Thamudeni
Con il nome Thamudeni, o Thamūd (in arabo ثمود?), si indica una popolazione araba preislamica della penisola arabica, presente nell'area higiazena, che ha lasciato varie tracce epigrafiche e che è ricordata dallo stesso Corano.
Dati archeologici
modificaIl sito di al-Hijr, in Arabia Saudita, è ancora poco conosciuto[1]. Questo sito è molto più che una necropoli primitiva. Al-Ḥijr è stata una vera città, sebbene le principali vestigia attualmente visibili sono gli ipogei scavati nell'arenaria rossa del deserto. Vi è esistita una città e un podere agricolo irrigato. I Nabatei, antichi pastori nomadi divenuti sedentari, si sono stabiliti ad al-Hijr, ma le relazioni tra al-Ḥijr e la capitale dei Nabatei, Petra, restano oscure.[2].
Il sito archeologico di Madāʾin Ṣāliḥ è il primo sito dell'Arabia Saudita iscritto sulla lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO. Al-Ḥijr costituisce una testimonianza unica della civiltà nabatea. Con circa cento tombe monumentali con facciate decorate e i suoi pozzi, il sito è un esempio eccezionale della qualità dell'architettura dei Nabatei e della loro padronanza delle tecniche idrauliche[3]. Madāʾin Ṣāliḥ ha conosciuto un periodo di insediamento di almeno cinquecento anni. Il sito è stato abitato almeno fino al IV secolo d.C. e probabilmente anche oltre. Questa regione, al confine tra il regno nabateo e il regno di Liḥyān, fu in seguito integrata nella Provincia romana Arabia. I riferimenti epigrafici cessano a partire dal IV secolo[4].
Dati storici ed epigrafici
modificaL'identità storica dei Thamudeni non è chiara. Sembra possano provenire dallo Yemen, ma una regione del Ḥijāz è chiamata "thamud". Alcuni autori greco-romani citano la popolazione araba dei "tamudaei" e Plinio il vecchio afferma che essa viveva nei pressi della città di Domata,[5] il cui nome in arabo indica uno dei figli del biblico Ismaeleː Duma o Dumah. La localizzazione di questa città non è chiara, ma molti studiosi la identificano con Dumat al-Jandal. L'evoluzione da Duma o Dumat in Tamud può essere attribuita all'uso semitico di non scrivere le vocali e a una graduale evoluzione nella pronuncia delle consonanti legata al trascorrere del tempo e al nomadismo che esponeva all'influenza dei dialetti di località diverse.
Se, invece, i Thamudeni fossero stati lo stesso popolo che aveva come sua capitale la città di Tema (Taymāʾ) allora ci potremmo trovare di fronte a quella stessa popolazione che faceva parte di una coalizione che si scontrò senza successo con il sovrano assiro Tiglat-Pileser III, mentre Sargon II li ricordava fra le popolazioni da lui sgominate[6].
Il loro spostamento dalle aree meridionali arabe yemenite li portò a insediarsi in Ḥijāz, nell'area compresa fra il golfo di Aqaba e Yanbu‘ e qui sembra che si sedentarizzassero, come le Cronache assire e lo stesso Corano indirettamente ci attesta.
Le prime elencano infatti Thamud, Ibadidi, Marsimani ed ‘Ephah, gli Arstyle=nosupabi distanti che abitano nel deserto, distinguendo i primi dagli ultimi per via del loro diverso modello societario, mentre il testo sacro dell'Islam, in circa 20 suoi passaggi, descrive i "castelli", i "palazzi"[7] e le "case"[8] dei Thamudeni, le loro "città"[9], i loro "giardini"[10] e le loro capacità ingegneristiche[11].
Anche a livello epigrafico non mancano testimonianze sul loro modo di produzione, in alcun modo legato al nomadismo[12]. Un ulteriore elemento da valutare è l'arruolamento nel V secolo, da parte romana, di Equites saraceni thamoudaeni nelle truppe montate di stanza in Egitto, a Scenas Veteranorum (la "Collina dei Giudei, nei pressi del Cairo)[13].
