasiva, autosufficiente in grado di convincere anche e soprattutto gli atei. Il tentativo venne concretizzato con la stesure del Proslogion, dove Anselmo espone una prova ontologica a priori, in base alla quale "se Dio è l'essere di cui nulla è più grande, non è possibile ritenerlo esistente nel pensiero ma non nella realtà, perché in questo caso non sarebbe il più grande".[51][52][53]

La prova ontologica offerta da Anselmo incontrò (e incontrerà anche in futuro) consensi e critiche. Il monaco Gaunilone, suo contemporaneo, propose una confutazione in un testo che chiamò Liber pro insipiente (Libro a difesa dello stolto) a cui Anselmo rispose a difesa delle proprie tesi nel Liber apologeticus adversus respondentem pro insipientem (Libro apologetico contro la risposta in difesa dello stolto) e da allora, per volontà dello stesso autore, il Proslogion venne sempre riprodotto con il corredo di questa doppia appendice.'[54][55] Anselmo passò il resto della sua vita tra il suo impegno politico nel contesto della riforma gregoriana e in quello dedicato allo studio e alla scrittura di trattati filosofici. In uno dei suoi testi più celebri, scritti in età ormai avanzata, il Cur Deus homo Anselmo spiega come, malgrado l'impossibilità dell'uomo di riparare al peccato di Adamo ed Eva contro Dio, Dio stesso si è riconciliato con l'umanità facendosi uomo.[56] Da un suo biografo sappiamo che trascorse gli ultimi giorni a riflettere sulla natura e l'origine dell'anima; tra le menti speculative dotate di maggior sottigliezza di tutta la Scolastica, Anselmo ""aveva iniziato la sua ricerca intorno a Dio la concludeva con la ricerca intorno all'anima. Si era mantenuto fedele al programma agostiniano: conoscere Dio e l'anima".[57]

Il platonismo della scuola di Chartres

  Lo stesso argomento in dettaglio: Scuola di Chartres.
 
Cattedrale di Chartres

Tra le scuole cattedrali che fiorirono in questi anni, una tra le più importanti fu la scuola di Chartres. Fondata alla fine del XI secolo per iniziativa del vescovo Fulberto, raggiunse il massimo splendore nel secolo seguente, proponendo un insegnamento incentrato sull'armonia tra fede cristiana e filosofia platonica, con un forte interesse per le scienze naturali e le arti liberali.[58][59][60] i suoi studenti si formavano sul pensiero neoplatonico di Agostino d'Ippona e di Severino Boezio mentre il testo da loro più letto e commentato fu senz'altro il Timeo di Platone dove il filosofo greco antico espone una sua visione della natura simile a quella della Rivelazione cristiana. Si può affermare che a Chartres vi fu il primo tentativo di armonizzare la studio della natura con i contenuti delle Sacre Scritture.[61][62]

La prima grande personalità della scuola fu Bernardo di Chartres (... – 1126 o 1130) di cui conosciamo il pensiero soltanto grazie al Metalogicon del suo allievo Giovanni di Salisbury. Giovanni descrive Bernardo come un grammatico di formazione neoplatonica interessato a fornire ai suoi allievi una formazione completa delle arti liberali fondata sugli scritti degli antichi. L'amore per i classici di Bernardo è ben riassunta nella celebre frase a lui attribuita e riportata sempre da Giovanni:[61][63]

(LA)

«Nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes, ut possimus plura eis et remotiora videre, non utique proprii visus acumine, aut eminentia corporis, sed quia in altum subvehimur et extollimur magnitudine gigantea»

(IT)

«siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l'acume della vista o l'altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.»

