"I Greci cominciarono a colonizzare la Magna Grecia e la Sicilia in modo continuativo e permanente nell'VIII secolo a.C. Le loro nuove fondazioni sulle coste di quelle aree fiorirono rapidamente diventando città indipendenti e autogovernate e non c'è miglior testimonianza della loro prosperità e vitalità che l'abbondanza di coniazioni emesse dalla maggior parte di loro nell'arco di un lungo periodo di tempo."
La Magna Grecia (in latino: Magna Graecia, in greco: Μεγάλη Ἑλλάς/Megálē Hellàs) è l'area geografica della penisola italiana meridionale che fu anticamente colonizzata dai Greci a partire dall'VIII secolo a.C. La vicenda storica della Magna Grecia, sebbene strettamente legata, va tenuta distinta da quella della Sicilia greca. Sebbene l'espressione Megálē Hellàs sia attestata per la prima volta relativamente tardi, nel II secolo a.C., in un passo dello storico grecoPolibio, si ritiene tuttavia che la genesi del concetto sottostante sia avvenuta nel VI secolo a.C., che segna l'apogeo della storia della Magna Grecia, in relazione ai fasti politici, economici, culturali e artistici raggiunti in quel periodo.
Dopo la colonizzazione del Mar Egeo, tra l'VIII ed il VII secolo a.C., genti di civiltà greca (mercanti, contadini, allevatori, artigiani) comparvero nella parte meridionale dell'Italia (le attuali Basilicata, Calabria, Campania e Puglia) nell'ambito di un flusso migratorio originato da singole città della Grecia antica, motivato sia dall'interesse per lo sviluppo delle attività commerciali, che da tensioni sociali dovute all'incremento della popolazione a cui la magra produzione agricola non riusciva a dare sostentamento. Queste genti, giunte sulle coste Italiche fondarono diverse città quali Rhegion, Kyme, Metapontion e Taras.
La Sicilia greca (in grecoΣικελία) ha origine nell'VIII secolo a.C., nell'ambito della seconda colonizzazione greca. In quel periodo, diverse spedizioni di coloni calcidesi, ognuna capeggiata da un ecista, fondarono nella Sicilia orientale numerose apoikìai, vale a dire città di nuova fondazione che si distaccano dalla propria città di origine. Il territorio siciliano fu colonizzato da popolazioni greche diverse, ognuna delle quali si stabilì in una zona separata. I calcidesi, stanziatisi sulla costa orientale, fondarono Zancle, Naxos, Leontinoi e Katane; nella parte sud-orientale i corinzi e i megaresi fondarono, rispettivamente, Syrakousai e Megara Hyblaea; nella costa meridionale, nel 688 a.C., cretesi e rodii fondarono Ghelas, che fu l'evento di chiusura della prima fase della colonizzazione. La seconda fase vide invece protagoniste le stesse poleis siciliane, che fondarono varie sub-colonie. Nacquero così, tra il VII secolo e la prima metà del VI secolo a.C., le città di Akrai, Casmene, Himera, Selinunte, Camarina e Akragas. Secondo lo storico greco Tucidide, le prime fondazioni coloniali furono opera di aristoi, aristocratici esclusi dalle città dopo le lotte intestine seguite al ritorno dalla guerra di Troia. Tuttavia, la scelta dei primi siti evidenzia soprattutto una strategia di tipo commerciale: Messina, Naxos, Reggio, Catania e Siracusa sono tutti porti che si trovano lungo una delle rotte commerciali più importanti del tempo ed assumono una funzione sia di base che di controllo.
Nelle immagini: il golfo di Sant'Eufemia che un tempo segnava uno dei confini della terra di Italo; Pantalica abitata dai Siculi, il popolo che prese il nome da re Siculo.