Tra le divinità venerate dai Thamudeni sono attestate dediche rivolte a Nahy e a Rudā[14], come pure a Wadd, Khalasat, Yaghūt, Shams, Attarsamīm e molte altre divinità[15], alcune di chiara origine sud-arabica. A tutte queste divinità si usavano dedicare sacrifici di animali in santuari forse fissi.
Nel Corano
modificaIl popolo dei Thamudeni è citato ventisei volte nel Corano[16], come un popolo primitivo e ribelle, di credo politeista, che non aveva voluto ascoltare il suo profeta Ṣāliḥ[17].
La storia riportata nel Corano si riassume come segue[18]. Dio invia il profeta Ṣāliḥ per chiamare i Thamudeni a convertirsi al monoteismo. Essi esprimono i loro dubbi e la loro intenzione di continuare il culto degli antenati. Ṣāliḥ li informa che alla «cammella di Dio» dovrà essere consentito di pascolare tranquillamente senza che le sia fatto alcun male, sotto pena di un terribile castigo. In un altro passaggio, è precisato che la cammella potrà bere solo un giorno, e ai Thamudeni un altro giorno[19]. Ma i Thamudeni non si curano di questa minaccia, uccidono la cammella e sfidano Ṣāliḥ a realizzare le sue minacce[20]. Ṣāliḥ dice loro che non resteranno loro altro che tre giorni per godere delle proprie case prima che la minaccia si realizzi. Un solo grido (Sayha[21]) distrugge allora i Thamudeni. La natura del grido è descritta come un urlo prodotto da un messaggero di Dio, che precede un enorme sommovimento. La parola impiegata nella sura VII[22] significa terremoto (Rajfa[23]) mentre quella usata nella sura XLI[24] è "fulmine", ossia «Ṣāʿiqa» (in arabo صاعقة?).
Tabari (839-923)
modificaNelle sue cronache, Ṭabarī racconta la spedizione di Tabuk[25] nell'anno 8 dell'egira (630)[26]. Questa campagna fu condotta senza che vi fosse alcuna battaglia:
«Quando il Profeta arrivò a Tabuk, grande città abitata da cristiani, egli non incontra traccia dell'esercito romano (da intendersi come bizantino) che egli vi credeva riunito. Vi risiedeva un principe, chiamato Yohanna, figlio di Rouba, che possedeva una grande fortuna. Quando il Profeta venne ad accamparsi alle porte di Tabuc, Iohanna uscì dalla città e fece la pace con lui, consentendo a pagargli un tributo.»
Tabari aggiunge numerosi dettagli meravigliosi alla storia dei Thamudeni e del loro profeta Ṣāliḥ:
«Ora Salih disse ai Thamudeni: Quale miracolo cercate? Essi risposero: Noi domandiamo che tu faccia uscire da questa roccia una cammella dal pelo rosso, con un piccolo dal pelo rosso come sua madre; essi devono essere in grado di camminare e di mangiare l'erba, e allora noi ti crederemo. Salih disse loro: ciò che voi domandate è facile a Dio; e si mise in preghiera. Allora la roccia mugghiò e si fendette per ordine di Dio, e come si fu aperta, ne uscì una cammella dal pelo rosso con un piccolo che correva dopo di essa.»