 
Gilberto Porretano

Forse fratello minore di Bernardo, Teodorico di Chartres è stata probabilmente la figura di maggior rilievo della scuola. Nel suo Hexaemeron offrì una sintesi tra il Timeo di Platone e il libro della Genesi secondo i principi della fisica nel tentativo di spiegare filosoficamente la creazione del mondo.[64][65] Si tratta di una cosmogonia dagli influssi non solo platonici ma anche pitagorici,basata su una concezione matematica della Trinità, ripresa dal De Trinitate di Boezio, che considera il rapporto dialettico tra Dio e le creature alla stregua dell'esplicarsi dell'Uno nella molteplicità dei numeri.[66][67][64] Tra le altre sue opere, l'Eptateucon è un'ampia enciclopedia di opere antiche relative alle sette arti liberali.[66][68]

Allievi di Berardo, Guglielmo di Conches e Gilberto Porretano, insegnarono a Chartres seguendo le orme del maestro. Guglielmo, autore di diversi commenti a testi antichi, propose due argomentazioni per dimostrare l'esistenza di Dio, una cosmologica e una dialettica. Partendo da qui, tentò di spiegare razionalmente i rapporti tra Dio e il mondo interpretando il Demiurgo come Creatore. Nel suo De philosophia mundi si occupò di raccogliere le conoscenze di fisica, astronomia, geografia, meteorologia e medicina.[69][70] Gilberto è celebre per le sue tesi metafisiche esposte nei Commenti agli Opuscula theologica di Boezio, alcune delle quali gli costarono la condanna al Concilio di Reims del 1148.[71][72]

Abelardo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Pietro Abelardo.
 
Statua di Abelardo di Jules Cavelier (1855-1857) - Palazzo del Louvre, Parigi

Pietro Abelardo è considerato una delle figure più importanti del XII secolo. I suoi scritti rappresentano una tappa fondamentale per comprendere le radici storiche della tecnica e del metodo che le grandi università del XIII secolo avrebbero utilizzato per organizzare e sviluppare le loro dottrine e le sintesi teologiche più complesse del Medioevo. Ritenuto un innovatore e spesso un contestatore, Abelardo rappresenta "l'altra faccia del Medioevo". Fin dai suoi primi studi, si mostrò critico e insoddisfatto delle dottrine dei suoi maestri, in particolare per quanto riguardava la natura degli universali e l'uso della dialettica, che criticò ripetutamente. In seguito, riuscì ad aprire una sua scuola a Santa Genoveffa a Parigi, dove attirò un gran numero di studenti e ammiratori. Successivamente, ottenne la cattedra alla scuola di Notre Dame, che divenne il primo nucleo della futura Università di Parigi, centro nevralgico della cultura sacra e profana. Animo tormentato anche per questioni personali, celebre la sua relazione con Eloisa, i suoi scritti si concentrarono soprattutto su logica, teologia ed etica.[73]

Una delle sue opere più significative è il Sic et non una raccolta di sentenze tratte dai Padri della Chiesa su 158 problemi teologici, in cui le opinioni opposte vengono messe a confronto. Nell'opera, Abelardo analizza criticamente i testi, distinguendo le opinioni riportate dalle opinioni personali degli autori, e sottolinea che, pur promuovendo la ricerca critica, bisogna riconoscere i limiti della mente umana nel comprendere pienamente gli insegnamenti dei Padri della Chiesa e della Bibbia. Egli ridimensiona così l'autorità delle auctoritates della tradizione, riconoscendo i limiti della ragione scientifica nel discorso teologico.[74] Per Abelardo, "è lo stimolo del dubbio che porta alla ricerca, e attraverso la ricerca si arriva alla conoscenza della verità". Questa affermazione sintetizza il carattere problematico del suo pensiero filosofico e teologico. Il dubbio, per Abelardo, è il punto di partenza di qualsiasi indagine critica; tuttavia, non va assolutizzato, ma utilizzato come metodo per sottoporre ogni idea a un costante controllo critico.[75]

Per Abelardo, la ragione è necessaria, poiché la fede non può ridursi a una semplice ripetizione meccanica di parole sacre o a un'accettazione passiva di dogmi. Tuttavia, la grazia divina è essenziale per essere investiti pienamente della verità. Egli interpretò la dialettica come mezzo per esercitare la ragione, poiché il rispetto delle regole della logica rappresenta l'essenza stessa della ragione. Tuttavia, l'applicazione della dialettica a temi sacri, come le auctoritates dei Padri o della Scrittura, apparve ai suoi contemporanei come dissacrante, in quanto poneva la ragione critica tra il pensiero umano e il Logos divino. In realtà, Abelardo cercava di rendere più comprensibile il mistero cristiano, non di profanarlo o negarlo.[76] Queste posizioni gli costarono più di una condanna. La prima avvenne nel 1121 durante il concilio di Soissons quando accusato di eresia per la sua opera Introductio ad theologiam (Introduzione alla teologia) venne costretto a ritrattare e subì una breve reclusione. La seconda in occasione del Concilio di Sens del 1140 voluto al potente bate Bernardo di Chiaravalle proprio per condannare le teorie di Abelardo, il quale, ormai vecchio, non poté altro che ritirarsi a Cluny ospite dell'abate e amico Pietro il Venerabile.[77]

