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Utente:Annamaria.dmr/selezione naturale

Principi generali

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I principi fondamentali su cui si basa la selezione naturale sono:

  • Il principio della variazione, secondo il quale tra gli individui di una popolazione esiste una variabilità dei caratteri;
  • Il principi dell’adattamento, secondo il quale alcuni individui presentano caratteri che offrono un vantaggio di sopravvivenza e di riproduzione,
  • Il principio dell’ereditarietà, secondo il quale le caratteristiche devono essere trasmissibili alla progenie per poter essere influenzate dalle selezione.

Il concetto della selezione naturale sviluppato da Charles Darwin nel libro The Origin of the species, pubblicato nella sua prima edizione nel 1859, è stato successivamente integrato con la genetica Mendeliana nel libro pubblicato da Fisher nel 1930, The Genetical theory of natural selection, che è considerato uno dei più importanti documenti della Moderna sintesi dell’evoluzione.

Le variazioni del fenotipo all'interno di una popolazione derivano da variazioni dal corredo genetico dell'organismo o (genotipo), ma anche dall'influenza dall' ambiente e dalle interazioni gene/ambiente. Un gene per un determinato carattere può esistere, all’interno di una popolazione, sotto forma di versioni diverse, denominate alleli.

Solo alcuni caratteri sono il risultato dell'espressione di un singolo gene, mentre la maggior parte delle caratteristiche fenotipiche, come il colore degli occhi e il colore della pelle, derivano dalla cooperarione dei prodoti di più geni. Una mutazione in uno di questi geni può determinare solo una piccola variazione del carattere, mentre mutazioni in più geni, che avvengono in maniera progressiva nel corso delle generazioni, hanno un effetto cumulativo producendo notevoli differenze nei fenotipi. Inoltre, ci sono casi in cui la selezione di un carattere è correlata alla selezione di un altro carattere; questo si verifica perchè i geni corrispondenti sono intimamente associati in loci molto vicini nello stesso cromosoma, oppure perché ci sono geni che possono influenzare più caratteri contemporaneamente.

E’ definita frequenza allelica di un gene il rapporto tra il numero degli alleli uguali, presenti all'interno di una popolazione, rispetto al numero totale di alleli per un determinato locus genico. La frequenza allelica, quindi, definisce quanto una determinata versione di un gene è rappresentata all’interno della popolazione.

La mutazione è il meccanismo principale con il quale sono prodotti nuovi alleli, mentre la selezione naturale rappresenta il meccanismo che influenza le frequenze relative dei vari alleli all’interno di una popolazione.

Bisogna distinguere tra il meccanismo con cui agisce la selezione naturale ed i suoi effetti. La selezione naturale agisce sui fenotipi, favorendo quelli più adatti e conferendo loro un vantaggio sia di sopravvivenza sia riproduttivo. La selezione naturale agisce indistintamente sia sulla componente ereditaria sia su quella non ereditaria dei caratteri, ma è solo sulla prima, vale a dire sul genotipo, che si manifestano i suoi effetti, poiché è solo questa che è trasmessa alla progenie.

Fitness

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Fondamentale nella descrizione della selezione naturale è il concetto di fitness di un genotipo, che misura la sua capacità di riprodursi e di trasmettersi alla generazione successiva, conferendo un vantaggio riproduttivo all’individuo che lo possiede. Di conseguenza, genotipi con fitness elevata aumenteranno di frequenza nelle generazioni successive e diventeranno i più rappresentati, mentre genotipi con fitness bassa, diventeranno sempre meno frequenti, fino alla scomparsa. La fitness si riferisce, quindi, alla capacità di produrre prole, ma poiché la quantità di progenie che un individuo può produrre dipende sia dalla sua capacità di arrivare allo stato adulto, sia dalla sua fertilità, possiamo considerare la fitness come il prodotto di due componenti, la vitalità e la fertilità:

fitness = vitalità x fertilità

Caratteri che aumentano la capacità di sopravvivenza di un individuo, ma lo rendono sterile hanno fitness nulla.

La fitness è influenzata dall’ambiente in cui l’organismo vive, infatti, lo stesso carattere può avere fitness diverse in ambienti diversi.