Nel seguito di questo paragrafo è precisato che la cammella poteva bere l'acqua della fonte un giorno su due, e che ella avrebbe vissuto trent'anni senza essere importunata e che un infante fulvo dagli occhi celesti sarebbe stato il suo assassino. Per evitare la catastrofe di cui essi sono minacciati, i Thamudeni decidono di uccidere alla nascita tutti gli infanti che presentano queste due caratteristiche. Nove infanti sono uccisi in questo modo. I nove[27] padri di questi infanti persuadono il padre di un decimo infante biondo dagli occhi blu, di non uccidere suo figlio. Essi accusano Salih di essere la causa di questi sacrifici umani che essi ritengono non giustificati. Essi si decidono a uccidere essi stessi la cammella, ma sono tutti e nove schiacciati da una roccia. Salih è allora accusato di essere la causa della morte degli infanti e dei loro padri. L'infante rosso sopravvissuto uccide allora la cammella, mentre il piccolo riesce a scappare nella montagna da cui era inizialmente sortito.
Ibn Baṭṭūṭa (1304-1369)
modificaVerso il 1326 Ibn Battuta, di ritorno dal suo pellegrinaggio a La Mecca, passa da Tabūk:
«Il quinto giorno, dopo la partenza da Tabuc, la caravana arriva al pozzo di Hidjr,[28] le dimore dei Thamudeni contiene molta acqua; ma nessuno vi discende, quale che sia la sua sete, e ciò è fatto per imitazione della condotta dell'inviato di Dio, quando egli passò nella sua spedizione contro Tabuc. Ora egli affrettò la marcia della sua cammella, e ordinò che nessuno bevesse dell'acqua di questo pozzo. Quelli che se n'erano serviti per impastare della farina la diedero a mangiare ai cammelli.
In questo luogo si trovano le dimore dei Tamudeni, intagliate in montagne di pietre rosse. Esse hanno delle soglie scolpite che colui che le veda crede essere di costruzione recente. Le ossa corrose di questo popolo sono all'interno di queste dimore, e notate che ciò offre un grande esempio. Qui si vede il posto dove si è accovacciata la cammella di Sâlih, tra due montagne, nell'intervallo tra le quali esistono delle tracce di una moschea dove si va a pregare. La distanza tra al-Hijr e al-Ula[29] è di una mezza giornata e anche meno.»
Ibn Kathīr (1301-1373)
modificaIbn Kathīr nella sua storia dell'islam, al-Bidāya wa al-nihāya, ar, L'inizio e la fine.[30] precisa ulteriormente il mito. Thamûd, l'eponimo dei Thamudeni, è un nipote di Noè:
«Thamud era una tribù celebre che fu chiamata dal loro antenato Thamud, fratello di Iadis. Entrambi erano figli di Athir, figlio di Iram, figlio di Sem, figlio di Noè. Essi erano degli Arabi che vivevano tra l'Hejaz e Tabuk. Il Profeta passò presso questo posto quando andò con i musulmani a Tabuk. I Tamudeni vissero dopo il popolo degli Ad, e adorarono gli idoli come gli Ad.[31]»
Secondo lo stesso autore, Hud profeta degli Ad è anch'egli un nipote di Noè:
«Si dice anche che queste due nazioni non erano citate nella Bibbia (La Torah e il Vangelo). Tuttavia, quando si legge il Corano si trova che Mosè conosceva la loro storia e informa il suo popolo sulle loro conseguenze.[33]»
Nel racconto di Ibn Kathīr, la particolarità della cammella non è più il colore del suo pelo ma la sua taglia gigantesca:
«I thamudeni si riunirono un giorno nella loro assemblea, il profeta Salih si recò presso di loro e li chiamò alla via di Allah .... Essi gli dissero : «Se soltanto potete produrre da questa roccia (indicando una certa roccia) una cammella con queste caratteristiche (ed elencarono certe qualità e che essa doveva avere la lunghezza di dieci metri)».[34]»
Come nella Cronaca di Ṭabarī la cammella esce dalla roccia dopo che Ṣāliḥ ha fatto una preghiera. Ma contrariamente a TṬabarī la decisione di uccidere la cammella è presa in comune dai capi della tribù. Il loro capo chiamato Qedar ibn Salif ibn Juda, nato al di fuori del matrimonio, è designato per eseguire l'assassinio[35]. Un poco più avanti Ibn Kathīr spiega come altri otto insorti si raggruppino attorno a Kédar ibn Salif ibn Juda per uccidere la cammella.[27]. L'abitudine di non bere l'acqua del pozzo di Tabuk è una conseguenza della spedizione condotta da Maometto:
«Il Profeta passò accanto a questo posto quando andò con i musulmani a Tabuk[31].»