Italo e Siculo furono i due eponimi dell'Italia e della Sicilia: la loro più antica menzione si trova nel testo dello storico Antioco di Siracusa, vissuto tra il V e il IV secolo a.C., egli narra che Italo era l'antico signore della terra chiamata Enotria, la quale estendeva i suoi confini dallo Stretto di Messina fino ai golfi odiernamente detti di Napoli e di Taranto, rispettivamente nel Tirreno e nello Ionio. Poi un giorno giunse esule da Roma il condottiero Siculo, il quale prese il comando al posto di Italo e divise le genti in Itali, Morgeti e Siculi; portando questi ultimi con sé nell'isola oltre lo Stretto. Secondo Filisto di Siracusa Italo e Siculo erano padre e figlio.
Da questi due personaggi i greci di Sicilia si dissero Sicelioti, eredi dei Siculi, e i greci dell'Italia si dissero Italioti, eredi degli Itali.
I viaggi di Platone in Sicilia si svolsero durante il IV secolo a.C. coprendo un arco di tempo che va dal 388 a.C. al 360 a.C., con una pausa tra il primo e il secondo viaggio di circa vent'anni. Le fonti antiche sostengono che Platone giunse per la prima volta in Sicilia spinto dal desiderio di visitare i crateri etnei. Il tiranno di Siracusa, Dionisio I, venuto a conoscenza della sua presenza nell'isola, lo chiamò a corte, dove il filosofo conobbe il nobile siracusano Dione, collaboratore di Dionisio, che divenne suo discepolo; quando Platone attaccò con le sue parole la tirannide provocando l'ira del dinasta, fu proprio Dione che salvò il maestro facendolo imbarcare in tutta fretta per Atene. Nel 367 a.C., Platone tornò nuovamente in Sicilia, invitato da Dione per educare il nipote Dionisio II, nuovo successore al trono, con l'obiettivo di farlo diventare un re-filosofo; tuttavia la situazione politica precipitò; Dione fu esiliato e la riforma di Platone, atta all'instaurazione dello Stato ideale, fu avversata. Si recò un'ultima volta a Siracusa nel 361 a.C. con lo scopo di compiere una mediazione pacifica tra Dionisio II e Dione, ma fallì nel suo intento. Allontanato dall'acropoli, poté fare ritorno ad Atene grazie all'intervento dei pitagorici di Taranto che intercedettero in suo favore presso il tiranno. Ritornato nella sua patria, assistette da lontano alla spedizione militare di Dione del 357 a.C. contro la tirannide siracusana.
Si sostiene che le reminiscenze dei suoi viaggi ebbero un impatto culturale notevole nella sua produzione letteraria: opere come il Simposio, le Leggi e i dialoghi su Atlantide, trarrebbero origine dall'esperienza del filosofo ateniese in Sicilia.
«Il caso della grecità occidentale, che non ha mancato di influenzare certe convulsioni della Repubblica romana [...] La compenetrazione, in Magna Grecia e Sicilia, tra democrazia e tirannide spiega, o aiuta a capire, perché la tirannide occidentale duri così a lungo. Lo scenario ateniese è del tutto diverso [...] Questa divaricazione tra Magna Grecia e Sicilia da un lato e democrazia di tipo ateniese dall'altro spiega anche la ostilità propagandistica e ideologica di alcune voci della democrazia ateniese nei confronti della tirannide occidentale.»
(Canfora, Le vie del classicismo: Storia. Tradizione. Propaganda)
I più noti e influenti tiranni e reggitori delle poleis
La Scuola pitagorica reggina (o Scuola pitagorica di Reggio) fu una tra le più importanti scuole pitagoriche della Magna Grecia, sorta nella città di Rhegion (Reggio Calabria) tra il VI e il V secolo a.C. La Scuola pitagorica (o Italica) fondata da Pitagora a Crotone - le cui teorie si diffusero anche oltre la Magna Grecia fino in Lazio e in Etruria - sorse come associazione di carattere religioso e politico oltre che filosofico, e fu indirettamente collegata anche alla Scuola Medica e alla Scuola Atletica.