La scuola di San Vittore, tra Mistica e Scolastica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Scuola di San Vittore.
 
Ugo di San Vittore in una miniatura medievale

Guglielmo di Champeaux, stretto amico di Bernardo di Chiaravalle, fu un altro avversario di Abelardo, oltre ad essere stato suo maestro. Riguardo alla disputa sugli universale si schierò inizialmente secondo una posizione di realismo estremo per poi abbracciare la teoria dell'indifferenza in seguito alle critiche mossegli dallo stesso Abelardo. Intorno al 1110 rinunciò all'insegnamento e si ritirò nell'abbazia di san Vittore dove dette vita alla celebre scuola omonima che divenne presto un punto di rifermento di spiritualità, contemplazione e studio scientifico.[78]

I maestri della Scuola cercarono di armonizzare la ragione con la fede, adottando un approccio mistico e simbolico alla teologia. Essi sottolineavano l'importanza della contemplazione e della preghiera per comprendere i misteri divini, ma allo stesso tempo promuovevano un metodo di studio rigoroso e sistematico, che includeva la dialettica e l'analisi delle Scritture. Come nella scuola di Chartres, anche a San Vittore gli insegnamenti erano focalizzati sulla scienza e sulla filosofia. Tuttavia, a differenza di Chartres, a San Vittore si poneva un'enfasi particolare sulla preghiera e sulla contemplazione di Dio, considerati elementi fondamentali a cui tutto era subordinato. La Scuola di San Vittore divenne quindi un crocevia tra lo sviluppo della mistica e la filosofia scolastica.[79][78]

La figura più importante della Scuola è probabilmente da identificarsi in Ugo di San Vittore, teologo di alto livello e considerato tra i principali teorici della scolastica. E' principalmente un mistico ma anche un uomo che valorizzava il sapere. La sua cultura fu assai vasta spaziando da Agostino a Gregorio Magno, ai classici dell'antichità alla patristica, come fu vasta la sua produzione letteraria. Nel suo Didascalicon, un'opera enciclopedica scritta intorno al 1125, Ugo propone una organizzazione sistematica del sapere del tempo. Inoltre, offre la sua visione riguardante lo studio che ritiene essere il primo passo per la crescita spirituale in quanto strumento utile alla comprensione di Dio, tuttavia la conoscenza teorica deve sempre condurre alla preghiera e alla contemplazione. Il De sacramentis christianae fidei è una delle sue opere più importanti, scritta probabilmente intorno al 1137. Si tratta di un ampio trattato di teologia sistematica che esplora la dottrina cristiana attraverso l'analisi dei sacramenti, intesi in senso ampio come segni visibili delle realtà divine.[80][81][82]

A Ugo successe Riccardo come maestro e priore della scuola. Riccardo era profondamente mistico ma comunqnue, riprendendo il pensiero di Anselmo d'Aosta, riteneva che la ragione e la fede potessero coesistere e che anzi la prima potesse essere funzionale alla seconda. Se da mistico vede la contemplazione come la fine ultima della ricerca spirituale, riconosce che per arrivare a questa di deve passare dalla meditazione di cui a sua volta la ragione è propedeutica. Lo studio della arti liberali è dunque doveroso per un cristiano che intraprende il suo percorso di elevazione e inviterà sempre i suoi allievi a intraprenderlo. Invece, Riccardo, rifiuta lo studio delle arti profane e la dialettica fine a se stessa, utilizzando parole che ricordano Bernardo da Chiaravalle.[83][84][85]