Ibn Kathīr aggiunge:
«Abdullah ibn Umar disse: «Quando il Profeta venne con la sua gente a Tabuk, si accampò ad al-Hijr presso le dimore dei Thamudeni. La sua gente bevve dagli stessi pozzi dove anche i Thamudeni bevevano. Essi impastarono la loro farina da questa acqua e cominciarono il pranzo. Il Profeta glielo impedì. Allora essi gettarono ciò che era già cotto nelle loro pentole e diedero la farina impastata ai cammelli».[36]»
Maometto vietò ai musulmani di entrare "in quei posti dove i Thamudeni furono puniti da Allah" e ordinò di passarvi accanto senza piangere sulla loro sorte. A dire di Ibn Kathīr, se i Thamudenti hanno scavato le loro dimore nella roccia sarebbe perché essi vivevano troppo a lungo e una dimora di terra essiccata sarebbe durata meno che i suoi abitanti[37].
Ibn Khaldūn (1332-1406)
modificaLo stesso aneddoto si trova in Ibn Khaldun, che confuta però l'affermazione secondo cui i Thamudeni fossero stati giganti:
«L'errore di questi narratori è dovuto al fatto che essi sono stati impressionati dai monumenti delle antiche nazioni … Essi si sono quindi immaginati, a torto, che ciò fosse dovuto alla forza e all'energia di uomini di taglia molto grande. Come si vede, è un'opinione che non ha altro fondamento che pura arbitrarietà. Essa si appoggia né sulla ragione naturale né su una base logica. Noi possiamo vedere con i nostri occhi le dimore e le porte degli antichi, così come i procedimenti che essi avevano utilizzato per la costruzione dei loro immobili, monumenti, case e dimore come per esempio quelle dei Thamudeni, intagliate nella roccia, piccole, con porte strette. Il Profeta ha indicato che erano proprio quelle le abitazioni dei Thamudeni. Egli ha vietato di servirsi della loro acqua. Il pane fatto con questa acqua è stato gettato e l'acqua sparsa per terra. Egli ha detto: «non entrate nelle dimore di coloro che hanno nuociuto a loro stessi se non piangendo, temendo che non subiate la medesima sorte.»[38]»
Note
modifica- ^ «Al-Hijr», in arabo: al-ḥijr, ar, la rocciosa. Antica tappa del cammino carovaniero, menzionata da Plinio con il nome di Hegra. (Naturalis historia, Libro VI, XXXII (XXVIII), 14). È attualmente chiamata Madāʾin Ṣāliḥ. «Al-Hijr» è anche il titolo tradizionale della sura XV.
- ^ (FR) Hégra, la cité méconnue [Hegra, la città sconosciuta], su www2.cnrs.fr (archiviato dall'url originale il 30 ottobre 2013).
- ^ (FR) Site archéologique de Hegra (al-Hijr / Madā ͐in Ṣāliḥ), su whc.unesco.org. URL consultato il 26 aprile 2023.
- ^ Laïla Nehmé e François Villeneuve, Mission archéologique de Madâ’in Sâlih (Arabie Saoudite) (PDF), 2007. URL consultato il 26 aprile 2023.
- ^ (EN) Naturalis historia, VI Archiviato il 1º gennaio 2017 in Internet Archive..
- ^ Lo Jacono, p. 122.
- ^ Corano 7:74
- ^ Corano 26:149
- ^ Corano 27:48
- ^ Corano 26:146-9
- ^ Corano 89:9
- ^ van den Brenden, 1950, p. 7 e 1957.
