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Ippolito d'Este

arcivescovo cattolico e cardinale italiano
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Disambiguazione – Se stai cercando il cardinale figlio di Alfonso I d'Este, vedi Ippolito II d'Este.

Ippolito d'Este (Ferrara, 20 marzo 1479Ferrara, 3 settembre 1520) è stato un cardinale e arcivescovo cattolico italiano, figlio di Ercole I d'Este, duca di Modena e Ferrara e della principessa Eleonora d'Aragona. Vescovo e amministratore apostolico di varie sedi (tra le altre Milano, Modena, Ferrara, Capua e in Ungheria a Strigonio ed Eger), fu conosciuto come Cardinale d'Este o il Cardinale di Ferrara. Fu un famoso mecenate e protettore di Ludovico Ariosto, il quale gli dedicò il suo Orlando furioso (1516).

Ippolito d'Este
cardinale di Santa Romana Chiesa
Ritratto del cardinale d'Este, opera di Bartolomeo Veneto.
 
Incarichi ricoperti
 
Nato20 marzo 1479 a Ferrara
Creato cardinale20 settembre 1493 da papa Alessandro VI
Deceduto3 settembre 1520 (41 anni) a Ferrara
 

«Quel ch'in pontificale abito imprime
del purpureo capel la sacra chioma
è il liberal, magnanimo, sublime
gran cardinal della Chiesa di Roma
Ippolito, ch'a prose, a versi, a rime
darà materia eterna in ogni idioma;
la cui fiorita età vuole il ciel iusto
ch'abbia un Maron, come un altro ebbe Augusto.»

Ippolito d'Este
Medaglia di Ippolito d'Este, 1503 circa. Stile di Niccolò Fiorentino
Principe di Ferrara,
Modena e Reggio
Stemma
Stemma
NascitaFerrara, 20 marzo 1479
MorteFerrara, 3 settembre 1520
Luogo di sepolturaCattedrale di San Giorgio, Ferrara
DinastiaEste
PadreErcole I d'Este
MadreEleonora d'Aragona
FigliLudovico (ill.)
Elisabetta (ill.)
ReligioneCattolicesimo

Biografia

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Formazione

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Soggiorno ungherese

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Come terzogenito del duca Ercole, Ippolito venne immediatamente avviato alla carriera ecclesiastica. Sfruttando le parentele e le conoscenze di famiglia, nel 1485, a sei anni di età, fu già affidatario di un'abbazia. Grazie all'intercessione della zia Beatrice d'Aragona, moglie di Mattia Corvino, re d'Ungheria, nel 1487, ad otto anni, fu nominato arcivescovo di Strigonio e quindi primate d'Ungheria[1]. Papa Innocenzo VIII non volle confermare la sua consacrazione fino al compimento del diciottesimo anno di età, quindi gli affiancò nell'amministrazione Beltramo Costabile, chierico di Ferrara. Studiò per 7 anni alla corte del re ungherese. Dopo la sua morte (1490), tornò sempre più spesso in Italia. In occasione di uno di questi viaggi, dietro insistenza del Duca di Ferrara, fu creato cardinale diacono, nel concistoro del 20 settembre 1493, da papa Alessandro VI[2].

 
Medaglie dei fratelli d'Este a confronto: Isabella, Alfonso, Ferrante, Ippolito e Sigismondo avevano ereditato il tipico naso estense del padre; Beatrice quello leggermente all'insù della madre. Tutti inoltre erano bruni, fuorché Ferrante e Sigismondo, che avevano recuperato, come pare, il tradizionale biondo degli Este.