La battaglia della Sagra o sul Fiume Sagra è una battaglia combattuta nella metà del VI secolo a.C., fra le poleis di Locri Epizefiri e Crotone lungo il corso del Fiume Sagra (non ancora identificato con precisione, dovrebbe trattarsi di uno tra gli odierni Fiumi: Torbido viene documentato da un'antica mappa della Magna Grecia. Si tratta molto probabilmente dell'Allaro, antica linea di confine tra le diocesi di Gerace e di Squillace, situato nel territorio di Caulonia in Provincia di Reggio Calabria. Potrebbe essere stata combattuta presso l'Amusa o più probabilmente nei pressi dell'attuale Roccella ionica, anticipando in questa scelta del campo di battaglia, Leonida alle Termopili. Infatti tra la rupe di Roccella ed il mare vi è solo uno stretto spazio di circa 200 metri dove le scarse truppe locresi potevano fermare le forze militari crotoniate...
Il miele ibleo fu il principale rivale del rinomato miele del monte Imetto nell'Attica: esso veniva prodotto nell'antichità dalla popolazione siciliana dei monti Iblei, la quale formava l'hinterland dell'egemone Syrakousai, sede dell'esportazione del leggendario nettare. Infatti, la sfida miele ibleo-miele attico sollevatasi in epoca romana sembra che altro non fosse che una sfida Siracusa-Atene invocata dai romani per rivendicare sulla Grecia continentale la supremazia culturale della Sicilia greca entrata a far parte del mondo latino.
Il Satiro danzante è una statuabronzea, prodotto originale dell'arte greca di epoca classica o ellenistica. La scultura rappresenta un satiro, essere mitologico facente parte del corteo orgiastico del dio greco Dioniso. L'opera, di dimensioni superiori al vero, pari ad un modello in posizione stante di circa 2.5 metri di altezza, è attualmente ospitata presso l'omonimo museo di Mazara del Vallo, nella Sicilia occidentale. La storia del ritrovamento della statua inizia nel luglio 1997... nella notte fra il 4 e il 5 marzo 1998 lo stesso peschereccio riporta a galla, da 500 metri sotto il livello del mare in cui era adagiata, gran parte del resto della scultura...
«In Magna Grecia l'oreficeria raggiunse il suo massimo splendore in età ellenistica (IV-III sec. a.C.) [...] Tra gli Italioti di Magna Grecia, il gioiello più diffuso erano gli orecchini che registravano una grande varietà di decori ed erano tanto amati...» (Gli inganni della bellezza, 2004)
La ceramica della Magna Grecia e della Sicilia è la ceramica prodotta localmente dalle popolazioni italiote e siceliote a partire dal tardo VIII secolo a.C. fino ai primi anni del III secolo a.C. Il predominio commerciale, e quindi stilistico, corinzio e attico esisteva ad ovest del mondo greco come altrove; costituiscono eccezioni scarsamente rilevanti gli influssi dal subgeometrico cretese e dalla ceramica greco-orientale a Gela, Catania, Siracusa e Selinunte, la ceramica laconica piuttosto diffusa nel VI secolo a.C. e naturalmente la ceramica calcidese. Protocorinzio di imitazione, databile a partire dal tardo VIII secolo a.C., è presente a Pithecusa e Cuma, le prime e più distanti colonie greche in Italia. La produzione di imitazione si distingue da quella importata grazie all'argilla differente e, talvolta, per la presenza di un ingubbio che imita l'argilla dei prodotti originali.
La tomba del tuffatore è un manufatto dell'arte funeraria della Magna Grecia, proveniente dall'area archeologica di Paestum. Si tratta di una tomba a cassa, costituita da cinque lastre calcaree in travertino locale che, al momento del ritrovamento, si presentavano fra loro accuratamente interconnesse e stuccate. Il pavimento della cassa era costituito dallo stesso basamento roccioso su cui era realizzata la tomba. L'eccezionalità della scoperta risiede nel fatto che le pareti del manufatto e, cosa ancor più insolita, la stessa lastra di copertura, sono interamente intonacate e decorate con pittura parietale di soggetto figurativo, realizzata con la tecnica dell'affresco...