La fitness può essere misurata in modi diversi. La fitness assoluta W, di un determinato genotipo, si riferisce al rapporto del numero d’individui con quel genotipo dopo un evento selettivo (N2) rispetto al loro numero prima dell’evento selettivo(N1):

 

La fitness assoluta può essere misurata all’interno della stessa generazione immediatamente prima e dopo l’evento selettivo (ad esempio l’introduzione di un parassita, l’aumento di temperatura o l’esposizione ad un antibiotico, per quanto riguarda le colonie batteriche), ma, più in generale, la fitness si misura dopo una generazione, mettendo in rapporto il numero di progenie con un determinato genotipo rispetto a quello della generazione precedente (in questo caso N2 è il numero di figli e N1 il numero dei genitori con lo stesso genotipo).

Un altro sistema di misurare la fitness è quello di mettere in relazione le frequenze geniche riscontrate nella progenie rispetto alle frequenze geniche attese secondo l’equazione di Hardy- Weinberg, misurando in questo caso lo scostamento da quest’equilibrio.

Più usata è la fitness relativa, ω, che è misurata assumendo che il genotipo più rappresentato all’interno della popolazione, con W= Wmax, abbia una fitness relativa ωmax = 1, mentre le fitness relative degli altri genotipi sono calcolate dal rapporto della loro fitness assoluta rispetto a quella massima:

 

Di conseguenza omega può assumere valori compresi tra zero ed uno:

1>ω>0

Un altro parametro di misura della selezione naturale è il coefficiente di selezione, s, misurato secondo l’equazione:

s = 1 – ω,

che ha un significato opposto a quello della fitness, infatti un suo aumento significa una diminuzione delle frequenze alleliche corrispondenti nella popolazione,


Tipi di selezione naturale

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All'interno di una popolazione naturale, la variabilità tra gli individui, requisito essenziale della selezione, può esistere a vari livelli: morfologico, cellulare, subcellulare, biochimico, genico. Occorre precisare che, anche se la fitness è spesso riferita al genotipo, il bersaglio della selezione naturale è l'organismo in toto, e deriva dalle interazioni delle diverse fitness genotipiche. Ogni gene, infatti, può contribuire aumentando o diminuendo la capacità riproduttiva di un individuo, o la sua sopravvivenza, ma la fitness totale sarà il risultato delle diverse pressioni selettive. Molto spesso, i fenotipi di determinati caratteri, ad esempio l'altezza degli individui o il loro peso corporeo, variano in maniera continua e le loro frequenze possono essere distribuite, all’interno della popolazione, secondo una curva a campana, distribuzione normale, con un massimo di frequenza in corrispondenza del fenotipo medio. In altri casi, come la presenza/assenza di una determinata malattia ereditaria o la resistenza/sensibilità agli antibiotici, riscontrata nelle popolazioni batteriche, il fenotipo può presentarsi in maniera discontinua, sotto forma di due o poche varianti.

La selezione naturale può essere distinta in tre tipi:

  • La selezione direzionale , che si verifica quando un determinato genotipo ha una fitness più elevata rispetto agli altri e, di conseguenza, la frequenza del fenotipo corrispondente tenderà ad aumentare. Rispetto alla distribuzione normale, si assisterà ad uno spostamento di questa, nel corso delle generazioni, verso l’estremità che corrisponde al fenotipo più adatto, con una coda in corrispondenza di questa direzione. Ad esempio, nel caso del peso corporeo, se interviene un evento selettivo che agisce contro gli individui con peso maggiore, la distribuzione delle frequenze tenderà a spostarsi verso l’estremo corrispondente ad un più basso peso corporeo, fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio.
  • La selezione stabilizzante , invece, si verifica quando il fenotipo medio è favorito rispetto agli estremi. Ad esempio gli individui con un peso medio alla nascita hanno maggiori probabilità di sopravvivenza rispetto a quelli con peso maggiore o minore. Questo tipo di selezione, quindi, si oppone ai cambiamenti, mantenendo stabili le diverse forme fenotipiche; si parla, in questo caso, di polimorfismo bilanciato.Un esempio classico di questo è l'eterosi, che si attua quando gli individui eterozigoti per un determinato allele (A/a) possiedono una fitness maggiore rispetto sia agli omozigoti recessivi (a/a) che a quelli omozigoti dominanti (A/A). Questo meccanismo dipende dalla presenza contemporanea di due pressioni selettive, una che agisce contro gli omozigoti recessivi e l’altra contro gli omozigoti dominanti. È il caso dell'eterosi per l'anemia falciforme, che si riscontra nelle zone dove esiste la presenza endemica del parassita che provoca la malaria, il Plasmodio falciparum.
  • La selezione diversificante, detta anche disruptiva, favorisce i fenotipi estremi, a scapito di quello intermedio. Questa condizione si viene a creare quando la popolazione vive in un ambiente non uniforme, nel quale un fenotipo può essere favorito in una determinata nicchia ecologica, mentre l’altro è più adatto in un'altra nicchia. In questo modo, entrambi i fenotipi aumenteranno in frequenza nel corso delle generazioni e la curva assumerà un andamento bimodale. Questo tipo di selezione ha una notevole importanza perché determina un aumento della diversità genica all'interno delle popolazioni e, di conseguenza, promuove la speciazione.