Carriera ecclesiastica

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Vari vescovadi e condotta libertina

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Nel 1496, incalzato dalla peste, tornò stabilmente in Italia, anche grazie allo scambio di vescovato con Agria (che non prevedeva la residenza obbligatoria) autorizzato dal papa[3]. A questo titolo ecclesiastico aggiunge la carica civile di főispán della contea ungherese di Heves. Il 18 settembre 1497 Alessandro VI lo preconizzò arcivescovo di Milano[4], sede della quale prese possesso l'anno successivo, esattamente il 6 marzo 1498[5]. La potenza economica della famiglia è documentata anche dalla imposte pagate nel 1500 dal cardinale, che risultò il quinto per censo della Curia Romana[5]. La sua influenza crebbe nel 1501 in occasione del matrimonio tra il fratello Alfonso I e Lucrezia Borgia: questo matrimonio gli fruttò la nomina ad arciprete di San Pietro nel settembre di quell'anno[2]. Oltre a questi onori, com'era in uso presso la Chiesa Cattolica prima dell'avvento della Riforma e dei dettami disciplinari del Concilio di Trento, Ippolito per la sua nobile origine fu investito a livello titolare anche di altri vescovadi: «fu investito dei vescovati di Ferrara, Modena, Capua, ed ebbe in commenda innumerevoli abbazie»[4]. Le tre sedi vescovili furono tenute sino alla morte[5].

Rapporti con Giulio II

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L'anno successivo i suoi rapporti con il Papa si deteriorarono a causa della politica filofrancese del padre Ercole I. Morto il Borgia, il suo successore Pio III lo nominò amministratore apostolico di Ferrara, ma con l'avvento di papa Giulio II i rapporti col Pontefice tornarono ad essere tesi. A causa di contrasti politici con il pontefice, nel 1507, Ippolito lasciò la Curia, tuttavia l'anno successivo il papa stesso si dovette congratulare con lui per la gestione della congiura dei Bentivoglio. Durante la guerra tra il Papa e Venezia contro la famiglia estense, si comportò in maniera egregia spalleggiando il fratello Alfonso I. Il 22 dicembre 1509, alla guida della famosa artiglieria ferrarese, affondò nel Po la flotta della Repubblica di Venezia nella battaglia di Polesella e bloccò l'avanzata delle armate della Serenissima, che erano giunte a minacciare la stessa Ferrara, dopo aver riconquistato il Polesine di Rovigo[6]. Il 27 luglio dell'anno successivo il papa lo richiamò a Roma, ma sentendosi poco sicuro in Italia, Ippolito si rifugiò in Ungheria[5]. Il 16 maggio 1511 fu uno dei cardinali firmatari della citazione ad apparire per il papa al Concilio di Pisa (scismatico)[4], ma ad ottobre, su suggerimento del fratello, lasciò le posizioni scismatiche e fu autorizzato dal pontefice a tornare a Ferrara.

Ultimi anni

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Nel 1513, a causa dei cattivi rapporti con il papa, tornò in Ungheria, ma due mesi dopo, senza aver partecipato al conclave, con l'elezione di papa Leone X rientrò a Ferrara. Il 22 aprile 1514 il cardinale ed i suoi parenti furono perdonati da tutte le censure in cui erano incorsi per aver partecipato alle guerre in Italia. Dopo una parentesi di quattro anni, alla morte di Ladislao II di Boemia, temendo di perdere la sede arcivescovile di Agria, tornò per l'ultima volta in Ungheria. Il 29 gennaio 1518 fu autorizzato dal papa ad accettare dal fratello, per sé e per i suoi eredi e successori, chiese e proprietà. Il 20 maggio 1519 lasciò l'arcidiocesi di Milano in favore del nipote Ippolito II d'Este: la situazione generale era in condizioni pietose. La continua assenza del porporato e la mancanza di direttive benefiche nei confronti della spiritualità dei fedeli e della preparazione del clero, unite alle devastazioni belliche tra i francesi e gli sforzeschi dall'altro, gettarono un'ombra buia sull'operato del primo cardinale d'Este sulla sedia ambrosiana[7].

Morì nella sua città, in occasione del suo ultimo rientro in Italia, il 3 settembre 1520[5]. Fu sepolto nella cattedrale di Ferrara. Nel 1607, i suoi resti furono spostati ai piedi del sepolcro di papa Urbano III, insieme a quelli del cardinale Giovanni Salviati, e posti in un'urna di marmo[8].