La moneta fu inventata nel regno di Lidia, nell'attuale Turchia, verso il 620 a.C. Fu inventata nello stesso periodo indipendentemente anche in Cina ed in India. La monetazione si diffuse molto rapidamente prima nelle città-stato della Ionia sulle coste del mare Egeo e poi nel resto del mondo greco, che allora si estendeva dal mar Nero alla Sicilia ed all'Italia meridionale (Magna Grecia).
Le monete della Sicilia greca
«Le ricche città della Sicilia produssero monete particolarmente belle. I grandi decadrammi (dieci dracme) d’argento di Siracusa sono considerati da molti collezionisti come le più belle monete prodotte nel mondo antico o forse le più belle mai battute in assoluto.»
«La Numismatica comprova coi Monumenti che esistono, che le Arti debbono aver fiorito al più sublime grado nella Magna Grecia, e nella Sicilia, poiché la Moneta comunissima del loro uso giornaliero è di una straordinaria bellezza.»
(Della rarita delle monete antiche di tutte le forme e metalli.)
TARAS, Falanto seduto su delfino, sotto conchiglia
medesima immagine in incuso
AR Nomos (25mm, 8.02 g, 12h).
In particolare con l'espressione monetazione incusa si indica la monetazione di alcune città dell'Italia meridionale, che presentavano al rovescio, in incuso, una immagine simile a quella del dritto, spesso semplificata.
In numismatica con il termine incuso si indica un elemento (scritta, immagine o altro) che, invece di essere in rilievo, è incavato rispetto al piano della moneta. Le monete incuse sono tra le prime monete coniate in Magna Grecia. Si tratta per lo più di stateri d'argento dal valore di tre dracme, coniati secondo lo standard Acheo (o Italo-Acheo) di circa 8 grammi, cioè leggermente ridotto rispetto allo standard acheo originale di Corinto. Oltre agli stateri ed alle dracme ci sono giunti tetroboli, trioboli ed oboli.
Demaréteion (greco antico Δημαρέτειον) è il nome dato già in antichità ad una moneta di Siracusa da Diodoro Siculo e da Esichio che ne dà una descrizione simile a quella di Diodoro. Si tratta di una moneta molto rara, coniata già in origine in pochi esemplari. La sua importanza deriva dall'essere la prima decadramma, cioè una moneta dal valore di dieci dracme, e una delle poche monete citate dai classici. La moneta è attribuita al periodo di Gelone (485-478 a.C.). Il nome viene da Demarete, la moglie di Gelone.
Litra (greco antico λίτρα) è una moneta, e di una unità di misura ponderale, usata nelle colonie greche in Sicilia. Fu usata nelle colonie greche in Sicilia, prima della dominazione romana con valore pari a un quinto della dracma. In età arcaica e classica la litra era in argento e pesava 0,85 g (il peso era quasi uguale a quello dell'obolo che aveva un rapporto 1:6 con la dracma).
Il pensiero di Pitagora è stato di fondamentale importanza per lo sviluppo della scienza occidentale, in quanto ha intuito. per primo l'efficacia della matematica per descrivere il mondo. La figura storica di Pitagora, messa in discussione da diversi studiosi, si mescola alla leggenda narrata nelle numerose Vite di Pitagora, composte nel periodo del tardo neoplatonismo e del neopitagorismo, nelle quali il filosofo viene presentato come figlio del dio Apollo. Secondo la leggenda, il nome risalirebbe etimologicamente ad una parola che significherebbe "annunciatore del Pizio", cioè del dio Apollo (Πυθαγòρας (Pythagòras), composto da Πυθιος (Pythios, un epiteto di Apollo) e ἀγορά (agorà, "piazza"); altre fonti identificano il primo elemento con πεἰθω (pèithō, "persuadere"), quindi "colui che persuade la piazza").