Selezione sessuale

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Darwin, nel capitolo 4 del suo libro The Origin of Species, dedicò un paragrafo alla definizione di un altro tipo di selezione, distinta da quella ecologica, che veniva descritta come il processo attraverso il quale un individuo acquisisce vantaggio rispetto ad un altro dello stesso sesso, grazie alla sua capacità di accoppiarsi con un maggior numero di partners e, di conseguenza, di avere un maggior numero di discendenti. Questo tipo di selezione, nota come selezione sessuale, interessa generalmente gli individui di sesso maschile e si può manifestare con due tipi di comportamenti:

  • la competizione tra maschi, quando i contendenti intraprendono delle lotte per conquistare la compagna;
  • la scelta delle femmine, quando invece i maschi cercano di attrarre la compagna con caratteristiche comportamentali o ornamentali, ne sono un esempio il canto ed il piumaggio degli uccelli.

Questo tipo di selezione conduce all’evoluzione di armi speciali o di caratteri ornamentali che si definiscono caratteri sessuali secondari perché, a differenza dei caratteri sessuali primari, non sono coinvolti direttamente nella riproduzione ma danno solo un vantaggio per l'accoppiamento. Le relative differenze tra maschio e femmina determinano il dimorfismo sessuale.


Selezione di gruppo e Selezione di parentela

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Sebbene la teoria classica della selezione naturale consideri l'individuo come il principale bersaglio delle forze selettive, esiste un altro approccio che prende in considerazione la presenza di una selezione a multilivello, con forze selettive che agiscono sui vari livelli della gerarchia biologica, cioè i geni, la cellula, l'individuo, il gruppo e la specie. Da questa considerazione deriva la possibilità dell'esistenza di forze selettive che agiscono su caratteristiche o comportamenti condivisi da gruppi d’individui o da intere popolazioni.

L'ipotesi della selezione di gruppo è stata introdotta nel 1962 da Wyne-Edwards, il quale sostenne che alcuni individui, in determinate circostanze, possono sacrificare la loro riproduzione per offrire un vantaggio al gruppo a cui appartengono. In altre parole, ci sarebbero forze selettive che agiscono sulla competizione tra gruppi e non su quella tra individui e, di conseguenza, si osserverebbe una diminuzione della fitness individuale per la sopravvivenza del gruppo. E’ ciò che succede, ad esempio, nelle popolazioni di insetti sociali. In alcune occasioni, secondo Wyne-Edwards, gli individui possono limitare la loro riproduzione, ad esempio, quando scarseggia il cibo, per evitare il sovraffollamento, con successivo impoverimento delle risorse alimentari. Esistono numerose controversie riguardo all'esistenza della selezione di gruppo e, secondo un’opinione abbastanza condivisa, la maggior parte dei casi di questo tipo di selezione si possono spiegare con una selezione individuale. Uno dei maggiori problemi sollevati dagli oppositori di questa teoria è che, diminuendo la fitness individuale, i tratti legati a questo tipo di comportamento "altruistico" non possono essere trasmessi nelle generazioni.

Nel 1964 Hamilton introdusse il concetto di selezione di parentela o kin selection. Secondo questo zoologo, il comportamento altruistico è favorito solo se gli individui che ricevono i benefici sono imparentati con l'individuo altruista, cioè quando esiste una forte condivisione di geni tra l'altruista e il beneficiario e, di conseguenza, i geni possono essere trasmessi alle generazioni successive. In questi casi, la fitness individuale viene sostituita da una fitness inclusive.

Hamilton espresse matematicamente questa sua tesi con la seguente equazione:

rb>c

dove r rappresenta la frazione dei geni condivisi tra individui altruisti e beneficiari; b è il beneficio del ricevente e c il costo pagato dall'individuo altruista.

Con questa teoria si possono spiegare le cure parentali dei genitori per i figli ed anche i comportamenti altruistici riscontrati nelle popolazioni di insetti sociali, i cui individui condividono un'alta percentuale di geni.

La teoria della selezione di parentela è stata in seguito sostenuta anche anche da altri studiosi, tra cui Maynard-Smith ed altri.