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Nicola Russo

generale italiano

Nicola Russo (Rionero in Vulture, 22 ottobre 1897Roma, 20 aprile 1959) è stato un generale italiano. Pluridecorato ufficiale d'artiglieria del Regio Esercito, partecipò alla seconda guerra mondiale venendo decorato con la Medaglia d'oro al valor militare a vivente per il suo comportamento durante la Campagna di Russia.

Nicola Russo
NascitaRionero in Vulture, 22 ottobre 1897
MorteRoma, 20 aprile 1959
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Italia (bandiera) Italia
Forza armataRegio Esercito
Esercito Italiano
ArmaArtiglieria
GradoGenerale di corpo d'armata
GuerrePrima guerra mondiale
Guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
CampagneCampagna dei Balcani
Campagna di Russia
BattaglieSeconda battaglia difensiva del Don
Decorazionivedi qui
dati tratti da Il generale Nicola Russo[1]
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Biografia

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Nacque a Rionero in Vulture da Giovanni e Caterina Farano,[1] ed intraprese gli studi presso l'Istituto Tecnico di Melfi dove si diplomò alla Scuola Normale di Lacedonia nel 1916. Nello stesso anno iniziò il servizio militare nel Regio Esercito, e l'anno seguente fu inviato sul fronte albanese[1] per seguire un corso per Ufficiale di complemento, conseguendo il grado di sottotenente e poi di tenente in un reggimento di artiglieria da campagna. Nel 1920, dopo il congedo, viene premiato con la Croce al merito di guerra[2].

Ritornato a Rionero, ottenne la cattedra di insegnamento a Ripacandida, esercitando tra il 1923 e il 1925.[1] Nel 1925 riprese servizio nell'esercito con il grado di tenente, assegnato al 2º Reggimento d'artiglieria di stanza a Pesaro.[1] Divenuto istruttore presso la Scuola Sottufficiali d'artiglieria di Modena, passò quindi a prestare servizio a Nocera Inferiore, dove nel 1933 fu promosso al grado di Capitano.[1] Partì, come volontario, per la campagna d'Africa, dove partecipò alle operazioni del I Corpo d'armata, distinguendosi nelle conquiste delle città di Adigrat, Macallè, Amba Alagi, Quoram e Dessiè.[1] Al suo ritorno ottenne una seconda Croce al merito di guerra e fu assegnato alla Scuola di Artiglieria a Civitavecchia.[1]

Rientrato in Patria prese a prestare servizio, con il grado di Maggiore, come comandante del 1º gruppo del 52º Reggimento di artiglieria, di stanza a Bracciano, assegnato alla Divisione di fanteria "Torino"[1]

Dopo l'entrata in seconda guerra mondiale del Regno d'Italia, il 10 giugno 1940, prese parte alle operazioni sul Fronte occidentale,[1] alla guerra nei Balcani. Con la rottura del patto Molotov-Ribbentrop, Hitler decise, nel 1941, di invadere l'Unione Sovietica e l'Italia, secondo gli accordi presi, fu obbligata a dare il suo contributo- Egli fu tra coloro che partirono per prendere parte all'Operazione Barbarossa,[1] ed in seno alla sua Divisione, inquadrata nell'A.R.M.I.R., prese parte alle operazioni sul fronte orientale. Il 2 dicembre 1942, durante la ritirata sul Don ordinata dal Comando italiano in seguito all'Operazione Piccolo Saturno scatenata dall'Armata Rossa, si ritrovò con il suo contingente ad affrontare un duro scontro con i sovietici. Catturato con le armi in pugno dopo essersi strenuamente difeso, venne fatto prigioniero e deportato in Siberia.[1] La sua prigionia fu molto dura, protrattasi passando di campo in campo fra stenti e privazioni. Tra i campi di prigionia in cui soggiornò vi fu il n.176[3] situato nella taiga oltre Kazan'.[1] Rientrò in Italia solamente nel febbraio 1954,[4] dopo circa dodici anni di detenzione, in pessime condizioni di salute.[5] tanto da venire ricoverato all'Ospedale militare del Celio[4] a causa delle sue condizioni di salute.