Aspetto e personalità

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Così lo descrive il contemporaneo Luigi da Porto:[9]

«È il cardinale d'Este [...] il più disposto corpo con il più fiero animo, che mai alcuno della sua casa avesse, e sopra questa guerra [in Polesine contro i veneziani] d'ogni cosa ministro. Piacciono a costui gli uomini valorosi e, quantunque sia prete, sempre ne ha molti dattorno [...]»

Eugenio Cazzani, nel suo Vescovi ed Arcivescovi di Milano, ricorda il temperamento violento e mondano di questo principe della Chiesa, certo ereditato dal padre Ercole, non diversamente dai fratelli Alfonso e Beatrice. «Il suo temperamento crudele ed i costumi libertini» lo spinsero ad invaghirsi di una parente della cognata, Angela. Questa, però, si era invaghita del fratellastro di Ippolito, Giulio, e quando il porporato le chiese perché preferiva il fratello, lei rispose che Giulio aveva gli occhi più belli. Allora il cardinale, approfittando di una battuta di caccia, gli fece tendere un agguato e gli fece quasi cavare gli occhi in sua presenza[10]. Tra il 1502 e il 1503 ebbe per amante la cugina Sancia d'Aragona.[11]

Mecenatismo

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Incisione di Ludovico Ariosto. I rapporti fra l'autore dell'Orlando furioso e il cardinale d'Este non furono mai improntati all'armonia.

Il nome di Ippolito d'Este è legato a quello del poeta ferrarese Ludovico Ariosto, che entrò al servizio del cardinale d'Este nel 1503 per sopperire ai bisogni famigliari[3]. Il legame, secondo quanto riportato dall'Ariosto, non doveva essere tra i migliori, in quanto veniva pagato poco e, soprattutto, doveva starsene lontano dalla sua Ferrara per seguire le ambascerie del cardinale. Il motivo della rottura tra i due uomini avvenne quando, nell'agosto 1517, Ippolito intendeva recarsi alla sua sede episcopale di Eger. Ludovico Ariosto si rifiutò adducendo motivi di salute e familiari e, davanti a queste scuse, il cardinale minacciò il poeta di privarlo di tutti i benefici e rendite che gli aveva in precedenza concesso. L'Ariosto scrisse per questo evento una satira, indirizzata ai due (il fratello Alessandro e Ludovico da Bagno) che si erano recati con Ippolito ad Eger, sottolineando sia le pesanti condizioni di vita del servitore e al contempo la sua libertà di essere umano davanti ai ricatti del porporato:

«A messer Alessandro Ariosto et messer Ludovico da Bagno
Io desidero intendere da voi,
Alessandro fratel, compar mio Bagno,
s'in corte è ricordanza più di noi;
se più il signor me accusa; [...]
So mia natura come mal conviensi
co' freddi verni; e costà sotto il polo
gli avete voi più che in Italia intensi.
Ma il caldo de le stuffe, c'ho sì infesto,
che più che da la peste me gli involo
Né il verno altrove s'abita in cotesto
paese: vi mangia, giuoca e bee,
e vi si dorme e vi si fa anco il resto.
Che quindi vien, come sorbir si dee
l'aria che tien sempre in travaglio il fiato
de le montagne prossime Rifee?
Dal vapor che, dal stomaco elevato,
fa catarro alla testa e cala al petto,
mi rimarei una notte soffocato.
E il vin fumoso, a me vie più interdetto
che 'l tòsco, costì a inviti si tracanna,
e sacrilegio è non ber molto e schietto.
Tutti li cibi son con pepe e canna
di amomo e d'altri aròmati, che tutti
come nocivi il medico mi danna.
Qui mi potreste dir ch'io avrei ridutti,
dove sotto il camin sedria al foco,
né piei, né ascelle odorerei, né rutti;
e le vivande condiriemi il cuoco
come io volessi, et inacquarmi il vino
potre' a mia posta, e nulla berne o poco.
Dunque voi altri insieme, io dal mattino
alla sera starei solo alla cella,
solo alla mensa come un certosino? [...]
A me, per esser stato contumace
di non voler Agria veder né Buda,
che si ritoglia il suo sì non mi spiace"»