Di posizioni più estreme Gualtiero di San Vittore, celebre per la sua feroce critica nei confronti del razionalismo filosofico, in particolare le correnti che considerava troppo speculative o eccessivamente legate all'uso della ragione. Nella sua opera più famosa, Contra quatuor labyrinthos Franciae, attaccò quattro pensatori contemporanei, Abelardo, Gilberto di Poitiers, Pier Lombardo e Guglielmo di Conches, che riteneva allontanassero la teologia dalla contemplazione spirituale verso un approccio più razionale. Per Gualtiero, la filosofia doveva essere subordinata alla fede e alla tradizione, con un forte accento sulla preghiera e la vita spirituale.[86]

Pier Lombardo e Giovanni di Salisbury

  Lo stesso argomento in dettaglio: Pier Lombardo e Giovanni di Salisbury.
 
Pier Lombardo in una miniatura in un manoscritto delle Sententiae del XII secolo

Nel XII secolo iniziò ad avvertirsi la necessità di raccogliere ordinatamente la dottrina cattolica e, soprattutto, alle interpretazioni fornite dai Padri della Chiesa, poiché le loro spiegazioni erano fondamentali per risolvere eventuali dubbi o questioni che potevano sorgere nell'interpretazione del testo sacro. Diversi furono i tentativi in questo senso, come quello di Anselmo di Laon all'inizio del secolo, ma fu il lavoro di Pier Lombardo, i libri Quattuor Sententiarum, a riscuotere maggior successo tanto da diventare il principale manuale di teologia nelle università medievali del secolo successivo.vNon si trattò di un'oera originale, ma una raccolta di testi e dottrine che però si distinse per il suo equilibrio: pur riconoscendo l'utilità della ragione attraverso l'uso della dialettica, l'autore si affidava alle autorità (soprattutto a quella di Sant'Agostino) quando doveva trattare le verità di fede. Nonostate il successo, le Sententiae ebbero numerosi detrattori che contestarono all'autore di aver fatto eccessivo ricorso alla dialettica. I suoi avversari tentarono di ottenerne la condanna al Concilio Lateranense IV del 1215 ma senza successo.[87]

 
Giovanni di Salisbury tiene una lezione

Giovanni di Salisbury studiò a Parigi, dove entrò in contatto con grandi maestri del suo tempo, assorbendo le influenze della dialettica e della filosofia scolastica. E' conosciuto soprattutto per due opere letterarie. La prima, il Policraticus, è un trattato di politica in cui l'autore riflette sul potere e sulla responsabilità dei governanti, riconoscendo alla Chiesa la superiorità sullo Stato. La seconda, il Metalogicon, invece, è un'opera dedicata alla difesa dello studio delle arti liberali e in particolare della logica. Giovanni critica coloro che denigrano l'uso della ragione e la dialettica, sostenendo l'importanza di un'educazione solida per lo sviluppo della conoscenza e della virtù, tuttavia dimostra di non apprezzare nemmeno chi ne fa un uso vacuo.[88]

Bassa scolastica: l'apogeo (XIII scolo)

Diffusione del pensiero aristotelico

  Lo stesso argomento in dettaglio: Recupero delle opere di Aristotele nell'Occidente latino.

Tommaso d'Aquino

  Lo stesso argomento in dettaglio: Tommaso d'Aquino.

Giovanni Duns Scoto e altri

  Lo stesso argomento in dettaglio: Giovanni Duns Scoto.

Tarda scolastica (dal XIV al XVI circa)

Sviluppi successivi

  Lo stesso argomento in dettaglio: Scolasticismo protestante e Neoscolastica.

Dopo il periodo d'oro, la scolastica conobbe un periodo di lenta decadenza, a causa della perdita dell'unità teologica dei Cristiani dopo la fine del Medioevo.

Il termine "scolastico" assunse da allora una connotazione a volte negativa. Per l'abitudine di affidarsi a un sistema già collaudato per giustificare le proprie tesi, ogni filosofia, anche moderna o contemporanea, che utilizzi e si appoggi su una teoria filosofica già esistente, accordando la propria fede con la razionalità e l'investigazione filosofica, viene perciò definita scolastica.