Considerato come uno dei più grandi scienziati e matematici della storia, i contributi di Archimede spaziano dalla geometria all'idrostatica, dall'ottica alla meccanica. Fu in grado di calcolare la superficie e il volume della sfera e intuì le leggi che regolano il galleggiamento dei corpi. In campo ingegneristico, Archimede scoprì e sfruttò i principi di funzionamento delle leve e il suo stesso nome è associato a numerose macchine e dispositivi, come la vite di Archimede, a dimostrazione della sua capacità inventiva. Circondate ancora da un alone di mistero sono le macchine da guerra che Archimede avrebbe preparato per difendere Siracusa dall'assedio romano, tra cui la balista, la catapulta, lo scorpione, la manus ferrea e gli specchi ustori.
La vita di Archimede è ricordata attraverso numerosi aneddoti, talvolta di origine incerta, che hanno contribuito a costruire la figura dello scienziato nella mente collettiva. Ad esempio, è rimasta celebre nei secoli l'esclamazione héureka! (εὕρηκα! - ho trovato!) a lui attribuita dopo la scoperta del principio di Archimede.
Medma o Mesma (Greco: Μέδμη, Stef. B.; Μέδμα, Strabone, Scymn. Ch.; ma Μέσμα sulle monete e perciò anche in Apollodoro, citato da Stef. B.; Scilace riporta Μέσα, evidentemente una corruzione di Μέσμα), è un'antica città magno-greca del sud Italia, sulla costa occidentale della penisola bruzia (ora chiamata Calabria), tra Hipponion (anche Hipponium) e la foce del Metauros (Strab. vi. p. 256; Scil. p. 4. § 12.).
Colonia fondata da Locri nel VI secolo a.C. ne distava meno di un giorno di cammino e sembra che tragga il suo nome da una fonte sita nelle vicinanze (Strab. l. c.; Scimn. Ch. 308; Stef. B. s. v.), un'altra ipotesi è che il toponimo provenga dalla lingua delle popolazioni autoctone e che abbia il significato di città di confine. È possibile che entrambe le ipotesi siano fondate, poiché la fonte in questione da origine all'attuale fiume Mésima, che deriverebbe appunto il suo nome antico dal termine indigeno per 'confine'. Comunque, sebbene spesso riportata tra le città greche di questa parte d'Italia non sembra aver raggiunto una particolare importanza o potere. Nel VII secolo a.C. i locresi fondarono, su un altopiano a nord di Medma, Hipponion (l'odierna Vibo Valentia), città marinara e con un fertile retroterra agricolo, ampliando così i propri confini territoriali e imponendo una maggiore azione politica e commerciale sul versante tirrenico. Alla fine del VI secolo a.C. ebbe luogo una battaglia in cui Medma e Locri, supportarono Hipponion in una guerra contro Crotone.
Il territorio agrigentino è stato abitato fin dalla preistoria, come dimostrano le testimonianze riferibili all'età del rame e del bronzo, individuate nelle immediate vicinanze della città attuale. La nascita della polis è legata allo sviluppo della polis Gela, infatti la città fu fondata nel 581 a.C. da alcuni abitanti di Gela, a sua volta fondata anticamente da coloni provenienti dalle isole di Rodi e di Creta, col nome di Ἀκράγας (Akragas), dall'omonimo fiume che bagna il territorio. La fondazione di questa polis nasce dalla necessità che avvertirono i Geloi (antichi gelesi), circa cinquant'anni dopo la fondazione della colonia megarese di Selinunte, di arginare l'espansione di questa verso est; scelsero perciò di collocare la città tra i fiumi Himeras e Halykos, e le diedero il nome del fiume presso il quale sorse il centro urbano, al quale la collocazione tra i due fiumi e a circa 4 chilometri dal mare dava "tutti i vantaggi di una città marittima" (Polibio). La fondazione di Akragas, isolata su una costa non così visitata da Greci come quella orientale, presuppone una larga frequentazione di quell'area, abitata da Sicani, da parte di navigatori egei ed una favorevole disposizione dei potenti sicani verso i Greci.