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Howdah (per esteso Hathi Howdah, dalla parola Hindi हौदा - "haudā"), anche Houdah, è la lettiga posta sul dorso di un elefante "domestico"[1] per permettere il trasporto di passeggeri, solitamente a fini bellici o venatori. Trattandosi di un oggetto divenuto sin da principio status symbol del potere e della ricchezza del nobile che possedeva tanto il "veicolo" quanto il pachiderma, il telaio in legno era impreziosito da gemme e tarsie, nonché coperto da una tenda del tessuto più pregiato. Alcuni modelli di howdah espressamente destinati all'uso militare si declinarono non in una lettiga quanto in una vera e propria struttura turrita in legno atta a proteggere arcieri e lanciatori di giavellotto.
Tra gli esemplari museali, spicca la collezione di Howdah del Mehrangarh Fort Museum di Jodhpur. Famosissimo è anche la Golden Howdah del Napier Museum di Trivandrum, un manufatto in oro pesante 750 kg ad oggi ancora utilizzato nella Jamboo Savari, la nota processione di elefanti organizzata in occasione delle festività indù del Mysore Dasara.

Howdah con passeggeri - ill. da Scott Foresman.

In Persia, esistevano howdah (in persiano هودج‎, hawdaj) destinati non agli elefanti ma ai dromedari e ai cammelli, poi diffusi in tutto l'areale musulmano dagli Arabi, che li usavano fin dall'epoca preislamica.

Ancora in epoca romana i Sasanidi, succeduti ai Parti nel dominio della Persia, facevano largo uso di elefanti e quindi di howdah per la guerra tanto quanto per la caccia a fiere pericolose come la tigre o il cinghiale[2].

  1. ^ L'arte di domare gli elefanti nacque nella Valle dell'Indo circa 4.000 anni fa e non si declinò mai in un processo di addomesticamento propriamente detto. Gli animali domestici veri e propri, come il cane o il bove, vennero fatti oggetto di un processo di allevamento selettivo. Gli elefanti invece, probabilmente a causa del loro cattivo carattere, dell'eccessivo costo di un eventuale allevamento e alla lenta crescita (un pachiderma impiega 15 anni per diventare adulto) vennero, a parte rare eccezioni, catturati selvatici ed in seguito domati e addestrati per molti usi
  2. ^ Fondamentale in questo senso la testimonianza fornita dall'altorilievo inciso sulle rocce di Taq-e Bostan raffigurante il Re-dei-Re (Ardashir II o Sapore II) mentre bersaglia cinghiali in un canneto da una barca, circondato dai cortigiani armati nel medesimo modo e collocati su altri natanti. Contornano questa scena centrale raffigurazioni di branchi di cinghiali messi in fuga da Sasanidi in groppa a elefanti bardati.

Bibliografia

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  • Anglim, Simon [et al.] (2003), Fighting Techniques of the Ancient World 3.000 BC - 500 AD : equipment, combat skills, and tactics, Thomas Dunne Books.
  • Bernier, Francois (1891), Travels in the Mogul Empire : A.D. 1656-1668, Londra, Archibald Constable, 2. ed. Smith, Vincent A. [a cura di] (1916), Oxford University Press, Humphrey Milford, [1].
  • Goldsworthy, Adrian (2007), The Fall of Carthage : the Punic Wars, 265-146 BC, Cassell.
  • Keegan, John (2011), History of Warfare, Random House.
  • Lane Fox, Robin (1981), Alessandro Magno, Torino, Einaudi.
  • Rance, Philip (2003), Elephants in Warfare in Late Antiquity, in ActAntHung n. 43, a. 2003, pp. 355–384.
  • Scullard, Howard Hayes (1974), The Elephant in the Greek and Roman World, New York, Cornell University Press, ISBN 0-8014-093-14.

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