Si ebbero tuttavia alcuni periodi di rinascita, durante il XIV e il XVI secolo in Spagna, soprattutto nelle università di Salamanca e Valladolid, personaggi di spicco, tra gli altri i domenicani Francisco de Vitoria e Bartolomé de Las Casas, nonché Juan Ginés de Sepúlveda e il gesuita Francisco Suárez. Tanto che si può parlare di Seconda Scolastica, soprattutto con riferimento alla Scuola di Salamanca. «La Scolastica della modernità ha un atteggiamento antiriformista e rappresenta lo strumento concettuale della Riforma cattolica, che viene tuttavia ripreso dall’ortodossia riformata; per questo motivo, essa possiede un carattere interconfessionale e persino universale. Karl Eschweiler, che nel 1928 le diede il nome di «Scolastica barocca», mise in risalto particolarmente la sua universalità. Egli la definì come «ultimo stile di pensiero del continente europeo», che permeava tutti gli ambiti della vita spirituale e sociale, «prima che questo pensiero si sgretolasse nel multiforme gioco di antitetici sistemi privati».»[89] La Seconda Scolastica ha influenzato largamente, attraverso le dispute teologico-giuridiche l'Inquisizione cattolica nel Nuovo Mondo, in virtù del fatto che molti teologi formatisi in Madrepatria andavano a far esperienza nei tribunali d'Oltreoceano finendo con l'arricchire in maniera acuta e penetrante le cause loro sottoposte e giungendo a gettare le fondamenta di quello che sarà l'Empirismo e l'Illuminismo, soprattutto dal punto di vista della salvaguardia dei diritti umani degli indios.[90][91]

Contemporaneamente si può parlare anche di scolasticismo protestante, come di un metodo di pensiero sviluppatosi nelle prime fasi del protestantesimo, che si consolidò durante il XVII secolo, diventando particolarmente diffuso nella creazione di sistemi teologici protestanti come il calvinismo. Benché i maggiori Riformatori protestanti attaccassero la scolastica medioevale per sostenere la completa adesione alle sole Sacre Scritture, si dimostrò impossibile purgare la teologia da metodi e atteggiamenti scolastici, o evitare conflitti che non implicassero complicati ragionamenti teologici ed interpretazioni bibliche.

In seguito, nel XIX secolo, con l'enciclica Aeterni Patris del 1879, papa Leone XIII promosse negli ambienti cattolici un movimento di ritorno alla filosofia scolastica, che venne detto perciò neoscolastico.[92] I maggiori pensatori neoscolastici furono Jacques Maritain ed Étienne Gilson, i quali si proposero di rivalutare la metafisica difendendola dai giudizi negativi del positivismo allora imperante. D'altro lato, combatterono le istanze idealistiche eccessivamente incentrate sul soggetto proprie delle filosofie di Cartesio e di Kant, in favore di una rivalutazione del realismo.

Nel Novecento infine, da alcune parti venne riconosciuto alla scolastica un ruolo positivo e fondamentale per aver contribuito a costruire l'ossatura culturale dell'Europa. Lo scrittore tedesco Hermann Hesse, ad esempio, manifestava grande ammirazione per il modo in cui l'istruzione medievale veniva organizzata e gestita armoniosamente all'interno della scolastica. Nel suo romanzo intitolato Il giuoco delle perle di vetro egli immaginò un sistema di studi, denominato “Castalia” e da lui collocato in un ipotetico futuro, che ricalcava quello della scolastica dei secoli d'oro: in esso si svolgeva la vita e l'educazione dei giovani destinati a preservare e coltivare armonicamente il sapere e lo spirito delle culture del passato.[93]