- ^ Notitia dignitatum et administrationum omnium tam civilium quam militarum in partibus Orientis, Bonn, Böcking, 1839, pp. 67-77 e 295.
- ^ Si vedano in proposito gli studi di G. Ryckmans, 1934.
- ^ Un elenco preciso nel già citato articolo di Lo Jacono (pp. 124-125).
- ^ Ricercato automaticamente dall'API JQuranTree attraverso la stringa «vamuwd» che rende ثَمُود nel Buckwalter EncodingType.
- ^ Incaricato da Allah di condurli al monoteismo: Corano 27:45-53; Corano 29:38-40; Corano 41:13-18; Corano 51:43-45; Corano 69:4-5; Corano 85:17-18; Corano 91:11-15.
- ^ Corano 11:64-71
- ^ Corano 26:255
- ^ Corano 7:77
- ^ «Sayha», in arabo ṣayḥa, in arabo صيحة?, significa grido di guerra.
- ^ Corano 7:78
- ^ «Rajfa» (in arabo رجفة?), ossia "sommossa".
- ^ Corano 51:13
- ^ Tabûk, in arabo: Tabūk, in arabo تبوك?.
- ^ J. e D. Sourdel, pp. 782-783.
- ^ a b il numero di nove insorti è confermato nel Corano 27:48.
- ^ Recte Ḥijr.
- ^ In arabo: al-ʿUlā, ar. Città a quaranta km a sud di Madāʾin Ṣāliḥ, è l'antica Dedān.
- ^ Ibn Kathīr, p. 109.
- ^ a b Ibn Kathīr, p. 109, cap. La storia di Ṣāliḥ.
- ^ Ibn Kathīr, p. 87, cap. Storia di Hud (Eber).
- ^ Ibn Kathīr, p. 116, cap. La storia di Ṣāliḥ.
- ^ Ibn Kathīr, p. 119, cap. La storia di Ṣāliḥ (la cammella).
- ^ Ibn Kathīr, p. 120, cap. La storia di Ṣāliḥ (la cammella).
- ^ Ibn Kathīr, p. 127, cap. Il Profeta presso le rovine dei Thamudeni.
- ^ Ibn Kathīr, p. 128, cap. Il Profeta presso le rovine dei Thamudeni.
- ^ Ibn Khaldun, vol. I, p. 450, Muqaddima III, XVI. Realizzazioni e potenza originale.
Bibliografia
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- (FR) Janine Sourdel e Dominique Sourdel, Thamûd, in Dictionnaire historique de l’islam, PUF, Quadrige, 2004, pp. 803-804, ISBN 978-2-130-54536-1.
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- (FR) Tabarî, La Chronique, histoire des prophètes et des rois, traduzione di Hermann Zotenberg, vol. II: Mohamed, sceau des prophètes, les quatre Premiers Califes, les Omayyades, l'Age des Abassides, Actes-Sud/Sinbad Thésaurus, 2001, ISBN 978-2742-73318-7.
- (EN) F.V. Winnett, A Study of the Lihyanite and Thamudic Inscriptions, collana Oriental Series, n. 3, University of Toronto Press (archiviato dall'url originale il 3 maggio 2018). Ospitato su Nabataea.net.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Thamudeni
Collegamenti esterni
modifica- Foto delle rovine di Thamud a Madā’in Sāleh, Arabia Saudita, su zubeyr-kureemun.com. URL consultato il 30 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 30 novembre 2012).
- Sito archeologico di Al-Hijr (Madain Salih), su whc.unesco.org.
- Hegra, la città sconosciuta, su www2.cnrs.fr. URL consultato il 30 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 30 ottobre 2013).
- Hegra, il regno dei Nabatei, su hegra.fr. URL consultato il 24 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 9 ottobre 2018).
- Madain Saleh, su zubeyr-kureemun.com. URL consultato il 30 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 30 novembre 2012).