Discendenza

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Dalla sua amante Dalida de' Puti ebbe due figli illegittimi[3]:

Nella cultura di massa

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Ascendenza

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Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Alberto V d'Este Obizzo III d'Este  
 
Lippa Ariosti  
Niccolò III d'Este  
Isotta Albaresani Alberto Albaresani  
 
...  
Ercole I d'Este  
Tommaso III di Saluzzo Federico II di Saluzzo  
 
Beatrice di Ginevra  
Ricciarda di Saluzzo  
Margherita di Roucy Ugo II di Pierrepont  
 
Bianca di Coucy  
Ippolito d'Este  
Alfonso V d'Aragona Ferdinando I d'Aragona  
 
Eleonora d'Alburquerque  
Ferdinando I di Napoli  
Gueraldona Carlino Enrico Carlino  
 
...  
Eleonora d'Aragona  
Tristano di Chiaromonte Deodato II di Clermont-Lodève  
 
Isabella di Roquefeuil  
Isabella di Chiaromonte  
Caterina di Taranto Raimondo Orsini del Balzo  
 
Maria d'Enghien  
 

Incarichi ricoperti

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  • Protonotaro apostolico;
  • Abate commendatario dell'Abbazia di Pomposa, diocesi di Ferrara dal 12 dicembre 1485 al 1º maggio 1492;
  • Arcivescovo di Strigonio dal 21 maggio 1487 al 19 dicembre 1497;
  • Abate commendatario dell'abbazia benedettina di Saint Genes de Brixello dal 2 maggio 1492;
  • Cancelliere del Re d'Ungheria;
  • Creato cardinale diacono nel concistoro del 20 settembre 1493;
  • Titolare della diaconia di Santa Lucia in Silice dal 23 settembre 1493 alla morte;
  • Arcivescovo di Milano dall'8 novembre 1497 al 20 maggio 1519;
  • Arcivescovo di Eger dal 20 dicembre 1497 alla morte;
  • Arciprete della Basilica Patriarcale di San Pietro in Vaticano dal settembre 1501 alla morte;
  • Arcivescovo Metropolita di Capua dal 20 luglio 1502 alla morte;
  • Elettore al secondo conclave del 1503;
  • Vescovo di Ferrara dall'8 ottobre 1503 alla morte;
  • Vescovo di Modena e Abate Commendatario di Nonantola dal 1507 alla morte;
  • Cardinale protodiacono dal giugno 1519;
Immagine Blasonatura
Ippolito d'Este
Cardinale

Stemma della famiglia d'Este. Lo scudo, accollato a una croce astile patriarcale d'oro, posta in palo, è timbrato da un cappello con cordoni e nappe di rosso. Le nappe, in numero di trenta, sono disposte quindici per parte, in cinque ordini di 1, 2, 3, 4, 5.

  1. ^ Byatt, Capata e Monferrato de' Calcagnini, p. 8
  2. ^ a b Miranda.
  3. ^ a b c Capata.
  4. ^ a b c Cazzani, p. 219.
  5. ^ a b c d e Byatt.
  6. ^ Byatt e Monferrato de' Calcagnini, pp. 18-19
  7. ^ Cazzani, pp. 219-220.
  8. ^ Monferrato de' Calcagnini, p. 41.
  9. ^ Lettere storiche, dall'anno 1509 al 1528, Volume 1, Luigi Da Porto, F. Le Monnier, 1857, p. 156.
  10. ^ Byatt; Cazzani, p. 219
  11. ^ Bradford, 2005, p. 174.

Bibliografia

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Controllo di autoritàVIAF (EN88899652 · ISNI (EN0000 0000 6170 8492 · BAV 495/76771 · CERL cnp00547806 · GND (DE119121840