Note

  1. ^ Scholasticus era detto, nel Medioevo, chi insegnava in una scuola, quale l'abbazia o l'università.
  2. ^ Karl E. Geogers e Ferruccio Calonghi, Lemma "scholasticus", in Dizionario latino-italiano, 3ª ed.ne, Rosernberg & Sellier, 1989, p. 2470.
  3. ^ La sintesi di San Tommaso e la destinazione universale dei beni, su amp24.ilsole24ore.com.
  4. ^ Spettò a Tommaso il compito di recuperare l'aristotelismo e di renderlo compatibile con la fede cattolica riconciliandolo con la dottrina agostiniana. Già Alberto Magno aveva intrapreso un'opera di purificazione del pensiero agostiniano, rifacendosi alle fonti neoplatoniche e si era inoltre reso indipendente dall'autorità aristotelica soprattutto nei campi della botanica e dell'astronomia.[3]
  5. ^ Locuzione latina usata da Anselmo d'Aosta nel XII secolo per definire il nominalismo estremo di Roscellino di Compiègne.
  6. ^ a b c d e Scolastica, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  7. ^ La questione, più che una domanda, era un modo di procedere logicamente a partire da un'aporia o una contraddizione all'interno di un argomento. Secondo B. Geyer «la forma caratteristica in cui la Scolastica pensa ed espone ciò che pensa è la quaestio», che è per lui «il prodotto più caratteristico del pensiero medioevale» (B. Geyer, Der Begriff der scholastischen Theologie, Schroeder, Bonn 1926, pag. 113).
  8. ^ «La certezza della retta comprensione e di un accordo genuino con l'insieme si ottiene grazie ad una "messa in questione" di ogni singola affermazione in concorrenza con affermazioni alternative direttamente e formalmente contraddittorie (propositiones dubitabiles) e una soluzione di tali "dilemmi" attraverso una discussione basata sulle regole della dialettica» (L. M. De Rijk, La philosophie au moyen âge, E.J. Brill, Leiden 1985, pag. 98).
  9. ^ «La vera autorità, in effetti, non contraddice la retta ragione, così come la retta ragione non contraddice la vera autorità; è dunque fuori di dubbio che entrambe promanano da un'unica fonte, e cioè dalla sapienza divina» (Giovanni Scoto Eriugena, De divisione naturae).
  10. ^ Ubaldo Nicola, Atlante illustrato di filosofia, Demetra, 2000, pag. 206.
  11. ^ James A. Weisheipl, Alberto Magno e le Scienze, pag. 6, trad. it. di Alberto Strumia, Bologna, ESD, 1994.
  12. ^ Il logico e matematico Alfred Tarski ha posto la concezione aristotelico-tomista dell'adequatio rei et intellectus a fondamento della moderna concezione semantica della verità (cfr. Enciclopedia Treccani alla voce "Alfred Tarski"). «La concezione della verità come corrispondenza (adaequatio) oltre che da Tommaso d'Aquino è condivisa da tutti coloro che hanno una concezione realistica della conoscenza, sia nella versione platonica (Platone, Agostino, Popper), sia in quella aristotelica (Aristotele, Tommaso d'Aquino, Tarski), oppure una concezione fenomenistica (Kant)» (cit. da Battista Mondin, Manuale di filosofia sistematica: Cosmologia. Epistemologia, vol. I, pag. 263, Bologna, ESD, 1999).
  13. ^ F. Bertelè, A. Olmi, A. Salucci, A. Strumia, Scienza, analogia, astrazione. Tommaso d'Aquino e le scienze della complessità, Padova, Il Poligrafo, 1999.
  14. ^ Treccani alla voce "Raniero Arsendi".
  15. ^ Scolastica, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  16. ^ a b c d e Abbagnano e Fornero, 1996, p. 577.
  17. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 279-281.
  18. ^ Gilson, 2011, p. 217.
  19. ^ Vanni Rovighi, 2006, p. 35.
  20. ^ Reale e Antiseri, 2009, p. 81.
  21. ^ Gilson, 2011, p. 219.
  22. ^ Reale e Antiseri, 2009, p. 281.
  23. ^ Gilson, 2011, pp. 217-218.
  24. ^ Fassò 2012, pp. 172-173.
  25. ^ Vanni Rovighi, 2006, pp. 36-37.
  26. ^ Gilson, 2011, p. 224.
  27. ^ Vanni Rovighi, 2006, p. 36.
  28. ^ Fassò 2012, pp. 174-175.