Il 17 febbraio fece ritorno al suo paese natale, accolto caldamente dalla folla, e tenne un discorso in Piazza Giustino Fortunato alla presenza del Sindaco e di numerose autorità civili e militari[6]. Ristabilitosi fisicamente ritornò a Roma dove riprese servizio attivo, raggiungendo rapidamente il grado di Generale di corpo d'armata[4] ed iniziando a ricercare attivamente[4] notizie sui reduci, sui caduti e sui dispersi dell'ARMIR.[7]

Si spense a Roma il 20 aprile 1959.[4] Durante il decennale della sua morte, l'allora sindaco di Rionero, Enzo Cervellino, fece erigere in Piazza Giustino Fortunato una lapide con medaglione in suo onore, realizzata negli stabilimenti di Ludovico Bertoni di Pietrasanta, in provincia di Lucca.[4]

Onorificenze

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«Comandante di un gruppo di artiglieria particolarmente impegnato ed esposto, con l’esempio e l’ascendente personale fece della propria unità un forte ed agguerrito strumento di lotta che, anche nel logorio di un lungo, estenuante ripiegamento, conservò, per suo merito e nonostante quotidiane sanguinose perdite, intatta la coesione disciplinare e la capacità operativa. Catturato e sottoposto, per la fierezza del carattere e l’inflessibile attaccamento al dovere ed all’onore militare, a inenarrabili patimenti e privazioni, per oltre undici anni di prigionia seppe apporre alle più allettanti lusinghe ed alle più crudeli minacce e sevizie la dirittura del contegno, la cosciente indifferenza al sacrificio della vita, la completa dedizione di tutto se stesso alla Patria lontana ed alle sue istituzioni. Col suo fiero contegno fu per i compagni di prigionia simbolo delle più elette virtù di uomo e di soldato e per gli stessi nemici esempio di incorruttibile rettitudine e di fulgido valore.»
— Russia, 1942 - 1954.[8][9]
«Valoroso comandante di un gruppo di artiglieria, già distintosi in 18 mesi di dura e sanguinosa campagna di guerra. Catturato, nel corso di aspra battaglia e trascinato in prigionia, resisteva fieramente, tra fatiche, patimenti e privazioni inenarrabili, al dolore, alle minacce, alle lusinghe; meraviglioso esempio a tutti di cosciente abnegazione spinta sino al sacrificio. Inviato in un infernale campo di punizione manteneva integro il nome e l'onore di uomo e di soldato. In difesa di collega ingiustamente punito protestava energicamente e poiché il comandante del campo offendeva l'onore degli ufficiali italiani, si scopriva il petto e offrendo la vita in olocausto, si dirigeva a passo fermo verso i reticolati sfidando, con superbo coraggio, i mitra delle sentinelle. Col suo fiero contegno si imponeva non soltanto all'ammirazione dei prigionieri di varie nazionalità ma anche al rispetto dell'avversario.»
— Campo di prigionia in Russia, 1942-1950.[10]
«Comandante instancabile ed ardito di gruppo, nel corso di una violenta azione nemica, vista colpita una sua batteria da intenso fuoco che provocava vittime tra i serventi, interveniva prontamente infondendo calma e coraggio ai suoi artiglieri. Già distintosi per spirito combattivo e sprezzo del pericolo.»
— Dijewka-Rikovo (fronte russo) settembre-18 dicembre 1941.
«Comandante di un gruppo di artiglieria nel corso di un contrattacco nemico dirigeva con calma il fuoco delle sue batterie, ed accorso dove più pericolosa si profilava la minaccia, incitava con l'esempio e la parola i propri dipendenti ponendo egli stesso in azione un'arma automatica.»
— Malo Orlowka (fronte russo), 26 dicembre 1941.
  1. ^ a b c d e f g h i j k l m Libuti Cecchelli 2012, p. 14.
  2. ^ prolocorionero.it steht zum Verkauf Archiviato il 25 ottobre 2008 in Internet Archive.
  3. ^ In questo campo di prigionia le condizioni di vita dei prigionieri erano infernali.
  4. ^ a b c d e f Libuti Cecchelli 2012, p. 15.
  5. ^ Arrivarono a Udine insieme a lui altri 26 prigionieri, tra cui il cappellano militare don Giovanni Brevi.
  6. ^ Michele Preziuso Archiviato il 22 febbraio 2015 in Internet Archive.
  7. ^ Tra l'altro il primo presidente della Associazione Nazionale Reduci di Russia.
  8. ^ Presidenza della Repubblica: Russo Nicola
  9. ^ Decreto Presidenziale 27 marzo 1954, registrato alla Corte dei Conti il 9 aprile 1954, Esercito, registro 14, foglio 225.
  10. ^ Decreto Presidenziale 5 agosto 1951, registrato alla Corte dei Conti il 4 ottobre 1951, Esercito, registro 42, foglio 1950.

Bibliografia

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Periodici

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  • Caterina Libuti Cecchelli, Il generale Nicola Russo, in Il Nastro Azzurro, n. 5, Roma, Istituto del Nastro Azzurro, settembre-ottobre 2012, pp. 14-15.

Collegamenti esterni

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