  29. ^ a b Reale e Antiseri, 2009, p. 295.
  30. ^ Gilson, 2011, p. 227.
  31. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 296-297.
  32. ^ Vanni Rovighi, 2006, pp. 40-41.
  33. ^ Gilson, 2011, p. 238.
  34. ^ Gilson, 2011, p. 232.
  35. ^ Vanni Rovighi, 2006, p. 37.
  36. ^ Gilson, 2011, p. 228.
  37. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 298-299.
  38. ^ Gilson, 2011, pp. 232-235.
  39. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 300-301.
  40. ^ Gilson, 2011, pp. 253, 256-259.
  41. ^ a b c Abbagnano e Fornero, 1996, p. 578.
  42. ^ Gilson, 2011, pp. 258-259.
  43. ^ Gilson, 2011, pp. 259-260.
  44. ^ Reale e Antiseri, 2009, p. 304.
  45. ^ Martin Grabmann, Storia del metodo scolastico, Firenze, La Nuova Italia, 1980, vol. I: Anselmo d'Aosta, padre della scolastica, pp. 309-404.
  46. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 304-306.
  47. ^ Gilson, 2011, p- 274.
  48. ^ Abbagnano e Fornero, 1996, p. 579.
  49. ^ Reale e Antiseri, 2009, p. 307.
  50. ^ Gilson, 2011, pp. 277-279.
  51. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 307-309.
  52. ^ Abbagnano e Fornero, 1996, pp. 579-580.
  53. ^ Gilson, 2011, pp. 279-280.
  54. ^ Simonetta, p. 478.
  55. ^ Colombo, pp. 56-57.
  56. ^ Colombo, p. 80.
  57. ^ Abbagnano e Fornero, 1996, p. 581.
  58. ^ Gilson, 2011, p. 295.
  59. ^ Reale e Antiseri, 2009, p. 326.
  60. ^ Abbagnano e Fornero, 1996, p. 590.
  61. ^ a b Reale e Antiseri, 2009, p. 328.
  62. ^ Scuola di Chartres, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  63. ^ Gilson, 2011, pp. 295-296, 298-299.
  64. ^ a b Vanni Rovighi, 2006, pp. 52-53.
  65. ^ Michel Lemoine, Teodorico di Chartres, in Figure del pensiero medievale, pag. 299, op. cit.
  66. ^ a b Teodorico di Chartres, su treccani.it.
  67. ^ Reale e Antiseri, 2009, p. 329.
  68. ^ Gilson, 2011, pp. 306-307.
  69. ^ Vanni Rovighi, 2006, pp. 53-54.
  70. ^ Gilson, 2011, p. 312.
  71. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 326-327.
  72. ^ Gilson, 2011, pp. 299-301.
  73. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 339-340.
  74. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 342-344.
  75. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 341-342.
  76. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 344-345.
  77. ^ Pietro Abelardo, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  78. ^ a b Guglielmo di Champeaux (lat. Guilelmus Campellensis), in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.
  79. ^ Reale e Antiseri, 2009, p. 333.
  80. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 333-334.
  81. ^ Vanni Rovighi, 2006, p. 67.
  82. ^ Gilson, 2011, p. 346.
  83. ^ Reale e Antiseri, 2009, pp. 337-338.
  84. ^ Vanni Rovighi, 2006, p. 70.
  85. ^ Gilson, 2011, pp. 346-347.
  86. ^ Gualtiero di S. Vittore, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  87. ^ Vanni Rovighi, 2006, pp. 71-75.
  88. ^ Vanni Rovighi, 2006, pp. 73-74.
  89. ^ Angelo Di Berardino, Storia della teologia: Età moderna, Piemme, 2001, p. 240.
  90. ^ Laureano Robles (a cura di), E la filosofia scoprì l'America. Incontro scontro tra filosofia europea e culture precolombiane, Milano, Jaca Book, 2003.
  91. ^ selenedichter Giovanni Di Rubba, L’inquisizione contro gli indios. Il contributo della Seconda Scolastica nella disputa sulla natura giuridica degli indios e sistematizzazione dei crimines: teologi, giuristi, missionari ed inquisitori. Profili generali, su Giovanni dichter Di Rubba, 19 agosto 2016. URL consultato il 3 febbraio 2017.
  92. ^ Il testo dell'enciclica Aeterni Patris.
  93. ^ Il gioco delle perle di vetro (1943) di H. Hesse, scrittore tedesco ispirato all'ascetismo e cresciuto in un ambiente religioso pietista.

Bibliografia

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